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venerdì 15 luglio 2022

L’abuso di potere del vescovo di Le Mans (Francia): l’obbligo di concelebrazione per i sacerdoti tradizionali #traditioniscustodes

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera numero 870 pubblicata da Paix Liturgique il 29 giugno 2022.
Si racconta di quanto tristemente avvenuto nella Diocesi di Le Mans (Francia): il Vescovo S.E. mons. Yves Le Saux, Comm. l'Emm., titolare da novembre 2008, il 27 giugno è stato nominato Vescovo di Annecy e sei giorni prima ha provveduto ad emanare un decreto amministrativo che - in formale attuazione del motu proprio Traditionis custodes ma sostanzialmente in violazione del diritto canonico - colpisce pesantemente i sacerdoti ed i fedeli legati alla Santa Messa tradizionale.
Si spera che - proprio applicando gli strumenti previsti dal diritto canonico - i sacerdoti ed i fedeli della Diocesi di Le Mans facciano riconoscere l'invalidità di questa disposizione.

L.V.


Il 21 giugno 2022, prima di lasciare la diocesi di Le Mans per quella di Annecy, il vescovo Yves Le Saux ha emanato un decreto amministrativo che attua il motu proprio Traditionis custodes per la diocesi di Le Mans, che era il più restrittivo. Il vescovo considera chiaramente i fedeli tradizionali della sua diocesi come dei paria che devono essere repressi o, meglio ancora, fatti sparire.

In mezzo a una ridda di provvedimenti che non solo proibiscono tutti i sacramenti oltre all’Eucaristia (cioè: battesimi, matrimoni, unzione degli infermi), ma anche tutte le benedizioni secondo la forma tradizionale, l’annuncio che si rifiuta di confermare secondo l’usus antiquior, e delucidazioni come il divieto di celebrare una seconda Messa nello stesso giorno in rito antico con il pretesto che non c’è un motivo sufficiente, Mons. Le Saux mette nero su bianco un provvedimento che né la Roma di Papa Francesco né i suoi confratelli francesi più ostili alla liturgia tradizionale avevano osato formalizzare «giuridicamente»: l’obbligo di concelebrazione per i sacerdoti tradizionali, soprattutto per la Messa crismale.

Il presunto obbligo di concelebrazione

«I sacerdoti che già celebrano secondo il Messale del 1962», ha decretato Mons. Le Saux, «mi chiederanno per iscritto l’autorizzazione a continuare a usare questa facoltà, specificando che “non escludono la validità e la legittimità della riforma liturgica, dei precetti del Concilio Vaticano II e del Magistero dei Sommi Pontefici”. Dovrebbero mostrare la loro vera comunione concelebrando con me nelle celebrazioni che presiedo, “specialmente nella Messa crismale”. L’autorizzazione sarà concessa per un periodo di due anni».

Mons. Le Saux fa riferimento alla «responsa ad dubia su alcune disposizioni della Lettera Apostolica in forma di Motu proprio Traditionis custodes» della Congregazione per il Culto Divino del 4 dicembre 2021. Ma questo riferimento è fuorviante: il vescovo Le Saux sta amplificando le dichiarazioni molto più caute della Congregazione. La Congregazione avrebbe ricevuto questa domanda: «Se un sacerdote che ha ottenuto l’uso del Missale Romanum del 1962 non riconosce la validità e la legittimità della concelebrazione – rifiutandosi, in particolare, di concelebrare alla Messa crismale – può continuare a beneficiare di questa concessione» (domanda 8). «No», ha risposto la Congregazione. Tuttavia, non affermava in alcun modo che fosse obbligatorio per questo sacerdote concelebrare alla Messa crismale. Ha solo spiegato, sotto forma di parere, che «l’esplicita volontà di non partecipare alla concelebrazione, soprattutto alla Messa crismale, sembra esprimere una mancanza di accettazione della riforma liturgica e della comunione ecclesiale con il vescovo». Inoltre, ha raccomandato al vescovo di dialogare con il sacerdote che non riconosce la validità e la legittimità della concelebrazione. Ma solo per portarlo a riconoscere questa legittimità, in nessun modo per obbligarlo a concelebrare, cosa che la legge non permette.

La legge deve rimanere in vigore, anche nell’universo conciliare. Tutto il resto è dominio dell’ideologia e dell’arbitrio.

La libertà consentita dalla legge

Il canone 902 del Codice di Diritto Canonico prescrive infatti: «A meno che l’utilità dei fedeli non richieda o consigli diversamente, i sacerdoti possono concelebrare l’Eucaristia, rispettando la libertà di ciascuno di celebrarla individualmente, ma non quando c’è una concelebrazione nella stessa chiesa o nello stesso oratorio».

Non potrebbe essere più chiaro: i sacerdoti possono concelebrare, ma non sono mai obbligati a farlo. La celebrazione individuale è limitata solo nel caso in cui si celebri una concelebrazione in una chiesa: in quella chiesa e in quel momento non si può celebrare una Messa individuale.

Tutti i commenti al canone sottolineano questa libertà di concelebrare o meno. Così il Commento al Codice di Diritto Canonico, a cura di Pio Vito Pinto (Libreria Editrice Vaticano, 2001): «Nessun sacerdote può essere obbligato a concelebrare» (p. 556).

Se il vescovo consideri il rifiuto di concelebrare come un’indicazione del fatto che il sacerdote in questione «sembra esprimere una mancanza di accettazione della riforma liturgica e della comunione ecclesiale con il vescovo» è un’altra questione, molto contestata (la comunione con un vescovo non è mai dipesa dalla concelebrazione con lui). Ma in ogni caso, il vescovo non può mai obbligare a concelebrare né i sacerdoti che non accettano la riforma liturgica né quelli che la accettano. Questa è la legge della Chiesa universale.

Esistono procedure canoniche per far riconoscere l’evidente invalidità di questa disposizione di Mons. Le Saux. Possono essere avviate dai sacerdoti che ne sono interessati, ma anche dai fedeli che partecipano alla loro Messa e che hanno interesse, nel senso giuridico del termine, a che questi sacerdoti possano o meno celebrarla.

3 commenti:

  1. Vedete abusi dappertutto (tranne che in casa vostra, ovviamente, dove siete tutti santi).
    Ma questi preti sono cattolici o no? Vivono all’interno della Chiesa o stanno su di un altro pianeta?
    Qui si vede tanta obbedienza e sottomissione a parole, ma, in pratica, vogliono solo continuare a farsi i cavoli loro invocando continuamente tradizioni e messali.
    Non sono diversi dai lefebvriani e dai sedevacantisti. Sempre più simili a sette che a famiglie cattoliche.
    Pieno sostegno a Mons. Le Saux che ha proprio messo il dito sul marcio. È ora di finirla con personalismi ed atteggiamenti divisivi di presunta superiorità oscenamente messi in piedi strumentalizzando addirittura il rito della Messa.

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  2. Mi sa che il problema sta anche nel fatto che tutti questi preti (e parlo di quelli degli istituti) vivono in una specie di chiesa parallela che si sono creati loro stessi. Parlano di obbedienza a parole, ma, nella pratica, non c’è nessuna differenza con realtà tipo la Fraternità San Pio X. Si aspettano che i vescovi “amici della tradizione” vadano ad ordinare i loro seminaristi e confermare i loro fedeli, ma loro non si muovono di un millimetro per dimostrare di far parte della stessa chiesa.
    La preferenza per un tipo di liturgia ha, negli anni, prodotto una divisione che ormai sembra insanabile e mi fa molto piacere che il Santo Padre abbia finalmente preso in mano la questione con decisione.
    Poi ci sono i fedeli, spesso più conservatori ancora dei preti e più portati all’estremismo, anche perché, solitamente, indottrinati anche a livello politico, ma questo è un altro discorso.

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  3. Cioè,un sacerdote che si rifiuta di concelebrare con il vescovo della propria diocesi, soprattutto in un giorno come il giovedì santo? Cosa si aspetta? Un encomio?
    Evidentemente non ha capito nulla della comunione ,del sacerdozio, dell'Eucarestia,della liturgia.
    Diritto di che? l'Eucaristia non è un diritto.

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