"CAMBIARE" LA LITURGIA?
di Nicola Bux
di Nicola Bux
Le ombre, gli abusi e le deformazioni – termini usati da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ed effetti della bramosia di innovazione – hanno messo all'angolo la tradizione per cui “ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso. Ci fa bene a tutti conservare le ricchezze che sono cresciute nella fede e nella preghiera della Chiesa, e dar loro il giusto posto” (così Benedetto XVI nella lettera di presentazione ai vescovi del motu proprio "Summorum pontificum").
Senza "traditio" – la consegna di ciò che abbiamo ricevuto, come scrive l'Apostolo – non si sviluppa organicamente il nuovo. Il dissenso si può risolvere solo comprendendo che la liturgia è sacra, cioè appartiene a Dio ed egli vi è presente e opera.
Ma a chi compete salvaguardare i diritti di Dio sulla sacra liturgia? Alla Sede Apostolica e, a norma di diritto, al vescovo ed entro certi limiti alle conferenze episcopali compete “moderare” la liturgia: così recita il testo latino della costituzione liturgica del Concilio Vaticano II (n. 22, § 1-2).
Che vuol dire “moderare”? Confrontando altri passi del Vaticano II, significa salvaguardare la legittima diversità delle tradizioni in campo liturgico, spirituale, canonico e teologico: si pensi alle liturgie occidentali come la romana e l'ambrosiana e alle numerose liturgie orientali ritenute all'interno dell'unica Chiesa cattolica.
Il termine può essere tradotto anche “regolare”, il che presume che l'operazione avvenga "sotto la direzione" di un'autorità suprema. Da un altro documento del Vaticano II, il decreto sull'ecumenismo (Unitatis redintegratio n. 14), sappiamo che i redattori del testo intendevano "moderante" come "sotto la presidenza", o in francese: "intervenant d’un commun accord" (la traduzione francese è stata fatta dagli estensori del decreto). La formula limita gli interventi romani "ad extra" al sorgere di uno screzio grave circa la fede o la disciplina.
La sacralità della liturgia, dunque, spinge la costituzione liturgica conciliare a tirare le conseguenze: “Perciò nessun altro, assolutamente, anche se sacerdote, aggiunga, tolga o muti alcunché di sua iniziativa, in materia liturgica”(n. 22 § 3).
Il Catechismo della Chiesa cattolica ha ulteriormente precisato che “anche la suprema autorità della Chiesa [ossia il papa - ndr] non deve modificare la liturgia arbitrariamente, ma solo in obbedienza alla fede e con rispetto religioso per il mistero della liturgia” (n. 1125).
Ha scritto Joseph Ratzinger nella prefazione al libro di Alcuin Reid "Lo sviluppo organico della liturgia", Cantagalli, Siena, 2013:
“Mi sembra molto importante che il Catechismo, nel menzionare i limiti del potere della suprema autorità della Chiesa circa la riforma, richiami alla mente quale sia l'essenza del primato, così come viene sottolineato dai concili Vaticano I e II: il papa non è un monarca assoluto la cui volontà è legge, ma piuttosto il custode dell'antica Tradizione [una delle due fonti della divina rivelazione – ndr), e il primo garante dell'obbedienza. Non può fare ciò che vuole, e proprio per questo può opporsi a coloro che intendono fare ciò che vogliono. La legge cui deve attenersi non è l'agire 'ad libitum', ma l'obbedienza alla fede. Per cui, nei confronti della liturgia, ha il compito di un giardiniere e non di un tecnico che costruisce macchine nuove e butta quelle vecchie. Il 'rito', e cioè la forma di celebrazione e di preghiera che matura nella fede e nella vita della Chiesa, è forma condensata della Tradizione vivente, nella quale la sfera del rito esprime l'insieme della sua fede e della sua preghiera, rendendo così sperimentabile, allo stesso tempo, la comunione tra le generazioni, la comunione tra coloro che pregano prima di noi e dopo di noi. Così il rito è come un dono fatto alla Chiesa, una forma vivente di 'paradosis' ".
È questo un invito alla riflessione per quanti mettono in giro la voce che papa Francesco stia per “cambiare” la liturgia.
Nel secolo scorso in Russia, il tentativo del patriarca Nikon di cambiare i libri liturgici ortodossi produsse uno scisma. Anche tra i cattolici lo scisma di mons. Lefebvre fu dovuto in buona parte all'aver toccato la liturgia e ne soffriamo tuttora le conseguenze.
Oltre a Nicola Bux, i consultori dell'ufficio delle celebrazioni liturgiche pontificie congedati da papa Francesco sono Mauro Gagliardi, Juan José Silvestre Valor, Michael Uwe Lang e Paul Gunter.
Al loro posto, il 26 settembre, il papa ha nominato Silvano Maggiani, Corrado Maggioni, Giuseppe Midili, Angelo Lameri e Manuel Nin.
Ecclesia de Eucharistia
RispondiEliminaGiovanni Paolo II
17 aprile, Giovedì Santo, dell'anno 2003
http://www.vatican.va/holy_father/special_features/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_20030417_ecclesia_eucharistia_it.html
Non tutti i mali verranno per nuocere: presto una parrocchia della spx a Roma.
RispondiEliminaMons Bux sa bene quello che avverrà se Bergoglio deciderà di riformare l'irreformabile o adeguare le verità immutabili
RispondiEliminaalle mode e ai tempi o magari contravvenendo l'ordine datoci da Nostro Signore: "Non separi l'uomo quello che Dio ha unito".
Sarebbe il disastro per i sacramenti del matrimonio (già semidistrutto) per l'eucarestia (vilipesa e oltraggiata) e per la penitenza (ridotta a seduta di psicoanalisi).
Sarà chiaro che aveva ragione Mons. Lefebvre e lo scisma che allora avvenne sarà la salvezza dei pochi cattolici sopravvissuti
al Vaticano Secondo e al Vaticano secondo Bergoglio.
Chi crede che il vero cattolico abbia paura di un ennesimo scisma non ha capito nulla. I bergogli passano ma la Verità è eterna ed immutabile ed io temo l'inferno ed il reltivismo di bergoglio molto più di qualunque scisma che non sarebbe il primo e non sarà temo neppure l'ultimo.
Polimar
ecco che il caro mons Lefebvre diviene l'ancora di salvezza per i cattolici veri .molti tra preti ,seminaristi stanno riconsiderando il lefevrismo in seguito all'ulteriore sbando della chiesa dovuta a bergoglio
RispondiEliminasveglia figlioli, la liturgia è già stata stravolta tutta insieme da cinquant'anni
RispondiEliminaEh sì....sarebbe davvero semplicissimo. Riprendere in toto i riti del Messale del Beato Giovanni XIII del 1962 e qualsiasi problema sarebbe risolto, magari recitando in lingua vernacolare molte parti della Messa per una miglior comprensione dei fedeli che, si badi bene, mai hanno chiesto la soppressione del Messale Tridentino! Questo nessuno lo dice ma è la verità....
EliminaDirei a don bux che mons. Lefebvre non fece alcuno scisma continuando a fare quanto faceva. ... chi fece lo scisma? ???
RispondiEliminaPeccato che pochi hanno il coraggio di dire la verità
E' esattamente come dice l'anonimo delle 13.35!! Tant'è che il motto di Mons. Lefebvre era: TRADIDI QUOD ET ACCEPI - vi trasmetto quello che ho ricevuto (o meglio, ci sarebbe da aggiungere, quello che la Chiesa ha sempre insegnato). Appunto chi ha procurato lo scisma???
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