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martedì 28 marzo 2023

Il card. Blase Joseph Cupich, Arcivescovo metropolita di Chicago, è in rivolta contro i difensori della Santa Messa tradizionale

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 928 pubblicata da Paix Liturgique il 27 marzo 2023, in cui si analizza l’articolo che il card. Blase Joseph Cupich, tra i più accaniti persecutori della Santa Messa tradizionale, ha scritto per la rivista gesuita statunitense America a sostegno delle restrizioni volute da papa Francesco.
Ne emerge un testo fortemente (e volutamente) omissivo, in cui l’autore non si esime dal piegare il contenuto di testi di San Paolo VI e di San Giovanni Paolo II alla sua guerra ideologica contro il rito tradizionale.

L.V.


Il seguente testo dell’Arcivescovo metropolita di Chicago va letto nel contesto: molti Vescovi e fedeli «comuni» negli Stati Uniti d’America sono in ribellione latente contro l’attuale governo romano, soprattutto a causa dell’offensiva contro la liturgia tradizionale, che ai loro occhi è totalmente incomprensibile e inappropriata. Sia papa Francesco che il card. Arthur Roche, Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, sono esasperati da questa opposizione. Contro i suoi colleghi Cardinali e contro questa opinione cattolica conservatrice, il porporato di Chicago è molto militante al servizio della politica repressiva romana: per essere uniti alla Sede di Pietro – dice – bisogna accettare il Concilio ecumenico Vaticano II e quindi la nuova liturgia, che è ormai l’unica espressione della lex orandi.

Il card. Blase Joseph Cupich, fedele sostenitore di papa Francesco che lo ha nominato cardinale nel 2016, ha scelto la rivista gesuita statunitense America, anch’essa vicina a papa Francesco, per giustificare ancora una volta la caccia alla liturgia tradizionale attraverso il motu proprio Traditionis custodes ed il recente rescritto concesso dal papa al card. Arthur Roche riguardo alle dispense per la celebrazione del rito tridentino in parrocchia, ora esplicitamente riservate alla Santa Sede (QUI).

Sembra che le osservazioni del cardinale abbiano incontrato il favore di Roma, visto che il suo testo è stato tradotto in italiano e pubblicato dal quotidiano L’Osservatore Romano all’inizio di marzo (QUI).

Nel testo originale, pubblicato negli Stati Uniti d’America il 27 febbraio, il Cardinale Arcivescovo metropolita di Chicago si appella a San Paolo VI e a San Giovanni Paolo II per accusare i fedeli del rito tradizionale di minare «l’autentica fedeltà alla Sede di Pietro», ma omette di citare, tra le varie citazioni della lettera apostolica Vicesimus Quintus Annus di San Giovanni Paolo II del 4 dicembre 1988 sulla liturgia riformata, le denunce di «deviazioni» e di «innovazioni» da parte di alcuni che a volte «urtano talvolta addirittura contro i dati della fede».

«Spetta ai Vescovi estirpare queste deviazioni», scriveva San Giovanni Paolo II, che sei mesi prima (2 luglio 1988), nella lettera apostolica Ecclesia Dei in forma di motu proprio, aveva preso le «le misure necessarie per garantire il rispetto delle giuste aspirazioni» dei «fedeli cattolici, che si sentono vincolati ad alcune precedenti forme liturgiche e disciplinari della tradizione latina».

Un’altra clamorosa omissione nel testo del card. Blase Joseph Cupich è che non cita nemmeno la lettera apostolica di Sua Santità benedetto XVI motu proprio data Summorum Pontificum. Egli stesso l’ha attuato solo «trascinando i piedi», osserva il dott. Peter A. Kwasniewski, denunciando la doppiezza di chi pretende l’attuazione meticolosa di testi progressisti ma calpesta allegramente le disposizioni conservatrici.

Come Vescovo di Rapid City, South Dakota, nel 2002, mons. Blase Joseph Cupich aveva già scavalcato le disposizioni della Pontificia Commissione «Ecclesia Dei», impedendo la prima comunione nella forma antica. In una sorta di prefigurazione dei responsa ad dubia sul motu proprio Traditionis custodes pubblicati dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sotto il card. Arthur Roche, quell’anno aveva anche proibito ai fedeli della parrocchia di San Michele di celebrare il Triduo Pasquale secondo il rito tridentino, il tutto in nome dell’«unità». La funzione del Venerdì Santo si tenne infine sul marciapiede, davanti alle porte chiuse della chiesa…

In qualità di nuovo cardinale di una delle più grandi Diocesi degli Stati Uniti, l’Arcivescovo metropolita di Chicago ha lasciato trascorrere solo dieci giorni dopo i responsa ad dubia del 18 dicembre 2021, prima di emanare le proprie direttive per limitare i diritti della liturgia tradizionale. Dal 25 gennaio 2022, i sacerdoti sono stati invitati a offrire la celebrazione del Novus Ordo in latino, piuttosto che la Santa Messa tradizionale. Quest’ultima è stata vietata in alcuni giorni dell’anno, con la celebrazione «esclusiva» del Novus Ordo la prima domenica del mese, a Natale, durante il Triduo Pasquale e nelle domeniche di Pasqua e Pentecoste – possibilmente in latino, ma davanti al popolo (QUI).

Per quanto riguarda gli abusi liturgici tollerati nell’Arcidiocesi di Chicago (QUI), essi sono difficilmente condannati dal card. Blase Joseph Cupich, che proibisce, ad esempio, ai sacerdoti di cui è responsabile di rifiutare la comunione a politici che promuovono apertamente l’aborto, a divorziati risposati e a persone che dichiarano di essere omosessuali. Il Sindaco di Chicago, lesbica e metodista, ha ricevuto la comunione durante una Messa funebre celebrata dal cardinale nell’agosto 2021, e non c’è stato alcun richiamo all’ordine.

Il Cardinale non ha protestato nemmeno quando la Parrocchia di Santa Sabina, nell’Arcidiocesi di Chicago, ha tenuto una Messa di mezzanotte per il Natale del 2021 (quattro giorni prima che Cupich annunciasse restrizioni sulla Messa tradizionale), con tanto di danze intorno all’altare, musica jazz e luci da concerto rock; la dissimulazione delle parole della consacrazione da parte del celebrante in quell’occasione non ha comportato alcuna sanzione da parte del cardinale. Il Cardinale è noto per la sua apertura al simbolismo pagano, avendo egli stesso pronunciato benedizioni di «buona fortuna» in vari rituali del Capodanno cinese. In occasione di una Messa celebrata a Roma nel febbraio 2020, il card. Blase Joseph Cupich ha assistito senza ritegno all’esecuzione di un rito indù durante l’elevazione all’altare da parte di alcune suore.

Nel giugno 2022, la Parrocchia di San Patrizio a Chicago ha ospitato due omosessuali «sposati» che hanno avuto l’onore di parlare al posto dell’omelia del celebrante: i due uomini, che hanno adottato due bambini, hanno colto l’occasione per paragonare la loro storia a quella della moltiplicazione dei pesci e dei pani e per definire la legalizzazione del matrimonio omosessuale un «miracolo». L’Arcidiocesi di Chicago non ha reagito.

Ecco la traduzione integrale del testo del card. Blase Joseph Cupich sui fedeli che rimangono impegnati nella liturgia tradizionale della Chiesa Cattolica.

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Card. Blase Joseph Cupich: i critici delle restrizioni alla Santa Messa tradizionale di papa Francesco dovrebbero ascoltare San Giovanni Paolo II

«Non c’è niente di nuovo sotto il sole».

Questo verso delle Scritture tratto dal libro dell’Ecclesiaste (1, 9) mi torna in mente mentre rifletto sull’agitazione espressa da alcuni nella Chiesa e dai media in relazione al motu proprio del Santo Padre «Traditionis custodes» e alla recente conferma data nel «Rescriptum ex audientia» pubblicato dal cardinale Arthur Roche, prefetto del Dicastero per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Ricordiamo che in quei documenti di Roma, il successore di Pietro, che è il garante dell’unità della Chiesa, ha esortato i vescovi ad aiutare tutti i cattolici romani ad accettare pienamente che i libri liturgici promulgati da san Paolo VI e da san Giovanni Paolo II sono l’unica espressione della lex orandi (legge della preghiera) del rito romano. Il fatto che il Santo Padre lo abbia dovuto fare sessant’anni dopo il concilio Vaticano II mi rattrista, ma non mi sorprende. Nei miei 50 anni di sacerdozio e 25 di episcopato ho visto sacche di resistenza agli insegnamenti e alle riforme conciliari, e specialmente il rifiuto di accettare il rinnovamento della liturgia.

Di fatto, san Giovanni Paolo ii ha preso di petto questa resistenza e nella sua Lettera apostolica nel XXV anniversario della costituzione conciliare «Sacrosanctum concilio» sulla sacra liturgia del 4 dicembre 1988, dove ha scritto: «Bisogna riconoscere che l’applicazione della riforma liturgica ha urtato contro difficoltà dovute soprattutto ad un contesto poco favorevole, caratterizzato da una privatizzazione dell’ambito religioso, da un certo rifiuto di ogni istituzione, da una minore visibilità della Chiesa nella società, da una rimessa in questione della fede personale. Si può anche supporre che il passaggio da una semplice assistenza, a volte piuttosto passiva e muta, ad una partecipazione più piena ed attiva sia stato per alcuni un’esigenza troppo forte. Ne sono risultati atteggiamenti diversi ed anche opposti nei confronti della riforma: alcuni hanno accolto i nuovi libri con una certa indifferenza o senza cercar di capire né di far capire i motivi dei cambiamenti; altri, purtroppo, si sono ripiegati in maniera unilaterale ed esclusiva sulle forme liturgiche precedenti intese da alcuni di essi come unica garanzia di sicurezza nella fede» (Vicesimus quintus annus, n. 11).

Sì, ammette, alcune innovazioni fantasiose hanno danneggiato l’unità della Chiesa e offeso la pietà dei fedeli. Ma, precisa, «ciò non deve portare a dimenticare che i pastori e il popolo cristiano, nella loro grande maggioranza, hanno accolto la riforma liturgica in uno spirito di obbedienza ed anzi di gioioso fervore». E poi aggiunge qualcosa che tutti i cattolici, e specialmente le guide nella Chiesa, devono avere a cuore: «Per questo bisogna rendere grazie a Dio per il passaggio del suo Spirito nella Chiesa, qual è stato il rinnovamento liturgico» (n. 12).

Ciò che intendo dire è semplicemente questo: come san Giovanni Paolo II, Papa Francesco prende sul serio il fatto che la riforma della liturgia sia stata il risultato del movimento dello Spirito Santo. Non è stata l’imposizione di una ideologia alla Chiesa da parte di una persona o un gruppo. E quindi nessuno dovrebbe insinuare che Papa Francesco (e se è per questo anche il cardinale Roche), nell’emanare Traditionis custodes e autorizzare il Rescriptum, sia mosso da ragioni diverse dal desiderio di rimanere fedele ai suggerimenti dello Spirito Santo che hanno dato vita agli insegnamenti e alle riforme del concilio.

C’è un’altra cosa scritta dal compianto Papa santo nella sua lettera del 1988 che noi vescovi dovremmo prendere sul serio. Dopo aver elencato le molte ragioni per restare fedelmente attaccati agli insegnamenti della costituzione sulla sacra liturgia e alle riforme che essa ha reso possibile, egli cita la relazione finale del sinodo straordinario del 1985: «Il rinnovamento liturgico è il frutto più visibile di tutta l’opera conciliare». Aggiunge poi: «Per molti il messaggio del Concilio Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica» (ibid.).

Il punto è chiaro: se noi vescovi vogliamo sul serio aiutare i cattolici ad accogliere pienamente gli insegnamenti del concilio Vaticano II, allora abbiamo l’obbligo di promuovere, in unione con il successore di Pietro, l’intera portata delle riforme liturgiche conciliari. È questa la ragione per cui Papa Francesco ha invitato tutti i cattolici ad accettare il rinnovamento liturgico del Vaticano ii come unica espressione della lex orandi del rito romano. La sua aspirazione è profondamente radicata nell’antica tradizione della Chiesa espressa per la prima volta da Prospero d’Aquitania: «Consideriamo anche i sacramenti delle preghiere che fanno i vescovi, le quali, tramandate dagli apostoli, in tutto il mondo e in ogni Chiesa cattolica si recitano in pari modo, affinché la norma del pregare fondi la norma del credere» (ut legem credendi lex statuat supplicandi).

Persistenti rifiuti degli sforzi del Santo Padre per realizzare l’obiettivo della piena accettazione della liturgia riformata come unica espressione del modo di pregare nel rito romano non mi sorprenderebbero, visto che non c’è nulla di nuovo sotto il sole. Ma dovremmo chiamarli con il loro vero nome: fare resistenza ai suggerimenti dello Spirito santo e minare la fedeltà autentica alla Sede di Pietro.

4 commenti:

  1. Ecco un cardinale ,ha 74 anni, che resterà in carica molto oltre i 75 ....

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  2. Che faccia tosta: i suggerimenti dello Spirito Santo!

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  3. L'ipocrisia scolpita dal vivo. Alla larga da certi "pastori".

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  4. Cupich prenderà una bella batosta.

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