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lunedì 6 febbraio 2017
Manifesti a Roma, reazione da regime totalitario
Riccardo Cascioli La Nuova Bussola Quotidiana
«Un po’ di umorismo aiuta ad andare avanti», aveva detto Papa Francesco durante l’omelia nella messa del suo 80esimo compleanno, neanche due mesi fa. E pochi giorni prima, nell’intervista a Tv2000-RadioInBlu aveva spiegato: «Il senso dell'umorismo è una grazia che io chiedo tutti i giorni, e prego quella bella preghiera di San Tommaso Moro: 'Dammi, Signore, il senso dell'umorismo, che io sappia ridere davanti a una battuta' (…) Il senso dell'umorismo ti solleva, ti fa vedere il provvisorio della vita e prendere le cose con uno spirito di anima redenta. È un atteggiamento umano, ma è il più vicino alla grazia di Dio».
Non abbiamo perciò dubbi sul fatto che, saputo dei manifesti appesi in giro per Roma, Papa Francesco si sia fatto una bella risata o almeno abbia sorriso. «A France’, hai commissariato Congregazioni, rimosso sacerdoti, decapitato l’Ordine di Malta e Francescani dell’Immacolata, ignorato Cardinali… ma n’do sta la tua misericordia?», così era scritto su questi manifesti, che ricordano le “pasquinate”, ovvero quei cartelli o biglietti satirici che venivano appesi alle statue del centro di Roma al tempo dello Stato Pontificio.
Ma se Papa Francesco ha sorriso, non così i Guardiani della Rivoluzione, che ieri si sono lanciati come un sol uomo in una caccia alle streghe quanto meno inquietante, invocando perfino il duro intervento dello Stato per reprimere queste forme di violenza. Si è letto di tutto, dalla denuncia di una aggressione al Papa fino all’accusa di armare la mano di eventuali attentatori (clicca qui per un’analisi di alcuni di questi attacchi). Un vero e proprio delirio, che è arrivato perfino a mobilitare la Digos per una goliardata che al massimo può essere punita con una multa per affissione abusiva di manifesti.
Certo, è indubbio che la trovata dei manifesti, per quanto discutibile, esprima un malumore presente in tanti ambiti cattolici e anche questo spiega la durissima reazione della stampa di regime, coloro che temono di perdere vantaggi e prebende acquisiti grazie a questo pontificato. Soprattutto coloro che vogliono marciare a tappe forzate verso una “nuova Chiesa” e per questo non possono tollerare dissensi o sacche di resistenza.
Ecco allora che una sciocchezza come quella dei manifesti viene raccontata come una trama occulta di oscuri golpisti che cercano di rovesciare il Papa per la sua limpida testimonianza di trasparenza e volontà di riforma. Si arriva anche (su Avvenire) a descrivere il glorioso popolo romano che scende in piazza per strappare i manifesti, e che scende nella piazza virtuale per esprimere sui social sdegno per l’accaduto e solidarietà al Pontefice. Brani degni dei migliori Cinegiornali dell’Istituto Luce.
Ma se c’è qualcosa di inquietante è proprio questo: usare la storia dei manifesti, trasformarla in un atto di terrorismo, con tanto di «indagini negli ambienti conservatori» (lo stesso linguaggio che richiama alla mente la ricerca di responsabili negli ambienti anarco-insurrezionalisti), per poter tappare la bocca a vescovi, teologi, docenti, giornalisti che osano anche solo manifestare perplessità davanti a certe affermazioni o omissioni del Papa.
Esempio tipico è Alberto Melloni su Repubblica, che si scaglia con la sua ormai solita violenza verbale, contro coloro che rappresentano «un feticismo cristiano dell’antiquato, indocile al vangelo e bisognoso di visibilità». Vermi da schiacciare, verrebbe da pensare, e il Papa fa male a non farlo, lo riprende Melloni. Sembra quasi accusare anche papa Francesco di mollezza, perché «con la metà di quel che ha detto e fatto il cardinale Müller, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Pio XI si sarebbe fatto restituire la berretta cardinalizia». E cosa avrà mai fatto o detto il cardinale Müller, se non affermare e ribadire quello che dice la Dottrina della Chiesa, che non è l’insieme di vuote e aride leggi disumane ma ciò che Dio stesso ha rivelato in Gesù Cristo?
Ecco cosa vuole Melloni, e cosa vogliono i suoi compagni: umiliare ed eliminare chiunque osi ancora parlare di dottrina, ridurre al silenzio qualsiasi forma di espressione cattolica. Per lui è chiaramente intollerabile il contenuto dell’intervista di Müller al Timone, impossibile da sopportare. Ma alla fine non chiede l’intervento del Papa, no: lasciamolo stare che è troppo buono, ci pensi lo Stato a sbarazzarci di questo che è «il peggior cattolicesimo», pericoloso non solo per la Chiesa ma anche per l’Italia. Si straccia le vesti per l’offesa al Papa provocata da manifesti satirici e poi tratta un cardinale come fosse il peggior criminale.
Se questi sono i testimoni della Misericordia, tempi ben più duri ci aspettano.