MiL è da sempre attento sia all'architettura sacra sia alla Musica. Molti sono stati i nostri post dedicati a questi due importanti elementi para-liturgici, che se pur "collaterali", sono ontologicamente (e teologicamente) connessi alla sacra Liturgia. Sulla musica sacra (e contro lo sfacelo della stessa negli ultimi 50 anni) si vedano, tra gli altri, i nostri post sulle parole del M° Morricone (qui e qui) e del M° Muti (qui).
Riceviamo da un amico lettore, e volentieri pubblichiamo, ringraziandolo. un breve articolo che rendiconta del II Convegno Nazionale sulla musica Sacra che si è tenuto a Verona lo scorso 6 ottobre u.s. (qui il post).
Presso la prestigiosa sede della Biblioteca Capitolare di Verona si è tenuto un convegno sul tema: “Colloqui sulla musica sacra:cinquant’anni dal Concilio Vaticano II alla luce del Magistero di Benedetto XVI”. Nel salone gremito in ogni ordine di posti e con l’incantevole cornice di libri miniati, codici canonici, tomi di ogni epoca, si sono alternati autorevoli relatori, prelati, religiosi e laici esperti di musica sacra e liturgica. L’evento (in questo caso il termine è decisamente appropriato) ha costituito inoltre una seria e competente riflessione tanto da essere significativamente accreditato per gli studenti del Conservatorio di musica “E. F. Dall’Abaco” di Verona.
Roberto
LA MUSICA SACRA E IL MAGISTERO DELLA CHIESA
di Fabio Trevisan
Presso la prestigiosa sede della Biblioteca Capitolare di Verona si è tenuto un convegno sul tema: “Colloqui sulla musica sacra:cinquant’anni dal Concilio Vaticano II alla luce del Magistero di Benedetto XVI”. Nel salone gremito in ogni ordine di posti e con l’incantevole cornice di libri miniati, codici canonici, tomi di ogni epoca, si sono alternati autorevoli relatori, prelati, religiosi e laici esperti di musica sacra e liturgica. L’evento (in questo caso il termine è decisamente appropriato) ha costituito inoltre una seria e competente riflessione tanto da essere significativamente accreditato per gli studenti del Conservatorio di musica “E. F. Dall’Abaco” di Verona.
Nei saluti d’apertura infatti, dopo gli onori di casa presentati da S.E. Mons. Giuseppe Zenti Vescovo di Verona, ha rimarcato l’importanza del convegno il Direttore del Conservatorio M° Hugh Ward Perkins. Moderati brillantemente dal M° Giannicola D’Amico della Scuola Ecclesia Mater, che ha sottolineato il preponderante ruolo di Benedetto XVI quale innamorato della musica e della liturgia ed ha posto in rilievo la portata del convegno anche per scongiurare la Babele musicale liturgica post-conciliare, ha preso la parola S. Em. Card. Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica con il tema: “La dimensione giuridica della Musica sacra e liturgica”.
Il Card. Burke ha posto inizialmente il carattere vincolante delle leggi canoniche della Chiesa che esigono disciplina ed osservanza soprattutto (ma non solo) in merito alla musica liturgica eseguita per il culto divino. Riprendendo con lucida passione il pensiero di Benedetto XVI sulla bellezza e dignità della celebrazione, il Prefetto della Segnatura Apostolica ha puntualizzato il precipuo ruolo della musica sacra e liturgica: la gloria di Dio e l’elevazione dei fedeli, ovvero il servizio alla crescita della fede (edificazione dei fedeli) ed all’apertura alla grazia santificante.
Facendo un ideale ponte tra S. Pio X (menzionata l’autorevole cura per la musica sacra nel Motu Proprio Tra le sollecitudini del 1903) e Benedetto XVI, il Card. Burke ha esposto i due principi generali essenziali per comprendere il governo pastorale in tema di musica sacra e liturgica: primo, la finalità della musica sacra, che non è arte a se stante ma servizio alla santa liturgia. In questo senso, ha ribadito il Presule, può accrescere il decoro e lo splendore della liturgia stessa; perciò il musicista, l’esecutore si deve porre, anch’egli, con tutta umiltà alla comprensione del servizio liturgico.
Facendo un ideale ponte tra S. Pio X (menzionata l’autorevole cura per la musica sacra nel Motu Proprio Tra le sollecitudini del 1903) e Benedetto XVI, il Card. Burke ha esposto i due principi generali essenziali per comprendere il governo pastorale in tema di musica sacra e liturgica: primo, la finalità della musica sacra, che non è arte a se stante ma servizio alla santa liturgia. In questo senso, ha ribadito il Presule, può accrescere il decoro e lo splendore della liturgia stessa; perciò il musicista, l’esecutore si deve porre, anch’egli, con tutta umiltà alla comprensione del servizio liturgico.
Il secondo principio sta nella ricerca della qualità della musica sacra attraverso la santità, la bellezza e l’universalità. In tal senso, ha puntualmente sottolineato il Card. Burke, sulla scia di S. Pio X e Benedetto XVI, va purificata la partitura e l’esecuzione musicale da tutto ciò che non è coerente con il servizio liturgico; la musica sacra, in quanto arte vera, va preservata e custodita come misura efficace per la reale edificazione dei fedeli. Anche il prezioso volume del 2005: “Cantate al Signore un canto nuovo” dell’allora Card. Ratzinger ha voluto porre in evidenza il significato della dignitosa celebrazione e del recupero della dimensione contemplativa e trascendente dei sacri riti. Lex orandi, lex credendi: il modo in cui preghiamo (e cantiamo) chiama in causa direttamente Colui che preghiamo.
La riscoperta del canto gregoriano e della grande polifonia sacra, ha rimarcato il Card. Burke, è ancora adesso estremamente attuale ed urgente, proprio per ricomporre, per portare ad unità quello che lo stesso Card. Ratzinger chiamava “divario tra fede e cultura”. Come osservava il Card. Ratzinger nell’analizzare il distacco dell’arte dalla bellezza e da Dio nell’incalzante e progressiva secolarizzazione, arte (con le sue testuali parole) in balìa della creatività incontrollata… che ha le sue radici in una falsa interpretazione del Concilio Vaticano II, la Chiesa non può sottomettersi supinamente alla cultura moderna. Piuttosto la complessa questione va inquadrata, sempre secondo il Card. Ratzinger, a partire dal salmo “psallite sapienter” (“Cantate inni con arte”) in cui il canto è vincolato ad un preciso testo sacro e soprattutto ad una musica che accoglie il Logos: "Con il testo la Chiesa recepisce anche la forma del cantare". Ecco che in questo modo, ha continuato il Card. Burke, salmodiare vuol dire cantare, cioè far risuonare, attraverso gli strumenti musicali e la voce, le meraviglie del creato. La musica sacra (sapiente) può esprimere così, con arte, la forza della Parola di Dio, il culto per e con il Figlio Incarnato. Guardare insieme con Dio, ha continuato il Presule, significa partecipare alla Sua creatività e quindi l’esecutore, il compositore, l’artista deve porsi con un atto sommo di obbedienza a Dio in quanto coinvolto dallo Spirito di Dio nell’edificazione dei fedeli.
La riscoperta del canto gregoriano e della grande polifonia sacra, ha rimarcato il Card. Burke, è ancora adesso estremamente attuale ed urgente, proprio per ricomporre, per portare ad unità quello che lo stesso Card. Ratzinger chiamava “divario tra fede e cultura”. Come osservava il Card. Ratzinger nell’analizzare il distacco dell’arte dalla bellezza e da Dio nell’incalzante e progressiva secolarizzazione, arte (con le sue testuali parole) in balìa della creatività incontrollata… che ha le sue radici in una falsa interpretazione del Concilio Vaticano II, la Chiesa non può sottomettersi supinamente alla cultura moderna. Piuttosto la complessa questione va inquadrata, sempre secondo il Card. Ratzinger, a partire dal salmo “psallite sapienter” (“Cantate inni con arte”) in cui il canto è vincolato ad un preciso testo sacro e soprattutto ad una musica che accoglie il Logos: "Con il testo la Chiesa recepisce anche la forma del cantare". Ecco che in questo modo, ha continuato il Card. Burke, salmodiare vuol dire cantare, cioè far risuonare, attraverso gli strumenti musicali e la voce, le meraviglie del creato. La musica sacra (sapiente) può esprimere così, con arte, la forza della Parola di Dio, il culto per e con il Figlio Incarnato. Guardare insieme con Dio, ha continuato il Presule, significa partecipare alla Sua creatività e quindi l’esecutore, il compositore, l’artista deve porsi con un atto sommo di obbedienza a Dio in quanto coinvolto dallo Spirito di Dio nell’edificazione dei fedeli.
Sempre riprendendo l’insegnamento del Card. Ratzinger, il Prefetto della Segnatura Apostolica ha concluso indicando due atteggiamenti da evitare: il primo è l’estetismo perché conduce alla non-verità, all’incapacità di rendere un vero servizio a Dio; il secondo il pragmatismo che guarda al successo tradendo il concetto di autentica musica popolare confondendola con la cultura commerciale della società di massa e portando alla banalizzazione ed al rinnegamento della fede.
Il secondo rilevante intervento: “Le radici teologiche della musica sacra nel pensiero di Joseph Ratzinger” di don Nicola Bux, autorevole liturgista e saggista nonché illustre conferenziere dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche per il Sommo Pontefice, ha fatto comprendere con parole toccanti l’importanza dell’Ordo (nella S. Messa e nella Musica Sacra) come modalità dell’Amore e quindi riportando esplicitamente la musica sacra nel suo proprio contesto liturgico, rendendo cioè in modo vivo e presente il patrimonio della Tradizione. Citando il libro del Card. Ratzinger: “Introduzione allo spirito della liturgia”, don Bux ha voluto evidenziare quanto il canto e la parola siano in simbiosi e come lo Spirito Santo possa condurre al Logos, che sta sotto il segno del sursum corda (in alto i nostri cuori).
Stigmatizzando il soggettivismo della musica liturgica attuale (Ognuno canta quello che gli pare), don Bux ha accentuato l’importanza della Parola ruminata (così si è espresso letteralmente) che solo nel canto gregoriano ha raggiunto questo vertice. Oltre al soggettivismo ed all’anarchia interpretativa, ha sottolineato don Nicola Bux, è da evitare la passionalità in quanto la musica liturgica ha un carattere cosmico e celestiale (Noi cantiamo con gli angeli). L’autorevole relatore ha posto una domanda fondamentale nello sviluppare la sua relazione: “Perché ci troviamo in questa anarchia diffusa?” a cui ha dato alcune stimolanti e provocatorie risposte, tutte all’insegna dell’intelligenza e della sensibilità. Indicando in Hegel il padre delle ideologie nefaste (nazismo e comunismo) ed in Arturo Schopenhauer lo stravolgimento del Logos (Il mondo non è più Logos ma Volontà e Rappresentazione), Bux ha posto in evidenza consequenziale che se la volontà precede la ragione anche la musica non può più legarsi alla parola (venendo meno il principio del Logos). L’esito riconducibile a questa deleteria “svolta antropologica” (non più in senso autenticamente cristiano) è il primato del fare, del pastorale, del pragmatico sul pensare ed il contemplare con la conseguente destituzione del valore oggettivo dell’ortodossia in favore dell’ortoprassi, riassunta ironicamente da don Bux con le seguenti parole: "In principio era l’Azione e non il Logos".
Successivamente ha preso la parola Don Gilberto Sessantini, Maestro di Cappella della Cattedrale di Bergamo che ha trattato il tema: “L’Organo nella liturgia: fra primazia e compromessi sul Re degl’istromenti” in cui ha riscontrato quanto nel post-Concilio l’organo, strumento principe della Cristianità occidentale, sia stato messo in discussione ed accantonato. Contravvenendo alle indicazioni della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, ha ammonito il Maestro di Cappella, l’organo è divenuto strumento misconosciuto soprattutto da parte di quei “teologi della secolarizzazione” che non hanno tenuto conto e si sono sostituiti al Magistero della Chiesa. Per la sua vasta gamma ineguagliabile di timbri, ha aggiunto Don Sessantini, l’organo rimanda immediatamente al divino ed aggiunge materiale splendore alla liturgia (sue parole) evidenziandone così il carattere di primazia, ma non di supremazia, in quanto concorre efficacemente alla ripresa di tutti i suoni della creazione.
Altrettanto interessante è stata pure la relazione del M° Mario Lanaro, Compositore e Docente presso il Conservatorio di Verona, che ha trattato il tema: “La programmazione concertistica in chiesa fra pii esercizi ed happening musicale” innanzitutto definendo giustamente le forme di devozione popolare che favoriscono l’accrescimento della fede (pii esercizi) e l’intrattenimento, spesso estemporaneo ed improvvisato (happening musicale). Il Maestro Lanaro ha posto come conditio sine qua non il bisogno di qualità musicale per il recupero del senso del bello e del sacro evidenziando come il cosiddetto populistico“comprensibile a tutti”abbia reso la liturgia sempre più povera ed insignificante (nonostante la tanto declamata ma mai raggiunta reale partecipazione ai sacri misteri).
Ha concluso il convegno il Padre Oratoriano Marco Repetto con la relazione: “Il recitativo liturgico nella formazione e nella prassi dei chierici”. Padre Repetto , prendendo lo spunto da S. Gerolamo e dalle intuizioni di S. Germano di Parigi (VI secolo) ha approfondito il ruolo del sacerdote quale mediatore fra liturgia e popolo soprattutto attraverso la cantillatio, ovvero la capacità di porgere la parola in maniera elevata. Il celebrante, ha sostenuto Padre Repetto, quale primo responsabile della liturgia, ha l’obbligo di curare l’ars celebrandi, il modo di cantare e di proferire. Celebrando nella persona di Cristo ha il dovere di formarsi e di attingere al grande patrimonio della Chiesa. Infine il relatore si è chiesto ed ha posto all’attenzione di tutti l’indispensabile ruolo formativo dei seminari anche nella promozione della cultura dell’impostazione del canto. Preoccupato dei reiterati abusi liturgici, Padre Repetto ha ribadito che tali riprovevoli episodi che si verificano sono addebitabili all’ignoranza ed alla trascuratezza ed ha auspicato un ruolo più forte da parte degli Istituti diocesani di musica sacra.
Il secondo rilevante intervento: “Le radici teologiche della musica sacra nel pensiero di Joseph Ratzinger” di don Nicola Bux, autorevole liturgista e saggista nonché illustre conferenziere dell’Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche per il Sommo Pontefice, ha fatto comprendere con parole toccanti l’importanza dell’Ordo (nella S. Messa e nella Musica Sacra) come modalità dell’Amore e quindi riportando esplicitamente la musica sacra nel suo proprio contesto liturgico, rendendo cioè in modo vivo e presente il patrimonio della Tradizione. Citando il libro del Card. Ratzinger: “Introduzione allo spirito della liturgia”, don Bux ha voluto evidenziare quanto il canto e la parola siano in simbiosi e come lo Spirito Santo possa condurre al Logos, che sta sotto il segno del sursum corda (in alto i nostri cuori).
Stigmatizzando il soggettivismo della musica liturgica attuale (Ognuno canta quello che gli pare), don Bux ha accentuato l’importanza della Parola ruminata (così si è espresso letteralmente) che solo nel canto gregoriano ha raggiunto questo vertice. Oltre al soggettivismo ed all’anarchia interpretativa, ha sottolineato don Nicola Bux, è da evitare la passionalità in quanto la musica liturgica ha un carattere cosmico e celestiale (Noi cantiamo con gli angeli). L’autorevole relatore ha posto una domanda fondamentale nello sviluppare la sua relazione: “Perché ci troviamo in questa anarchia diffusa?” a cui ha dato alcune stimolanti e provocatorie risposte, tutte all’insegna dell’intelligenza e della sensibilità. Indicando in Hegel il padre delle ideologie nefaste (nazismo e comunismo) ed in Arturo Schopenhauer lo stravolgimento del Logos (Il mondo non è più Logos ma Volontà e Rappresentazione), Bux ha posto in evidenza consequenziale che se la volontà precede la ragione anche la musica non può più legarsi alla parola (venendo meno il principio del Logos). L’esito riconducibile a questa deleteria “svolta antropologica” (non più in senso autenticamente cristiano) è il primato del fare, del pastorale, del pragmatico sul pensare ed il contemplare con la conseguente destituzione del valore oggettivo dell’ortodossia in favore dell’ortoprassi, riassunta ironicamente da don Bux con le seguenti parole: "In principio era l’Azione e non il Logos".
Successivamente ha preso la parola Don Gilberto Sessantini, Maestro di Cappella della Cattedrale di Bergamo che ha trattato il tema: “L’Organo nella liturgia: fra primazia e compromessi sul Re degl’istromenti” in cui ha riscontrato quanto nel post-Concilio l’organo, strumento principe della Cristianità occidentale, sia stato messo in discussione ed accantonato. Contravvenendo alle indicazioni della Costituzione sulla Sacra Liturgia Sacrosanctum Concilium, ha ammonito il Maestro di Cappella, l’organo è divenuto strumento misconosciuto soprattutto da parte di quei “teologi della secolarizzazione” che non hanno tenuto conto e si sono sostituiti al Magistero della Chiesa. Per la sua vasta gamma ineguagliabile di timbri, ha aggiunto Don Sessantini, l’organo rimanda immediatamente al divino ed aggiunge materiale splendore alla liturgia (sue parole) evidenziandone così il carattere di primazia, ma non di supremazia, in quanto concorre efficacemente alla ripresa di tutti i suoni della creazione.
Altrettanto interessante è stata pure la relazione del M° Mario Lanaro, Compositore e Docente presso il Conservatorio di Verona, che ha trattato il tema: “La programmazione concertistica in chiesa fra pii esercizi ed happening musicale” innanzitutto definendo giustamente le forme di devozione popolare che favoriscono l’accrescimento della fede (pii esercizi) e l’intrattenimento, spesso estemporaneo ed improvvisato (happening musicale). Il Maestro Lanaro ha posto come conditio sine qua non il bisogno di qualità musicale per il recupero del senso del bello e del sacro evidenziando come il cosiddetto populistico“comprensibile a tutti”abbia reso la liturgia sempre più povera ed insignificante (nonostante la tanto declamata ma mai raggiunta reale partecipazione ai sacri misteri).
Ha concluso il convegno il Padre Oratoriano Marco Repetto con la relazione: “Il recitativo liturgico nella formazione e nella prassi dei chierici”. Padre Repetto , prendendo lo spunto da S. Gerolamo e dalle intuizioni di S. Germano di Parigi (VI secolo) ha approfondito il ruolo del sacerdote quale mediatore fra liturgia e popolo soprattutto attraverso la cantillatio, ovvero la capacità di porgere la parola in maniera elevata. Il celebrante, ha sostenuto Padre Repetto, quale primo responsabile della liturgia, ha l’obbligo di curare l’ars celebrandi, il modo di cantare e di proferire. Celebrando nella persona di Cristo ha il dovere di formarsi e di attingere al grande patrimonio della Chiesa. Infine il relatore si è chiesto ed ha posto all’attenzione di tutti l’indispensabile ruolo formativo dei seminari anche nella promozione della cultura dell’impostazione del canto. Preoccupato dei reiterati abusi liturgici, Padre Repetto ha ribadito che tali riprovevoli episodi che si verificano sono addebitabili all’ignoranza ed alla trascuratezza ed ha auspicato un ruolo più forte da parte degli Istituti diocesani di musica sacra.
Il convegno si è concluso con la S.Messa solenne nella Forma ordinaria del Rito Romano presso la Chiesa dei Filippini di S. Fermo Minore di Brà a Verona celebrata da S. Em. Rev.ma Card. Raymond Leo Burke con servizio all’Altare diretto dal Cerimoniere pontificio Mons. Marco Agostini impreziosito dal Servizio musicale diretto dal M° Letizia Butterin della Cappella della Cattedrale di Verona.