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sabato 2 luglio 2022

Kwasniewski. I tre Pilastri del cristianesimo. Il vantaggio di tenerli uniti.

Magistrale intervento del prof. Kwasniewski.
Luigi

25 Giugno Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Vincenzo Fedele, che ringraziamo di cuore, offre alla vostra attenzione la sua traduzione di un articolo del prof. Kwasniewski, pubblicato da One Peter Five, che ringraziamo per la cortesia. Buon lettura.
§§§
In che modo protestanti, ortodossi, magisterialisti e tradizionalisti differiscono sui tre pilastri del cristianesimo

Storicamente e teologicamente, sono tre I “pilastri” del cattolicesimo: Scrittura, Tradizione e Magistero. Tutti sono necessari; tutti sono reciprocamente implicati; nessuno di essi è assoluto, nel senso che può essere considerato in tutto più grande. sotto ogni aspetto, degli altri. Ognuno è primo ma in un modo diverso. C’è tra loro una perichoresis o circumincessio quasi trinitaria .

I protestanti esaltano la Scrittura fino a negare o minimizzare gli altri due. Di conseguenza, anche la Scrittura alla fine viene corrotta nel mucchio.

Gli ortodossi orientali, invece, esaltano la Tradizione, fino a negare un Magistero universale e un’autorità di insegnamento nella Chiesa e arrivano perfino a negare alcuni aspetti basilari della Sacra Scrittura (ad es. l’insegnamento su matrimonio e divorzio). Ma che significato ha questa loro devozione alla Tradizione, se alcuni dei loro teologi più rispettati possono accettare l’universalismo, la contraccezione e il “matrimonio” omosessuale (come apparentemente fa Kallistos Ware)? Una disordinata devozione alla “Tradizione” può sfociare, ironia della sorte, nella sua cancellazione.

Ma il più interessante è il terzo gruppo : li chiamerò Cattolici Riduttivi (sebbene si possano identificare anche come Cattolici Magisteriali o Cattolici Iperpapalisti, ecc.). Questi esaltano il Magistero – e, in pratica, l’ufficio pontificio – considerandolo al di sopra della Scrittura e della Tradizione, in modo che diventi l’unico principio mediante il quale possiamo arrivare a conoscere la verità. Diventa, in un certo senso, tutta verità, tanto che non sarebbe mai possibile contestare le affermazioni del Magistero (es. Amoris laetitia cap. 8 o la modifica della pena di morte al Catechismo) sulla base della Scrittura e della Tradizione. Come per il comportamento degli altri due gruppi, così è anche per questo: l’esagerata esaltazione del Magistero finisce per cancellare il Magistero dei papi e dei concili precedenti. Si trasforma nel “magistero del momento”, proprio come i predicatori protestanti privatizzano effettivamente la Bibbia, o gli ortodossi si appropriano selettivamente della Tradizione, senza alcuna guida su ciò che è o non è fungibile nella Tradizione.

Il cattolico romano, almeno idealmente, è colui che sostiene che sono fondamentali tutti e tre i pilastri. Ognuno illumina l’altro e nessuno può esistere senza l’altro. Ognuno di loro è quello che è, solo negli altri e attraverso gli altri. Questo significa che potrebbero esserci momenti di confusione e dispute controverse in cui può sembrare che le affermazioni basate su un aspetto siano in conflitto con le affermazioni basate su un’altro. Questo fa parte del “motore” dello sviluppo dottrinale, ma è anche un “controllo ed equilibrio” per garantire che nessuno dei tre diventi ipertrofico. Certamente è malsano e porta a distorsioni della dottrina e della vita della Chiesa, se si lascia che gli altri due supporti si atrofizzino.

Adesso qualcuno potrebbe dire: “Ma il Magistero non è l’ultima corte d’appello, quella che ci dice cosa significano o contengono Scrittura e Tradizione?” Sì è vero; ma con alcune importanti avvertenze.

La Scrittura è la Parola di Dio infallibile e ispirata.

Il Magistero non è questo, quindi gli è inferiore ed è al suo servizio (come afferma la stessa Dei Verbum : cfr. n. 10). Il Magistero ordinario universale e il Magistero straordinario sono guide infallibili e proclamatori di verità.

Il problema sorge nelle aree in cui il Magistero potrebbe cadere in errore, e il problema è quando la gente dice qualcosa del tipo: “Non mi interessa cosa dice la Scrittura su A,B e C; Papa Francesco dice X, Y e Z, ed è quello che dobbiamo seguire”. Oppure “Sembra che la Scrittura dica ABC, ma Francesco dice che significa XYZ, quindi è questo che deve significare”. Oppure: «Non importa se la Chiesa ha creduto o fatto ininterrottamente A, B e C; Francesco ha emesso un motu proprio che dice che dovremmo credere o fare il contrario, e questa è la fine della questione”. “Roma locuta, causa finita” non può voler dire “Roma ha parlato; la Bibbia e la testimonianza della Chiesa sono irrilevanti”.

Come dicevo prima, ciascuno ha un certo primato rispetto agli altri. Ecco perché nessuno dovrebbe mai rinunciare alla “lectio divina” (lettura orante della Scrittura) a favore di una “ lectio ecclesiastica ” dove l’unico materiale di lettura sarebbero i documenti papali. Né qualcuno dovrebbe mai rinunciare alla tradizionale lex orandi a favore di una appena costruita, basata sull’ultimo modello della lex credendi secondo un capo vaticano. Per questo gli stessi documenti del Magistero sono stati attenti,- questo è certo per i tempi passati -, a citare in modo completo la Scrittura e altre fonti tradizionali a dimostrarzione che l’insegnamento ufficiale deriva dai testimoni su cui si basa la Fede. Questo spiega anche perché il cristianesimo si corromperà sempre se c’è solo Scrittura e Tradizione, senza un’autorità finale che possa risolvere questioni difficili o questioni che potrebbero non essere difficili di per sé, ma lo sono diventate a causa di cattive abitudini intellettuali o concupiscenza disordinata (es. il divieto di contraccezione). Senza un’autorità di insegnamento, un Magistero, I valori della Scrittura e della Tradizione possono essere confusi o soffocati.

Analizzaremo nel seguito come, se uno qualsiasi dei tre “pilastri” è preso come assoluto, diventa vuoto, privo di contenuto.

Gli assolutismi: tentazioni e realtà

Alcune forme di protestantesimo si attengono al principio “Sola Scriptura“.

Se questo principio fosse applicato rigorosamente, il risultato sarebbe la perdita della Scrittura stessa, e non solo per il fatto comunemente addotto che il contenuto stesso del canone è noto solo attraverso la Tradizione. La situazione, in realtà, è peggiore: in assenza di qualsiasi tradizione, di accettazione del lavoro della generazione precedente, ogni generazione dovrebbe ricominciare da capo il lungo viaggio della comprensione e nessuna generazione andrebbe oltre il cammino percorso, sullo stesso sentiero, dalle altre generazioni. Le energie di una generazione risulterebbero sprecate, dissipate in molte direzioni, perché nessuno avrebbe l’autorità di tagliare linee di indagine ritenute infruttuose.

Naturalmente, la realtà è che le comunità che affermano di attenersi esclusivamente alla Scrittura sviluppano sempre, nel tempo, una qualche forma di tradizione (sebbene senza dubbio eviterebbero di chiamarla con questo nome dalla risonanza troppo cattolica) insieme ad almeno un sostituto, de facto, di un magistero. Solo gli estremisti all’interno del mondo protestante cercano effettivamente di vivere la sola Scriptura in tutta la sua purezza. Tali congregazioni, in gener contano su un numero credenti pari a quanti possono essere persuasi a sedersi all’interno di un unico edificio ad ascoltare un unico pastore auto-nominato. Potremmo chiamare questa non la “realtà sul campo” del protestantesimo, ma la sua assillante tentazione.

Al contrario, alcune tendenze all’interno dell’Ortodossia orientale potrebbero essere chiamate “sola Traditione”. Se la tradizione è assunta come un assoluto, in modo che quello tramandato dall’antichità abbia la precedenza su ogni altra considerazione, allora non ha più importanza ciò che viene tramandato.

In questo modo di ragionare, rinascita significa tornare alle epoche passate – non un ritorno a Gesù Cristo come ad una realtà presente, ma un ritorno alle icone ricevute di Cristo, ai testi ricevuti delle Sue parole, agli insegnamenti ricevuti sulla Sua natura, tutto come realtà ormai trascorse. La tradizione presa come un assoluto diventa un compiacimento per le cose come esse sono, una pratica di “ecclesialità” piuttosto che di discepolato cristiano (il termine “ecclesialità” è dello studioso ortodosso padre Alexander Schmemann). Considerare per un momento come vivo e attivo uno qualsiasi dei tesori ricevuti – la Scrittura, per esempio – significherebbe svegliarsi e riconoscere un’altra fonte oltre alla tradizione. Considerata come un assoluto, la tradizione contraddice se stessa, negando l’accesso alle stesse ricchezze che pretende di elargire.

Naturalmente, ancora una volta, molti cristiani ortodossi, pur negando in linea di principio qualsiasi magistero universale vivente, si rivolgono comunque alla Scrittura e agli antichi testi magisteriali con attenzione a ciò che Dio ha da dire adesso . Solo nelle peggiori tendenze dell’Ortodossia vediamo all’opera una mentalità da sola Traditione . Ancora una volta, potremmo identificare questa non come l’Ortodossia praticata sul campo, ma come la tentazione assillante dell’Ortodossia. Questa tende ad essere la posizione predefinita nelle giustificazioni o nelle polemizzazioni.

Il terzo assolutismo, solo Magisterio , è stato lo strano riserbo del cattolicesimo romano – strano perché intrinsecamente meno plausibile degli altri due. Quando l’autorità del Magistero è presa come assoluta, essa ha la meglio non solo su tutta la Scrittura e su tutta la Tradizione, ma anche su tutti gli atti precedenti del Magistero stesso. Solo ciò che dice l’ attuale monarca pontificio ha un peso. Coloro che vivono con una tale mentalità devono abbracciare con tutto il cuore le dichiarazioni papali di oggi, ma devono abbandonarle in modo altrettanto totalitario qualora il prossimo Papa dica qualcosa di diverso o di nuovo. Qualsiasi altro comportamento negherebbe l’autorità assoluta dell’attuale Papa. Di conseguenza, da questo punto di vista, non vi è alcun contenuto definitivo del cattolicesimo .

Naturalmente, come abbiamo visto per i protestanti e gli ortodossi con le loro assordanti tentazioni, anche la maggior parte dei cattolici romani che praticano la loro fede in realtà non pensano che il Magistero abbia un potere assoluto sulla Scrittura e sulla Tradizione; ma ci sono gruppi estremisti all’interno della Chiesa che la pensano in questo modo, come si può vedere esaminando alcune delle apologetiche iperpapalistiche. Forse questa, pertanto, è la tentazione assillante del cattolicesimo romano.

Il vantaggio di tutti e tre i pilastri tenuti insieme

“Una corda a tre capi non si spezza facilmente” (Ecclesiaste 4,12).

Mentre molti protestanti rifiutano in linea di principio qualsiasi autorità tranne la Scrittura, e i cristiani ortodossi rifiutano in linea di principio qualsiasi magistero universale vivente, i cattolici romani in linea di principio li accettano tutti e tre . Anche se a volte può non essere chiaro come riuscire a conciliare ciò che proviene da fonti diverse, tenere insieme tutti e tre è la chiave per mantenerne uno qualsiasi . Come mai?

Solo con la Tradizione e il Magistero possiamo accettare e accogliere l’intera Scrittura piuttosto che vagare in interpretazioni private e idiosincratiche che possono persino arrivare a rimuovere parti della Scrittura ritenute indesiderate (il marcionismo ne è un esempio estremo). Solo con la Scrittura e il Magistero possiamo accettare e accogliere l’intera Tradizione piuttosto che vagare in incarnazioni idiosincratiche ed etno-nazionalistiche della Tradizione (come nell’Ortodossia). E, soprattutto, solo con Scrittura e Tradizione possiamo accettare e recepire tutto ciò che il Magistero ha detto, sia ieri che oggi, piuttosto che cedere a un “magistero del momento” dipendente solo dalla personalità e dalle preferenze del romano pontefice regnante . Ciascuno dei tre “pilastri” è incorporato nella natura degli altri.

Ragionando per metafore, questi tre elementi sono come tre parti di un corpo organico che richiede il funzionamento corretto di tutte e tre le parti. Quando uno o due degli elementi vengono strappati via, il corpo rimanente cerca di far ricrescere ciò che ha perso. Le nuove parti risultano rachitiche e sgradevoli, ma servono, anche se in modo maldestro, a sostituire quello che manca.

Per esempio, quando i protestanti polemizzano, parlano come se solo la Scrittura fosse la loro guida; ma se osservi da vicino come pensano, parlano e vivono tra di loro, è ovvio che guardano non solo alla Scrittura ma anche alle tradizioni, qualunque sia la denominazione o il gruppo a cui appartengano; e non è meno evidente che hanno una specie di autorità che può decidere cosa sia e cosa non sia accettabile all’interno della comunità (anche i protestanti hanno le loro gerarchie e le loro scomuniche).

Allo stesso modo, quando gli ortodossi orientali polemizzano, parlano come se il Consenso dei Padri, riflesso in un’immutabile Divina Liturgia, determinasse tutto ciò che credono e fanno; ma se si osserva come pensano, parlano e vivono tra di loro, la realtà è molto più complessa, e coinvolge sicuramente un’interazione di tutti e tre gli elementi, anche se quello magisteriale soffre di ipoplasia.

Analogamente, quando i cattolici polemizzano, possono parlare come se solo il Magistero fosse la loro guida; ma se guardi come pensano, parlano e vivono tra di loro, attingono dalla Scrittura e dalla Tradizione in modi che non guardano (o non ne necessitino) al Magistero. [1]

Da qui scaturiscono due aspetti importanti. In primo luogo, le polemiche tendono a far cadere ciascuno di questi gruppi nella propria tentazione assillante in modo esagerato. In secondo luogo, ogni volta che uno dei tre elementi viene minimizzato o negato, prima o poi viene sviluppato qualcosa di analogo per cercare di sostituirlo.

In fondo possiamo sapere che la “Magisteriumitis” è una malattia, perché il Magistero riceve la materia di cui parla, non genera la materia di cui parla (o se lo facesse, sarebbe segno di uno pseudo-magistero ). Si tratta, piuttosto, di una corte d’appello che emette sentenze, il che richiede che ci sia qualcosa di preliminare in base al quale si possa pronunciare un giudizio. I cattolici, oltretutto, parlano della Fede usando quanto è stato loro tramandato sia per iscritto che oralmente e usando il loro potere della ragione, e il Magistero interviene quando necessario per apportare correzioni o chiarimenti. Presuppone qualcosa su cui lavorare .

Il fideismo sotto tre travestimenti

Ciascuno di questi estremi risulta essere una forma di fideismo.

Il fideista protestante crede qualcosa “proprio perché lo dice la Parola di Dio”, senza rendersi conto che non possiamo comprendere questa Parola senza l’intervento della nostra ragione, la testimonianza della Tradizione e la guida dello Spirito Santo che opera nella gerarchia della Chiesa .

Il fideista ortodosso crede qualcosa «perché abbiamo sempre detto o fatto così», senza rendersi conto che questo giudizio presuppone una fonte prioritaria e più autorevole per ciò che è sempre stato detto ed è sempre stato fatto. Dopotutto, ci sono alcune cose che sono state dette o fatte per un certo tempo, o in una certa zona, e che o hanno cessato di essere dette e fatte o non sono mai state dette e fatte da tutti.

Il fideista cattolico crede qualcosa «perché lo dice il Magistero», senza riconoscere che il Magistero è servitore di ciò che gli è antecedente e più autorevole del Magistero stesso, cioè la Parola di Dio scritta e non scritta, insieme a tutta la tradizione ecclesiastica che incarna ed esprime questa Parola.

Tutte le forme di fideismo hanno un fondo di verità – altrimenti non potrebbero neanche prendere piede – ma portano anche a distorsioni manifeste e, nella loro forma estrema, a un costrutto irrazionale ed arbitrario che ha perso ogni rapporto relazionale al di fuori di se stesso.

Ora, qualcuno potrebbe obiettare che il movimento tradizionalista all’interno della Chiesa cattolica è un gruppo “sola Traditio” perché (secondo l’obiettore) nega l’autorità del Papa di fare cose che i tradizionalisti non amano.

Ma c’è un modo diverso, e migliore, di pensare all’origine di questo identificativo “tradizionalista”.

Come sostengono molti teologi, il significato fondamentale della Tradizione è la somma totale di ciò che Dio ci ha tramandato nella rivelazione divina . La parte di essa che è stata trascritta si chiama Scrittura, e il resto si chiama Tradizione non scritta o orale. All’interno di questo contenuto tramandato c’è il potere di interpretare la rivelazione, o il potere di insegnamento della Chiesa, il Magistero. Cioè, Scrittura e Magistero sono precontenuti nella Tradizione. Il tradizionalista, quindi, è colui che sottolinea l’unità indistruttibile dei tre pilastri nella loro fonte fondamentale, e che quindi rifiuta ogni esaltazione ipertrofica della Scrittura (come da tentazione protestante), Tradizione in senso riduttivo (come da tentazione ortodossa ), o Magistero (secondo da tentazione dei cattolici “conservatori”).

Ad esempio, l’assurdo insegnamento di papa Francesco secondo cui la pena capitale è ” di per sé contraria al Vangelo”, “inammissibile” , “immorale” e “umilia la dignità umana”, si oppone alla triplice testimonianza della Scrittura, della Tradizione e del Magistero, e quindi non può essere accettato da un cattolico. Se un tale “sviluppo” fosse possibile, nessun capovolgimento nell’insegnamento cattolico sarebbe impossibile, perché qualsiasi cambiamento potrebbe essere giustificato dallo stesso tipo di dialettica evolutiva invocata per il cambiamento della pena di morte. [2]

In questo senso, quindi, il tradizionalista cattolico di oggi è semplicemente un cattolico che è libero dalla malattia mentale della Magisteriumitis e che si sforza, nella sua fede, nella sua vita, nel suo pensiero, di tenere insieme i tre pilastri della Tradizione originaria, cioè, Tradizione scritta, Tradizione non scritta e tutela della Tradizione.

[1] Ho sentito un cattolico iperpapalista dire che i cattolici non dovrebbero leggere la Scrittura da soli perché tutto ciò che devono sapere è ciò che viene insegnato dai documenti ufficiali della Chiesa o dalla Bibbia nella liturgia, e che è pericoloso — anche protestante — a leggere la Bibbia a meno che il Magistero non abbia affermato cosa significhi un dato passaggio. Questo punto di vista è, tuttavia, così strano ed estremo che non può essere preso in considerazione come rappresentativo.

[2] Vedi “A che serve un catechismo mutevole? Rivisitare lo scopo e i limiti di un libro”, in The Road from Hyperpapalism to Catholicism: Rethinking the Papacy in a Time of Ecclesial Disintegration (Waterloo, ON: Arouca Press, 2022), vol. 2, cap. 40, pp. 137–55; cfr. Thomas Heinrich Stark, ” L’idealismo tedesco e il progetto teologico del cardinale Kasper “, Catholic World Report , 9 giugno 2015.