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lunedì 9 aprile 2012

Responsabilità da prendersi

Ci sono responsabilità che nessuno si assume a cuor leggero. Un padre che punisce un figlio; un insegnante che richiama un alunno; un allenatore sportivo che deve prendere provvedimenti contro un ragazzo che si comporta male…: sono tutte situazioni spiacevoli, che si vorrebbero evitare, ma che a volte vanno affrontate, con fermezza. Fa parte del nostro essere uomini assumerci la responsabilità, in certi momenti, di prendere provvedimenti spiacevoli, ma giusti, e, in ultima analisi, improntati alla vera carità. Certo, bisogna prima provare tutte le vie alternative possibili: come diceva san Giovanni Bosco, a riguardo dell’educazione dei giovani, è sempre meglio prevenire che curare; prendere i ragazzi dal verso giusto, piuttosto che punirli. Ma a volte il castigo è doveroso ed inevitabile. San Francesco di Sales, il santo della mitezza, per il quale si conquista molto di più il cuore degli altri con una goccia di miele che con un barile di aceto, scriveva però che a volte “urlare al lupo”, dire la verità tutta intera riguardo a chi professa eresie, per quanto sia spiacevole, è opera di carità, cui non ci si può sottrarre.
Eppure, come cattolico, mi sembra che esista un luogo in cui ognuno può troppo spesso fare e dire ciò che vuole, senza tema di smentita, di richiamo, di ammonizione alcuna. Un partito espelle chi, facendone parte, si schiera sempre con gli avversari e mina l’unità del proprio schieramento; un allenatore mette in panchina il giocatore che usa fare gol nella propria porta; un datore di lavoro richiama il dipendente che agisce a vantaggio della concorrenza… Nella Chiesa cattolica, no. Da quasi quarant’anni, l’ortodossia non esiste quasi più, la disciplina nemmeno. Sarà perché si vuole apparire “aperti” di fronte al mondo; sarà perché crediamo meno nella Verità e nella responsabilità che ognuno di noi ha verso di essa; sarà perché il valore dell’obbedienza ha perso forza; sarà per il buonismo secondo cui l’arte del governare e il rispetto dell’autorità sono esigenze del passato… Fatto sta che se volete professare eresie gratis, anzi, pagati, da un pulpito, da una cattedra, da un settimanale diocesano, la Chiesa cattolica è oggi il posto giusto. Nessuno vi dirà niente, soprattutto se il vostro pensiero, pur cozzando con il magistero e con il Vangelo, piace al mondo.
Prendiamo qualche esempio: il sacerdote che sul settimanale diocesano della mia città difende l’aborto, elogia la Ru 486, propone come rimedio ai mali dei poveri la teologia della liberazione, può farlo, indisturbato, anzi, ripeto, pagato e omaggiato. Riceverà, honoris causa, il titolo di “profeta”. Finirà, come un don Gallo di provincia, sulle tv e sui media locali, intervistato, omaggiato, consultato. Diverrà la voce della Chiesa che piace, quella che “ha compreso i tempi”. Prendiamo quel monaco di Bose, Enzo Bianchi, che elogia pubblicamente la teologia eterodossa e papofoba di Hans Küng; che si indigna con vigore insolito di fronte alla posizione della (sua) Chiesa sul caso Eluana Englaro; che schierandosi apertamente contro i principi non negoziabili proclamati da Benedetto XVI, proclama, in nome di “un’etica condivisa” non si sa con chi, “l’assoluto diritto dello stato di legiferare su tutte quelle realtà sociali fondate o meno sul matrimonio (sia religioso che civile)”, e cioè il presunto dovere per un cattolico di accettare leggi che impongano i pacs, il matrimonio omossessuale, il divorzio ecc… Non si alzerà una voce della gerarchia ad ammonirlo.
Prendiamo quel cardinale di Milano che da vent’anni almeno fa l’antipapa, seminando confusione, discordia nell’ovile di Cristo, e alimentando veri e propri scismi, non di diritto, ma di fatto (quanti cattolici dichiarano di “seguire Martini piuttosto che il Vaticano”?). Non vi sarà alcun Sant’Uffizio non dico a richiamarlo, ma neppure a rispondergli per le rime, al momento opportuno, a costo di un poco di impopolarità.
Come indignarsi, poi, se vediamo cinema parrocchiali in cui vengono proiettati film pornografici, senza che nessuno si opponga? Come stupirsi se in quel di Modena, i responsabili del Centro Famiglia di Nazaret, il cui nome dovrebbe essere un programma, finiscono per ospitare, per incuria e superficialità, un convegno dal titolo “Donne allo specchio”, in cui parlano ginecologi abortisti e favorevoli a tutte le pratiche contrarie al diritto naturale?
Torno all’esempio inziale: un padre, un professore, un vescovo…devono talora avere il coraggio di correggere, con amore e per amore: amore per la verità, per l’errante che ha il diritto ad essere richiamato dai suoi superiori, e per coloro che rischiano di essere ingannati. Tirarsi da parte, far finta di non vedere, evitare le “grane”, è comodo, ma sterile. Assomiglia più all’indifferenza, all’ignavia, che alla misericordia. San Paolo metteva in guardia da coloro che “non sopportano la sana dottrina” e che “cercano maestri secondo le proprie voglie” e invitava i fratelli a “combattere la buona battaglia”. Esortava con coraggio: “predica la parola, insisti in ogni occasione favorevole e sfavorevole, convinci, rimprovera, esorta con ogni tipo di insegnamento e pazienza”.

Francesco Agnoli, Il Foglio

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