Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 915 bis pubblicata da Paix Liturgique il 27 gennaio 2023, in cui si riporta la lettera aperta di Rémi Fontaine, tra i promotori del Pellegrinaggio di Pentecoste (Parigi - Chartres) dell’associazione Notre-Dame de Chrétienté e direttore del Libre journal de lumière de l’espérance su Radio Courtoisie, indirizzata a papa Francesco.
Partendo dai quattro principi posti a fondamento del bene comune e della pace sociale nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium dello stesso Pontefice, l’autore rivolge una supplica al Santo Padre, affinché riveda la logica contraddittoria delle norme fortemente limitative la Santa Messa tradizionale la cui «rinascita presso molte famiglie e giovani missionari è una realtà con cui fare i conti».
L.V.
Santissimo Padre,
Alla luce dei suoi quattro grandi principi di azione, riassunti in particolare nella esortazione apostolica Evangelii Gaudium, osiamo pregarla molto filialmente, con tutto il rispetto dovuto al suo supremo ufficio, di rivedere la logica contraddittoria del suo motu proprio Traditionis custodes, nonché le misure e i progetti che ne derivano.
Principio 1: «Il tempo è superiore allo spazio».
Invece della tentazione fin troppo umana di cercare di occupare o possedere «spazi di potere» (per le principali posizioni sulla liturgia), che difficilmente smuove le cose (come ha dimostrato la sfortunata guerra liturgica), cerchiamo piuttosto di avviare, secondo le sue parole, «processi», «dinamiche» con altre persone e gruppi che saranno in grado di svilupparle a loro volta. È proprio quello che ha fatto il suo predecessore Benedetto XVI con il motu proprio Summorum pontificum, proponendo un arricchimento reciproco delle forme del rito romano e un’ermeneutica della riforma nella continuità. Questo permette di «lavorare a lunga scadenza, senza l’ossessione dei risultati immediati». Non è forse questo, nonostante alcune vere obiezioni, il processo pacifico e fruttuoso che si è manifestato nella consultazione con i vescovi del mondo, i cui risultati misteriosamente non sono mai stati resi noti?
Principio 2: «L’unità prevale sul conflitto».
Anche in questo caso, secondo le sue riflessioni, non si tratta di negare la realtà dei conflitti con i loro poli determinanti, ma di riconoscerli e affrontarli con la forte volontà di risolverli, senza dialettiche ideologiche o demonizzazioni. Ciò implica la costruzione di mediazioni che alimentino il dialogo per «armonizzare tutte le diversità». Non è forse questo che voleva anche Benedetto XVI con il suo progetto di riforma della riforma che prevede una rottura con (l’ermeneutica della) rottura?
Principio 3: «La realtà è più importante dell’idea».
La tenuta dell’antico ordo e la sua rinascita presso molte famiglie e giovani missionari è una realtà con cui fare i conti di fronte all’idea di una riforma che voleva imporsi all’unanimità al popolo di Dio per rinnovare debitamente la liturgia. Per quanto importante o necessaria sia questa idea di élite, le idee, le conoscenze e le norme non sono sufficienti: devono essere costantemente confrontate con la realtà, che deve essere rispettata nella sua complessità e diversità, e che finisce sempre per avere la precedenza. Altrimenti, come lei ha spiegato, possiamo solo costruire sulla sabbia. Oppure, sganciata dalla realtà, l’idea si trasformerà nel vuoto dell’ideologia. La distorsione che esiste tra l’intenzione della riforma conciliare, le sue norme (richiamate in parte ancora una volta nella lettera apostolica Desiderio desideravi) e la sua applicazione visibilmente inadeguata nella realtà indigente di molteplici assemblee per decenni, richiedono di mettere in discussione l’attualità di questa idea tanto quanto la resilienza e il risorgere di ciò che ha cercato di sradicare.
Principio 4: «Il tutto è superiore alla parte».
Il Santo Sacrificio della Messa ha la precedenza sulle sue varie forme rituali sia nel tempo che nello spazio. «Non importa quale sia il candelabro, purché ci sia una fiamma» (Marie Noël). Il fatto che ci siano molte forme nell’arte di celebrare non impedisce l’unità (cfr. Principio 2) o la comunione, purché si mantengano fede, speranza e carità. Dobbiamo «prestare attenzione alla dimensione globale» senza «perdere di vista ciò che è locale, che ci fa camminare con i piedi per terra», ha scritto, qui e altrove, ieri e oggi, nella preoccupazione per i bisogni concreti delle anime e per la loro salvezza. Allo stesso modo, i diversi riti riconosciuti dalla Chiesa nel tempo o nel mondo non hanno mai ostacolato la sua unità nella diversità, secondo la sua eloquente immagine del poliedro. Se le parti sono per il tutto, non sarebbe dannoso per il tutto – il bene comune della Messa – voler attaccare arbitrariamente una parte così luminosa e fruttuosa, usare una nuova parte come «arma di destinazione» contro questa parte precedentemente riconosciuta, prendendo questa nuova parte come un tutto?
Senza voler entrare ulteriormente nei dibattiti teologici che esistono in questa grande crisi della Chiesa militante, che purtroppo non si limita alla liturgia, è un semplice «cattolico di ultimo banco»¹ che, semplicemente in riferimento ai vostri quattro principi di azione², ripropone oggi negli stessi termini la denuncia rivolta da Jean Madiran a Papa Paolo VI il 27 ottobre 1972: «Ridateci la Messa!»³.
Rémi Fontaine
² Criteri di una sorta di prudenza sapienziale, costituiscono, secondo lei, «l’asse attorno al quale può ruotare il processo di riconciliazione».
³ Cfr. Itinéraires № 169 del gennaio 1973: «Ridateci la Messa tradizionale cattolica, latina e gregoriana secondo il Messale di San Pio V… Santissimo Padre, che sia a causa vostra o senza di voi che siamo stati privati della Messa tradizionale sempre più sotto il vostro pontificato, non importa. L’importante è che voi, che potete restituircelo, ce lo restituiate. Ve lo chiediamo».
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