Oggi pomeriggio, alle ore 18:30, presso l’Arcibasilica patriarcale maggiore di San Pietro in Vaticano, Papa Francesco presiederà, in unione con tutti i Vescovi del mondo, l’Atto di consacrazione al Cuore Immacolato di Maria della Russia e dell’Ucraina (QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI).
Dopo aver dato spazio e commentato l’altro ieri (QUI) le deliranti affermazioni (ci saremmo meravigliati del contrario) di Enzo Bianchi (fondatore e già priore della Comunità di Bose), oggi vi proponiamo il profondo, articolato e “sano” commento teologico dell’Atto di consacrazione di don Alfredo Maria Morselli, arciprete della Parrocchia di San Benedetto del Querceto, pubblicato il 23 marzo sul sito Dogma TV.
L.V.
La Santa Sede ha reso noto il testo della consacrazione solenne che il Santo Padre Francesco pronuncerà il prossimo 25 marzo. La preghiera è bellissima ed esprime una mariologia essenziale, profonda, ben fondata biblicamente. In questo breve studio intendo soffermarmi su quelle parole, che, precedute da una adeguata spiegazione e preparazione, costituiscono indubbiamente il cuore della preghiera stessa.
“Noi, dunque, Madre di Dio e nostra, solennemente affidiamo e consacriamo al tuo Cuore immacolato noi stessi, la Chiesa e l’umanità intera, in modo speciale la Russia e l’Ucraina.”
In primo luogo dobbiamo vedere il significato delle parole affidiamo e consacriamo; in seguito vedremo l’inter-relazione dei due concetti.
1. Cosa intendiamo con l’espressione “ci consacriamo”, riferita al Cuore Immacolato di Maria.
I termini “consacrazione” e “affidamento” possono, di per sé, comprendere diversi significati: pensiamo solo a “consacrazione del pane e del vino”, “consacrazione alla Madonna”, “consacrati mediante il battesimo”, “persone consacrate con voti religiosi”, “consacrarsi a …” etc. Un analogo discorso si potrebbe fare con il termine “affidamento”.
Per comprendere meglio cosa sia la “consacrazione” e la differenza tra questa e l’“affidamento”, nel campo semantico dell’espressione “consacrazione a…”, andiamo a leggere il magistero dei Papi.
Il termine “consacrazione”, nel senso che a noi interessa, è stato assai ben spiegato da Leone XIII nell’Enciclica Annum Sacrum (25-5-1899).
“… Gesù, per sua bontà, … permette che noi aggiungiamo, da parte nostra, il titolo di una volontaria consacrazione. Gesù Cristo, come Dio e Redentore, è senza dubbio in pieno e perfetto possesso di tutto ciò che esiste, mentre noi siamo tanto poveri e indigenti da non aver nulla da potergli offrire come cosa veramente nostra. Tuttavia, nella sua infinita bontà e amore, non solo non ricusa che gli offriamo e consacriamo ciò che è suo, come se fosse bene nostro, ma anzi lo desidera e lo domanda: «Figlio, dammi il tuo cuore» (Pro 23,26). Possiamo dunque con la nostra buona volontà e le buone disposizioni dell’animo fare a lui un dono gradito. Consacrandoci infatti a lui, non solo riconosciamo e accettiamo apertamente e con gioia il suo dominio, ma coi fatti affermiamo che, se quel che offriamo fosse veramente nostro, glielo offriremmo lo stesso di tutto cuore. In più lo preghiamo che non gli dispiaccia di ricevere da noi ciò che, in realtà, è pienamente suo. Così va inteso l’atto di cui parliamo e questa è la portata delle nostre parole”.
Qui si tratta della consacrazione al Cuore di Gesù, fondata…
a) … sul riconoscimento che Gesù Cristo è il Signore di tutto e, quindi, anche di ogni cosa nostra e…
b) … sul fatto che il Signore vuole che gli ri-offriamo ogni cosa.
Ora la Divina Provvidenza ha disposto di non regnare da sola, ma di partecipare la sua regalità e la sua signoria: basta pensare che tutti i battezzati sono unti re, sacerdoti e profeti. Queste regalità e signoria sono partecipate non a tutti nello stesso grado; è chiaro che Maria è colei che partecipa in massimo grado della signoria e della regalità di Gesù Cristo. San Luigi di Montfort, nel suo Trattato della vera devozione a Maria, ben spiega questo concetto:
“[37] … Maria ha ricevuto da Dio un grande dominio sulle anime degli eletti. Ella infatti, non potrebbe fissare in loro la sua tenda, come il Padre le ha ordinato; né formarli, nutrirli, generarli alla vita eterna come madre; né possederli come propria e personale eredità; né formarli in Gesù Cristo; né formare Gesù Cristo in loro; né mettere nel loro cuore le radici delle sue virtù ed essere la compagna indissolubile dello Spirito Santo per tutte le opere di grazia. Ella non potrebbe, dico, fare tutto questo, se non avesse diritto e dominio sulle loro anime per una grazia singolare dell’Altissimo, il quale, avendole dato potere sopra il proprio Figlio unico e naturale, glielo ha dato altresì sopra i propri figli adottivi, non solo quanto al corpo – ciò che sarebbe poca cosa – ma pure quanto all’anima.
[38] Maria è la regina del cielo e della terra per grazia, come Gesù ne è il re per natura e per conquista. Ora, come il regno di Gesù Cristo consiste principalmente nel cuore, secondo quel che è scritto: «Il regno di Dio è dentro di voi», così il regno della santissima Vergine sta principalmente all’interno dell’uomo, cioè nella sua anima. È soprattutto nelle anime che essa è glorificata insieme col Figlio, più che in tutte le creature visibili, tanto che possiamo chiamarla con i Santi: Regina dei cuori”.
Il pensiero del Montfort si ritrova nel magistero di Pio XII: “La Beata Vergine non ha avuto soltanto il supremo grado, dopo Cristo, dell’eccellenza e della perfezione, ma anche una partecipazione di quell’influsso, con cui il suo Figlio e Redentore nostro giustamente si dice che regna nella mente e nella volontà degli uomini” (Enc. Ad Caeli Reginam, 11.10.1954).
Ora modifichiamo leggermente – adattandolo alla Madonna – quello che Leone XIII scriveva a proposito del Sacro Cuore di Gesù:
“La Madonna, nella sua infinita bontà e amore, non solo non ricusa che gli offriamo e consacriamo ciò che è suo – in quanto ricevuto da Gesù -, come se fosse bene nostro, ma anzi lo desidera e lo domanda: «Figlio, dammi il tuo cuore» (Pro 23,26). Possiamo dunque con la nostra buona volontà e le buone disposizioni dell’animo fare a Lei un dono gradito. Consacrandoci infatti a Lei, non solo riconosciamo e accettiamo apertamente e con gioia il suo dominio, trasmessole da Gesù, ma coi fatti affermiamo che, se quel che offriamo fosse veramente nostro, glielo offriremmo lo stesso di tutto cuore. In più La preghiamo che non Le dispiaccia di ricevere da noi ciò che, in realtà, è pienamente suo”.
Dobbiamo tenere conto però che Maria è tutta relativa Cristo, avendo ricevuto da Lui il suo potere di Regina dei Cuori: tutto ciò che essa riceve da noi è subito portato e presentato a Gesù: inoltre la stessa nostra consacrazione a Maria non può non avere come oggetto diretto lo stesso Cristo. Sviluppando ancora la bella spiegazione di Leone XIII, potremmo ulteriormente parafrasare: “Alla divina richiesta: «Figlio, dammi il tuo cuore» (Pro 23,26) rispondiamo: «Sì, eccoti il mio cuore, che ti offro affidandolo a Maria, in modo che sia così Lei a presentartelo come cosa e possessione sua, perché così tu hai voluto che avvenga nella dinamica della Redenzione».
Consacrarsi a Maria significa dunque consacrarsi a Gesù per mezzo di Maria e non è possibile consacrarsi a Gesù se non in questo modo. Infatti, come dice San Luigi di Montfort, sempre nel Trattato:
“[44] … l’Altissimo l’ha costituita unica depositaria dei suoi tesori e unica dispensatrice delle sue grazie, perché essa nobiliti, innalzi e arricchisca chi vuole, faccia entrare chi vuole nella via stretta del cielo, faccia passare ad ogni costo chi vuole per la porta stretta della vita, e a chi vuole conceda trono, scettro e corona di re.
Dappertutto e sempre Gesù è il frutto e il figlio di Maria. Dappertutto Maria è il vero albero che porta il frutto di vita, la vera madre che lo genera”.
2. Cosa significa “Affidarsi al Cuore Immacolato di Maria”
Ed ora veniamo ad esaminare il temine “affidamento”, usato particolarmente nel magistero e negli atti solenni di Giovanni Paolo II [1]. Stando alle parole dello stesso Papa, con “affidamento” ci si riferisce all’atto con il quale Gesù stesso ha affidato il discepolo a Maria Santissima: “Donna ecco tuo Figlio” Gesù per primo ci affida a Maria; quando noi ci affidiamo a Lei, non facciamo altro che assentire a quanto Gesù ha fatto, compiendo un gesto analogo a San Giovanni che, una volta affidato a Maria, “da quell’ora la prese con sé” Gv 19,27.
San Giovanni non solo prese Maria in casa sua, ma la ricevette nel suo intimo, accettandola come Madre, come gli aveva detto Gesù: “Ecco la tua Madre”. La ricevette come eredità preziosa da parte di Gesù, madre della grazia per lui e per tutti i discepoli di Cristo da quell’ora in avanti. Accettò l’affidamento di Gesù e si affidò così egli stesso.
3. “Affidarsi e consacrarsi” al Cuore Immacolato
Se nel momento in cui Gesù affidò San Giovanni a Sua Madre e alla Madre il discepolo, da quell’ora il discepolo “la prese con sé” (gr. eis ta ídia = nelle sue cose proprie => nell’intimo del suo cuore) – non soltanto a casa sua per provvederLa del necessario materiale, ma nel più intimo del Suo cuore -, come non credere che anche la Madonna abbia preso noi profondamente “a cuore”, quale tesoro redento con il sangue del Suo Figlio, da proteggere e custodire maternamente? Non per nulla, a Fatima la Madonna ha promesso a Suor Lucia che il Suo Cuore Immacolato sarebbe stato il rifugio e la via che avrebbe condotto al Cielo la veggente, e con lei, tutti quelli che nel Cuore Immacolato si sarebbero rifugiati.
Possiamo notare nel Vangelo di San Giovanni un artificio letterario sul termine ídios (= proprio): nel prologo del Vangelo leggiamo che i suoi più intimi (hoi ídioi) non lo riconobbero. In contrapposizione a questo rifiuto, sotto la croce c’è una nuova accoglienza, che ricapitola e ripara l’antico rifiuto. Si accoglie Gesù accogliendo nell’intimo (eis ta ídia) la Madre di Gesù, da Lui stesso donataci come Madre anche nostra.
Consacrarsi e affidarsi al Cuore Immacolato di Maria significa che intendiamo prenderci a cuore la Madre, perché e in quanto crediamo che la Madre, su indicazione di Gesù, prende a cuore noi.
4. Relazione tra “Consacrazione” e “Affidamento” a Maria
Che rapporto c’è tra consacrazione e affidamento? I due termini hanno differenti significati, ma capiamo che non ci si può consacrare senza affidarsi, né affidarsi senza consacrarsi.
Infatti non ci si può donare tutti a Maria se non nel modo in cui Gesù ci ha donato a Lei, cioè affidandoci come figli. Né si può affidarsi a Maria, cioè accoglierla nel Cuore come regina e madre tenendo alcunché di nostro fuori dal suo dominio e influenza di Madre e Regina.
L’espressione scelta dal Papa “affidiamo e consacriamo” noi stessi etc. sembra proprio perfetta: “affidamento” e “consacrazione” sono come due facce di uno stesso prezioso e sfolgorante diamante: due approcci diversi ma complementari per dire alla Madonna: siamo tutti tuoi!
5. Papa Francesco e la consacrazione
L’atto di Papa Francesco segue azioni analoghe dei suoi predecessori, nessuno dei quali, a parte San Giovanni Paolo II (vexata quaestio), avrebbe soddisfatto quanto richiesto dalla Madonna a Fatima: in particolare l’esplicita menzione della Russia.
Neppure mancano oggi reazioni, tanto scomposte quanto improvvide, secondo le quali neanche stavolta la Madonna sarebbe stata “accontentata”.
Personalmente, mi fido di quanto scritto da Suor Lucia, secondo la quale la consacrazione effettuata da San Giovanni Paolo II nel 1984 sarebbe stata accettata dal Cielo, sebbene non esattamente conforme alla lettera della richiesta della Madonna.
In una lettera del 29 agosto 1989, pochi mesi prima della caduta del Muro di Berlino alla domanda: “La consacrazione del mondo in conformità con quanto richiesto dalla Madonna è compiuta?”, Suor Lucia rispose:
“Il 31 ottobre 1942 la fece Sua Santità Pio XII; in seguito mi fu domandato se era in conformità con quanto richiesto dalla Madonna: io risposi di no perché mancava l’unione con tutti i vescovi del mondo. Poi la fece Sua Santità Paolo VI il 13 maggio 1967. Mi fu domandato se era in conformità con quanto richiesto dalla Madonna. Io risposi di no per lo stesso motivo: mancava l’unione con tutti i vescovi del mondo.
Infine la fece Sua Santità Giovanni Paolo II il 13 maggio 1982. Quando mi fu domandato se era conforme alle richieste della Madonna risposi di no, continuando a mancare l’unione con tutti i vescovi del mondo. Allora lo stesso sommo pontefice Giovanni Paolo II scrisse a tutti i vescovi del mondo chiedendo loro di unirsi a lui; fece portare a Roma la statua della Madonna di Fatima (quella della cappellina) e il 25 marzo 1984, pubblicamente, in unione coi vescovi che vollero unirsi a lui, fece la consacrazione così come la Madonna aveva voluto. In seguito mi fu domandato se era conforme a quanto richiesto dalla Madonna e io risposi di sì. Da quel momento, la consacrazione è compiuta.
Perché dunque questa esigenza di Dio di celebrare tale consacrazione in unione con tutti i vescovi del mondo? Perché è un appello all’unione di tutti i cristiani — il corpo mistico di Cristo — a capo della quale sta il Papa, unico vero rappresentante di Cristo in terra, al quale il Signore affidò le chiavi del regno dei cieli. E da questa unione dipendono la fede nel mondo e la carità, che è il vincolo che deve unirci tutti quanti in Cristo come Egli chiese al Padre” [2].
Credo a Suor Lucia, tenendo anche conto che, se la Chiesa in certi casi può stabilire e modificare la forma dei sacramenti (entro certi limiti), a maggior ragione ha pure una certa autorità sulle parole di una preghiera richiesta in una rivelazione privata.
Sappiamo che le difficoltà principali per una consacrazione (non solo affidamento) con esplicita menzione della Russia sono stati di due ordini: il primo teologico, per via di una forte allergia al termine “consacrazione” riferito alla Madonna, volendolo riservare ad altri contesti; il secondo ostacolo è stato di natura politica ed ecumenica: si voleva evitare di irritare il Patriarcato di Mosca.
Vista la gravità del momento, Papa Francesco ha bypassato tutte le opposizioni. Il suo giro mentale è ben indicato in una frase con la quale descrive la pratica dell’ecumenismo: “In tutte le comunità ci sono bravi teologi: che loro discutano, che loro cerchino la verità teologica perché è un dovere, ma noi camminiamo insieme” [3].
Allora, messe da parte le discussioni teologiche e le preoccupazioni diplomatiche, “camminiamo insieme” e andiamo tutti a rifugiarci nel Cuore Immacolato di Maria: lì sarà più facile, deposte le armi, abbracciarci, avendo ritrovato la fratellanza momentaneamente dimenticata.
NOTE
[1] SAN GIOVANNI PAOLO II, Lett. Enc. Redemptoris Mater, 25 marzo1987, §§ 45-46 passim: “… Il redentore affida sua madre al discepolo e, nello stesso tempo, gliela dà come madre. La maternità di Maria che diventa eredità dell’uomo è un dono: un dono che Cristo stesso fa personalmente ad ogni uomo. Il Redentore affida Maria a Giovanni in quanto affida Giovanni a Maria. Ai piedi della croce ha inizio quello speciale affidamento dell’uomo alla Madre di Cristo, che nella storia della Chiesa fu poi praticato ed espresso in diversi modi. Quando lo stesso apostolo ed evangelista, dopo aver riportato le parole rivolte da Gesù sulla Croce alla madre ed a lui stesso, aggiunge: «E da quel momento il discepolo la prese con sé» (Gv 19,27), questa affermazione certamente vuol dire che al discepolo fu attribuito un ruolo di figlio e che egli si assunse la cura della Madre dell’amato Maestro. E poiché Maria fu data come madre personalmente a lui, l’affermazione indica, sia pure indirettamente, quanto esprime l’intimo rapporto di un figlio con la madre. E tutto questo si può racchiudere nella parola «affidamento». L’affidamento è la risposta all’amore di una persona e, in particolare, all’amore della madre. La dimensione mariana della vita di un discepolo di Cristo si esprime in modo speciale proprio mediante tale affidamento filiale nei riguardi della Madre di Dio, iniziato col testamento del Redentore sul Golgota. Affidandosi filialmente a Maria, il cristiano, come l’apostolo Giovanni, accoglie «fra le sue cose proprie» la Madre di Cristo e la introduce in tutto lo spazio della propria vita interiore, cioè nel suo «io» umano e cristiano: «La prese con sé». Così egli cerca di entrare nel raggio d’azione di quella «materna carità», con la quale la Madre del Redentore «si prende cura dei fratelli del Figlio suo», «alla cui rigenerazione e formazione ella coopera» secondo la misura del dono, propria di ciascuno per la potenza dello Spirito di Cristo. Così anche si esplica quella maternità secondo lo spirito, che è diventata la funzione di Maria sotto la Croce e nel cenacolo. [46] Questo rapporto filiale, questo affidarsi di un figlio alla madre non solo ha il suo inizio in Cristo, ma si può dire che in definitiva sia orientato verso di lui Si può dire che Maria continui a ripetere a tutti le stesse parole, che disse a Cana di Galilea: «Fate quello che egli vi dirà».
[2] CARMELO DI COIMBRA, Un cammino sotto lo sguardo di Maria. Biografia di suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria, Edizioni Carmelo di Coimbra-OCD, Roma 2016, pp. 225-226.
[3] FRANCESCO, Udienza generale, Piazza San Pietro, Mercoledì, 8 ottobre 2014.
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