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lunedì 1 marzo 2021

I santi Re cattolici #7 beato Carlo il Buono (2 marzo)

Continuiamo la memoria dei santi Re cattolici commemorati nel Martirologio Romano: beato Carlo il Buono (1081 - 1127).

2 marzo.
A Bruges nelle Fiandre, nell’odierno Belgio, beato Carlo Bono, martire, che, principe di Danimarca e poi conte delle Fiandre, fu custode della giustizia e difensore dei poveri, finché fu ucciso dai soldati che cercava invano di indurre alla pace. (Martirologio Romano ed. 2004)

L.V.

Il beato principe e martire Carlo il Buono fu il figlio quartogenito del re danese San Canuto IV, anch’egli martire, e di Adele o Alice di Fiandra, figlia di Roberto il Frisone. Carlo aveva all’incirca solo cinque anni alla morte di suo padre e fu allora condotto a Bruges alla corte del nonno materno, il conte delle Fiandre. Qui fu allevato e creato cavaliere. Partì dunque per la Terra Santa con suo zio Roberto di Gerusalemme, ove prese parte alle imprese dei crociati. Sopravvissuto a qualche ferita, ricoperto di cicatrici poté fare ritorno in Europa.
Baldovino della Hache, suo cugino di primo grado, che nel 1111 succedette come conte delle Fiandre a Roberto di Gerusalemme, non avendo eredi lasciò in eredità la contea a Carlo a scapito di Guglielmo d’Ypres, suo parente di eguale grado. Gli fu data in sposa Margherita, figlia del conte di Clermont Renato, che gli portò in dote la contea di Amiens. Infine Baldovino lo associò al governo dei suoi stati.
La dolcezza e l’equità che lo contraddistinsero fecero sì che, al momento della sua ascesa al trono, nel 1119, Carlo fosse già considerato quale un padre ed un protettore.
Ma la gioia pubblica fu turbata dalla contessa Clemenza, madre del defunto conte Baldovino. Favorevole a Guglielmo d’Ypres, questa principessa organizzò una lega di principi che dichiararono guerra al giovane Carlo. Con l’aiuto di Dio questi riuscì a trionfare sui suoi nemici. In qualità di conte di Amiens e di vassallo del re di Francia, Carlo poté venire in soccorso di quest’ultimo quando l’imperatore Carlo V invase la Champagne nel 1123. Tutto ciò contribuì a far sì che il nome di Carlo il Buono divenisse paradossalmente sempre più temibile tra gli stranieri.
Messe da parte le numerose guerre che avevano rattristato l’inizio del suo regno, Carlo si prodigò nel far regnare la pace e la giustizia nei suoi stati. Proclamò la «tregua di Dio», volta a vietare ai suoi sudditi l’uso della armi per porre fine alle frequenti risse. Puntò molto sull’esempio: semplice e modesto nei suoi atteggiamenti, era solito praticare un’austerità tipica dei religiosi. Nemico del fasto, ridusse i propri dipendenti al fine di diminuire le imposte del popolo ed aumentò lo stipendio ai proprio fattori. Pieno di sollecitudine verso i poveri, arrivava addirittura di privarsi dei propri vestiti per donarli loro. Era solito restare a piedi nudi in segno di devozione nel compiere i suoi quotidiani atti di carità.
Carlo si mostrò sempre rispettoso sia dei preti secolari che dei religiosi: sollecitava ed accoglieva i loro pareri con una sincera umiltà, li ringraziava quando gli segnalavano degli errori da correggere, li ricompensava con una specialissima protezione. Ogni sera si faceva spiegare alcuni passi biblici da tre dottori in teologia.
Stabilì che i tutti condannati a morte dovessero confessarsi e ricevere la comunione il giorno precedente all’esecuzione della pena.


Nel 1125 una terribile carestia si abbatté sulle Fiandre e sulla Piccardia. Questa fu per Carlo un’occasione di manifestare la sua sollecitudine e la sua carità. Ogni giorno provvedette a sfamare ben cento poveri a Bruges e volle che ugualmente accadesse in ciascuno dei suoi castelli. Sempre quotidianamente era solito provvedere ad abbigliare cinque poveri. Dopo queste generose distribuzioni partecipava alla messa in chiesa, cantava alcuni salmi e donava ancora dei soldi ai mendicanti. Il resto delle sue giornate lo trascorreva redigendo dei nuovi regolamenti volti a risolvere i mali temporali che ancora affliggevano il suo stato e prevenirne il ritorno. Alla morte senza eredi del Sacro Romano Imperatore, vi fu la proposta di eleggere proprio Carlo, conte di Fiandra. Cercò dunque consiglio tra alcuni suoi baroni, ma solo una piccola parte lo spinse ad accettare lo scettro imperiale, poiché la maggioranza temeva di perdere colui in cui riconosceva un vero padre delle Fiandre. Carlo seguì il consiglio di questi ultimi. Declinò ugualmente la corona di Gerusalemme che gli fu offerta quando Baldovino fu imprigionato dai turchi. Preferì dunque consacrarsi totalmente al bene delle Fiandre.
Ma non tutti vedevano di buon occhio l’operato di Carlo e non appena si verificò l’ennesima lite tra uomini d’arme, egli tentò con ogni sforzo di giungere come al solito ad una soluzione pacifica, escludendo dunque il ricorso alle armi. Ciò portò quasi tutti i congiurati ad essere d’accordo su un unico punto: si riunirono una sera nella casa di uno di essi, congiunsero le mani in segno d’alleanza e trascorsero l’intera notte ad organizzare l’esecuzione di un attentato nei confronti di Carlo.
L’indomani mattina, 2 marzo 1127, questi, dopo essersi come sempre prodigato nell’assistenza ai bisognosi, il conte si recò per la messa nella chiesa di Saint-Donatien, attigua al suo palazzo. Qui i malfattori poterono così portare a compimento il loro malvagio piano, ottenendo a Carlo la corona del martirio. Il suo corpo fu sepolto provvisoriamente nel luogo stesso dell’assassinio, ma senza alcuna solennità poiché il luogo sacro era stato violato da un omicidio sacrilego. La cerimonia funebre si tenne dunque tra le mura della città, nella chiesa di Saint-Pierre. Il re di Francia, Luigi il Grosso, chiamato in Fiandra dai baroni del paese, vendicò la morte del conte suo parente punendo gli assassini secondo la giustizia della legge. Dopo alcune settimane il suo corpo fu riesumato e trovato incorrotto. Fu allora traslato nella chiesa di Saint-Christophe e solo dopo il 25 aprile, con la riconsacrazione della chiesa, poté fare ritorno a Saint-Donatien. In seguito le sue reliquie entrarono a far parte del tesoro della cattedrale di Bruges.


Il culto verso Carlo il Buono sembrava essersi affievolito a causa dell’oblio del tempo, quando arrivò finalmente nel 1882 la conferma ufficiale da parte del pontefice Leone XIII, che gli conferì così il titolo di «beato». In seguito a questo atto il glorioso martire, conte di Fiandra, poté essere dichiarato patrono secondario del neonato Regno del Belgio.
Ad incentivare il suo culto all’alba del terzo millennio ha contribuito il nuovo Martyrologium Romanum, che lo ricorda così nell’anniversario dell’assassinio: «A Bruges, in Fiandra, ricordo del Beato Carlo il Buono, martire, che, principe di Danimarca e in seguito conte di Fiandra, visse custodendo la giustizia e difendendo i poveri, finché venne ucciso da uomini d’arme che egli aveva cercato di pacificare».

Autore: Fabio Arduino

1 commento:

  1. Questi sono Re cattolici, Re che non erano monarchi assoluti come da Luigi XIV in poi in Francia, Re che convocano nobiltà, clero e vedevano il popolo nelle decisioni. La monarchia assoluta francese è stata fortunatamente buttata giù dalla Rivoluzione francese perché era un male. Mi dispiace che la TFP racconti menzogne insieme a De Mattei, tutta gente legata politicamente ai governi del diavolo Berlusconi.Anche Lefebvre era amico della nobiltà che voleva tornare a servi e padroni. Se preferite il diavolo Berlusconi al vicario di Cristo, Francesco, state messi proprio male. Vi fate manipolare dalla politica. Basta scrivere su Google TFP setta estremista e vi esce di tutto. Inoltre questi sacerdoti che disprezzano la pastorale del Vaticano II, lasciano la gente a fare peccato, non li correggono, non gli rispondono pubblicamente con amore a redimerli. Meglio cancellare i commenti al posto di avere la pietà di spiegargli le cose. A questa gente arida gli serve la sana dottrina e il magistero della Chiesa che è quella attuale e non le fiabe passate. Il Papa consiglia il rosario alla Madonna che scioglie i nodi, vediamo se facendolo migliora la situazione. Quanta ingenuità, quanti lupi al posto dei pastori

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