Dagli amici di Campari e de Maistre.
QUI MiL su Duda.
Ormai per essere amati dalla new wave ecclesiale occorre essere pro gay e pro aborto.
Luigi
QUI MiL su Duda.
Ormai per essere amati dalla new wave ecclesiale occorre essere pro gay e pro aborto.
Luigi
di Gregorio Sinibaldi
La Polonia inizia il procedimento per uscire dalla Convenzione di Istanbul sulla violenza contro le donne (2011), e l'Osservatore Romano del 28 luglio (p. 2), a rimorchio della stampa laicista, critica senza sfumature questa decisione.
Mostrando altresì netto apprezzamento per la Convenzione, la quale, secondo il quotidiano papale “si propone di prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime ed impedire l'impunità dei colpevoli. In particolare, la Convenzione caratterizza la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione”.
Ma per quale motivo allora, l’appena rieletto presidente Andrzej Duda, tra l’altro cattolico e praticante, avrebbe deciso che la Polonia debba chiamarsi fuori? E’ pensabile che esca dalla Convenzione perché sia favorevole alla violenza sulle donne (tra cui sua moglie Agata e sua figlia Kinga)?
L’OR con una certa supponenza afferma che “secondo il governo di Varsavia, la Convenzione contiene concetti ideologici non condivisibili” e del resto, sempre secondo Varsavia, “la legge polacca tutela in modo esemplare i diritti delle donne”. Si dovrebbe ricordare piuttosto che ogni Stato è sovrano, autonomo e indipendente, e quindi nessuno è obbligato ad aderire a Convenzioni internazionali, anche qualora fossero valide al 99, ma non al 100%.
Ma si sa che per l’odierno Vaticano criticare un aspetto o un documento dell’Onu, dell’Unicef, dell’Oms e perfino del WWF è un crimine di lesa maestà. Lesa maestà che a Dio si applica sempre meno, ma ai poteri mondani sempre più.
In realtà, Duda esce dalla Convenzione di Istanbul proprio perché cattolico e patriota. E perché ritiene che la teoria del gender sia, come disse papa Francesco, una “colonizzazione ideologica” e "uno sbaglio della mente umana" (21 marzo 2015).
Infatti la Convenzione, malgrado alcuni aspetti positivi, sia nel Preambolo che in molti dei suoi 80 articoli, ha affermazioni in linea con quella assurda e tenebrosa ideologia.
Facciamo alcuni esempi, anche se è l’intero testo ad essere ambiguo e pericoloso, in quanto tende, secondo la logica del femminismo estremista, a mostrare una donna sempre e solo vittima, e un uomo sempre e solo colpevole. Al contrario ferve da anni una letteratura, poco recensita dai media, di tutt’altro segno. Si veda a titolo di esempio, l’ottimo testo di Francesco De Rosa (Le donne assassine. Tutto quello che nessuno vi ha mai raccontato sui padri separati e sui loro figli, Neomediaitalia, 2018).
Nel Preambolo della Convenzione si legge che “la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione”. Ora, leggere le relazioni, millenarie e ancestrali, tra l’uomo e la donna nella storia, come un rapporto di forza è già una forzatura antistorica inaccettabile, che sa della marxiana lotta di classe.
Il documento parla anche di “natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere”, cioè il ruolo assegnato alla donna dal maschio, per colpa del quale “le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini". Il che appare semplicistico e certamente non universalizzabile.
Si pensi ai lavori più duri e pericolosi svolti dai maschi (in miniera, in agricoltura, nelle fabbriche, nelle regioni più impervie), e alle stesse guerre combattute per secoli e secoli solo dagli uomini (dalle guerre puniche all 2 guerre mondiali), in cui le donne, per volontà dei maschi, erano risparmiate.
In questi casi, come spiegare l’oppressione maschile della donna? Semplice, essa non esisteva. Esisteva il ruolo naturale dell’uomo capofamiglia: ma capo non significa tiranno, bensì guida e custode. Altrimenti dovremmo abolire qualunque autorità (capo di stato, di azienda, preside, rettore, presidente) e sarebbe l’anarchia e la legge della giungla.
Tutto il documento è connotato, come spesso capita oggi, dal femminismo più radicale, dal sospetto sistematico verso il maschio, e dalla volontà di creare una cultura fluida ed asessuata (genderfree) perfetta per un mondo liquido e anti-famiglia. Un mondo da incubo a ben vedere.
La dottrina della Chiesa però afferma che i ruoli tradizionali dell'uomo (capofamiglia) e della donna (regina della casa e tutrice della vita), che per millenni hanno retto tutte le civiltà degne di questo nome, nulla hanno a che vedere con la inaccettabile violenza sulle donne.
Oggi, proprio nella società liquida e senza ruoli, o a ruoli invertiti, la violenza esplode ed è destinata a moltiplicarsi in futuro. Sia la violenza in genere, sia la violenza su donne e ragazze (e spesso attuata da altre donne, ma questo si evita di dirlo). Se l’uomo è fisicamente più forte della sua compagna, ma bisogna trattare la donna allo stesso modo di come si tratta il maschio, allora è facile il sopruso…
Al contrario, la logica della cavalleria e delle buone norme cristiane di un tempo, era quella di trattare la donna (in primis se vedova, anziana o malata) in modo speciale e con speciali riguardi, da cui l’espressione “essere un cavaliere”.
Le violenza su donne e ragazze, che sia fisica o psicologica, ma anche sugli anziani, sui bambini, o su persone comunque deboli e innocenti, è certamente, come la teoria del gender, uno “sbaglio della mente umana”. Ma questo sbaglio e questa aberrazione non si combatte con il matrimonio gay, la lotta al maschile, l’eterofobia e la famiglia arcobaleno. Ma con il ritorno alla morale cristiana, che però il femminismo ateo vuole affossare.
Tenuto conto che lo stesso Stato della Città del Vaticano, nel 2011 guidato da Benedetto XVI, non ha ratificato la Convenzione di Istanbul, bene ha fatto il presidente Duda a volerne uscire per difendere la famiglia tradizionale e cristiana. La quale se parla di “persone uguali in dignità”, insegna pure che “Per il bene comune dei suoi membri e della società, la famiglia comporta una diversità di responsabilità, di diritti e di doveri” (n. 2203).
Idem per la famiglia biblica e patriarcale, modello di ogni famiglia, come fu la stessa Sacra Famiglia di Nazareth. O c’è da pensare a un san Giuseppe che picchiava Maria, mentre lei, da casalinga repressa, sognava di diventare una donna in carriera, una femminista ipocrita e una velina?
La controchiesa modernista è una congrega demoniaca! Meno male che Papa Francesco ne ha fatta una giusta: rimuovere la dicitura "Vicario di Cristo" dai suoi titoli.
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