Post in evidenza

Il canto della Kalenda nella liturgia romana

Nella liturgia romana all’inizio della Messa di mezzanotte si può cantare la cosiddetta « Kalenda », ovvero la solenne proclamazione della n...

venerdì 21 ottobre 2022

Roberto de Mattei: " La Città di Dio di sant’Agostino nell’ora attuale"


Riceviamo e pubblichiamo.
Luigi

Il 28 agosto abbiamo ricordato la figura di sant’Agostino, uno dei più grandi santi e Dottori della Chiesa. Una delle sue opere più famose sono le Confessioni, ristampate innumerevoli volte in tutte le lingue.
Le Confessioni sono un libro individuale, è la storia di un’anima. La Città di Dio è un libro collettivo: rivela l’azione di Dio nella storia del mondo, così come le Confessioni mostrano l’influenza di Dio sull’anima umana. Agostino ci guida all’interiorità, ci aiuta a scoprire i tesori nascosti del nostro cuore, attraverso tutte le nostre facoltà, a cominciare dalla mamoria. Nella Città di Dio la prospettiva si allarga.
La Città di Dio non è un’opera astratta, ma una riflessione teologica su un’epoca drammatica, che presenta impressionanti analogie con quella attuale.

All’inizio del V secolo, i barbari, che hanno varcato le frontiere dell’Impero romano, dilagano sulle vie un tempo percorse dalle legioni di Roma. I Vandali attraversano la Gallia e raggiungono la Spagna e poi l’Africa. Un altro popolo, i Visigoti, guidati dal loro re Alarico, irrompono in Italia e arrivano alle porte di Roma. Il 24 agosto del 410, attraverso la Porta Salaria, i barbari di Alarico invadono la Città eterna, inviolata da ottocento anni, mettendola a sacco per tre giorni.

Nel 410 sant’Agostino è vescovo di Ippona, in Africa. Egli è ormai anziano e la sua salute è malferma, quando, nel mese di settembre, gli giungono le notizie terribili del saccheggio di Roma. La riflessione su questi drammatici eventi è alle origini della Città di Dio, il suo capolavoro alla cui composizione egli avrebbe dedicato tredici anni della sua vita.

Roma era il simbolo dell’ordine e della sicurezza del mondo civile. L’Impero romano riassumeva la storia della civiltà, così come oggi la riassume l’Europa. Sant’Agostino si chiede perché è caduta la città di Roma e rovesciando le accuse dei pagani verso i cristiani, ne individua la causa nella corruzione intellettuale e morale dell’Impero. Sulle rovine dell’Impero romano vede sorgere la Chiesa fondata da Cristo, la Città di Dio, e contro di essa schierarsi una città nemica, che egli chiama Città del demonio. Queste due città sono destinate a combattersi implacabilmente nella storia, che è il campo di battaglia della libertà dell’uomo. Tutta l’attività umana, per sant’Agostino si riduce all’amore: “due amori hanno generato due città: quella terrena, l’amore di sé fino al disprezzo di Dio; quella celeste, l’amore di Dio fino al disprezzo di sé” (Città di Dio, Libro XIV, cap. 28). La scelta radicale è tra Dio, a cui ci unisce intimamente l’umiltà, e il demonio a cui ci vincola irrevocabilmente l’orgoglio e l’amore di sé.

Sant’Agostino non attribuisce alla Città del demonio il dominio del mondo e a quella divina, il regno dell’al di là. Queste due città si combattono sulla terra. In mezzo a queste due città – quella infera e quella celeste – sta la città degli uomini, ossia l’umanità che vive sulla terra, passando il proprio periodo di prova. L’alternativa presente nella vita di ogni uomo – per o contro Dio – è ugualmente presente nella storia dell’umanità. Destino della città degli uomini è quello di tendere verso la città celeste o verso quella infera, di essere governata dall’una o dall’altra. Tertium non datur: non le è possibile restare indifferente o neutrale. Sant’Agostino in fondo ci propone non solo una filosofia della storia, ma una concezione militante della storia.

Il maggior insegnamento che la Città di Dio può dare, o almeno la ricchezza che io trovo nelle sue pagine, è l’idea che esiste un senso e un profondo significato della storia umana. Agostino è un filosofo e un teologo della storia: è convinto cioè che Dio agisca nella storia, come agisce nella vita degli uomini, anche se la sua azione è discreta e invisibile ai più. Tutto quello che nel mondo esiste e avviene ha una causa e un significato. “Niente – dice sant’Agostino – accade a caso nel mondo”. Tutto è Provvidenza. La Provvidenza è l’azione di Dio nella storia. Nulla accade che Dio non voglia o non permetta. Tutto quel che accade nel mondo avviene solo per il bene delle anime soggette alla volontà di Dio.

La grandezza della Divina Provvidenza non si manifesta tanto nella elargizione di grazie destinate a sollevare le miserie materiali e morali degli uomini, quanto soprattutto nella capacità che Dio ha di trarre il bene dal male fisico e morale che si produce nell’universo. Dio, che non è causa del male, perché è sommo bene, pur non causando in alcun modo il male, dà a qualsiasi male una ragione e un significato, trasformandolo in bene per la creatura che lo subisce. Dio non causa, ma permette, il male perché, nella sua infinita sapienza, sa, vuole e può ricavare il bene dal male, l’ordine dal disordine. Dio permette il male non nel senso che lo subisca ma perché vuole permetterlo. Egli infatti, secondo sant’Agostino, ha giudicato meglio permettere l’esistenza del male per trarne il bene piuttosto che evitare l’esistenza di qualsiasi male. Trarre il bene dal male significa saper realizzare il bene mediante quel male che avviene senza che esso sia voluto come tale. L’universo di Agostino ci appare dunque come una misteriosa trama in cui anche il male, entrando nella storia con il peccato, ha il suo posto. Spesso il male, il dolore, la sofferenza è per noi incomprensibile. Sant’Agostino ci dice che il dolore è entrato nell’ordine universale del creato come conseguenza del peccato; da quel momento è divenuto la legge dell’umanità e nessun uomo vi si può sottrarre.

Il dolore umano non ci priva della vera felicità, che si ha solo quando si possiede il vero bene, ma ci sottrae beni esterni e contingenti. L’infelicità nasce invece nell’uomo proprio dal fatto che i beni apparenti non soddisfano i veri bisogni spirituali e morali della nostra natura. L’unica causa di infelicità e dunque l’unico male possibile è quello morale, prodotto dalla creatura razionale con il peccato.

La Città di Dio non offre solo una grande teologia della storia, ma propone una concezione militante della vita. Afferma l’esistenza del bene e del male che si affrontano nella storia e la necessità per ogni uomo di scegliere tra i due poli.

Questo insegnamento a me sembra particolarmente attuale in un’epoca come la nostra in cui, in tutti i campi, si tende a diluire l’esistenza di scontri e di conflitti tra religioni, civiltà, uomini e società. Questi conflitti sono convergenza del male che è nella storia. Nessuno come sant’Agostino ha approfondito il mistero del male, che egli ha visto innanzitutto come una paurosa carenza di bene e di verità. Il male è privazione di bene e in questo senso, propriamente non è, ma purtroppo esiste, sia pure solo come assenza di bene.

La necessità della scelta caratterizza la vita degli uomini e dei popoli. Tra il bene e il male, tra la Città di Dio e la Città del demonio, non esiste compromesso o modus vivendi possibile. La vita cristiana esige la militanza.

È questa la grande lezione della Città di Dio.