Se per i più, tra preti e fedeli, è da rivedere perchè troppo "fedele" al testo latino, vuol dire che allora va bene ed è efficace. Ha colto nel segno.
Per noi va bene così! Diamo il tempo ai più refrattari ad abituarsi.
Fanno ridere quelli che si preoccupano del "disorientamento" dei fedeli di fronte al cambiamento di alcune parole (nella versione inglese). Ma perchè, cari signori, non vi siete preoccupati allo stesso modo quando nel 1969 avete cambiato rito, girato altari, tolto latino, cacciato il gregoriano e l'organo, eliminato sacramentali, e stravolto la liturgia, ecc? I fedeli di allora non avevano forse ben più motivi per essere disorientati? Ma si sono abituati. Bene: si abitueranno anche quelli di ora!
Avanti così!
Roberto
Il nuovo Messale in lingua inglese? Per la maggioranza è da rivedere.
Di M.T. Pontara Pederiva - Da Vatican Insider
Dibattitto aperto sull'utilizzo del celebrante che spesso adatta il testo per renderlo più comprensibile all’uditorio
Ad un anno dall’introduzione della nuova traduzione del Messale Romano nei paesi di madre lingua inglese l’esperienza di chi entra in una chiesa di qua e di là dall’Atlantico è praticamente la stessa: l’introduzione è stata quasi ovunque “addomesticata”. Sono rare le occasioni in cui il celebrante segue passo passo il nuovo testo che, più spesso, viene adattato per renderlo più comprensibile all’uditorio.
Il noto “per molti” e non più “per tutti” resta il classico esempio: qualcuno sembra “dimenticarsi” della novità, qualche altro recita “for many and many” (per molti e altri di più). I fedeli restano oltremodo impacciati, legati ai “foglietti” e spesso con le parole che restano in bocca. Come al momento del credo dove il percuotersi il petto proprio non entra nella mentalità. Ciò non significa che non esistano celebrazioni rigorosamente osservanti di tutto il nuovo e dove anche il termine “consustanziale” non fa una piega.
Nella consapevolezza della situazione il settimanale cattolico Tablet ha avviato un sondaggio i cui risultati sono pubblicati nel numero in uscita accanto al commento di alcune personalità di spicco.
Quasi 6 mila gli intervistati, fra Regno Unito (37%), Irlanda (7%) e Stati Uniti (43%), attraverso un sondaggio online dal 5 dicembre 2012 al 9 gennaio di quest’anno. Primo dato significativo è la maggior criticità degli europei rispetto agli americani, e la stragrande maggioranza di clero insoddisfatto in tutti i paesi (oltre il 70%) rispetto ai laici.
Tutti gli interpellati laici si definivano “cattolici praticanti” con una frequenza settimanale alla messa. Chi si auto qualificava come “tradizionalista” esprimeva altresì una netta preferenza per la nuova traduzione.
Qui le risposte sono equamente divise: 47% l’apprezza e il 51% no. Stesso rapporto alla richiesta se questa risulti più utile ad una maggior devozione: 48% i sì (come anche i nuovi canti) e 49% i no. Riguardo alle nuove formule introdotte: il congedo piace al 63%, “Io” credo piace (62%), stessa percentuale per “E con il tuo spirito”; “per molti” resta al 55%, “consustanziale” non passa il 50. Il 70% dichiara di aver visto fedeli in difficoltà a seguire la celebrazione e più di metà lo afferma anche nei confronti del celebrante stesso.
I pareri escono allo scoperto alla domanda diretta “quale messa preferisce?”: 24% la nuova, 51% la precedente, 6% latino forma ordinaria, 19% latino forma straordinaria (si va dal 10% degli europei al 21% degli americani). Tra quel 63% di europei cui non piace la Nuova traduzione i motivi sono: stile troppo formale, preghiere “ossequiose”, in altre parole un linguaggio “ricercato” da rivedere.
Preti e religiosi, critici al 70%, sono sulla stessa linea (solo il 22% approva), anzi 2/3 giudica il nuovo testo addirittura meno adatto alla celebrazione. Non vanno proprio giù il “per molti”, il “consustanziale”, e di quel nuovo termine “calice” non si avvertiva la necessità. Solo il 41% dall’altare si percuote il petto alla richiesta di perdono (il 16% “qualche volta”). In sintesi l’81% afferma che tornerebbe volentieri alla precedente traduzione e il 61% chiede una “revisione urgente”.
Tra i commenti ospitati quello del benedettino Antony Ruff (dimessosi per protesta dalla Commissione liturgica) che auspica un sondaggio più “scientifico” così da fornire alla gerarchia elementi di maggior certezza (un analogo sondaggio CARA negli Usa aveva fornito dati più “favorevoli”). Anche Michael G Ryan, parroco della cattedrale di St James a Seattle è soddisfatto dell’iniziativa, ma vorrebbe maggior scientificità, temendo un certo “addomesticamento” da parte dei tradizionalisti (negli Stati Uniti ben organizzati) per far lievitare le risposte favorevoli. E le perplessità aumentano alla differenza clero-laici.
Di tutt’altro avviso è Andrew Wadsworth, responsabile della Commissione ICEL: “la ricezione si mostra decisamente più positiva di quanto si aspettave, i contrari non sono poi una maggioranza schiacciante; direi un successo travolgente e universale”. Per quanto riguarda i preti? è solo questione di formazione da intensificare. In sostanza si ripropone la motivazione che ha indotto il cambiamento: l’unità del Rito Romano si fonda sulle medesime Scritture e preghiere e questo era fortemente carente nella precedente versione troppo “libera”. Stessa linea per l’arcivescovo di Sidney, George Pell, presidente di Vox Clara.
Si colloca in mezzo il vescovo di Cardiff, George Stark, che preferisce sottolineare la “straordinaria ricchezza di opinioni all’interno della Chiesa”. Sconsolato invece il commento di Bernadette Farrell, compositrice liturgica inglese: “faccio fatica a giustificare l’azzeramento di decenni di lavoro paziente e cosciente … c’è solo da chiedersi a chi giova? Una traduzione più letterale nella direzione della lingua latina facilita davvero una maggior partecipazione dei fedeli di lingua inglese?”.
Le fa eco il gesuita Nicola Re docente a Oxford, curatore della traduzione del Vecchio Testamento: “la mia impressione è che a molti la nuova versione non piaccia, ma si approvi solo per spirito di obbedienza. Il fatto poi che preti e religiosi siano i più contrari credo sia ascrivibile al fatto che essi hanno maggiori competenze teologiche e notano le differenze che sono spesso sostanziali”.
La divisione all'interno della Chiesa Cattolica è evidente !
RispondiEliminaSenza un chiaro pronunciamento "ex cathedra" sul Sacerdozio ministeriale e sulla Liturgia non si arriverà a nulla di buono .
Il fai-da-te nella liturgia e nella morale è la caratteristica del prete (dis)educato alla scuola dello spirito del Concilio.
Ne vedremo delle belle !
Oremus !
Non credo che i fedeli siano piu' disorientati quando la Liturgia e' piu' comprensibile. E' vero il contrario.
RispondiEliminaCon questo, sono favorevole al latino, per tutte quelle anime che ne avvertono, l'esigenza.
L'importante e' che la liturgia che sia celebrata nel vecchio o non nuovo modo, rispetti il canone previsto e non ci siano abusi.
Per favore, i sondaggi lasciamoli ai politici. Noi siamo seri. Apparteniamo a Dio.
Concordo con quest'ultima posizione. Dei sondaggi, su questo argomento, non mi importa nulla. Siamo noi a doverci adattare (per cosi dire) a Dio e alla Chiesa, non il contrario. Gesu non ha fatto sondaggi tra gli Ebrei, ha detto la Verita' che salva.
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RispondiEliminaEvvviva la torre di Pisa
che pende e mai non cadrà!
Al Credo ci si batte il petto? Davvero?
RispondiEliminaNo, e' una svista. Non al credo ma al confiteor, laddove si fa normalmente, solo che la versione vecchia del messale non lo prescriveva
RispondiEliminaA prescindere dal fatto che, in tale materia, il sondaggio vale zero al quoto; e che, pertanto, valgono zero anche gli inutili commenti dei vari vescovoni, pretoni, fratoni, teologoni nonché quello, notabilmente insulso, della "compositrice liturgica inglese"; ciò detto, è d'uopo precisare che il Tablet è sì un settimanale, è sì redatto in lingua inglese, si occupa di questioni religiose, ma definirlo cattolico ... a questo punto anche Famiglia Cristiana è un settimanale cattolico.
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