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giovedì 13 luglio 2023

La Corte Suprema USA contro l'ideologia gender e il razzismo "rovesciato"

Buone notizie dagli USA.
QUI i post di MiL sulla Corte Suprema degli Stati Uniti.
QUI Stefano Magni su La Bussola sull'atra decisione della Corte sul razzismo alla rovescia, imperante da 40 anni negli USA: "Usa, la sentenza su Harvard svela il razzismo dei progressisti".
Luigi

LA CORTE SUPREMA USA DIFENDE LA COSCIENZA E IL DIRITTO DALL’IDEOLOGIA GENDERISTA


«Oggi è un giorno triste per il diritto costituzionale americano e per la vita delle persone LGBT. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato che un particolare tipo di attività, sebbene aperta al pubblico, ha il diritto costituzionale di rifiutarsi di servire i membri di una classe protetta. La Corte lo fa per la prima volta nella sua storia. Emettendo questa nuova autorizzazione a discriminare per una una società che cerca di negare alle coppie dello stesso sesso il pieno ed equo godimento dei suoi servizi, l’effetto immediato e simbolico della decisione è quello di contrassegnare gay e lesbiche con uno status di seconda classe. In questo modo, la decisione stessa infligge una sorta di danno stigmatizzante, oltre a qualsiasi danno causato dal rifiuto dei servizi. Il parere della Corte è, letteralmente, un avviso che recita:“Alcuni servizi possono essere negati alle coppie dello stesso sesso”»: così conclude il giudice Sonia Sotomayor, nella sua lunga dissenting opinion, a cui hanno aderito anche il giudice Elena Kagan e il giudice Ketanji Jackson, in calce alla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti che ha deciso il caso Creative LLC et al. vs Elenis et al. dello scorso 30 giugno 2023.

In breve il fatto.

Lorie Smith ha fondato e gestisce un’azienda, la Creative LLC, di webdesigner per la creazione di siti internet volti a pubblicizzare eventi o prodotti di altre aziende committenti, ma anche eventi personali di singoli avventori.

Lorie Smith esercita la sua attività imprenditoriale in Colorado e per tale ragione teme che sebbene sia disposta a prestare i suoi servizi a persone del medesimo sesso, il suo eventuale rifiuto di prestare i suoi servizi per matrimoni tra persone dello stesso sesso, sulla base del proprio convincimento religioso per cui il matrimonio è soltanto quello tra uomo e donna, possa essere sanzionato dalla legge del Colorado che vieta le discriminazioni nell’accesso al godimento di beni e servizi.

Il 30 giugno è stata pubblicata la pronuncia della Corte Suprema adita a tale scopo e contro cui si è diretta la dissenting opinion di Sotomayor che, in sostanza, si fonda su tre argomentazioni.

In primo luogo, emergerebbe l’elemento fattuale secondo cui l’azienda di Smith non ha mai venduto un sito web per matrimoni a nessun cliente. Il Colorado, quindi, non ha mai dovuto far rispettare le sue leggi antidiscriminatorie contro l’azienda.

In secondo luogo, emergerebbe l’elemento di diritto chiamato in causa dal giudice Sotomayor secondo cui le “accomodations laws” sono previste per due specifici ragioni: assicurare parità di accesso a beni e servizi disponibili al pubblico, per un verso, e, per altro verso assicurare pari dignità nell’ambito comune del mercato dei suddetti beni e servizi.

In terzo luogo, infine, secondo la contestazione del giudice Sotomayor, il divieto di non discriminazione previsto dalla normativa del Colorado, non soltanto è comune oramai molti altri Stati USA, ma per di più, secondo quanto emerso nel 1968 nel caso United States vs O’Brien, è legittima quella norma che non diretta alla soppressione della libertà espressione e promuove un sostanziale interesse del Governo che sarebbe raggiunto in modo meno efficace in assenza di quella stessa norma, come nel caso in questione dell’azienda della signora Smith.

Le obiezioni si Sotomayor, tuttavia, risultano inconsistenti proprio alla luce delle ragioni giuridiche esposte dalla sentenza.

La decisione della Corte Suprema, nel caso della signora Smith si basano su specifiche argomentazioni volte a tutelare il foro interno del soggetto ricorrente, e, per questo, ben più pregnanti rispetto alla mera regolarità delle norme coinvolte come sotteso dal ragionamento dei giudici dissenzienti.

Per la Corte Suprema, infatti, la norma del Colorado è illegittima, dovendosi così garantire una legittima esenzione per la signora Smith che può, dunque, rifiutarsi di prestare il proprio servizio nel caso di matrimonio tra persone del medesimo sesso.

Anche il percorso logico-giuridico seguito dalla Corte può condensarsi secondo tre direttrici principali.

In primo luogo: la Corte, accogliendo il ricorso della signora Smith, espone e chiarisce l’importanza, la funzione e l’estensione del primo emendamento sotto la disciplina del quale si può e si deve sussumere l’intera vicenda.

A giudizio della Corte Suprema, infatti, se c’è una stella fissa nella costellazione costituzionale statunitense è quella cristallizzata nel principio per cui il Governo non può interferire all’interno dello spazio libero delle idee che deve essere ricompreso all’interno della tutela sancita dal Primo Emendamento della Costituzione statunitense.

In questa direzione, in secondo luogo, la Corte Suprema richiama i precedenti che hanno statuito sul medesimo tema.

Così in West Virginia vs Barnette (1943) la Corte Suprema aveva statuito in merito alla legge dello Stato del West Virginia che costringeva gli scolari a salutare la bandiera e recitare il giuramento di fedeltà con la sanzione dell’espulsione, della multa e della detenzione per i genitori degli studenti che si rifiutavano. In considerazione dell’opposizione di alcune famiglie appartenenti ai testimoni di Geova che non possono prestare giuramento la Corte Suprema ritenne la suddetta norma contraria alla Costituzione americana per violazione del Primo Emendamento poiché l’autorità statale non può trascendere i limiti costituzionali del proprio potere e non può invadere la sfera dell’intelletto e dello spirito del cittadino.

Nel caso Hurley vs Irish-American GLB Group of Boston (1990) la Corte Suprema fu chiamata a dirimere la controversia tra i veterani che avevano escluso dalla parata di San Patrizio alcuni gruppi LGBT della città di Boston e questi ultimi che invece rivendicavano di essere autorizzati a partecipare direttamente dalla legge del Massachussetts contro le discriminazioni.

La Corte Suprema statuì che qualunque fosse la legge statale invocata, la parata era tutelata dalla protezione costituzionale della libertà di parola e pretendere dai veterani di includere voci che essi avrebbero voluto escludere avrebbe significato violare il contenuto espressivo della loro parata. La scelta dei veterani, per quanto impopolare, aggiunse la Corte Suprema, era tutelata dal Primo Emendamento della Costituzione americana che dava loro non soltanto il diritto di esprimersi, ma anche il diritto di non subire le intromissioni di opinioni che loro non condividevano.

Secondo la Corte Suprema, nel caso Smith, infatti, non importa se il Governo cerca di costringere una persona a pronunciare il proprio messaggio quando questa preferirebbe rimanere in silenzio o di costringere un individuo a includere nel proprio discorso altre idee che preferirebbe non includere: in tutti i casi vige la protezione del Primo Emendamento sulla libertà di pensiero e di coscienza, così come, del resto, ribadito alcuni anni or sono nel caso Masterpiece Cakeshop vs Colorado Civil Rights Commission (2017).

In terzo luogo: la Corte Suprema, prolungando la logica degli opponenti, ha ritenuto che l’applicazione delle leggi anti-discriminazione, come quella del Colorado portata alla sua attenzione, non può subire una estensione così illimitata fino a comprimere la libertà di pensiero e di coscienza, poiché altrimenti il Governo potrebbe coartare la libertà dei cittadini, poiché, così facendo, «il Governo potrebbe richiedere a un regista musulmano riluttante di fare un film con un messaggio sionista o ad un artista di murales ateo di accettare la commissione di un’opera che celebra lo zelo evangelico».

Gli Stati possono adottare, infatti, prosegue la Corte, normative e discipline contro la discriminazione, specialmente a protezione delle persone LGBT, ma queste norme devono comunque essere sempre inserite nel tessuto costituzionale americano che protegge e tutela anche altre persone e altri diritti.

La signora Smith, quindi, ha il diritto di non prestare i propri servizi informatici per i matrimoni tra persone dello stesso sesso ritenendo, in base ai suoi propri convincimenti religiosi, che il matrimonio sia soltanto quello tra uomo e donna.

Dal caso in questione si possono dedurre almeno tre, seppur sintetiche, considerazioni.Esiste una tendenza alla totalitarizzazione dei pensieri e delle coscienze da parte delle organizzazioni LGBT che non tollerano il dissenso; in questa direzione, allora bisognerebbe cominciare a pensare a un serio adeguamento delle normative anti-discriminazione, cominciando a ricomprendervi anche coloro che intendono manifestare il proprio diritto al dissenso rispetto alla visione genderisticamente orientata dei gruppi LGBT. La libertà di coscienza, infatti, viene tanto più in rilievo quanto maggiormente totalitaria è l’ideologia ufficiale o comunemente diffusa che un dato sistema socio-politico tenta di imporre e rendere coattiva.[1]
Le normative anti-discriminazione, se non correttamente interpretate ed applicate, divengono, paradossalmente e inevitabilmente, esse stesse strumento di discriminazione e prevaricazione, dimostrando ancora pienamente valido il principio ciceroniano del summum ius, summa iniuria. Occorre quindi che esse siano calmierate e ponderate all’interno delle cornici costituzionali dei singoli Stati senza mai legittimare una sospensione o soppressione dei diritti fondamentali come quello di parola, di espressione del pensiero e di coscienza.
Non bisogna dimenticare che la garanzia della libertà di coscienza fu proprio una “clausola di chiusura” – contemplata dal suo lungo ragionamento – inserita proprio dalla Corte Suprema degli Stati Uniti nel caso Obergefell vs Hodges del 2015 con cui veniva legalizzato il matrimonio egualitario nel sistema giuridico statunitense. In quella occasione, infatti, per un verso la Corte Suprema legalizzò il matrimonio tra persone del medesimo sesso, ma per altro verso fu estremamente chiara nel ribadire che rimaneva intatta, a livello costituzionale, la tutela della libertà di coscienza e di espressione del pensiero per coloro i quali, in base ai propri convincimenti etici, religiosi o filosofici, ritenevano che il matrimonio fosse soltanto quello tra uomo e donna, scrivendo, per l’appunto, così:«Si deve mettere in evidenza che le religioni e coloro che aderiscono a dottrine religiose possono continuare a sostenere con la massima e sincera convinzione che in base ai precetti divini l’unione dello stesso sesso non può essere tollerata. Il Primo Emendamento garantisce che alle persone e alle organizzazioni religiose è data adeguata protezione per l’insegnamento dei principi così centrali nelle proprie vite e fedi e alle loro profonde aspirazioni a dar seguito alla struttura familiare che essi hanno a lungo osservato».

La sentenza in questione, insomma, costituisce una pietra miliare nella difesa dei principi fondamentali dello Stato di diritto, oggi messo a rischio da rampanti e corrosive forme ideologiche, per come esso si è venuto a determinare nella plurisecolare storia della civiltà giuridica occidentale, poiché ricorda l’importanza fondativa della libertà di coscienza, potendosi condividere, in conclusione, gli insegnamenti sul tema di Ernst-Wolfgang Böckenförde per il quale «il rispetto della coscienza da parte dello Stato, il riconoscimento della sua inviolabilità e la rinuncia, in caso di conflitto, ad offenderla, esigendo un sacrificium conscientiae, non costituiscono quindi una dissoluzione dello Stato e del suo potere decisionale vincolante, ma piuttosto il presupposto e la legittimazione dello Stato stesso».[2]

Aldo Rocco Vitale

[1] Cfr. ex plurimis: AA.VV., Legge omofobia, perché non va, a cura di Alfredo Mantovano, Cantagalli, Siena, 2021; Renzo Puccetti, Leggender metropolitane, ESD, Bologna, 2016; Rodolfo De Mattei, Gender diktat. Origini e conseguenze di una ideologia totalitaria, Solfanelli, Chieti, 2014; Marguerite Peeters, Il gender. Una questione politica e culturale, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2014; Aldo Rocco Vitale, Gender questo sconosciuto. Cosa si nasconde dietro la nuova ideologia del nostro tempo, Fede&Cultura, Verona, 2016.

[2] Ernst-Wolfgang Böckenförde, Il diritto fondamentale della libertà di coscienza, in Stato, costituzione, democrazia, Giuffrè, Milano, 2006, pag. 297.