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martedì 8 giugno 2021

L'attacco al Summorum Pontificum: uno sguardo dall'oriente ortodosso

Duc in Altum
, il blog di Aldo Maria Valli, ha pubblicato questa interessante intervista al rev. Vasilios Koutsouras, presbitero ortodosso, raccolta dall'Amico Simone Ortolani, che arricchisce in una prospettiva interessante la riflessione sull'attacco al Motu Proprio. Siamo lieti di proporvela.

E io, ortodosso, dico: “Cattolici, preservate la tradizione liturgica romana”

di Simone Ortolani 

 

Intervista al reverendo Vasilios Koutsouras, protopresbitero della Chiesa ortodossa di Grecia: «Il valore della tradizione liturgica d’Occidente testimoniato dall’innumerevole folla di Santi che si sono santificati con essa». Nel 2007 il patriarca di Mosca Alessio II si felicitò con papa Benedetto XVI per la promulgazione del motu proprio che liberalizzava la Messa preconciliare.

    Reverendo, la Messa in latino nel rito precedente alla Riforma liturgica di Paolo VI viene generalmente indicata come Messa tridentina, o di San Pio V, dal nome del papa che nel 1570 l’ha estesa all’Occidente cristiano. Questo rito in realtà è anteriore e risale, nelle sue formule essenziali, all’età patristica. Questa forma liturgica è stimata nell’Oriente ortodosso?

«In effetti, il rito della Chiesa Romana risale all’epoca dei grandi Padri della Chiesa ed è considerato uno dei riti più antichi della Chiesa universale. Possiamo, altresì, affermare che l’anàfora eucaristica romana (il Canone Romano) è tra le più antiche anàfore e, molto probabilmente, è più antica delle anàfore “bizantine” di san Giovanni Crisostomo e di san Basilio il grande tutt’ora in uso nella Chiesa ortodossa. È anche vero che in Oriente poco si conosce della tradizione liturgica romana; solitamente è ignorata dagli studiosi, tranne rare eccezioni, come, ad esempio, il grande liturgista greco Panghiotis Trembelas il quale ha studiato minuziosamente il rito romano nella sue diverse opere Riti liturgici dell’Occidente e dei Protestanti; La questione della genuflessione; Il movimento liturgico romano e la prassi dell’Oriente ecc. Mentre, in epoca bizantina, del rito romano si sono occupati il grande teologo esicasta Nicola Kavasilas e il liturgista bizantino per antonomasia san Simeone, arcivescovo di Tessalonica, soprattutto per quanto riguarda la polemica circa la funzione dell’epiclesi nella trasformazione dei Santi Doni. Entrambi hanno parlato e trattato con grandissimo rispetto il testo del Canone Romano».

    Quando nel 2007, il papa Benedetto XVI promulgò il motu proprio “Summorum Pontificum”, che riconosceva ai sacerdoti la libertà di celebrare il Sacrificio eucaristico nel Rito Romano antico, il patriarca ortodosso di Mosca Alessio II espresse le sue congratulazioni al vescovo di Roma: «Il recupero e la valorizzazione dell’antica tradizione liturgica è un fatto che noi salutiamo positivamente. Noi teniamo moltissimo alla tradizione», dichiarò il patriarca nell’occasione. A suo avviso che ripercussioni avrebbe nell’Oriente ortodosso il ritiro del provvedimento di papa Ratzinger? Potrebbero esservi ripercussioni nel dialogo ecumenico?

«Come chierico ortodosso ritengo che il dialogo ecumenico, che già si svolge tra le due Chiese, debba basarsi e fondarsi sugli antichi testi dogmatici, patristici e liturgici specialmente quelli del primo millennio durante il quale l’Oriente cristiano camminava insieme con il cristianesimo latino. In questi testi, infatti, si possono trovare i fondamenti per un cammino verso l’unità cristiana e per uno spirito di rispetto reciproco verso la tradizione particolare di ogni Chiesa. Specialmente la tradizione liturgica romana e di conseguenza la sua rivalorizzazione da parte della Chiesa romano-cattolica sarebbe di grande aiuto nel cammino del dialogo sia per la sacralità e il rispetto che emana come anche per l’antichità dei testi. Certamente i moderni sviluppi liturgici nell’Occidente cristiano vengono affrontati con profonda perplessità e forse anche con sospetto dalla Chiesa d’Oriente sia per quanto riguarda la paternità e il valore dei nuovi riti liturgici come anche per quanto essi siano davvero efficaci e fruttuosi nella pastorale e nella catechesi dei cristiani d’oggi. Gli innumerevoli casi tragicomici (conosciuti come abusi liturgici) che si possono vedere su internet e che provengono dagli ambienti del “rinnovamento liturgico” confermano le perplessità e lo scetticismo con i quali la maggior parte degli ortodossi osservano oggi questi sviluppi nella vita liturgica d’Occidente e le conseguenze che essi hanno nella vita spirituale dei fedeli».

    A suo giudizio, un rito così antico, che ha profondamente alimentato la spiritualità di tanti santi nel corso della storia, può essere soppresso o semplicemente ridimensionato da figure apicali della gerarchia religiosa?

«Secondo il mio modesto parere, la tradizione liturgica d’Occidente costituisce un grandissimo tesoro spirituale, culturale e religioso. Dal punto di vista spirituale, il valore e la forza della tradizione liturgica d’Occidente sono testimoniati dall’innumerevole folla di santi che hanno vissuto e si sono santificati con essa. Il suo contributo alla cultura europea è confermato in ogni città e in ogni paese, in ogni chiesa e in ogni museo d’Occidente, dove, tutte le cose irradiano e confessano la grandezza della ricchezza liturgica della Chiesa romana. Non si può negare l’impulso, l’ispirazione, il dinamismo dato dalla Santa Messa a tutte le forme di arte (musica, pittura, scultura, architettura, letteratura, miniatura). La vita religiosa degli europei e di tutti i cristiani d’Occidente è stata indelebilmente segnata dalla devozione, dalla profonda fede e dalla sacralità che la Messa ha loro ispirato e tramite la quale si è formata la vita quotidiana di innumerevoli generazioni. Perciò qualunque cambiamento o sviluppo dovrebbe essere attuato con la grande attenzione e con il massimo rispetto poiché si tratta di un settore davvero vitale per la vita spirituale di miliardi di fedeli. Ad esempio, la necessità dell’uso delle lingue contemporanee oltre al latino era qualcosa di necessario come anche, forse, la rimozione di alcune forme esagerate di devozione che non si confanno all’uomo moderno. Tuttavia, il rito e i sacri testi devono rimanere così come si sono formati e hanno resistito attraverso i secoli e devono costituire altresì il centro della vita liturgica e della catechesi dei fedeli romano-cattolici. L’uomo moderno oramai secolarizzato, infatti, ha bisogno della presenza del sacro nella sua vita. Cioè, della presenza di Dio. L’antica tradizione liturgica romana ci riusciva nella maniera migliore ed efficace! Aiutava gli uomini ad adorare insieme agli angeli e ai santi il Signore della gloria e, parallelamente, iniziava loro ai grandi misteri della fede cristiana».