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lunedì 20 agosto 2012

20 agosto festa di San Bernardo di Chiaravalle Abate e Dottore della Chiesa

Bernardo, dopo Roberto, Alberico e Stefano, fu padre dell'Ordine Cistercense. 
L'obbedienza e il bene della Chiesa lo spinsero spesso a lasciare la quiete monastica per dedicarsi alle più gravi questioni politico-religiose del suo tempo.
Maestro di guida spirituale ed educatore di generazioni dei santi, lascia nei suoi sermoni di commento alla Bibbia e alla liturgia un eccezionale documento di teologia monastica tendente, più che alla scienza, all'esperienza del mistero. 
Ispirò un devoto affetto all'umanità di Cristo e alla Vergine Madre. 
Terzo di sette fratelli, nacque da Tescelino il Sauro, vassallo di Oddone I di Borgogna, e da Aletta, figlia di Bernardo di Montbard, anch'egli vassallo del duca di Borgogna. Studiò solo grammatica e retorica (non tutte le sette arti liberali, dunque) nella scuola dei canonici di Nôtre Dame di Saint-Vorles, presso Châtillon-sur-Seine, dove la famiglia aveva dei possedimenti.
A ventidue anni si fa monaco, tirando con sé una trentina di parenti. Il monastero è quello fondato da Roberto di Molesmes a Cîteaux (Cistercium in latino, da cui cistercensi).
A 25 anni lo mandano a fondarne un altro a Clairvaux, campagna disabitata, che diventa la Clara Vallis sua e dei monaci. 
È riservato, quasi timido. 
Ottenuta l'approvazione del vescovo Guglielmo di Champeaux e ricevute numerose donazioni, l'Abbazia di Clairvaux divenne in breve tempo un centro di richiamo oltre che di irradiazione: già dal 1118 monaci di Clairvaux partirono per fondare altrove nuovi monasteri, come a Trois-Fontaines, a Fontenay, a Foigny, a Autun, a Laon; alla morte di Bernardo le abbazie cistercensi erano 343, di cui 66 fondate o riformate da lui stesso. 
Per tutta la sua vita Bernardo fu strenuo difensore dell'ortodossia religiosa, della lotta contro le eresie e dell'autorità assoluta della Chiesa. 
Nel concilio di Sens del 1140, si scagliò contro le dottrine di Pietro Abelardo, che furono condannate; lottò inoltre contro Gilberto Porretano e Arnaldo da Brescia.
Ai suoi cistercensi chiede meno funzioni, meno letture e tanto lavoro. 
Scaglia sull’Europa incolta i suoi miti dissodatori, apostoli con la zappa, che mettono all’ordine la terra e l’acqua, e con esse gli animali, cambiando con fatica e preghiera la storia europea. 
E lui, il capo, è chiamato spesso a missioni di vertice, come quando percorre tutta l’Europa per farvi riconoscere il papa Innocenzo II (Gregorio Papareschi) insidiato dall’antipapa Pietro de’ Pierleoni (Anacleto II). 
E lo scisma finisce, con l’aiuto del suo prestigio, del suo vigore persuasivo, ma soprattutto della sua umiltà. Questo asceta, però, non sempre riesce ad apprezzare chi esplora altri percorsi di fede. 
Bernardo attacca duramente la dottrina trinitaria di Gilberto Porretano, vescovo di Poitiers. 
E fa condannare l’insegnamento di Pietro Abelardo (docente di teologia e logica a Parigi) che preannuncia Tommaso d’Aquino e Bonaventura. 
Nel 1145 sale al pontificato il suo discepolo Bernardo dei Paganelli (Eugenio III), e lui gli manda un trattato buono per ogni papa, ma adattato per lui, con l’invito a non illudersi su chi ha intorno: "Puoi mostrarmene uno che abbia salutato la tua elezione senza aver ricevuto denaro o senza la speranza di riceverne? E quanto più si sono professati tuoi servitori, tanto più vogliono spadroneggiare". 
Numerosi furono i suoi interventi in questioni che riguardavano i comportamenti di ecclesiastici: accusò di scorrettezza Simone, vescovo di Noyon e di simonia Enrico, vescovo di Verdun; nel 1138 favorì l'elezione a vescovo di Langres del proprio cugino Goffredo della Roche-Vanneau, malgrado l'opposizione di Pietro il Venerabile e, nel 1141, ad arcivescovo di Bourges di Pietro de La Châtre, mentre l'anno dopo ottenne la sostituzione di Guglielmo di Fitz-Herbert, vescovo di York, con l'amico cistercense Enrico Murdac, abate di Fountaine.
Eugenio III lo chiama poi a predicare la crociata (la seconda) in difesa del regno cristiano di Gerusalemme. Ma l’impresa fallirà davanti a Damasco. 
Bernardo arriva in una città e le strade si riempiono di gente. 
Ma, tornato in monastero, rieccolo obbediente alla regola come tutti: preghiera, digiuno, e tanto lavoro. Abbiamo di lui 331 sermoni, più 534 lettere, più i trattati famosi: su grazia e libero arbitrio, sul battesimo, sui doveri dei vescovi... 
E gli scritti, affettuosi su Maria madre di Gesù, che egli chiama mediatrice di grazie ...
Momenti amari negli ultimi anni: difficoltà nell’Ordine, la diffusione di eresie e la sofferenza fisica. 
Muore per tumore allo stomaco. 
È seppellito nella chiesa del monastero, ma con la Rivoluzione francese i resti andranno dispersi; tranne la testa, ora nella cattedrale di Troyes. 
Alessandro III lo proclama santo nel 1174. 
Pio VIII, nel 1830, gli dà il titolo di Dottore della Chiesa. 

Patronato: Apicoltori
Etimologia: Bernardo = ardito come orso, dal tedesco
Emblema: Bastone pastorale, Libro
Martirologio Romano: Memoria di san Bernardo, abate e dottore della Chiesa, che entrato insieme a trenta compagni nel nuovo monastero di Cîteaux e divenuto poi fondatore e primo abate del monastero di Chiaravalle, diresse sapientemente con la vita, la dottrina e l’esempio i monaci sulla via dei precetti di Dio; percorse l’Europa per ristabilirvi la pace e l’unità e illuminò tutta la Chiesa con i suoi scritti e le sue ardenti esortazioni, finché nel territorio di Langres in Francia riposò nel Signore.

Nella Divina Commedia Dante trova San Bernardo in Paradiso, di fronte alla candida rosa dei beati, come guida per l'ultima parte del suo viaggio, in virtù del suo spirito contemplativo e della sua devozione mariana. 
Bernardo compare nel Canto XXXI del Paradiso. 
Dante è stato accompagnato da Beatrice fin nell'Empireo e contempla la Mistica Rosa dei beati e degli angeli. 
Si volta per porre una domanda a Beatrice ma si accorge che questa è scomparsa e che al suo posto c'è un sene, Bernardo. 
Egli invita il poeta a osservare la cima della Rosa, nella sede più luminosa di Maria Vergine. 
« E volgeami con voglia rïaccesa per domandar la mia donna di cose di che la mente mia era sospesa. Uno intendëa, e altro mi rispuose: credea veder Beatrice e vidi un sene vestito con le genti glorïose. » 
Il Canto XXXIII del Paradiso si apre con la preghiera che il santo rivolge alla Vergine Maria (vv. 1-45) perché Dante possa vedere Dio: 
« Vergine Madre, figlia del tuo Figlio, umile ed alta più che creatura, termine fisso d'etterno consiglio, tu se' colei che l'umana natura nobilitasti sì, che 'l suo Fattore non disdegnò di farsi sua fattura. » (Incipit, vv.1-6)
Dopo avere descritto il legame intimo della Madonna con il mistero dell'Incarnazione, la supplica, con un ardor maggiore che per se stesso (vv.28-29), perché il sommo piacer della visione divina si dispieghi per Dante; quando la Vergine dimostra di aver accolto la sua preghiera volgendosi Essa stessa verso l'etterno lume, Bernardo con un sorriso accenna al poeta di guardar suso. « Bernardo m'accennava, e sorridea, perch'io guardassi suso; ma io era già per me stesso tal qual ei volea » (vv.49-51) .

Foto : interno della chiesa abbaziale circestense di Santa Maria di Chiaravalle di Fiastra ( Mc ).

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