Eravamo intenzionati a non dare più spazio sul nostro "rotocalco" (come ci definisce - non si sa con quale reale intento - senza nemmeno inserire il link...) al "blog" di Traditio Marciana, anche perchè ritenevamo chiusa la questione sui "pizzi e merletti" (abuso o semplice pia evoluzione dei canoni estetico-liturgici?) ma, per amor di contraddittorio, abbiamo deciso di fare un eccezione. Pubblichiamo quindi la controreplica di Guido Ferro Canale alle contestazioni che il blogger veneziano (per cui i pizzi ai camici sarebbero un abuso) aveva mosso il 18.07.2020 avverso il suo lungo ed articolato post a sostegno dei merletti dei paramenti (per ricordare, si veda qui).
La replica di Guido Ferro Canale consta di più parti:
- la prima (qui di seguito) è una premessa in limine (qui sotto pubblicata).
- la seconda costituita dalla vera e propria replica (in merito ai rapporti tra Liturgia e Tradizione) sarà pubblicata domani, sempre alle 15:30.
- la terza parte sulla "Liturgia, consuetudine e e diritto Canonico"
- la prima (qui di seguito) è una premessa in limine (qui sotto pubblicata).
- la seconda costituita dalla vera e propria replica (in merito ai rapporti tra Liturgia e Tradizione) sarà pubblicata domani, sempre alle 15:30.
- la terza parte sulla "Liturgia, consuetudine e e diritto Canonico"
Roberto
La querelle
con “Traditio Marciana”: alcune precisazioni di rilievo
Su “Traditio
Marciana” è apparso un articolo
di replica al mio, scritto – salvo mio errore interpretativo – in nome sia di
tutto il blog sia del Presidente dell'omonima associazione, Sig. Nicolò
Ghigi, uti singulus, in quanto autore del pezzo
che ha dato origine al confronto e della successiva risposta
ai primi commenti critici.
Temo però che
la celerità della nuova replica, in qualche caso, sia andata a discapito ...
dell'esatta
comprensione di quanto da me scritto. Anche per questo, terrei anzitutto a
formulare talune precisazioni; al merito delle diverse questioni sul tappeto
dedicherò – se Dio vorrà e se MiL continuerà a pubblicare – una serie di
articoli distinti, anche per agevolare i miei contraddittori nella risposta,
dato che ciascun argomento è piuttosto complesso.
In primo
luogo, dunque, mi vien fatto notare che “Traditio Marciana” è aperto ad
autori di diverse confessioni – come da disclaimer
sul sito - e che, già solo per questo, risulterebbe non pertinente, e comunque
inappropriata, “la discussione di patenti di eresia e di scisma”.
Leggo anzi, con una certa meraviglia, che avrei ritenuto indice di eresia la
semplice citazione, in esergo al secondo pezzo, di un autore anglicano:
dev'essere sfuggito – sono costretto a supporre – che io stesso ho citato il
medesimo autore e pure la stessa opera,[1] e che sempre da quest'ultima,
alla fine della quarta parte, ho voluto trarre spunto per mostrare che, appunto
nel contesto anglicano, il pizzo non era affatto un segno di improprietà
liturgica (come pareva aver inteso l'articolista), bensì di “papismo”.[2]
Per il resto,
avendo opportunamente letto il disclaimer, mi sono attenuto alla
dichiarazione secondo cui “Le posizioni
espresse nei singoli post rappresentano la posizione personale dei loro autori,
membri o meno del Circolo. L'autorialità
dei post è indicata o meno secondo le richieste degli autori stessi.”.
Pertanto, per me l'articolo iniziale e la successiva replica, pur anonimi, non
rappresentavano che la posizione del loro autore: infatti la mia risposta è
tutta indirizzata nei suoi confronti, senza coinvolgere né il blog né
altri articoli.[3]
Il loro tenore mi faceva ritenere che fossero stati scritti da un cattolico e,
in effetti, così è.
Dicendo “così
è”, peraltro, vorrei altresì chiarire di non aver dato e non aver neppure
inteso dare all'autore né dell'eretico né dello scismatico. Innanzitutto, le
censure da me formulate non avevano carattere giuridico o morale (nei quali
casi, come giustamente si osserva, non competerebbero a me); e siccome allora
ho contestualmente precisato che con esse non intendevo coinvolgere la persona
dell'autore – che, oltretutto, in quel momento mi era del tutto sconosciuta[4] - sono rammaricato io per
primo se qualche anonimo, nel box dei commenti, è trasceso alla critica
personale o, peggio, all'insulto. Mezzi simili non faranno mai trionfare la
causa di Cristo Re.
Appunto perché
non investivano la persona, bensì le affermazioni, le mie erano e sono censure
dottrinali, che ognuno può liberamente impiegare nelle dispute per
qualificare le tesi che contesta, senza pregiudizio di sorta per l'autorità
ecclesiastica, e non colpiscono che il tenore obiettivo delle dichiarazioni o
ciò che esse implicano, sempre in termini oggettivi. Sono senz'altro passate di
moda, ma, secondo me, aiutano molto a formulare e inquadrare la sostanza di una
critica.
Nella specie,
poi, non ho impiegato né la censura di “eresia” né quella di “scisma”, bensì
“sa di eresia” e “sa di scisma”. Differenza sostanziale, perché il sapore
equivale a un sospetto, che ammette la possibilità di interpretazione corretta.[5] In particolare, il sapor di
eresia era riferito all'evocazione di una norma cerimoniale mosaica in termini
che, pur potendo anche essere di semplice esemplarità, sembravano piuttosto
predicarne la perdurante vigenza proprio come parte della Legge antica;
parimenti – ma questo mi pare sia stato ben compreso – il sapore di scisma atteneva alla negazione o
restrizione del Primato pontificio che mi pareva chiaramente implicito in
un'affermazione come "Le norme
liturgiche sono stabilite dalla Quo primum tempore", in un
contesto immediato dove ciò significava “...e non dal Summorum
Pontificum o dal Messale del 1962”.
Infine, sempre il
contesto, a mio avviso, risponde all'ulteriore rilievo fondato sul carattere
del blog, neutrale rispetto alle scelte confessionali dei singoli che vi
scrivono: il mio intervento, infatti, è scaturito anzitutto e soprattutto
dall'affermazione ora citata, che, destinata com'era a formare oggetto di un
commento su MiL e ripresa bensì sul blog, ma all'interno di un articolo
di risposta alle critiche, veniva con ciò a collocarsi in un dibattito
sostanzialmente ad intra, fra cattolici.[6]
Come si
presentano, dunque, i termini di tale dibattito, all'esito di questo primo
scambio di opinioni?
La censura sapit
haeresim, malauguratamente intesa come riferita alla citazione di Mascall,
è rimasta senza riscontro, diretto o indiretto, sicché non resta che attenderne
uno in futuro; si sono invece chiarite altre questioni, come il concetto di “autentica
tradizione liturgica romana”. E sono molto lieto della precisazione “Sia
ben chiaro che il seguente [presente?] articolo non vuole invitare [né]
la gerarchia cattolica né i gruppi tradizionalisti ad adottare i libri
liturgici romani antichi (se lo facessero non ci dispiacerebbe affatto; ma, per
il noto disclaimer già menzionato, non ci occupiamo di quello
che dovrebbero fare gli altri)”.
D'altro canto, si
sono aggiunte o mantenute sul tappeto questioni di tutto rilievo, dall'esatta o
miglior concezione di “Chiesa”, ai rapporti tra Liturgia e tradizione e/o
diritto canonico, per non parlare dell'argomento, avanzato anche da alcuni
commentatori, secondo cui la mia argomentazione avrebbe comportato
necessariamente, nel 1969 e dintorni, l'acquiescenza alla riforma liturgica. A
tali argomenti, e ad altri ancora, intendo dedicare una serie di articoli separati
(più celere e precisa, o almeno questo è l'auspicio, rispetto alla stesura di
un pezzo unitario da suddividersi poi in parti, con accresciuto rischio di
confusione del lettore). Ho già cominciato a lavorarci, naturalmente, ma mi
premeva chiarire anzitutto quanto avrebbe potuto fare ostacolo a una
discussione serena.
Anzi, non fosse
che per stemperare eventuali tensioni, terrei a concludere assicurando a tutta
“Traditio Marciana” che il mio intervento in re non ha davvero
nulla a che fare con lo storico astio tra genovesi e veneziani: da quando siamo
diventati una regione turistica, invasa ad ogni stagione calda da torme di
barbari che calano d'Oltregiovo, qui gli unici nemici mortali sono i
milanesi... e, se qualcuno pensa mai a Venezia, subito esclama “Poveracci!
Quelli son messi perfino peggio di noi!”.
Genova, 23 luglio 2020
S. Apollinare, V e m. - III
classe
[1] Forse ha indotto in errore la differente grafia del cognome,
“Mascall” nel mio caso, “Maskell” nel loro, che credo risalga ad un errore di
trascrizione di quanto l'articolista ha sentito, a questo punto immagino a
voce, dall'amico Mr. Robinson.
[2] Il malinteso mi fa un po' sorridere, perché credo di essere, nel
non ampio novero degli italiani interessati, uno di coloro che provano le
maggiori simpatie per l'Anglo-Cattolicesimo, anche dal punto di vista
prettamente liturgico... e perché ora mi vedo tacciato, in sostanza, di feroci
pregiudizi antianglicani, quando - a suo tempo - la v.m. di Mons.
Brunero Gherardini mi ha rimproverato più o meno l'esatto contrario.
[3] Per quanto riguarda “l'impostazione
generale del nostro sito e del nostro lavoro di studio”, quindi, non
mi sono espresso e continuo a non esprimermi. Certo, va da sé che, se
l'articolo originario deve considerarsi un esempio di applicazione corretta del
metodo in parola, le mie riserve non possono che investire anche quest'ultimo;
preferisco, però, attendere di averlo compreso meglio.
[4] Per giunta, il Sig. Ghigi è l'ultima persona che, quando ho
scritto l'articolo di risposta, mi sarei immaginato come autore del pezzo
originario, giacché, cercando informazioni su “Traditio Marciana” con
una rapida ricerca su Google, l'avevo visto menzionato come curatore proprio di
quell'Ordo che si conforma alle riforme novecentesche fino al 1952; e
ciò sul
sito di “Una Voce – Italia”, associazione che, a quanto ne so (se le
cose non sono cambiate da quando ne facevo parte), propugna l'applicazione del
“Summorum Pontificum”, quindi il Messale del 1962.
[5] L'esatto significato della nota di sententia haeresim sapiens
è stato oggetto di vive discussioni tra i teologi, stante l'obiettiva
difficoltà di tenerla distinta sia dall'error theologicus sia dalla sententia
haeresi proxima; volentieri chiarisco, dunque, di averla impiegata e intesa
nel senso del Montagnus, De
censuris seu de notis theologicis, et de sensu Propositionum, in J.P. Migne (cur.), Theologiae
cursus completus..., vol. I, Parigi 1839, coll. 1179-80 (ma cfr. amplius
ibid. tutto il dibattito sul punto): quella proposizione che, in sé, è
passibile di un senso duplica, cattolico oppure eretico, e dove però, per
ragioni intrinseche o estrinseche (circostanze di tempo o di luogo), appare
prevalente il senso eretico (stessa cosa dicasi, mutats mutandis, per il
sapor di scisma). Cfr. l'applicazione subito infra nel testo.
[6] E comunque, gli acattolici – appunto in
quanto tali – avrebbero gioco facile a tenere in non cale censure teologiche di
segno “papista”.
Basta! perché di vogliamo far male da soli? i paramenti con i merletti sono leciti e bellissimi, quante preghiere vi avranno profuso le suore che li hanno realizzati?
RispondiEliminaLe grafie Mascall e Maskell sono entrambe regolarmente impiegate, seppur la prima sia maggioritaria.
RispondiEliminaAlla fine merletti o pizzi dipende dal sacerdote. Credo i sacerdoti di una volta fossero meno star ma più tranquilli. I preconciliari di oggi sono molto al centro dell'attenzione perché fanno qualcosa che sentono superiore. Lefebvre aveva una personalità molto imponente, Don Vilmar Pavesi pure è finito sui giornali. Mi sembrano tutti molto egocentrici, meglio un sacco addosso allora.
RispondiEliminaMons. Lefèbvre che ha speso TUTTA LA VITA a servizio della Chiesa e degli altri come missionario e come vescovo e, dopo aver vissuto gli ultimi anni della sua vita in una cameretta uguale a quella dei suoi seminaristi, è morto in povertà deve anche sentirsi dare dell'egocentrico dal primo quaquaraquà che scrive su internet? Ma vergognati!
Elimina"È facile raggiungerti, o Signore, ma soltanto per l'uomo disilluso dalla materia.Infatti colui che segue il sentiero della prosperità materiale,inebriato dall'ambizione di una nascita nobile, da vaste ricchezze, da una educazione elevata e da un aspetto fisico affascinante, rimane incapace di rivolgersi a Tua grazia con sincerità."
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