Concludiamo con gli ultimi testi in italiano, fornitoci dagli organizzatori, degli interventi dei partecipanti alla manifestazione, durante la conferenza stampa che si è tenuta nel pomeriggio dell'altro ieri davanti ad un folto pubblico di giornalisti.
Luigi
Sala Stampa Estera Conferenza stampa del 19 febbraio 2019
Conferenza stampa del 19 febbraio 2019
Che la Chiesa abbia bisogno di una riforma è indiscutibile. Ma occorre sapere quali sono i principi che guideranno questa riforma. Infatti, ineluttabilmente, i principi mostrano le loro conseguenze logiche. Non sembra che gli organizzatori del prossimo sinodo abbiano l’intenzione di ritornare ai principi che hanno portato la santa Chiesa di Dio alla situazione tragica che essa vive oggi. C’è da temere che non sia sempre attuale la riflessione piena di buon senso di Jacques-Bénigne Bossuet, allora vescovo di Meaux, alla fine del XVII secolo: Dio ride degli uomini che compiangono gli effetti di cui prediligono le cause. Quali sono allora le cause degli effetti che compiangiamo?
Mentre l’80% degli atti di pedofilia denunciati di recente sono di natura omosessuale, un silenzio assordante accompagna l’osservazione di questa realtà. Solo la verità rende liberi (Gv VIII, 32). Questa verità è che “Gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati. Sono contrari alla legge naturale. In nessun caso possono essere approvati” (CEC § 2357). Cinquant’anni fa, in un’opera recentemente ripubblicata, Jean Madiran aveva denunciato l’Eresia del XX secolo, che era, secondo lui, quella dei vescovi che avevano rinunciato a insegnare la legge naturale, che non è altro che la legge di Dio. A chi gli ha appena chiesto: “Cosa devo fare per entrare nella vita eterna?”. Il Signore prima risponde: “Se vuoi entrare nella vita eterna osserva i comandamenti” e gli ricorda i comandamenti del Decalogo (cfr. Mt XIX, 16-19). Come afferma la saggezza popolare: chi tace acconsente. La Chiesa sembra essersi adeguata, con un silenzio complice, a una banalizzazione dell’omosessualità. Nulla di nuovo. Da 2.000 anni la Chiesa si confronta con la tentazione di conformarsi alla mentalità del mondo nonostante l’ammonimento di san Paolo: “Nolite conformari huic saeculo”, “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo” (Rom XII, 2). Lo spirito di conciliazione con il mondo ha svuotato i dogmi della loro sostanza, distrutto la liturgia, ridotto la morale a un vago sentimentalismo, annichilito lo spirito missionario e ridotto la Chiesa ad aspirare solo a essere un vago Movimento di Animazione Spirituale della Democrazia Universale.
Ogni cosiddetta riforma della Chiesa sarebbe destinata al fallimento se non fosse innanzitutto una riforma non soltanto teocentrica ma più essenzialmente incentrata su Gesù Cristo. Al riguardo è urgente il ripristino del sacerdozio cattolico nella sua realtà sacrificale e oblativa. Noi semplici laici, agli ultimi posti, siamo testimoni abbattuti e feriti della desacralizzazione del sacerdozio cattolico. Al giovane a cui chiedeva la strada, il curato d’Ars promise di mostrargli la strada del cielo. È l’unica riforma della Chiesa alla quale aspiriamo: quella che, appunto, indicherà chiaramente le strade del cielo e darà al popolo cristiano i mezzi per superare questa strada disseminata di insidie.
Intervento di Roberto de Mattei
Se il vertice dei presidenti delle conferenze episcopali del mondo riuniti da papa Francesco si limiterà a trattare gli abusi sui minori, come annuncia il titolo del Summit, senza affrontare, ad esempio, la questione dell’omosessualità nella Chiesa, sarà un incontro destinato al fallimento, perché non risalirà alle vere cause del problema. Sarebbe ipocrisia limitare gli scandali alla pedofilia, ignorando la piaga dell’omosessualità che non è solo un vizio contro natura, ma anche una struttura di potere all’interno della Chiesa. E sarebbe ipocrita limitarsi a denunciare gli scandali morali, senza risalire alle loro radici dottrinali, che risalgono agli anni del Concilio e del postconcilio. Sembra invece che le autorità ecclesiastiche si interessino di crimini come la pedofilia o lo stupro, non perché sono una gravissima violazione della legge divina e naturale, e quindi costituiscono un’offesa a Dio, ma solo perché rappresentano una violenza verso il nostro prossimo e sono sanzionati penalmente dagli Stati moderni. Ma gli Stati moderni che condannano la pedofilia, promuovono l'omosessualità, e oggi gli uomini di Chiesa hanno paura di essere definiti "omofobi". Proprio in questi giorni, c'è tutta un'operazione mediatica per lanciare il libro di Frédéric Martel, Sodoma, che sostiene che ogni uomo di Chiesa che condanni l'omosessualità è un omofobo, e ogni omofobo cela un omosessuale represso. Quindi il vero peccato è l’ipocrisia di chi non si confessa pubblicamente omosessuale.
Questo libro rappresenta il tentativo di esercitare una minacciosa pressione mediatica sui vescovi che si riuniscono a Roma, riducendoli al silenzio. Noi siamo qui per abbattere il muro del silenzio. Il silenzio si può rompere con le parole, come stiamo facendo con questa conferenza stampa, ma anche con dei gesti simbolici, come abbiamo fatto nella nostra manifestazione a piazza San Silvestro. Parlare non significa solo mormorare delle parole e una manifestazione pubblica può esprimere un messaggio più forte del linguaggio verbale.
San Gregorio Magno nella Regola pastorale definisce i cattivi Pastori, “cani muti, incapaci di abbaiare” (Is 56, 10). “Cos’è infatti per un pastore la paura di dire la verità, se non un voltar le spalle al nemico con il suo silenzio?”. Il nostro è un appello ai Presidenti delle Conferenze episcopali, riuniti a Roma, e ai vescovi di tutto il mondo, perché qualcuno tra loro abbia il coraggio di levarsi in piedi e rompere il silenzio, come ha fatto l’arcivescovo Carlo Maria Viganò. Se ciò non accadrà, la nostra testimonianza resterà come un monito verso quei Pastori della Chiesa che, con il loro silenzio tombale, nato dalla pavidità o dalla arroganza, rinnegano di fatto la fede e la morale cattolica. Ma Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto che confesserà o rinnegherà davanti a Dio chiunque lo avrà confessato o rinnegato davanti agli uomini (Mt, XI, 32; Luca IX, 26: XIII, 8-9).
Intervento di Julio Loredo
Il Papa Pio XII ha definito l’evangelizzazione delle Americhe “la più grande epopea missionaria dopo la fondazione della Chiesa”. Infatti, in meno di cento anni, l’intero continente fu indirizzato amorevolmente verso la fede cattolica, per mano di valorosi missionari spagnoli e portoghesi, molti dei quali canonizzati. Tal epopea fu possibile perché avevano ben chiaro lo scopo della loro missione: annunciare a questi popoli la Buona Novella di Gesù Cristo, battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, conducendoli così nel grembo di Santa Romana Chiesa, all’interno di quell’immensa famiglia spirituale che configura la Civiltà cristiana.
Questi missionari non operavano al ribasso, cioè non transigevano con i costumi pagani allora correnti tra gli indios, tra cui l’infanticidio, il cannibalismo, il genocidio, lo stupro rituale, la poligamia e l’omosessualità. Qualsiasi cedimento avrebbe implicato l’impoverimento del messaggio cristiano e, quindi, il fallimento della loro missione. Contro gli abusi sessuali, i missionari presentarono l’ideale cattolico nella sua integrità, sicuri che la grazia divina avrebbe fatto il resto.
Al di là delle considerazioni di ordine teologico, morale o canonico che si possano elaborare, questo approccio si rivelò storicamente vincente. Direi, pastoralmente vincente.
Questo approccio fu riproposto, più recentemente, da Papa Giovanni Paolo II quando, in occasione dei cinquecento anni dalla scoperta dell’America, convocò la XXV Congregazione generale dell’Assemblea speciale per l’America del Sinodo dei vescovi. Nell’esortazione post-sinodale Ecclesia in America, Papa Wojtyla fu molto chiaro: “I formatori abbiano cura di accompagnare e guidare i seminaristi verso una maturità affettiva che li renda atti ad abbracciare il celibato sacerdotale e capaci di vivere in comunione con i confratelli nella vocazione sacerdotale” [Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, 22 gennaio 1999, n° 40].
Io non credo affatto che l’abolizione del celibato sacerdotale sia il rimedio più efficace contro gli abusi sessuali. Il rimedio più efficace è la preghiera e la buona formazione sacerdotale, invertendo quindi l’ambiente di lassismo morale, liturgico e dottrinale introdottosi nei seminari dagli anni Sessanta. Il resto lo fa la grazia divina, nella quale dobbiamo confidare.
Come figlio riconoscente dell’epopea evangelizzatrice nel Nuovo Continente, questa è la mia ferma convinzione, suffragata dalla testimonianza della storia.
Intervento di Arkadiusz Stelmach
Vengo dalla Polonia, il paese che deve la sua esistenza alla Chiesa Cattolica, vengo da un paese che, in virtù di un atto regio, ha eletto la Beata Vergine Maria a Regina della Polonia.
Come l'intero mondo Cattolico, noi Polacchi, siamo tristi per la condizione della Chiesa e della Civiltà Cristiana. Sì, la Chiesa e la Civiltà Cristiana sono state distrutte per oltre cinque secoli dalla Rivoluzione gnostica ed egalitaria.
Oggi assistiamo a una drammatica lotta tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione all'interno della Chiesa. Vediamo come il drago rosso in una nuova forma di neo-comunismo o neo-Marxismo è insidiosamente penetrato nella Chiesa, creando in Lei una devastazione mai conosciuta prima.
Purtroppo anche la mia amata Polonia non è esente da questo flagello. Stiamo vivendo come parte della Chiesa cattolica. Stiamo lottando contro la crisi della Fede – che si manifesta nel calo delle vocazioni al sacerdozio, nel declino delle pratiche religiose specialmente tra i giovani, nel flagello dell'immoralità, nella promozione dell'omosessualità e l'ideologia di genere. Sfortunatamente, i nostri seminari e le nostre università non sono stati risparmiati dalla terribile ideologia del progressismo, che mina efficacemente la dottrina, gli insegnamenti e il lavoro pastorale della Chiesa.
Un anno fa, l'Istituto P. Piotr Skarga, che rappresento, ha condotto una campagna assolutamente unica “Polonia Semper Fidelis” in difesa dell'indissolubilità del matrimonio Cattolico e del Santissimo Sacramento. Questa azione ha rappresentato l'espressione della preoccupazione dei Cattolici Polacchi nei confronti di una dottrina poco chiara e pericolosa sull'indissolubilità del Sacramento del Matrimonio contenuta nel documento papale Amoris Laetitia. L'episcopato Polacco ricevette, in effetti, oltre 145.000 lettere, la maggior parte delle quali per posta tradizionale. Nelle lettere, i fedeli Polacchi facevano appello alla Conferenza Episcopale Polacca perchè confermasse l'insegnamento della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio, nonché impedisse ai Cattolici divorziati che vivono in unioni non sacramentali di ricevere la Santa Comunione.
È triste che fino ad ora non abbiamo ricevuto alcuna risposta dall'episcopato Polacco per la campagna. Sfortunatamente, i mesi scorsi hanno fornito ulteriori informazioni sull'entità della crisi e della confusione nella Chiesa.
Le lettere dell'Arcivescovo Viganò, che hanno smascherato gli scandali degli abusi sessuali contro i bambini e i seminaristi; i tentativi di democratizzare e distruggere la struttura gerarchica della Chiesa, suscitano la nostra più grande preoccupazione.
Purtroppo, tutto ciò coincide anche con gli attacchi sempre più furiosi contro la Chiesa in Polonia da parte di nemici esterni. Un triste esempio di questo è il film "Clergy": che presenta un'immagine deformata e unilaterale della Chiesa come un'organizzazione corrotta.
Questa tragica situazione della Chiesa ci chiama ad essere fedeli alla chiara dottrina e agli insegnamenti cattolici tradizionali. In Polonia, il mio paese, la Madre di Dio, la Beata Vergine Maria, è stata sempre venerata ed è stata la nostra speranza nelle ore più buie della nostra storia. Ecco perché dobbiamo stare con Lei e pronunciare: Credo in Unam, Sanctam Catholicam Ecclesiam, Chiesa che le porte degli inferi non distruggeranno.