Post in evidenza

AGGIORNAMENTO del programma del 13º Pellegrinaggio Populus Summorum Pontificum #sumpont2024

Cari amici, a pochi giorni dall ’inizio de l  13º Pellegrinaggio  Populus Summorum Pontificum   a Roma da venerdì 25 a domenica 27 ottobre  ...

mercoledì 16 agosto 2017

Mons. Schneider e la grave crisi della Chiesa

Come tanti altri blog hanno fatto anche noi riproponiamo queste riflessioni di Mons. Schneider. 
L.
da Ultimo Papa del 21.07.2017

Dobbiamo rinnovare la nostra fede nel credere che la Chiesa sia nelle mani sicure di Cristo e che Egli intervenga sempre per rinnovare la Chiesa nei momenti in cui la barca della Chiesa sembra che si stia per capovolgere, come nell'ovvia situazione dei giorni nostri.
Per quanto riguarda l'atteggiamento verso il Concilio Vaticano II°, dobbiamo evitare due estremi: un rifiuto completo (come i sedevocantisti e una parte della Fraternità Sacerdotale San Pio X°) o una "indefettibilità" di tutto ciò di cui il concilio ha trattato.

Il Concilio Vaticano II° fu una legittima assemblea presieduta dai Papi e dobbiamo mantenere verso questo Concilio un atteggiamento rispettoso. Tuttavia, ciò non significa che ci sia proibito esprimere fondati dubbi o rispettosi suggerimenti di miglioramento su alcuni elementi specifici, sempre basandoci su tutta la tradizione della Chiesa e sul suo costante Magistero.


Le dichiarazioni dottrinali tradizionali e costanti del Magistero durante un periodo secolare hanno precedenza e costituiscono un criterio di verifica sull'esigenza delle dichiarazioni magistrali posteriori. Le nuove affermazioni del Magistero devono, in linea di principio, essere più esatte e più chiare, ma non dovrebbero mai essere ambigue e apparentemente contrarie alle precedenti dichiarazioni magistrali.

Queste dichiarazioni ambigue del Concilio Vaticano II° devono essere lette e interpretate secondo le affermazioni di tutta la Tradizione e del costante Magistero della Chiesa.

In caso di dubbio, le affermazioni del Magistero costante (i precedenti consigli e i documenti dei Papi, il cui contenuto dimostra di essere una tradizione sicura e ripetuta nei secoli sempre nello stesso senso) prevalgono su quei pronunciamenti, oggettivamente ambigui o nuovi del Concilio Vaticano II°, che difficilmente concordano con specifiche affermazioni del magistero costante e precedente (ad esempio, il dovere di venerare pubblicamente Cristo, Re di tutte le società umane, il vero senso della collegialità episcopale rispetto al primato petrino e al governo universale della Chiesa, la nocività di tutte le religioni non cattoliche e la loro pericolosità per la salvezza eterna delle anime).

Il Concilio Vaticano II° deve essere visto e ricevuto come è e come veramente fu: un concilio prevalentemente pastorale. Questo concilio non aveva l'intenzione di proporre nuove dottrine o quantomeno di proporle in forma definitiva. Nelle sue dichiarazioni il concilio ha confermato in gran parte la dottrina tradizionale e costante della Chiesa.

Alcune delle nuove affermazioni del Concilio Vaticano II° (ad esempio collegialità, libertà religiosa, dialogo ecumenico e interreligioso, atteggiamento verso il mondo) non hanno un carattere definitivo e apparentemente o veramente non concordanti con le dichiarazioni tradizionali e costanti del Magistero, devono essere completate da spiegazioni più esatte e da complementi più precisi di carattere dottrinale. Non aiuta neppure un'applicazione cieca del principio dell'ermeneutica della continuità, dal momento che vengono create interpretazioni forzate, che non sono convincenti e che non sono utili per arrivare ad una più chiara comprensione delle immutabili verità della fede cattolica e della sua applicazione concreta.

Ci sono stati casi nella storia, in cui le dichiarazioni non definitive di alcuni concili ecumenici sono state corrette successivamente - grazie ad un sereno dibattito teologico - hanno raffinato o tacitamente corretto (ad esempio le dichiarazioni del Concilio di Firenze per quanto riguarda la materia del Sacramento della Confermazione (sacramento dell'Ordine [un grazie per il chiarimento a don Gianluigi Braga] ndr), vale a dire che la questione era la consegna degli strumenti, mentre la tradizione più sicura e costante affermava che l'imposizione delle mani del vescovo era sufficiente, una verità questa, che in ultima analisi venne confermata da Pio XII nel 1947).

Se dopo il Concilio di Firenze i teologi avessero applicato ciecamente il principio "dell'ermeneutica della continuità" a questa dichiarazione concreta del Concilio di Firenze (una dichiarazione oggettivamente errata), difendendo la tesi della consegna degli strumenti in materia del Sacramento della Confermazione, come se fosse concorde con il Magistero costante, probabilmente non sarebbe stato raggiunto il consenso generale dei teologi per quanto riguarda la verità che dice che solo l'imposizione delle mani del vescovo è il vero fondamento del Sacramento della Confermazione.

Bisogna creare nella Chiesa un clima sereno di discussione dottrinale su quelle affermazioni del Concilio Vaticano II°, ambigue o che hanno causato interpretazioni erronee. In una discussione così dottrinale non c'è nulla di scandaloso, ma al contrario, può essere un contributo per mantenere e spiegare in modo più sicuro e integrale il deposito della fede immutabile della Chiesa.

Non si deve enfatizzare tanto un certo Concilio, assolutizzandolo o avvicinandolo alla realtà orale (Sacra Tradizione) o scritta (Sacra Scrittura) della Parola di Dio. Il Concilio Vaticano II° stesso ha giustamente affermato (cfr Verbum Dei, 10) che il Magistero (Papa, Concilio, magistero ordinario e universale) non è al di sopra della Parola di Dio, ma sotto di essa, soggetto ad essa, essendo solo suo servitore (della parola orale di Dio=Tradizione Sacra e della Parola scritta di Dio=Sacra Scrittura).

Da un punto di vista oggettivo, le affermazioni del Magistero (papi e concili) di carattere definitivo hanno più valore e peso rispetto alle dichiarazioni di carattere pastorale, che hanno naturalmente una qualità variabile e temporanea a seconda delle circostanze storiche o che rispondono a Situazioni pastorali di un certo periodo di tempo, come avviene per la maggior parte delle affermazioni del Concilio Vaticano II°.

Il contributo originale e prezioso del Concilio Vaticano II° consiste nella chiamata universale alla santità di tutti i membri della Chiesa (cap. 5 di Lumen gentium), nella dottrina sul ruolo centrale della Madonna nella vita della Chiesa (cap. 8 della Lumen gentium), nell'importanza dei fedeli laici nel mantenere, difendere e promuovere la fede cattolica e nel loro dovere di evangelizzare e santificare le realtà temporali secondo il senso perenne della Chiesa (cap. 4 della Lumen gentium), nel primato dell'adorazione di Dio nella vita della Chiesa e nella celebrazione della liturgia (Sacrosanctum Concilium , nn 2, 5-10). Il resto si può considerare in una certa misura secondario, temporaneo e, in futuro, probabilmente dimenticabile.

Le seguenti questioni: la Madonna, la santificazione della vita personale dei fedeli con la santificazione del mondo secondo il perenne senso della Chiesa e il primato dell'adorazione di Dio, sono gli aspetti più urgenti che devono essere vissuti nel nostro tempo. Il Concilio Vaticano II° ha un ruolo profetico che, purtroppo, non si è ancora realizzato in modo soddisfacente.

Invece di vivere questi quattro aspetti, una considerevole parte della nomenclatura teologica e amministrativa nella vita della Chiesa ha promosso, negli ultimi 50 anni e promuove ancora oggi ambigue dottrine, pastorali e liturgiche, distorcendo così l'intenzione originaria del Concilio o abusando delle dichiarazioni dottrinali meno chiare o ambigue per creare un'altra chiesa, una chiesa di tipo relativista o protestante.

Ai giorni nostri stiamo vivendo
il culmine di questo sviluppo

Il problema della crisi attuale della Chiesa consiste in parte nel fatto che alcune affermazioni del concilio Vaticano II°, oggettivamente ambigue o quelle poche dichiarazioni difficilmente concordanti con la costante tradizione magistrale della Chiesa, sono state "infallibilizzate". In questo modo è stato bloccato un sano dibattito con una correzione necessariamente implicita o tacita.
Allo stesso tempo si è dato l'incentivo a creare affermazioni teologiche in contrasto con la tradizione perenne (ad esempio, per quanto riguarda la nuova teoria di un ordinario doppio supremo soggetto del governo della Chiesa, vale a dire il papa da solo e l'intero collegio episcopale insieme al Papa, la dottrina della neutralità dello Stato verso il culto pubblico che deve rendere al vero Dio, che è Gesù Cristo, il quale è Re anche di ogni società umana e politica, la relativizzazione della verità che la Chiesa cattolica è Unico modo di salvezza, voluto e comandato da Dio).
Dobbiamo liberarci dalle catene dell'assolutizzazione e della totale "infallibilizzazione" del Concilio Vaticano II°. Dobbiamo agire in un clima di sereno e rispettoso dibattito nel sincero amore per la Chiesa e per la fede immutabile della Chiesa.
Possiamo vedere un'indicazione positiva nel fatto che il 2 agosto 2012 Papa Benedetto XVI ha scritto una prefazione al volume relativo al Concilio Vaticano II° nell'edizione della sua opera omnia. In questa prefazione, Benedetto XVI° esprime le sue riserve riguardo a contenuti specifici nei documenti Gaudium et spes e Nostra aetate. Dal tenore di queste parole di Benedetto XVI si può vedere che i difetti concreti in alcune sezioni dei documenti non sono migliorabili con l'ermeneutica della continuità.
Una Fraternità San Pio X° (FSSPX), canonicamente e perfettamente integrata nella vita della Chiesa, potrebbe anche dare un contributo importante in questo dibattito, sempre ove lo desiderasse. La presenza completamente canonica della Fraternità San Pio X° nella vita della Chiesa dei nostri giorni potrebbe anche contribuire a creare il clima generale per un dibattito costruttivo in modo che quello, a cui si è sempre creduto, ovunque e da tutti i cattolici per 2000 anni, si potesse credere in modo più chiaro e più sicuro ai nostri giorni e, in tal modo la vera pastorale realizzasse l'intenzione dei Padri del Concilio Vaticano II°.
L'autentica intenzione pastorale mira all'eterna salvezza delle anime, una salvezza che si realizzerà solo attraverso la proclamazione dell'intera volontà di Dio (cfr Atti 20: 7). L'ambiguità nella dottrina della fede e nella sua applicazione concreta (nella liturgia e nella vita pastorale) minaccia l'eterna salvezza delle anime e sarebbe quindi anti-pastorale, poiché l'annuncio della chiarezza e dell'integrità della fede cattolica e la sua fedele applicazione concreta è la volontà esplicita di Dio.
Solo la perfetta obbedienza alla volontà di Dio, che ci ha rivelato attraverso Cristo il Verbo Incarnato e attraverso gli Apostoli la vera fede, una fede interpretata e praticata costantemente nella stessa direzione dal Magistero della Chiesa, potrà portare alla salvezza delle anime.
+ Athanasius Schneider,
Vescovo ausiliare dell'Arcidiocesi di Maria Santissima a Astana, Kazakistan

8 commenti:

  1. Mons. Schneider ha un le idee un pò confuse...i "modernisti mitigati" che si arrampicano sugli specchi e fanno varie capriole su una presunta "ermeneutica" che non esiste....

    RispondiElimina
  2. Potreste pubblicare anche i commenti che non vi aggradano grazie e sostengono la verità nel massimo rispetto e senza insultare nessuno. vi ringrazio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non mi pare che questo blog ponga limiti ai commenti, tutt'altro. Forse non sei attento.

      Elimina
  3. Così parla un vero cattolico! Sempre impeccabile Mons.Schneider che ha ribadito la scomoda verità di sempre: "Per quanto riguarda l'atteggiamento verso il Concilio Vaticano II°, dobbiamo evitare due estremi: un rifiuto completo (come i sedevocantisti e parte della FSSPX) o una indefettibilità di tutto ciò di cui il concilio ha trattato."

    RispondiElimina
  4. Il CVII è fondato sul relativismo e sulla deriva antropologica, cause delle subdole equivocità dei testi che ciascuno può interpretare facilmente come vuole nonostante le contraddittorie riaffermazioni della tradizione. La riforma liturgica ne è un esempio lampante. Continuare a proporre correzioni in buona fede come da oltre mezzo secolo, encomiabile amore per la Chiesa sul piano ideale, si rivela sempre più sterile. La Chiesa si è ormai spaccata in più parti ed il relativismo è divenuto equivoco magistero. Il CVII, proprio per le ormai incorreggibili equivocità che serpeggiano in ogni punto, va respinto in blocco.

    RispondiElimina
  5. Il CVII e' legittimo, e come tale non puo' essere respinto in blocco, ma e' cattivo, e come tale va corretto da chi ne ha l'autorita'. Una volta corretto nei suoi punti problematici, vista la prolissita' e la banalita' dei documenti prodotti, nessuno lo calcolera' piu' e restera' lettera morta.

    RispondiElimina
  6. Ormai è troppo tardi, meglio ripartire dalle piccole comunità creative, lasciando che il tempo faccia il suo corso, non praevalebunt ci è stato detto e in questo dobbiamo sperare.

    RispondiElimina
  7. Il problema poteva essere affrontato con Giovanni Paolo II o Benedetto XVI, con Papa Francesco la cosa diventa impensabile, ha spinto la Chiesa troppo in la.

    RispondiElimina