Belle riflessioni sulla S. Messa di sempre.
Luigi
Il Cammino dei Tre Sentieri, 17 FEBBRAIO 2023
Da “C’è troppo silenzio! La Messa tridentina spiegata ai miei studenti” di Corrado Gnerre
Quando si parla della Messa Tradizionale (il Rito Romano Antico) si fa spesso riferimento alla sua intrinseca bellezza, al fatto cioè che da un punto di vista estetico è più curata, più solenne, più confacente alla dimensione del Mistero.
Tutto questo è vero. Non lo si può negare. Tant’è che anche coloro che ne hanno un giudizio negativo ne riconoscono questo aspetto; anzi utilizzano questo aspetto per dire che tutto sommato coloro che sono legati al Rito Antico lo farebbero solo per questo o -tutt’al più- prevalentemente per questo.
Dobbiamo riconoscere che tra coloro che seguono il Rito Antico non è scarsa la schiera di chi è mosso prevalentemente da questo approccio. E pertanto non ci stanchiamo, né ci stancheremo di dire, che coloro che fanno questo tipo di scelta non solo sminuiscono in sé la scelta stessa, ma non fanno nemmeno un buon sevizio alla causa.
E’ bene pertanto capire che il Rito Tradizionale della Messa non è vero perché è bello, ma è bello perché è vero.
Vediamo di capire perché.
La bellezza autentica si radica nel Vero e non può prescindere da esso. Né può essere il contrario, e cioè che il Vero scaturisca dal Bello. Questa regola di buona filosofia estetica a maggior ragione vale per la Messa, essendo essa il centro e la ragione del Mistero cristiano.
La bellezza della Messa Tradizionale è che essa è tutta incentrata sul mistero della ri-attualizzazione del Sacrificio del Calvario. E’ proprio questa centralità che produce una serie di effetti che rendono protagonista in essa la categoria della bellezza.
Gli effetti sono tre: la solennità, l’austerità e la dimensione contemplativa.
La solennità
Solenne etimologicamente viene dal latino “sollemnem“, ovvero “sollus” (intero, solido) più “annus” (ciò che attiene all’annualità, che si ripete ogni anno).
E’ solenne, dunque, ciò che s’impone sempre, che maestosamente si ri-attualizza. E’ solenne ciò che di bello si attende che arrivi.
Nella Messa Tradizionale tutto è indirizzato al suo momento più solenne (appunto), la Consacrazione. Il silenzio che precede, caratterizza e immediatamente segue questo momento ne costituisce la più chiara sottolineatura.
L’austerità
Il secondo effetto è l’austerità che attiene all’inflessibiilità. E’ austero ciò che è inflessibile.
Il tema della Messa non cambia, è sempre quello: la ri-attualizzazione del Calvario. Ebbene, la Messa Tridentina ancor più sottolinea l’intangibilità e l’immodificabilità del Rito. Non c’è posto per la creatività e l’arbitrio umani. Il Rito è dato all’uomo, non fatto dall’uomo.
La partecipazione contemplativa
Nella Messa Tradizionale più che la partecipazione verbale si chiede la partecipazione contemplativa: stupirsi più che parlare. Da qui la sua “vocazione estetica”.
Il famoso detto “vado ad assistere alla Messa“, che tanto è stato attaccato come segno di mancanza di partecipazione, è tutt’altro che inappropriato. Certo, se si va ad assistere e basta… non basta; ma la Messa è un “fatto” e dinanzi al “fatto” viene coinvolto il cuore, la mente, ma anche lo sguardo.
L’Immacolata (modello per eccellenza per ogni fedele presente alla Messa) ai piedi della Croce soffriva e offriva. Ma, per successione logica, prima di soffrire e offrire, contemplava; e il suo sguardo riempiva di dolore il suo Cuore Immacolato. E proprio da quello sguardo iniziava a realizzarsi l’affidamento dell’umanità che suo Figlio le aveva conferito.
Lo sguardo dunque è centrale nella Messa Tradizionale.
E’ centrale perché essa è perfettamente rispondente alla vera Teologia.
E, proprio perché ne è centrale lo sguardo, essa è bella!