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lunedì 6 febbraio 2017

Cambio di paradigma in Alleanza Cattolica? La Rivoluzione è finita?

Mt 18, 17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea”

Essendo circolata negli scorsi mesi nel nostro ambiente questa accorata comunicazione di alcuni militanti della storica associazione Alleanza Cattolica, da decenni nota, tra l’altro, per le sue battaglie a favore dei valori non negoziabili e che mai ebbe cedimenti nei confronti del progressismo cattolico, la pubblichiamo; molti dei nostri lettori sanno anche che l’associazione ha sempre privilegiato, nei suoi ritiri ed incontri, la liturgia tridentina.
Dalla lettura del testo la sensazione è che molto sia cambiato negli ultimi tempi: sembra che i metodi della controrivoluzione debbano essere totalmente aggiornati, le passate analisi della scuola controrivoluzionaria messe in una “cassetta degli attrezzi”, non si parla più di “valori non negoziabili”e con un nuovo paradigma che inizierebbe il 13 marzo 2013.
L’appunto, scritto e inviato a molti militanti dell’Associazione e ai membri del consiglio direttivo a metà luglio dello scorso anno, è addolorato e attento ai meriti passati del movimento ma non tace le gravi preoccupazioni che i due firmatari hanno. Alle domande dei due estensori sembra che il consiglio direttivo non abbia dato alcuna risposta ufficiale, che probabilmente essi attendevano.
Il memo ci pare essere ancora più attuale ora dopo l’uscita dei Dubia dei quattro cardinali su Amoris laetitia, anche se datato l’11 luglio 2016. Ancora qualche giorno fa  (1° feb 2017) il card. Muller ha ribadito la dottrina di sempre sul divieto dell’Eucarestia ai divorziati risposati o conviventi! Vedi Cascioli e Magister QUI e QUI
Speriamo che Alleanza Cattolica ritorni ad essere l’avanguardia della controrivoluzione cattolica che molti di noi ricordano e invitiamo i lettori ad una lettura meditata e priva di pregiudizi del testo.
Roberto

[…]
1- Premesse
Avendo rimarcato negli ultimi mesi e – addirittura - anni una certa linea associativa e avendo ripercorso l’intera linea gerarchica di Alleanza Cattolica [d’ora in poi denominata AC] (a voce e per iscritto), riteniamo opportuno chiarire ad un pubblico più vasto di militanti – oltre che ai nostri Reggenti Regionali – il nostro pensiero.

Correzione fraterna: Mt 18, 15-18: Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
Lv 19,17: Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d'un peccato per lui.
Rm 16,17: Mi raccomando poi, fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro.

Lumen Gentium 25: Ma questo assenso religioso della volontà e della intelligenza lo si deve in modo particolare prestare al magistero autentico del romano Pontefice, anche quando non parla « ex cathedra ». Ciò implica che il suo supremo magistero sia accettato con riverenza, e che con sincerità si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi.

Dei Verbum 10: È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che nessuna di queste realtà sussiste senza le altre, e tutte insieme, ciascuna a modo proprio, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime.

Card. Muller su Amoris laetitia il 4 maggio 2016 a Oviedo: “Cambiare la disciplina in questo punto concreto, ammettendo una contraddizione tra l'eucaristia e il matrimonio, significherebbe necessariamente cambiare la professione di fede della Chiesa, che insegna e realizza l'armonia tra tutti i sacramenti, tale e quale l'ha ricevuta da Gesù. Su questa fede nel matrimonio indissolubile, non come ideale lontano ma come realtà concreta, è stato versato sangue di martiri" (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351295).

CCC 1650: Oggi, in molti paesi, sono numerosi i cattolici che ricorrono al divorzio secondo le leggi civili e che contraggono civilmente una nuova unione. La Chiesa sostiene, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo (« Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio contro di lei; se la donna ripudia il marito e ne sposa un altro, commette adulterio »: Mc 10,11-12), che non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione. Per lo stesso motivo non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali. La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza.
Familiaris Consortio 84: […] La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si
ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo PP. II, Omelia per la chiusura del VI Sinodo dei Vescovi, 7 [25 Ottobre 1980]: AAS 72 [1980] 1082).
Citazioni varie:
Card. Carlo Caffarra, arcivescovo emerito di Bologna e primo Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per studi su matrimonio e famiglia: “L’adulterio è imperdonabile? No. Ma Dio ‘non puo’ perdonare colui che non si pente. L’ammissione alla S. Comunione indurrebbe a ritenere che non esista alcun matrimonio indissolubile
Ross Duthat, New York Times: “In politica, come in religione: una dottrina svuotata nella pratica è una dottrina realmente svuotata, qualunque cosa la retorica ufficiale suggerisca”.
Card. Peter Erdo, Primate d’Ungheria: “Alla ricerca di soluzioni pastorali per le difficoltà di certi divorziati risposati civilmente va tenuto presente che la fedeltà all’indissolubilità del matrimonio non può essere coniugata al riconoscimento pratico della bontà di situazioni concrete che vi sono opposte e quindi inconciliabili. Tra il vero e il falso, tra il bene e il male non c’è una gradualità”.
Mons. Tomasz Peta, Presidente Conferenza Episcopale del Kazakistan: “da qualche fessura il fumo di Satana di montiniana memoria è entrato anche nel sinodo”.
Mons. Livio Melina, Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: “In nessuna parte della nuova esortazione post-sinodale Papa Francesco dice che i divorziati’risposati’ possono accedere all’eucarestia senza il requisito di ‘vivere come fratello e sorella’ e pertanto questa esigenza di Familiaris consortio n. 84 e di Sacramentum caritatis n. 29 resta di piena validità come punto di riferimento per il discernimento. Questa chiarezza è il minimo che si dovrebbe chiedere per legittimare il cambiamento di una disciplina radicata nella tradizione e nella dottrina della Chiesa, stabilita fermamente dal Magistero della Chiesa (cfr. Mt 5,37). E’ con chiarezza cristallina che San Giovanni Paolo II in Familiaris consortio e Benedetto XVI in Sacramentum caritatis si sono infatti espressi

S. Tommaso d’Aquino :
"Resistere in faccia davanti a tutti" passa la misura della correzione fraterna: perciò S. Paolo non avrebbe così ripreso S. Pietro, se in qualche modo non fosse stato suo pari rispetto alla difesa della fede. Ma ammonire in segreto e con rispetto può farlo anche chi non è pari. Perciò l'Apostolo scriveva ai Colossesi di ammonire il loro prelato, dicendo: "Dite ad Archippo: Adempi il tuo ministero". Si noti però che quando ci fosse un pericolo per la fede, i sudditi sarebbero tenuti a rimproverare i loro prelati anche pubblicamente. Perciò S. Paolo, che pure era suddito di S. Pietro, per il pericolo di scandalo nella fede, lo rimproverò pubblicamente. E S. Agostino commenta: "Pietro stesso diede l'esempio ai superiori, di non sdegnare di essere corretti dai sudditi, quando capita di allontanarsi dalla giusta via".San Tommaso d’Aquino,  Summa Theologie, cit., IIª-IIae q. 33 a. 4 ad 2 .
«La riprensione fu giusta e utile, e il suo motivo non fu di poco conto: si trattava di un pericolo per la preservazione della verità evangelica […]. Il modo della riprensione fu conveniente, perché fu pubblico e manifesto. Perciò San Paolo scrive: “Parlai a Cefa (cioè a Pietro) davanti a tutti”, perché la simulazione praticata da San Pietro comportava un pericolo per tutti. In 1 Tim. 5, 20 leggiamo: “coloro che hanno peccato riprendili di fronte a tutti”. Questo si deve intendere dei peccatori manifesti, e non di quelli occulti, perché per questi ultimi si deve procedere secondo l’ordine proprio alla correzione fraterna» Idem, Super Gal., cap. 2 l. 3 passim

2- La nostra storia in AC

Conosciamo militanti di AC dai primi anni ’80 e frequentiamo AC da poco oltre la metà degli stessi.
Le prime cose che abbiamo trovato in AC sono state (tutto è ben evidenziato nel vecchio Direttorio):
  1. La prospettiva della regalità sociale di N.S.G.C.
  2. Rivoluzione e Controrivoluzione e…ancora Rivoluzione e Controrivoluzione. Il prof. Plinio Correa de Oliveira spiegato e rispiegato in ogni occasione.
  3. Lo studio del catechismo - prima quelli di S. Pio X e Tridentino - e poi del CCC. Dei libri del pensiero classico contro-rivoluzionario. E dei documenti della Tradizione e del Magistero del S. Padre.
  4. Un’analisi politica di alto livello che ogni mese si trasmetteva attraverso l’Agenda del Capitolo.
  5. La preghiera in latino, prima di tutto il Rosario e poi l’Angelus, la benedizione dei pasti e tutte quelle formule per il Papa, per i confratelli, etc. che tutti noi sappiamo a memoria.
  6. Maria Santissima, soprattutto quella delle apparizioni a Fatima.
  7. La liturgia, prima del 1988 in latino e poi – dall’Indulto - quella Tridentina. Nei ritiri, agli Esercizi e in ogni occasione associativa. In aggiunta al rito, siamo sempre stati abituati a preti “tradizionali” (talare, etc.) e ad una “pratica” simile (S. Comunione in bocca ed in ginocchio, adorazioni eucaristiche, etc.)
  8. Gli esercizi di S. Ignazio, nella forma di padre Vallet, con preghiere e liturgia solo in latino. Quei giorni erano anche l’occasione per imparare tutte le “formule” da noi usate.
  9. La spiritualità di Pio Brunone Lanteri, del Pollien, di San Francesco di Sales, di San Luigi Maria Grignon di Monfort, i libri “L’anima di ogni apostolato”, “Cristianesimo vissuto”, “Filotea”, “Trattato della vera devozione”, “Del gran mezzo della preghiera”, “Il segreto ammirabile del Santo Rosario”e altri, con la diffusione di questi ed altri volumi.
  10. La libertà di giudizio, anche pubblico, nei dovuti modi e con rispetto, nei confronti del governo temporale di Santa Romana Chiesa (vedi inter alia CJC 210.3: “In modo proporzionato alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi [i fedeli] hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la dignità della persona.”.
  11. La sottomissione dei principi della dottrina sociale della Chiesa, nella loro declinazione pratica secondo i tempi e i luoghi, alla responsabilità del laico impegnato in politica.

Dopo l’ inizio del 2000 abbiamo riscontrato – progressivamente – una concentrazione – sempre più assidua sul punto 3 (catechismo), una continuazione del punto 6 (Maria Santissima, ma con meno attenzione a Fatima), una drastica diminuzione del 2 (Plinio Correa de Oliveira) e una progressiva disattenzione […] sui punti 5 (latino e preghiere “nostre”), 7 (liturgia tridentina), 8 (esercizi, nel senso di un certo allontanamento dal nostro metodo abituale) e 9 (Lanteri, Pollien, etc.) e 10. Sul punto 1 (la regalità sociale di N.S.G.C.) non ne abbiamo quasi più sentito parlare “tematicamente”.
Tutto ciò fatto poco alla volta e, in maniera, a nostro parere, surrettizia (cioè senza dichiararlo formalmente). Non si facevano più certe cose, altre le si insegnava di meno e altre ancora si diceva di rimandarle “più avanti” in quanto ci potevano essere persone nuove che non conoscevano le nostre abitudini (ma poi, a queste stesse persone, non veniva più insegnato).
A partire quanto meno dal 2009, si è iniziato a parlare di accettare, in nome dell’inclusività, il background culturale di coloro che si avvicinavano ad AC, con l’inevitabile annacquamento dello stile e dell’identità associativa.
Con il riconoscimento canonico dell’associazione, da parte del Vescovo di Piacenza, è iniziata una sorta di autocensura, anche a livello di informazioni interne, sul governo temporale di Santa Romana Chiesa e sull’operato della C.E.I. e di molti vescovi.
Ultimamente è caduta una inspiegabile cortina di silenzio, se non una tacita approvazione, sull’introduzione di quello che, ormai, sembra da considerarsi un quarto principio non negoziabile, l’accoglienza indiscriminata per tutti i migranti.
Riteniamo, inoltre, quanto meno assai discutibili alcune scelte “politiche” e, cosa assai più grave e per noi, ma non solo, assolutamente inaccettabile, il Testo unico dei diritti riconosciuti ai componenti di una unione di fatto.

3- Alcune brevi riflessioni

Usando una terminologia felicemente coniata da Massimo Introvigne, da una collocazione probabilmente “strict” si era passati gradualmente, prima ad una “conservative\central” e, da qualche tempo, – addirittura – “progressive”; ma, soprattutto, si era perso il nostro carisma\marchio\brand: da un’associazione in cui Rivoluzione e Controrivoluzione, lo studio della Tradizione (e del Magistero, che della Tradizione è un “di cui”), la preghiera e la liturgia in latino, Fatima, una sensibilità tradizionalista (o tradizionale che dir si voglia) avevano un loro equilibrio ed un loro mix, si è passati ad una reiterazione del micro magistero (“il Papa fa magistero anche con un post it!”). E tale micro magistero è diventato una specie di monade avulsa dalla Tradizione, come se con un nuovo Papa si ricominciasse tutto da zero (quasi che “papa scaccia Papa”) e non – con un’antica felice espressione di don P., “un tappeto che c’è già ma che si svolge nel corso della storia”; addirittura non tenendo conto delle sagge indicazioni di Lumen Gentium 25 e di tutti i documenti magisteriali seguenti (p.e. Donum veritatis 24, proprio sulla vocazione ecclesiale del teologo) sulle modalità di ossequio al magistero (“si aderisca alle sue affermazioni in conformità al pensiero e in conformità alla volontà di lui manifestatasi che si possono dedurre in particolare dal carattere dei documenti, o dall'insistenza nel proporre una certa dottrina, o dalla maniera di esprimersi”).

A questo punto – francamente – rischiamo di non vedere più l’utilità “vera” di AC: perché allora non entrare in Azione Cattolica o gruppi affini?
AC, fino a qualche anno fa, occupava un pezzo della lunga tastiera della Chiesa che si collocava sul lato destro (senza molti concorrenti e con un “mercato religioso” di un certo interesse ed ampiezza), mentre poi - spostandoci molto sul lato centrale (e ora addirittura a “sinistra”) della tastiera – abbiamo perso tutti i nostri riferimenti. Se nei commenti all’Amoris laetitia ci troviamo improvvisamente …..dentro la Comunità di Bose e non alla Congregazione per la Dottrina della Fede, allora è nostro dovere (non solo diritto) valutare se scappare via (la fuga del prigioniero, non quella del disertore, ricordando una famosa e felice frase di Tolkien).

Abbiamo avuto da ciò alcune conseguenze:
  1. ci siamo allontanati dai nostri ambienti dove pescavamo militanti (destra, persone con sensibilità tradizionale, etc.)
  2. Abbiamo perso per strada “l’ala destra” di molti militanti (sarebbe interessante quantificare il dato). Vedere per esempio l’ultima “autospensione” del 7 luglio scorso del militante di Bergamo G.B., per motivazioni simili alle nostre e la coeva uscita della Croce di Parma (con il capocroce L.G., anche lui militante di vecchia data).
  3. Non abbiamo recuperato – se non in misura residuale – “un’ala sinistra” di persone.
  4. Si è creata, all’interno di AC, un’ala sinistra ed una destra che hanno problemi a convivere (anche se, spesso, sottotraccia).
  5. Addirittura oggi ci poniamo a sinistra del panorama ecclesiale, pubblicizzando una supposta mens del S. Padre, non provata e non provabile (facendo riferimento all’Amoris laetitia, non si cambia tradizione, magistero e catechismi bimillenari con una nota a margine!).
  6. Ma, soprattutto abbiamo sfilacciato completamente il nostro carisma.

Abbiamo l’impressione che il recupero del marchio\carisma e di un corretto posizionamento di AC sia indispensabile per vari motivi:
  1. ci si opporrebbe alla deriva di un magistero “liquido” e ad una crisi dottrinale sotto gli occhi di tutti.
  2. Si ritornerebbe ad utilizzare il prezioso materiale di Plinio Correa de Oliveira, a cui invece è stato dato il de profundis – con una finta celebrazione – con l’articolo di don P.C. di Cristianità 379 (pp. 19-43). Articolo che ha fatto un totale trasbordo ideologico “avvertito” del pensiero di Plinio stesso e di tutta la scuola controrivoluzionaria. E articolo che in maniera vessillare proclama una certa mutazione dell’identità associativa su Rivoluzione e Controrivoluzione e il tempo presente, cioè su un tema così capitale per la nostra militanza, che sorprende sia stato presentato quasi ex abrupto, senza un'adeguata condivisione interna alla vita associativa. Sembra trattarsi di un mutamento di paradigma nel nostro approccio culturale e di dottrina contro-rivoluzionaria, a tal punto che un intero segmento di questa prospettiva – il tema “crisi della Chiesa”, come declinazione in ambito ecclesiale del tema “crisi del mondo moderno” – è totalmente scomparso.
  3. Si recupererebbero persone di ambienti che – senza di noi – non farebbero nulla o andrebbero nella FSSPX o similia.
  4. Rimetteremmo in alto alcuni aspetti vessillari del nostro vecchio carisma che sono utili dal punto di vista “emotivo” e “del cuore”.
  5. Ricominceremmo a dare alcune “parole d’ordine”, poche ma importanti, a chi si era incominciato a chiedere la funzione di AC nel XXI secolo. Se cioè c’era ancora spazio per noi e quale fosse.

4- Le ultime novità e il cambio “ufficiale” di paradigma.

Dall’elezione del S. Padre Francesco e, soprattutto, con l’indizione dei due Sinodi questo processo ha avuto un’accelerazione esponenziale. Inter alia, non abbiamo rivendicato la posizione tradizionale in tema di famiglia, non abbiamo difeso i “buoni” dagli attacchi dei progressisti e – addirittura con il n. 380 di Cristianità – abbiamo superato a sinistra ogni parola del S. Padre, ipotizzando e propagandando una sua supposta mens (per una breve storia degli ultimi due Sinodi consigliamo la lettura di: Lorenzo Bertocchi-Matteo Matzuzzi, La famiglia controversa, Ed. Castelvecchi, 2016). Non entriamo in tutti i dettagli sui tre articoli, ma solo alcuni esempi:
  • Giovanni Paolo II non ha mai “consigliato” (vedi articolo di Cristianità pagg. 23-24) di vivere come fratelli e sorelle per i risposati conviventi come afferma don P.: lo ha “ordinato.
  • Il S. Padre Francesco non ha mai esplicitato una supposta permissione agli stessi conviventi l’accesso alla confessione e all’Eucarestia (e perché allora non il matrimonio?) come afferma L.I. (vedi articolo di Cristianità a pag. 15). A certe condizioni invece L. afferma che possa essere amministrata la Santissima Eucarestia ai divorziati risposati che vogliono tuttavia continuare a vivere come marito e moglie.
  • Il n. 1650 del Catechismo della Chiesa Cattolica è diventato improvvisamente derogabile; malgrado il n. 84 della Familiaris Consortio dica chiaramente che tale disciplina rileva dalla S. Scrittura (La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati). Questo brano di FC è capitale perché indica che si tratta di una dottrina di conferma o riaffermazione riguardante una disciplina fondata sulla Parola di Dio, ciò che conferisce precisamente tutta la sua autorità al magistero ordinario universale e gli conferisce il suo carattere definitivo.
  • Il Canone del Concilio di Trento sull'indissolubilità del matrimonio varrebbe solo per la Chiesa latina.
  • Aggiungiamo che l’unico accreditato a dare interpretazioni autentiche dei documenti pontifici (a parte il Papa stesso) – il card. Muller – ha detto esattamente il contrario (vedi lectio a Oviedo del 4 maggio 2016 (link in Premesse).
  • A questo punto Alleanza Cattolica, non solo non si oppone più all'errore in materia di fede e morale, ma pare promuovere positivamente l'errore, tramite il suo organo ufficiale.
Addirittura vogliamo essere i teologi del Papa su cose che il Papa stesso non ha mai osato dire esplicitamente (anche perché probabilmente non è nel suo potere delle Chiavi di modificare).
E tutto ciò, malgrado i pressanti inviti di molti (anche Reggenti Regionali) di emendare gli articoli, correggere le citazioni non corrette o tendenziose e – infine – di pubblicare – invece dei due articoli di don P.C. e L.I.– l’intervento di Muller. Aggiungiamo che, nell’articolo di spiegazione dei due interventi – firmato da M.I. (pp. 4 di Cristianità 380) – si conferma che quella dei due è – di fatto - la posizione ufficiale di AC. Proprio oggi una folgorante intervista del card. Caffarra da una risposta – non sappiamo quanto indiretta… - agli articoli di Cristianità: (http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/07/11/caffarra-schonborn-sbaglia-e-questo-e-cio-che-vorrei-dire-al-santo-padre): “Non si deve solo leggere il precedente magistero sul matrimonio alla luce di "Amoris laetitia", ma si deve leggere anche "Amoris laetitia" alla luce del magistero precedente. La logica della vivente tradizione della Chiesa è bipolare. Ha due direzioni, non una. La seconda è più importante. Il mio caro amico cardinale Schönborn nell’intervista a "La Civiltà Cattolica" non tiene conto di un fatto che sta accadendo nella Chiesa dopo la pubblicazione di "Amoris laetitia". Vescovi e molti teologi fedeli alla Chiesa e al magistero sostengono che su un punto specifico ma molto importante non esiste continuità, ma contrarietà tra "Amoris laetitia" e il precedente magistero. Questi teologi e filosofi non dicono questo con spirito di contestazione al Santo Padre. Ed il punto è questo: "Amoris laetitia" dice che, date alcune circostanze, il rapporto sessuale fra divorziati-risposati è lecito. Anzi applica a questi, a riguardo delle intimità sessuali, ciò che il Concilio Vaticano II dice degli sposi [cfr. nota 329]. Pertanto o è lecito un rapporto sessuale fuori del matrimonio: affermazione contraria alla dottrina della Chiesa sulla sessualità; o l’adulterio non è un atto intrinsecamente disonesto, e quindi possono darsi delle circostanze a causa delle quali esso non è disonesto: affermazione contraria alla tradizione e dottrina della Chiesa. E quindi in una situazione come questa il Santo Padre, come già scrissi, deve secondo me chiarire. Se dico “S è P” e poi dico “S non è P”, la seconda proposizione non è uno sviluppo della prima, ma la sua negazione. Nè si risponda: la dottrina resta, si tratta di prendersi cura di alcuni casi. Rispondo: la norma morale “non commettere adulterio” è una norma negativa assoluta, che non ammette eccezioni. Ci sono molti modi fare il bene, ma c’è un solo modo di non fare il male: non fare il male.”

[…]

Riteniamo che nell’attuale congiuntura della vita ecclesiale, non da ultimo in conseguenza di un numero a nostro avviso troppo elevato di ambiguità che hanno ricadute sulla dottrina, la morale e la pastorale, un’autentica fedeltà al Papa non vada talora disgiunta da un franco e filiale dissenso – il quale beninteso non va confuso né deve configurarsi come disconoscimento del ministero petrino –, mentre un formale assenso o ossequio (inevitabilmente – e si spera – solo esteriore) a tali ambiguità è destinato a procurare un danno spirituale agli altri, alla Chiesa, e ancor prima a sé stessi. O, almeno, cerchiamo di non fare le mosche cocchiere dei progressisti.

Pensiamo che tutto ciò non sia né opportuno né giusto e chiediamo formalmente che i due articoli (unitamente alla presentazione di M.I.) siano ritirati o derubricati a semplici opinioni personali degli estensori. E si pubblichino altri interventi “ufficiali” (Muller in prima battuta) in linea con il magistero e la tradizione.
Noi – in coscienza – non possiamo collaborare al male e riteniamo i tre articoli sull’Amoris laetitia una collaborazione – diretta o surrettizia che sia – al Male.
Se ciò non avvenisse noi continueremo a proclamare le tesi tradizionali, privatamente ma anche pubblicamente (“opportune et importune”, 2Tim 4,1) , a prescindere dalle posizioni della dirigenza associativa. E certamente non potremo diffondere né gli ultimi Cristianità né le tesi in essi contenute.
[…]
Con tutto ciò rimane, in ogni caso, gratitudine stima ed amicizia per tutto quello che AC e tutti i responsabili di AC hanno fatto per noi, per le nostre famiglie e per la nostra formazione umana, politica e religiosa. Ora ed in futuro questa gratitudine e amicizia mai verranno a mancare.

A vostra disposizione per ogni chiarimento.

In Jesu et Maria
LC
FB

11 luglio 2016,
festa di San Benedetto, abate.