Post in evidenza

Francesco, le nuove esequie papali e il suo peronismo

Un Papa distruttore anche delle più piccole - ma significative - tradizioni. Luigi C. Francesco, il papa argentino (ovvero peronista) Le Cro...

sabato 9 ottobre 2021

L'Arcivescovo Cordileone al Timone: «La Messa in rito antico non scomparirà mai» #traditioniscustodes

Pubblichiamo ampi stralci dell'intervista che l'Arcivescovo di San Francisco Mons. Salvatore ha rilasciato a Il Timone n. 210 ottobre 2021 (QUI). 
Ringraziamo la testata per l'autorizzazione alla pubblicazione.
Luigi

«La Messa in rito antico non scomparirà mai»
Parla l’arcivescovo di San Francisco, Salvatore Cordileone: «Attrae giovani con le loro famiglie perché la sua è una bellezza senza tempo. Ed è una grande opportunità di evangelizzazione»
Di Raffaella Frullone
[...]
Quando ha iniziato a celebrare in rito antico?

«La prima volta è stata nel 2003, ero vescovo ausiliare di San Diego da un anno. Sono sempre stato interessato alla Messa in vetus ordo ma non l’avevo mai celebrata prima perché erano ancora gli anni in cui serviva l’indulto per farlo. Nella diocesi di San Diego c’era una comunità che seguiva il rito antico, presso la cappella del Cimitero cattolico della Santa Croce, e mi chiesero di celebrare la Messa per loro il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, che cadeva di domenica. Così ho dovuto imparare a farlo. Prima di diventare vescovo avevo lavorato nella Curia romana e nel triduo pasquale mi recavo insieme ad altri due o tre sacerdoti presso un convento benedettino alle porte di Firenze. La liturgia era in novus ordo ma era in latino ed era molto solenne, in una chiesa antica. Quindi avevo una certa familiarità con la lingua, con i canti, ho solo dovuto imparare le rubriche, e dopo quell’inizio ho celebrato molte altre volte».

[...]

Quali sono stati i frutti pastorali di Summorum Pontificum nell’arcidiocesi di San Francisco e quali i problemi, se ce ne sono stati?

«I frutti sono simili a quelli che si riscontrano nel resto del Paese, e anche in altri Paesi. Innanzitutto la Messa in vetus ordo attrae giovani, li porta in chiesa. Sono convinto, come dicevo, che ci sia in loro un bisogno di sentirsi connessi con le proprie radici, di sentire che siamo parte di una famiglia più grande. Poi c’è un’attrazione per la reverenza e la solennità delle celebrazioni. È una grande opportunità di evangelizzazione, di cui dobbiamo fare veramente buon uso. Non solo attrae giovani e giovani famiglie, ma li introduce alla pienezza della vita cristiana, non solo a viverne una parte, in questo ha una grande forza evangelizzatrice. Per quanto riguarda le sfide, forse in alcune parrocchie ci sono persone, ormai di una certa età, che nel corso della vita si sono sentite denigrate per il loro attaccamento alla Messa in vetus ordo e magari hanno conservato un certo risentimento. Però è una cosa che non riguarda più le giovani generazioni. Un piccolo problema di ordine pratico è inoltre l’orario della Messa in rito antico, che spesso viene celebrata come ultima nel programma domenicale, nel pomeriggio, e non è l’ideale per le famiglie. Quindi c’è il tema di una migliore integrazione della Messa nella vita della parrocchia».

Quindi la Messa in rito antico non è destinata a sparire, secondo Lei.

«Non vedo come sia possibile, è il modo con in cui la Chiesa ha celebrato per duemila anni, con piccole modifiche, piccoli sviluppi organici. È la Messa che ha raggiunto la forma che conosciamo con san Gregorio Magno, quindi 14 secoli fa. Non può essere sradicata dalla vita delle comunità. Essa trasmette una bellezza senza tempo, un senso del sacro senza tempo, attrae oggi come ieri perché non è legata a un tempo preciso. E può essere molto opportuno promuoverla in questo mondo postmoderno. Io ho cercato di promuoverla anche attraverso l’istituto liturgico che ho fondato, l’“Istituto Benedetto XVI per la musica sacra e il culto divino”. Abbiamo commissionato nuove composizioni di musica sacra che possano raggiungere lo status di “classiche”, in grado cioè di superare la prova del tempo, ma in un modo che rifletta anche la cultura in cui si situano. La prima è stata la Messa delle Americhe - tributo a Nostra Signora di Guadalupe, patrona del Messico e delle Americhe, e Nostra Signora dell’Immacolata Concezione, patrona degli Stati Uniti - eseguita nel dicembre 2018 nella cattedrale dell’arcidiocesi. Avevo chiesto al compositore Frank La Rocca di scrivere una musica che contenesse la sonorità e le melodie dei canti che il popolo messicano eleva alla Vergine di Guadalupe, un po’ come avvenne con lo stile architettonico delle chiese delle missioni francescane in California, fondate su canoni tradizionali dell’architettura cattolica ma capaci di mantenere elementi della cultura locale, creando uno stile unico, che ha influenzato anche l’architettura civile. E l’idea è stata di comporre musica sacra con quella qualità che potesse essere usata sia per il novus ordo che per il vetus ordo. Perché la Messa tradizionale non è qualcosa di relegato nel passato, ma è vivente, con la sua bellezza senza tempo».

[...]

Nessun commento:

Posta un commento