di Tomaso Montanari (tratto da IlFattoQuotidiano del 09.09.2011)
«Un articolo del professor T. Montanari su “In Cristo, uno scambio di opere d’arte fra Mosca e Firenze”, uscito il 1 settembre pare basato su frammenti e pettegolezzi assai sfocati. Il suo pezzo, foto inclusa, indica ai lettori come oggetto dello scambio opere sbagliate, svela battaglie di fatto mai esistite, equivoca le date, erra nell’indicare le istituzioni titolari dei prestiti italiani, inventa pressioni e resistenze di cui il sottoscritto – che effettivamente da alcuni anni si dedica a questo lavoro connesso all’edizione critica dei concili – gli avrebbe potuto certificare la totale insussistenza. Padrone Montanari di considerare l’inesistente scambio che ha raccontato ai lettori di “Saturno”, o quello vero di cui ha letto sul “Corriere fiorentino” del 2 settembre e che vedrà a suo tempo, come un errore, in nome d’un certo rigorismo: ma per essere rigoristi, bisognerebbe pure essere rigorosi. E il Montanari di venerdì scorso non lo era.
Alberto Melloni»
Il 22 aprile scorso l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ha scritto una lettera alla soprintendente Cristina Acidini in cui chiedeva di spedire in Russia la Croce di Giotto di Ognissanti. In quella lettera, il prelato provò a blindare l’operazione sventolando il consenso «delle più alte cariche dello Stato, in particolare della Presidenza della Repubblica e della Presidenza del Consiglio». Non so come la chiami Melloni: per me si tratta di una pressione indebita e spiacevole su funzionari dello Stato. E quelle parole hanno anche un’aria vagamente millantatoria, perché dubito che il presidente Napolitano sia mai andato oltre un generico compiacimento per l’iniziativa in sé. Quanto al presidente del Consiglio, è lecito dubitare che egli sappia chi sia Giotto.
Comunque, il 20 maggio l’Opificio delle Pietre Dure ha coraggiosamente emesso una relazione tecnica che si concludeva in questo modo: «Come si evince da tutte le osservazioni presentate sia nella parte relativa allo stato di conservazione, sia in quella della movimentazione, i problemi di conservazione sono molti, ed alcuni assai gravi e difficilmente risolvibili in maniera soddisfacente, tanto da far ritenere che sia quasi impossibile pensare di poter organizzare una movimentazione che non presenti rischi gravissimi». Ciò vuol dire che se Giuseppe Betori e Alberto Melloni avessero potuto fare ciò che desideravano, un’opera capitale di Giotto sarebbe stata esposta a «rischi gravissimi». Ma – si dirà – come avrebbero potuto saperlo, visto che di mestiere uno fa il vescovo e l’altro lo storico della Chiesa? Una risposta che non farebbe una grinza, se essi non stessero organizzando una mostra d’arte antica italiana a Mosca. [...]Negli ultimi tempi, poi, si è registrata una decisa propensione della gerarchia cattolica verso l’organizzazione di mostre “confessionali” che riempiano l’intrattenimento culturale di contenuti accuratamente orientati. È il caso, per esempio, della mostra sul Potere e la Grazia. I santi patroni d’Europa tenutasi a Roma tra 2009 e 2010. La mostra – promossa da un certo Comitato San Floriano – non aveva il minimo valore scientifico e ostentava anzi una connotazione pastorale e proselitistica: nondimeno essa è stata ospitata a Palazzo Venezia, e ha goduto di prestiti davvero straordinari (tra cui il San Giorgio dell’Accademia di Venezia, negato invece all’importante mostra monografica di Mantegna al Louvre), oltre a essere inaugurata dal presidente del Consiglio (insieme, s’intende, al cardinale segretario di Stato vaticano). Lo stesso si può dire della reclamizzatissima mostra su Gesù. Il corpo e il volto nell’arte che ha accompagnato l’ostensione della Sindone nella primavera 2010: un’esposizione priva di qualunque rigore storico che raccoglieva opere importantissime all’insegna della più stucchevole retorica religiosa. E qui non si tratta di girare un documentario o di pubblicare un libro, ma di utilizzare (e quindi potenzialmente compromettere) opere di proprietà dello Stato, per alimentare un’operazione non culturale, ma puramente confessionale.[...]
Ma torniamo allo scambio Mosca-Firenze. Grazie all’articolo di Melloni sul «Corriere Fiorentino» del 2 settembre (dal significativo titolo Betori, il Battistero e le icone del dialogo) si apprende che il casting non si è chiuso sulla Croce di Lippo di Benivieni (per la quale il 27 luglio la Soprintendenza di Firenze aveva già compilato la scheda conservativa preliminare al prestito), ma che ora si sta riprovando a scritturare un Giotto autografo (la Madonna di San Giorgio alla Costa) e uno di bottega (il Polittico di Santa Reparata). Quale miglior conferma della mancanza di serietà di un’operazione che continua a sfogliare il catalogo del padre dell’arte italiana come se fosse una margherita?
Ed è proprio questo l’aspetto più inquietante del testo di Melloni: l’esibita, financo sprezzante, ignoranza della storia dell’arte. E siccome è raro trovare una dichiarazione tanto esplicita di un sentimento invece piuttosto diffuso tra gli accademici italiani, non è inutile guardare quel testo un po’ più da vicino (lo riprodurrò ampiamente, evidenziandone le citazioni in grassetto; chi lo vuol leggere tutto, lo trova qui). Lo si può dividere in una premessa, nella spiegazione del senso dell’evento fiorentino e moscovita, e infine nella risposta alle critiche del sottoscritto (mai, tuttavia, nominato).[...]
Per leggere l'articolo nella versione integrale, si veda qui.
«Un articolo del professor T. Montanari su “In Cristo, uno scambio di opere d’arte fra Mosca e Firenze”, uscito il 1 settembre pare basato su frammenti e pettegolezzi assai sfocati. Il suo pezzo, foto inclusa, indica ai lettori come oggetto dello scambio opere sbagliate, svela battaglie di fatto mai esistite, equivoca le date, erra nell’indicare le istituzioni titolari dei prestiti italiani, inventa pressioni e resistenze di cui il sottoscritto – che effettivamente da alcuni anni si dedica a questo lavoro connesso all’edizione critica dei concili – gli avrebbe potuto certificare la totale insussistenza. Padrone Montanari di considerare l’inesistente scambio che ha raccontato ai lettori di “Saturno”, o quello vero di cui ha letto sul “Corriere fiorentino” del 2 settembre e che vedrà a suo tempo, come un errore, in nome d’un certo rigorismo: ma per essere rigoristi, bisognerebbe pure essere rigorosi. E il Montanari di venerdì scorso non lo era.
Alberto Melloni»
Il 22 aprile scorso l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, ha scritto una lettera alla soprintendente Cristina Acidini in cui chiedeva di spedire in Russia la Croce di Giotto di Ognissanti. In quella lettera, il prelato provò a blindare l’operazione sventolando il consenso «delle più alte cariche dello Stato, in particolare della Presidenza della Repubblica e della Presidenza del Consiglio». Non so come la chiami Melloni: per me si tratta di una pressione indebita e spiacevole su funzionari dello Stato. E quelle parole hanno anche un’aria vagamente millantatoria, perché dubito che il presidente Napolitano sia mai andato oltre un generico compiacimento per l’iniziativa in sé. Quanto al presidente del Consiglio, è lecito dubitare che egli sappia chi sia Giotto.
Comunque, il 20 maggio l’Opificio delle Pietre Dure ha coraggiosamente emesso una relazione tecnica che si concludeva in questo modo: «Come si evince da tutte le osservazioni presentate sia nella parte relativa allo stato di conservazione, sia in quella della movimentazione, i problemi di conservazione sono molti, ed alcuni assai gravi e difficilmente risolvibili in maniera soddisfacente, tanto da far ritenere che sia quasi impossibile pensare di poter organizzare una movimentazione che non presenti rischi gravissimi». Ciò vuol dire che se Giuseppe Betori e Alberto Melloni avessero potuto fare ciò che desideravano, un’opera capitale di Giotto sarebbe stata esposta a «rischi gravissimi». Ma – si dirà – come avrebbero potuto saperlo, visto che di mestiere uno fa il vescovo e l’altro lo storico della Chiesa? Una risposta che non farebbe una grinza, se essi non stessero organizzando una mostra d’arte antica italiana a Mosca. [...]Negli ultimi tempi, poi, si è registrata una decisa propensione della gerarchia cattolica verso l’organizzazione di mostre “confessionali” che riempiano l’intrattenimento culturale di contenuti accuratamente orientati. È il caso, per esempio, della mostra sul Potere e la Grazia. I santi patroni d’Europa tenutasi a Roma tra 2009 e 2010. La mostra – promossa da un certo Comitato San Floriano – non aveva il minimo valore scientifico e ostentava anzi una connotazione pastorale e proselitistica: nondimeno essa è stata ospitata a Palazzo Venezia, e ha goduto di prestiti davvero straordinari (tra cui il San Giorgio dell’Accademia di Venezia, negato invece all’importante mostra monografica di Mantegna al Louvre), oltre a essere inaugurata dal presidente del Consiglio (insieme, s’intende, al cardinale segretario di Stato vaticano). Lo stesso si può dire della reclamizzatissima mostra su Gesù. Il corpo e il volto nell’arte che ha accompagnato l’ostensione della Sindone nella primavera 2010: un’esposizione priva di qualunque rigore storico che raccoglieva opere importantissime all’insegna della più stucchevole retorica religiosa. E qui non si tratta di girare un documentario o di pubblicare un libro, ma di utilizzare (e quindi potenzialmente compromettere) opere di proprietà dello Stato, per alimentare un’operazione non culturale, ma puramente confessionale.[...]
Ma torniamo allo scambio Mosca-Firenze. Grazie all’articolo di Melloni sul «Corriere Fiorentino» del 2 settembre (dal significativo titolo Betori, il Battistero e le icone del dialogo) si apprende che il casting non si è chiuso sulla Croce di Lippo di Benivieni (per la quale il 27 luglio la Soprintendenza di Firenze aveva già compilato la scheda conservativa preliminare al prestito), ma che ora si sta riprovando a scritturare un Giotto autografo (la Madonna di San Giorgio alla Costa) e uno di bottega (il Polittico di Santa Reparata). Quale miglior conferma della mancanza di serietà di un’operazione che continua a sfogliare il catalogo del padre dell’arte italiana come se fosse una margherita?
Ed è proprio questo l’aspetto più inquietante del testo di Melloni: l’esibita, financo sprezzante, ignoranza della storia dell’arte. E siccome è raro trovare una dichiarazione tanto esplicita di un sentimento invece piuttosto diffuso tra gli accademici italiani, non è inutile guardare quel testo un po’ più da vicino (lo riprodurrò ampiamente, evidenziandone le citazioni in grassetto; chi lo vuol leggere tutto, lo trova qui). Lo si può dividere in una premessa, nella spiegazione del senso dell’evento fiorentino e moscovita, e infine nella risposta alle critiche del sottoscritto (mai, tuttavia, nominato).[...]
Per leggere l'articolo nella versione integrale, si veda qui.
:-[ Meditiamo con quella (arte) che ci rimane.....
RispondiElimina<span>In Adorazione davanti alla Croce
Amabilissimo Gesù,
che a liberare noi miseri dalla schiavitù del peccato Vi degnaste scendere dagli splendori eterni del Cielo e, fatto Uomo simile a noi, avete soddisfatto per i nostri debiti la Divina Giustizia, degnateVi ancora una volta di farmi grazia affinchè io non Vi sia più ingrato e indifferente; </span><span>vogliaTe trasformare il mio cuore per renderlo sensibile alle Vostre santissime piaghe che per me, misero e peccatore, voleste eternamente segnate nel Vostro adorabile Corpo; </span><span>vogliaTe degnarVi di impetrare in questo cuore tutte quelle virtù necessarie a non più offenderVi in special modo la virtù del santo pudore nella lingua e nel costume.
Mi sia questo Santo Crocefisso che oggi adoro e venero, strumento di salvezza e di conversione, di pentimento per i miei peccati, di suffragio per le Anime del Purgatorio e per la conversione dei peccatori.
Mi sia santo e divino auspicio l'intervento della Beata sempre Vergine Maria che supplice invoco ai piedi di questa Santa Croce, affinchè sia prudente e costante nel mantener fede a queste devote intenzioni!
Gesù, Salvatore di chi spera in Te, abbi pietà di noi.
(Preghiera con Indulgenza di 100 giorni - formulata ogni giorno specialmente in Quaresima ed alle solite condizioni che prevedono la santa Confessione e la Santa Messa con la Via Crucis il Venerdì di Quaresima - </span><span>di Papa Leone XIII del 21 febbraio del 1891 )</span>
Il Fatto Quotidiano, il giornale iper-anticlericale visceralmente antiberlusconiano, non è una fonte affidabile per nulla. nemmeno per i trasferimenti di opere d'arte.
RispondiEliminaUn cattolico non dovrebbe leggerlo, se non per contrapporsi a quella massa di staliniani non pentiti. Punto e basta.
Ferma restando la mia avversione per Melloni, ho molti dubbi sull'affidabilità del Fatto Quotidiano
RispondiEliminaCome si fa a dire che Berlusconi non saprebbe chi è Giotto? Gli insulti non sono una prova né un argomento di politica. Siamo poi sicuri che Travaglio sappia chi era Giotto?
RispondiEliminaPenso che almeno metà dei politici italiani ( dai comuni fino a Roma ) non saprebbe dire il perchè dell'importanza di Giotto. Come non saprebbe dire cos'è un impianto di ritrattamento di scorie nucleari, come funziona un telefono cellulare oppure i punti salienti della storia francese o tedesca. Però si comportano esattamente come se lo sapessero O:-) .
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