"Dispiace perciò che un cinema cattolico, la cui missione dovrebbe essere prettamente educativa e volta a evangelizzare, proietti una pellicola di cui il mondo si serve per picconare la morale naturale. Dispiace tanto più che ciò avvenga in una realtà, come quella salesiana, nata dal carisma del patrono dei giovani e degli educatori, san Giovanni Bosco, che insegnava, insieme al suo discepolo più noto, san Domenico Savio, a custodire i sensi. Iniziando dagli occhi e dall’udito".
Luigi
La Nuova Bussola Quotidiana, Ermes Dovico, 27-06-2022
È nelle sale la pellicola di animazione Lightyear - La vera storia di Buzz, prodotta dalla Pixar-Disney. Il film, con un bacio lesbico e altre incursioni nella trama principale, fa propaganda delle “famiglie” omosessuali, con la fecondazione artificiale sullo sfondo. È dunque in contrasto con la dottrina della Chiesa, eppure a San Donà c’è un cinema salesiano che lo proietta.
Che c’azzecca in un cinema cattolico una pellicola che propina dei modelli e insegnamenti contrari alla famiglia naturale e alla dottrina della Chiesa? Nulla, evidentemente. Ma andiamo con ordine.
Da alcuni giorni è nelle sale Lightyear - La vera storia di Buzz, il nuovo film d’animazione prodotto dalla Pixar e distribuito dalla Disney (la controllante). La proiezione del lungometraggio è stata preceduta dalla consueta campagna pubblicitaria in grande stile della stessa Disney. E da almeno lo scorso inverno è cosa nota che il film presenta un bacio lesbico, che a un certo punto era stato tagliato, ma poi è stato reinserito, il tutto per proteste e iniziative di segno opposto.
Il bacio in questione è al centro di una rapida sequenza in cui si festeggia il 40° anniversario dell’unione tra la comandante Alisha Hawthorne e la partner Kiko. Nonostante le attenzioni si siano concentrate - per la sua ovvia carica simbolica - sul bacio, ci sono molti altri elementi di propaganda Lgbt all’interno di Lightyear, che fanno da corredo alla trama principale. In mezzo ai vari voli sperimentali del protagonista Buzz per raggiungere l’ipervelocità necessaria a tirarsi fuori dal pianeta dove lui e i suoi compagni astronauti sono rimasti bloccati, si susseguono varie sequenze che ci mostrano a stretto giro: l’anello che suggella il fidanzamento saffico tra Alisha e Kiko, poi il misterioso e improvviso pancione di Alisha - con sottintesa la fecondazione artificiale, che non viene mostrata; quindi la nascita di un bambino, che poi cresce, si laurea, si sposa (con una donna) e diviene padre di Izzy, cosicché le nostre Alisha e Kiko non solo fanno la parte delle “due mamme” ma anche delle nonne. Il bacio nel quarantesimo anniversario della coppia corona questo idilliaco quadretto, che tra sorrisi e immagini colorate normalizza in un colpo solo fecondazione artificiale, unioni e “famiglie” omosessuali. E pazienza se i bambini che vedranno il film ne rimarranno confusi.
Ormai è arcinoto che la Disney usi - da anni - i suoi parchi, gadget, canali Tv, cartoni e film animati per promuovere l’agenda Lgbt: diversi vertici dell’azienda non solo non nascondono più la cosa, ma ne fanno motivo di vanto. Vedi, per esempio, le recenti dichiarazioni della produttrice esecutiva della Disney Television Animation, Latoya Raveneau, che si è rallegrata del fatto di aver trovato nel colosso dell’intrattenimento un ambiente molto favorevole a portare avanti la propria «per nulla segreta agenda gay». Vedi, ancora, le parole di Karey Burke, presidente della Disney General Entertainment Content (la divisione che si occupa dei contenuti), la quale, oltre a dirsi «madre di un bambino transgender e un bambino pansessuale», si è impegnata affinché il 50% dei personaggi Disney sia Lgbt.
In questo solco non sorprende che anche per la Disney, come per il resto del mondo secolarizzato che combatte il cristianesimo, il mese del Sacro Cuore di Gesù si sia trasformato in un’occasione per celebrare il «mese dell’orgoglio gay». A maggior offesa di Dio e della Sua Sapienza creatrice. È quindi chiaro che la Disney di Cenerentola, Biancaneve, La Spada nella Roccia, eccetera, non esiste più.
Perciò è tanto più sconcertante che una sala cattolica trasmetta un film, come Lightyear, che ha al suo interno i già accennati elementi di propaganda omosessuale. È il caso - segnalatoci da un lettore - del Cinema Don Bosco di San Donà di Piave, che ha iniziato a proiettare la pellicola della Disney lo scorso 20 giugno e ce l’ha in programma fino a mercoledì 29. La Bussola ha contattato telefonicamente il coordinatore del cinema, il coadiutore salesiano Andrea Ros, per chiedere un suo commento - alla luce della sottotrama ideologizzata di cui abbiamo detto - sull’opportunità della proiezione: «Non sono interessato, grazie», la risposta che abbiamo ricevuto via WhatsApp.
Il film ha ricevuto una recensione negativa dal Catholic News Service (Cns), ufficio della Conferenza episcopale statunitense, che fa presente tra le altre cose che Lightyear soffre di quella che «sta diventando una cattiva abitudine» per la Disney (impegnata pure in vario modo sul fronte pro aborto) e sottolinea, per l’appunto, che esso contiene «una visione benevola del matrimonio tra persone dello stesso sesso». Di qui la classificazione: «A-III – Adults». Ciò significa, secondo il Cns, che «il film è adatto agli adulti, ma non agli adolescenti». Anche chi scrive ha visto la pellicola. Oltre alle scene in rapida sequenza già descritte, il film presenta un giudizio normalizzatore esplicito delle relazioni omosessuali, sia nella sua prima parte - vedi quando Alisha rincuora Buzz perché, se non fosse stato per l’astronave danneggiata da un errore dell’amico, «io non avrei conosciuto lei» (cioè la compagna Kiko) - sia nella seconda, dove Buzz si oppone al piano del suo alter ego (Zurg, cioè Buzz anziano) di tornare indietro nel tempo e di evitare così lo sbarco sul pianeta ostile perché, se ciò fosse avvenuto, «Alisha non avrà più una famiglia, non avrà più Izzy» (la nipotina) e dunque Zurg, il cattivo di turno, avrebbe annullato «ogni cosa, amore, famiglia, amici».
È chiaro che tutto questo - unito alla qualità tecnica dell’animazione della Pixar, per quanto proprio Lightyear sia fin qui risultato meno gradito al pubblico delle altre pellicole della saga di Toy Story - rende il film particolarmente subdolo e insidioso per coscienze non ancora adeguatamente formate.
Dispiace perciò che un cinema cattolico, la cui missione dovrebbe essere prettamente educativa e volta a evangelizzare, proietti una pellicola di cui il mondo si serve per picconare la morale naturale. Dispiace tanto più che ciò avvenga in una realtà, come quella salesiana, nata dal carisma del patrono dei giovani e degli educatori, san Giovanni Bosco, che insegnava, insieme al suo discepolo più noto, san Domenico Savio, a custodire i sensi. Iniziando dagli occhi e dall’udito.