Avevamo già dato spazio all'eminente saggio di Enrico Maria Radaelli "La Chiesa Ribaltata" (qui una presentazione) su vari aspetti controversi del pontificato di Francesco.
Ora ne proponiamo un'altra, dal linguaggio esplicito e coraggioso ma sempre educato, firmata di Giovanni Tortelli che vale proprio la pena leggere per la sua capacità di sintesi e perfetta analisi del lavoro di Radaelli.
Roberto
La Chiesa “sofferta” di Radaelli
di Giovanni Tortelli
di Giovanni Tortelli
La «Chiesa ribaltata» di Enrico Maria Radaelli (sottotitolo
eloquente: Indagine estetica sulla teologia, sulla forma e sul linguaggio del
magistero di Papa Francesco, Verona 2014) è una di quelle opere che non si
possono consumare tutte d’un fiato ma che il tempo fa apprezzare sempre di più,
esattamente come i farmaci a lento rilascio la cui densità è proporzionata agli
effetti lunghi. Infatti, se per un verso essa costituisce ad oggi il contributo
più intelligente e più documentato sul primo scorcio di magistero di papa
Francesco, è anche vero che l’opera di Radaelli non è suscettibile di
limitazioni entro i soli confini temporali del magistero di papa Bergoglio,
poiché in realtà essa lavora sui principi – teologici prima, filosofici dopo –
di realtà come «Fede» e «Verità» per illuminare le cause prossime e remote del
malessere e dei cambiamenti evidenti della Chiesa d’oggi.
Così, l’attuale magistero papale che sigilla col marchio
dell’imprimatur l’indefettibilità e l’irretrattabilità delle scelte del
Vaticano II, nelle mani di Radaelli diventa un’occasione per capire quelle
decisive spinte – rotta definitivamente ogni residua riverenza col passato -
per lanciare la Chiesa verso imprevedibili orizzonti, quelle che si usa
comunemente chiamare «sfide». Sfide per un mondo che questa Chiesa vorrebbe sì
cambiare, ma con gli strumenti e col linguaggio di quaggiù, in corsa con una
realtà terrena che risponde alla regola dell’ etsi Deus non daretur che la
costringe ad abbandonare le vie del linguaggio chiaro, preciso, lapidario e
definitorio e ad accelerare verso un cattolicesimo secondario vago, opaco e
vacuo sia nell’insegnamento che nella liturgia, non più “fatto di fuoco”,
secondo una felice espressione dell’Autore.
Lo straordinario lavoro condotto dal Filosofo milanese sta
proprio nell’aver puntato lo sguardo su quella rivoluzione (anche)
«linguistica» aperta dal Vaticano II, questione mai affrontata prima da alcuno
con tanta dovizia di dottrina e di prove. Un linguaggio nuovo fatto non solo di
parole, di atti, di documenti e di interviste, ma anche di comportamenti, che
Radaelli elenca puntualmente: dal “buonasera” di inizio pontificato, alla
rinuncia del “noi” apostolico, all’abitazione in santa Marta, alla semplice
talare bianca senza i segni del primato di Pietro. Comportamenti ed
atteggiamenti che, pur nella loro apparente marginalità, rispondono a precise e
sistematiche scelte via via sempre più invasive anche del campo dottrinale e
liturgico con l’affermarsi – dal vertice della Chiesa in giù – di una teologia
dell’incontro (col Cristo), dell’evento (redentivo), dell’amore (misericordioso
e salvifico), a scapito del primato del Logos, della Verità, della Fede e della
loro stessa proclamazione attraverso i dogmi, col risultato di assistere ad
un’inconsueta timidezza della Chiesa verso le altre religioni e il mondo laico
proprio sui suoi punti di forza come le verità rivelate. Attenzione, non
dualità e nemmeno contrapposizione fra «fede-dottrina-ragione» da una parte ed
«esperienza cristiana» dall’altra, ma solo una precedenza, come si addice alla
«vera» dottrina che diventa «vita». Fa bene dunque Radaelli ad impostare l’asse
di tutta la sua opera sulla constatazione di un’ormai avvenuta «dislocazione
della divina Monotriade». La dominante teologia dell’incontro o dell’evento ha
finito per premiare l’amore “e lo ha messo sul trono del Logos”, ha così
spostato l’ordine delle Persone trinitarie fondato sul costante insegnamento
della Chiesa per cui “non si ama se non ciò che si conosce” (Summa theol. I,
36,2), e con questo ha aperto la strada ad un metodo (e a un insegnamento e a
una liturgia) debole e purtroppo anche sviante che trascura la conoscenza di
Dio – fatta di fede e di verità attraverso la Rivelazione e il magistero della
Chiesa – e che tutto giustifica per via dell’amore. A prescindere. Ma l’Autore
ricorda con un refrain che percorre tutta la sua opera le parole della Lettera
agli Efesini di sant’Ignazio d’Antiochia: “La fede è il principio, l’amore il
fine”.
La conseguenza è che questa Chiesa che cede vistosamente sul
versante del dogma e che guarda con sempre maggior favore ad una tradizione
“viva” soggetta ai mutamenti storico-temporali dei credenti, preoccupa per le
scelte in campi delicatissimi, pensiamo alle prossime decisioni sulla famiglia.
Ma proprio per questo - forte del principio che la verità non si impone che in
forza della stessa verità - Radaelli sa essere coraggioso con questa sua Chiesa
ribaltata, che si potrebbe anche definire una sorta di lunga, lunghissima
lettera aperta a papa Bergoglio - per implorare dal Santo Padre l’ascolto di
una voce diversa dal coro ma autenticamente voce della Chiesa di sempre; e
nello stesso tempo dimostrando tutta la sua obbedienza, quasi gridando e
rivendicando il riconoscimento della sua filiazione in questa Chiesa e
direttamente dal Santo Padre: “Tu sei mio Padre, il mio Santo Padre, e io sono
tuo figlio, un tuo figlio da nulla, ma tuo figlio, e questo solo io so: che la
mia fede deve essere la tua, in tutto la tua”.
Giovanni Tortelli
Praticamente un disastro.
RispondiEliminaCancellare tutto quanto avvenuto prima del CVII è praticamente la rovina della Chiesa.
RispondiEliminaUn'altro che pur di tenere il piede in due scarpe ricorre ad espressioni come "dislocazione della divina Monotriade", quando basta scrivere eresia e stop. Finchè potranno si arrampicheranno sugli specchi, ma dopo il sinodo eretico che si stà preparando, il tradizionalismo fallibilista alla introvigne e soci di cui Radaelli tristemente si fà epigono, dovrà rispondere a Dio di ciò che farà. La Chiesa (papato compreso) è di Cristo e non viceversa e chi vuole essere di Cristo non può sdoganare eresie (neppure se le chiama "dislocazioni della divina Monotriade".
RispondiEliminaCi rifletta Radaelli che più d'ogni altro ha potuto attingere alla lezione di Amerio. Per gente come Introvigne e la sua alleanza sedicente cattolica ho meno speranza: il loro clericalismo
opportunista è troppo incrostato.
@ anonimo 12.47
RispondiEliminaÈ sicuro di aver ben compreso il pensiero di Radaelli? A me non sembra. Il fatto di accostarlo a Introvigne!!!...
@anonimo 24 aprile 23.08
Eliminaio credo che lei non abbia affatto capito il pensiero dell'anonimo 12.47 che la precede, eppuro esso è molto chiaro (per chi ha gli occhi aperti, s'intende, circa il virus dilagante di quel clerically correct che impedisce di dire pane al pane vino al vino, e che ha infettato anche i migliori intelletti del cattolicesimo tradizionale......i quali si arrampicano sugli specchi pur di non ammettere che un papa che sia AUTENTICO vicario di Cristo al 100% (e non metà-pietro/metà-simone, come da decenni si teorizza anche nella FSSPX....) non può -per istituzione divina- impartire insegnamenti devianti o eretici !
ergo.....
...ed all'amico Giovanni Tortelli, che, pensi quel che vuole il prete Ariel, è discepolo di don Divo Barsotti e p. Serafino Tognetti.
RispondiEliminaNon riesco a capire la virata di "Alleanza Cattolica", un gruppo che perfino nel nome ricordava la Santa Alleanza, la Restaurazione post 1815 e il Cattolicesimo cosiddetto integralista, comunque molto conservatore e politicamente di destra. O forse una spiegazione ci sarebbe; ma è decisamente poco lusinghiera.
RispondiEliminaLa fede e` il principio l'amore il fine, Senza fede non si puo` essere cristiano, fare la volonta` di Dio, come ci insegna l' Apostolo. Senza fede non avrebbe Martiri nemmeno eroica Carita`. Senza Fede non avrebbe, neppure, misericordia. Perche questa virtu` e` unicamente cristiana.Sopra la Fede di Pietro. Nostro Signore ha fondamentato la Sua Chiesa. Perche l'amore di Pietro a Gesu` non e` altra cosa che fede: Pasce oves meas, Pasce agnos meos. E questa Fede portera` al Apostolo Pietro al Colle Vaticano. Questa e` la sola e unica Verita`.
RispondiEliminaBuongiorno, scusate se divago: sto impostando un sito parrocchiale, qualcuno conosce qualche bel sito tradizionale a cui ispirarsi? Grazie...
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