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lunedì 7 maggio 2018

Alfie. Ancora qualche riflessione e qualche aggiornamento dopo l'uccisione

Dopo la morte del piccolo Alfie (vedere anche i nostri due post QUI e QUI) qualche  ecclesiastico - sparito dai radar  durante tutta la vicenda - è finalmente ricomparso con frasi di circostanza e dispiacere. Poteva forse svegliarsi prima: le foto sopra e a lato  fanno capire quanto - spesso - i "semplici" capiscono più degli eruditi (vedere QUI il bell'articolo de Il Foglio). Anzi, gli eruditi preparano la morte dei deboli e degli indifesi.

Ci saremmo aspettati qualche parola almeno al Regina Caeli della domenica dopo la morte di Alfie (vedere QUI), ma tant'è: Sl 8, 2 "Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai tratto una forza, a causa dei tuoi nemici,
per ridurre al silenzio l'avversario e il vendicatore".
Il Segretario di Stato Parolin (QUI e QUI) ha espresso perplessità per il comportamento dell'ospedale e dei giudici di Liverpool: che si mettesse d'accordo con l'Arcivescovo di Liverpool e con il Primate della Chiesa Cattolica inglese (vedere Tosatti dopo) e in fondo  "Altre notizie dal web".

Padre Gabriele sta per essere rispedito in Italia dalla misericordiosissima Chiesa inglese: forte con i deboli e debole con i forti. Troverete l'articolo in fondo nelle "Altre notizie dal web" assieme ad una bella intervista del sacerdote. 

Evitiamo anche di entrare nelle polemiche sulle ultime ore di Alfie (QUI Benedetta Frigerio e, sed contra, QUI) tra pro life  e alcuni membri della famiglia Evans: se però capisco bene, la versione della Frigerio ha una conferma indipendente dei LifeSiteNews (che non è lifenews). Credo che la lotta sarà ancora lunga, perché ci sono persone che da mesi chiedono la cartella clinica di un figlio all’Adler Hey, che non la concede. Ma altrettanto non è finita, perché la Steadfast  ha indetto una manifestazione per il 12 maggio a Roma. Lo scopo è da una parte sensibilizzare su casi analoghi e sulle DAT in Italia, ma forse anche fare pressione perché venga rilasciata per via diplomatica la cartella clinica del bambino, che altrimenti è off limits. Oltre ovviamente cercare di mettere in calendario una legge che tuteli la vita in certe condizioni.

Sul funerale di Alfie sembra che possa essere programmato venerdì prossimo: si sta aspettando l'autopsia?

Nei post dopo l'uccisione di Alfie ci siamo dimenticati di ringraziare due persone che hanno contribuito veramente a cercare di salvare Alfie, Benedetta Frigerio e Riccardo Cascioli della Nuova Bussola Quotidiana. Lo facciamo ora a nome di tutta la redazione di Mil e di tanti cattolici "infanti": GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE! Invitiamo a leggere i molti articoli sull'argomento scritti all'interno della Bussola (tra gli ultimi QUI, QUI, QUI e QUI). Importante l'articolo di Cascioli il 2 maggio scorso sul tentativo di confondere le idee sulla morte di Alfie (QUI); citiamo: "La vicenda di Alfie è stata strumentalizzata? No, semplicemente c’è un popolo che ha compreso la posta in gioco, e ci sono associazioni e professionisti parte di questo popolo che si sono messi a disposizione per aiutare la famiglia Evans; o hanno fatto una battaglia culturale per far conoscere la vicenda e far comprendere l’importanza di salvare quel bambino dalle grinfie di chi lo voleva morto subito. Ma il Potere non perdona chi ha tentato di mettersi di traverso, e allora ecco che ora, ucciso Alfie, cominciano a colpire chi lo ha difeso".

Invitiamo a leggere anche un bello scritto pubblicato da Magister (QUI).
Di seguito alleghiamo 
  1. una profonda riflessione dell'amico padre Serafino Lanzetta e, 
  2. subito dopo, le vergognose parole della Chiesa in Inghilterra riferite da  Tosatti. 
Vi terremo aggiornati.
L

Il caso Alfie e la dittatura delle parole vuote, Corrispondenza Romana
(di P. Serafino M. Lanzetta)
In un mondo in cui le persone vogliono disfarsi di Dio, con la conseguenza di un significativo oblio della ragione umana, la verità è stata usurpata dal potere. Questo non è necessariamente politico o economico, ma – così sembra – è il potere delle parole. È l’abilità di saper esprimersi in modo da inviare un messaggio che crei la verità e faccia sì che altri lo credano vero.

Oltre a questa capacità di far accettare come verità ciò che uno dice, sembra che non ci sia un altro modo per convincere qualcuno che la verità invece esiste per se stessa. Si tratta certamente di un modo soggettivo di dire la verità o piuttosto di convincere le persone ad accettare la mia verità.

Oggi facciamo i conti con questo potere di manovrare le parole in una direzione che sia nel miglior interesse di colui che parla e che così tenta di affermare la sua verità. Ci sono tanti esempi di questo tipo, cioè di parole che sembrano grandi discorsi, ma che di fatto nascondono un pre-concetto o perfino un’ideologia. In realtà, o la verità esiste per se stessa o non esiste affatto. Nessuno la può creare, ma può solo scoprirla come frutto di una ricerca seria e diligente.

Per avere un’idea di ciò che stiamo dicendo, si pensi particolarmente alla parola “tolleranza”. Essa significa un atteggiamento permissivo verso coloro i quali hanno delle opinioni diverse dalle nostre. Le opinioni, soprattutto oggi, sono variegate in relazione al proprio credo religioso, allo sport, alla filosofia di vita, ecc. Ordinariamente siamo molto tolleranti.

La tolleranza sembra una carta d’identità per la vita sociale. Se uno è intollerante è considerato un nemico della comunità. Stranamente, però, il più delle volte, la tolleranza ha il potere di significare un permissivismo – quasi spontaneo – verso il relativismo (l’idea che non c’è la verità e che ognuno può tenersi la sua) più che l’essere rispettosi anche nei confronti di coloro che invece lo rigettano e pensano che la verità esiste per se stessa come un dato e non come un’imposizione.

Perché, per esempio, c’è così poca tolleranza nei riguardi di chi sostiene che la vita inizia dal concepimento e che un bambino deve essere sempre rispettato, garantendogli il diritto naturale di vivere? D’altra parte, però, la tolleranza è intesa normalmente come l’essere rispettosi delle persone “pro-choice”, cioè di coloro che invece non riconoscono che un bambino appena concepito è quella persona che loro stessi erano e che ora non potrebbero reclamare alcun diritto se fossero stati soppressi anche loro con l’aborto.

Perché una tale discriminazione nell’essere tolleranti? Ciò significa che la tolleranza è una parola dal doppio significato? Assolutamente no. Ciò significa solo che le parole possono essere piegate al significato che la maggioranza gradisce, sebbene non sia necessariamente la verità. La verità, infatti, non è un’opinione. Ciò che viene imposto mediante il potere delle parole non è la verità di cui abbiamo bisogno, piuttosto il potere di un’ideologia veicolata dal “savoir-fare” di parole significative.

Abbiamo appreso altro circa questo potere delle parole vuote con la drammatica vicenda del piccolo Alfie Evans, il quale è stato letteralmente condannato a morte quantunque fosse vivo e capace di respirare. Il giudice Hayden che ha trattato il suo caso ha detto durante l’udienza conclusiva di martedì 24 aprile 2018: questo «rappresenta… il capitolo conclusivo nel caso di questo bimbo straordinario».

Che significava: nessuna possibilità di poterlo trasferire in Italia per ulteriori trattamenti medici, né di avere ancora il supporto di elementi vitali, nonostante il fatto che sia sopravvissuto allo spegnimento del ventilatore cominciando a respirare da solo. Bisognava applicare il “protocollo” (un altro gioco di parole per descrivere eufemisticamente la morte). Si veda la perfidia di queste parole: «capitolo conclusivo» (cioè morte e nient’altro) di un «bimbo straordinario» (per la sua forza di vivere e di resistere alla morte).

Lo stesso giudice Hayden sperava che il bimbo potesse essere restituito ai genitori, i quali potessero spendere un po’ di tempo con lui prima della sua fine, piuttosto che investire altro tempo in una battaglia giuridica. Era sicuro della sua morte. «Il cervello non può rigenerare se stesso e praticamente non c’è niente che sia rimasto del suo cervello», aveva aggiunto il giudice nella medesima circostanza. In nessun modo si poteva far sì che Alfie rimanesse in vita. Doveva morire, ma gioiosamente perché era un bimbo straordinario! In verità, la vita non dipende dal cervello.

La vita è molto più del cervello e la dignità di Alfie, come quella di ogni altro essere umano, appartiene alla persona come tale e non dipende dalla funzionalità di componenti del nostro corpo. Come ciliegina sulla torta, poi, c’è stata un’altra espressione che colpisce per la sua ipocrisia: «migliori interessi».

Ripetutamente si è detto che secondo l’ospedale pediatrico Alder Hey il trattamento continuo «non era nel miglior interesse di Alfie». Perfino quando Alfie resisteva alla morte e continuava a vivere respirando autonomamente per un lungo tempo, era ancora nel suo miglior interesse morire. Quando, in realtà, la morte è nel miglior interesse di un uomo? In questo caso, però, poiché si è trattato di promuovere l’eutanasia di Stato – la cosiddetta “dolce morte”, ma ben peggiore poiché ora decisa da un giudice e non dalla persona stessa o dai genitori – la morte è nel miglior interesse (dell’ideologia di turno).

Si può facilmente vedere il vuoto di queste parole che promuovono una battaglia reale dell’ideologia contro la realtà. L’ideologia ora sembra che abbia vinto poiché Alfie non è riuscito a respirare più a lungo ed è morto. Ma non è così. Con la morte di un piccolo angelo, è stato pienamente rivelato il vuoto maligno di una società opulenta che scarta i deboli credendo così di essere forte. Chi uccide i deboli, perché apparentemente tali, condanna se stesso al vuoto e al fallimento di una debolezza non redenta e forse non più redimibile.

Speriamo che questa ideologia della forza apparente, con la morte di un piccolo guerriero, possa essere seppellita nella tomba della propria arroganza. Dobbiamo però aprire gli occhi e accorgerci di essere in guerra. Tutti siamo Alfie e quei milioni di bambini uccisi non in un tribunale, ma nel grembo delle loro madri, in nome del pietismo e di parole false. Non possiamo rimanere zitti di fronte a tale mostruosità culturale. Quando la ragione non funziona più e Dio è lontano dal nostro umano orizzonte, la nostra conoscenza produce mostri di assurdità. Assurdità mortali, se rimaniamo ancora ad occhi chiusi lontani dalla realtà della verità. La verità non è un’opinione, non un cinguettio sui social, ma l’oggettività della realtà. (P. Serafino M. Lanzetta) 




Prima di continuare a scorrere questa breve nota, vi invitiamo, se non l’aveste già fatto, a leggere sulla Nuova Bussola Quotidiana il reportage di Benedetta Frigerio sugli ultimi giorni di vita di Alfie Evans. Nel sommario dell’articolo leggiamo (il neretto è nostro): “Alfie ha retto la rimozione dei sostegni vitali, ma l’Alder Hey ha negato l’ossigeno portato poi al piccolo senza autorizzazione. Il piccolo non è stato alimentato per 36 ore e l’infezione al polmone non è stata curata ma era comunque stabile, tanto che Thomas era convinto di avere quasi un piede fuori dall’ospedale, che ha negoziato il silenzio della stampa in cambio di più apporti vitali. Poco prima della morte al piccolo sono stati somministrati dei farmaci”.

Citiamo ancora un paragrafo, invitandovi davvero alla lettura integrale: “Perciò, la sera di lunedì 23 aprile, dopo la rimozione della ventilazione alle 22.15 italiane, Thomas ha lanciato un appello chiedendo che qualcuno portasse dell’ossigeno in ospedale, ma la barriera di polizia all’entrata ha impedito qualsiasi intervento esterno. A quel punto uno dei legali della famiglia, Pavel Stroilov, è corso all’Alder Hey Hospital chiamato da Thomas. Mentre Stroilov entrava hanno cercato di seguirlo altre sei persone, una con la mascherina in mano che ha provato ad entrare con lui senza successo. Questa ha però pensato bene di lanciare la mascherina sopra la testa degli agenti, permettendo al legale di portarla ai genitori di Alfie. A quel punto il piccolo, che aveva già dimostrato una stazza da leone, smentendo l’avvocato dell’ospedale, Michael Mylonas, che in udienza aveva rassicurato il giudice Hayden sul fatto che la morte di Alfie sarebbe stata immediata alla rimozione della ventilazione, è stato aiutato a respirare”.

E ha continuato a farlo, a dispetto del digiuno di 36 ore (un giorno e mezzo!) dell’infezione e della brutalità della sospensione, per più di quattro giorni, fino alla notte fra venerdì e sabato.

Ora vi rimandiamo a un altro articolo, che contiene le dichiarazioni del cardinale Vincent Nichols di Westminster, primate della Chiesa d’Inghilterra. Parlando alla KAI – l’agenzia di stampa polacca – il porporato ha difeso l’operato e le decisioni sia dell’Alder Hey Hospital sia del giudice Hayden. Fra l’altro ha detto: “La saggezza ci mette in grado di prendere decisioni basate sulla piena informazione, e molte persone hanno preso posizione sul caso di Alfie nelle settimane passate senza avere tali informazioni e non hanno agito per il bene di questo bambino. Sfortunatamente ci sono state anche persone che hanno usato la situazione per scopi politici”.

I casi sono due. O il cardinale ha parlato senza aver “piena informazione” di quelli che sono stati gli ultimi giorni di Alfie Evans, e dei suoi genitori; oppure siamo di fronte a un caso di ipocrisia, e malafede non solo da parte sua, ma da parte della quasi totalità della Chiesa di Inghilterra e Galles (salvo forse un vescovo) di grandi proporzioni. D’altronde nel suo comunicato questa Chiesa aveva assicurato che i cappellani dell’ospedale si occupavano della famiglia di Alfie (mai visti), famiglia che, d’altronde, sempre secondo il comunicato, non sarebbe stata cattolica… Se ne occupavano tanto che ignoravano che Thomas e Alfie fossero battezzati. Ma l’unica preoccupazione di questo porporato sembra essere che qualcuno di destra, in Europa e negli Stati Uniti, (oltre al Pontefice e al cardinale Segretario di Stato) si sia occupato del caso Alfie. Appare un allineamento totale all’ideologia dominante nel Paese. Mentre scrivevamo queste righe piene di amarezza, ci è capitato sotto gli occhi un tweet del collega Damian Thompson. Che riprendeva un articolo di un giornale specializzato, in cui si parla di Fondazioni Accademiche in UK (che ricevono perciò denaro governativo) i cui dirigenti ricevono dalle 100mila alle 150mila sterline all’anno. Fra queste ci sono anche l’Academy Trust della Diocesi di Westminster, (che ne ha undici, di questi dirigenti superpagati) e altre, fra cui la Cardinal Hume Academy (con tre). I rapporti fra Chiesa e Stato in Gran Bretagna sono ottimi.

Per chiudere: credo che – visto dall’esterno – il comportamento della Chiesa di Inghilterra e Galles in questa vicenda sia stato sciagurato, per non dire vergognoso. Se poi esistono motivi diversi, più o meno confessabili, per questo sfoggio di contiguità con i Poteri, non lo sappiamo. Speriamo di sì; almeno, sarebbe comprensibile.


ALTRE NOTIZIE DAL WEB:

  •  Padre Gabriele rimandato in Italia, la solita Chiesa misericordiosa: forte con i deboli e debole con i forti. Da leggere anche una bella intervista al sacerdote: QUI e QUI.
  • Una madre al card. Nichols: sia una guida o se ne vada: QUI
  •  McMahon e Nichols infieriscono su Alfie: la Chiesa ha un problema - Breviarium: QUI.
  •  Alfie e Charlie, l'equivoco sui diritti dei genitori: La Bussola QUI.
  •  Riconosco la tirannia quando la vedo! Lettera aperta ai vescovi di Inghilterra e Galle: QUI Chiesa e post concilio.
  • Scoperto farmaco che blocca malattia simile a quella di Alfie: QUI
  • Altri striscioni allo stadio per Alfie: QUI.
  • Da facebook Elisabetta Sala: DOPO ALFIE. Non condivido l’idea, largamente diffusa sul web, che gli inglesi siano un popolo incivile, venale, asservito ai poteri forti. Gli inglesi sono intelligenti, dinamici, pieni di risorse: resilienti, si può dire, che va di moda. Ma sono anche un popolo calpestato, vilipeso, impoverito, torturato per secoli dai suoi stessi governanti. “Immagina un anfibio militare che calpesta un volto umano. Per sempre” (di nuovo, 1984). Tutto cominciò quando Enrico VIII distrusse tutti gli 800 e passa monasteri del Regno e gettò i poveri sulla strada. Continuò quando il governo, da lì all’Ottocento, passò tutta una serie di “Poor Laws” che, ad esempio, in età enriciana ed elisabettiana condannavano i mendicanti a essere ricondotti a frustate (a sangue) al loro paese natale. La povertà era diventata frutto di pigrizia e, sotto sotto, segno di predestinazione all’inferno. Continuò nella repressione delle ribellioni popolari, a cominciare dal Pellegrinaggio di Grazia, soffocate nel sangue dalla legge marziale. Continuò facendo confluire una massa inaudita di poveri (da noi si stava diecimila volte meglio) nelle fucine della rivoluzione industriale. E, ancora, le sommosse furono represse dall’esercito. Gli inglesi furono il popolo più sfruttato del mondo occidentale. A confronto, il servo della gleba russo non se la passava poi tanto male. Continuò con l’istituzione delle “workhouses”, nel 1834 (esattamente 300 anni dopo lo scisma), più prigioni che ospizi, in cui i sessi erano separati per impedire la “propagazione” di una classe di cui nessuno voleva occuparsi davvero.  Continua ora, quando i ricchi medici e ricchi giudici, con il tacito consenso dei ricchi principi delle varie Chiese locali - inclusa quella cattolica - e dei ricchissimi governanti, si accaniscono sulle famiglie dei poveri e degli umili: postini, badanti, imbianchini, estetiste, e sui loro figli. Grazie a Dio, e nonostante tutto, il popolo inglese riesce ancora a generare eroi umili del quotidiano: Thomas e Kate, che, come Davide, come Frodo, lottano contro il moloch che se li vuole mangiare. Onore a voi e a tutto il popolo radunato davanti all’Alder Hey. In voi, e non nella classe dirigente, scorre il sangue di Alfredo il Grande, dei re crociati, delle centinaia di martiri falciati dal regime.