E' aperto alla firma di tutti l'appello in favore dell'arte sacra al sito www.appelloalpapa.blogspot.com. Un'iniziativa importante, anzi vorremmo perfino dire centrale per contrastare la crisi della Fede. Nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu: di qui l'importanza dell'estetica (da aìsthesis, appunto, sensazione) per trasmettere il contenuto della Fede che, in quest'epoca di minimalismo artistico e teologia iconoclasta, è appunto in grave difficoltà. Presentiamo l'iniziativa con le parole di Magister, tratte dal suo blog.
ROMA, 5 novembre 2009 – A pochi giorni dall'annunciato incontro del 21 novembre tra il papa e gli artisti nella Cappella Sistina, sul tavolo di Benedetto XVI è già arrivato un appello che ne anticipa il principale motivo.
L'appello è "per il ritorno a un'arte sacra autenticamente cattolica" ed è stato sottoscritto non da artisti ma da studiosi e persone variamente appassionate alle sorti dell'arte cristiana. Due nomi fra gli altri: Martin Mosebach ed Enrico Maria Radaelli.
Mosebach è un affermato scrittore tedesco che Joseph Ratzinger conosce bene. Il suo ultimo libro: "Eresia dell'informe. La liturgia romana e il suo nemico", è uscito quest'anno anche in Italia, edito da Cantagalli. Ed è una scintillante apologia della grande arte cristiana, anzi, della stessa liturgia cattolica come arte. Con pungenti invettive contro l'iconoclastia che oggi impera nella stessa Chiesa cattolica. Mosebach ha dedicato il libro al filosofo Robert Spaemann, anche lui molto conosciuto e apprezzato dall'attuale papa.
Radaelli, discepolo del grande filologo e filosofo cattolico Romano Amerio, è raffinato cultore di estetica teologica. Il suo capolavoro è: "Ingresso alla bellezza", uscito nel 2008, un magnifico percorso d'ingresso nel mistero di Dio attraverso quella sua "Imago" che è Cristo. La bellezza come apparire della verità.
L'appello è nato da seminari tenuti nei mesi scorsi nella biblioteca della pontificia commissione dei beni culturali della Chiesa, ospitati dal vicepresidente di questa commissione vaticana, l'abate benedettino Michael J. Zielinski. Hanno avuto parte attiva negli incontri don Nicola Bux e padre Uwe Michael Lang, consultori dell'ufficio delle celebrazioni liturgiche papali e, il secondo, officiale della congregazione per il culto divino. Ma tra i promotori dell'appello non figura nessun ecclesiastico, né tanto meno alcun responsabile vaticano. I firmatari sono laici, di varia competenza e professione.
Dopo una breve introduzione, il testo si articola in sette capitoletti dedicati alle cause dell'attuale frattura tra Chiesa e arte, ai riferimenti teologici, ai committenti, agli artisti, allo spazio sacro, alla musica sacra, alla liturgia.
E termina con l'appello vero e proprio, così formulato:
"Per tutte le ragioni qui esposte, nella consapevolezza di ricevere dalla Santità Vostra l’ascolto paterno e con ciò l’attenzione misericordiosa del Vicario di Cristo, Vi supplichiamo, Beatissimo Padre, di voler leggere nel nostro presente accorato appello la più struggente preoccupazione per le terribili condizioni in cui oggi versano tutte le arti che sempre hanno accompagnato la sacra liturgia, nonché una modesta, umilissima richiesta d’ausilio alla Santità Vostra:
– affinché arti e architettura sacre possano tornare a essere e mostrarsi veramente e profondamente cattoliche;
– affinché poi le moltitudini dei fedeli anche più semplici e indotti possano tornare a stupirsi e gioire di questa nobile e pervasiva bellezza ancora e sempre presente vivamente nella casa del Signore, e da essa tornare a raccogliere nel cuore i più alti e ancor nuovi insegnamenti;
– affinché infine la Chiesa possa rivelarsi, anche in questa era di mondane, irrazionali e diseducative barbarie, l’unica vera, solerte e attenta promotrice e custode di un’arte nuova e davvero 'originale', ossia in grado anche oggi, come sempre è fiorita in ogni tempo pregresso, di rifiorire dall’antico, dalla sua inclita ed eterna Origine, ovvero dal senso più intimo della Bellezza che rifulge nella Verità di Cristo".
Qui di seguito eccone un capitoletto d'assaggio.
VI. MUSICA SACRA E CANTO LITURGICO
Santità, la Chiesa ha oggi l’opportunità di riappropriarsi del suo ruolo "altamente" magisteriale in materia di musica sacra e principalmente nel campo della musica e del canto liturgici, che debbono necessariamente rispondere alle categorie del "buono" e del "giusto" per la loro intima coincidenza, e non solo corrispondenza, con la liturgia stessa (Paolo VI, discorso ai cantori della cappella pontificia del 12 marzo 1964).
Nella millenaria storia del cristianesimo il dialettico rapporto fra musica sacra e musica profana ha prodotto più volte l’intervento dell’autorità ecclesiastica per "ripulire l’edificio della liturgia romana" (perifrasi espressamente usata da molti pontefici) dalle intrusioni secolaristiche che proprio la musica portava nelle chiese e che, con il passare dei secoli e il progressivo sviluppo tecnico-musicale, sono divenute sempre più gravi e debordanti dal corretto uso liturgico, finendo spesso per arrogarsi ruoli auto-referenzianti di natura profana.
Dai tempi della costituzione apostolica "Docta sanctorum" di papa Giovanni XXII (1324), il magistero ha sempre indicato i retti modi di intendere la musica al servizio del culto, approvando via via quelle novità tecniche compatibili con la liturgia, ma additando sempre e costantemente fino ai nostri giorni (compreso il magistero del Concilio Vaticano II e dell’intero post-concilio) nel canto gregoriano la radice primigenia, la fonte di ispirazione costante, la più alta – proprio perché semplicemente "nobilissima" – forma di musica che possa incarnare l’ideale liturgico cattolico nel modo più perfetto, anche in virtù del suo oggettivante anonimato meta-storico e della sua verace universalità estetica, verbale, sensibile.
Non possiamo oggi certamente stabilire degli stili o forme musicali pre-concette, ma il recupero del canto gregoriano, della buona polifonia e musica organistica (anche ispirate ad esso) antiche, moderne e contemporanee, servirebbe certamente, dopo decenni di assoluto sconcerto e probabilismo musicale, a recuperare dei "vocaboli" liturgici che la Tradizione artistica e musicale cattolica ci ha offerto per secoli: essi hanno funzionato – per usare una icastica espressione di papa Paolo VI nell’enciclica "Mysterium fidei" – come vere e proprie "tessere della fede" cattolica, la quale si è sostentata da sempre di dati sensibili, dotati di verità e bellezza, quanto alieni da intellettualismi sterili e manierati o archeologismi da evitare con ogni cura (come indicò papa Pio XII nell’enciclica "Mediator Dei" da cui scaturì la riforma liturgica del secondo Novecento).
Forse tra le arti devolute al servizio del culto, la musica è la più forte, per quel costante senso "catechetico" che il magistero le ha ininterrottamente riconosciuto, e parimenti la più delicata in quanto, per sua natura e contrariamente alle altre arti, necessita di un "tertium medium" fra l’autore ed il fruitore, ovvero l’interprete. Per tali ragioni la sollecitudine della Chiesa deve, come in passato, rivolgersi alla formazione degli autori come degli interpreti: certo lo sforzo in tal senso è infinitamente più grave che nel tardo Medioevo, nell’età barocca, o nell’Ottocento, trattandosi di forze che oggi provengono da una società che, contrariamente al passato, di cristiano ha veramente poco e la catechesi in tal senso dovrebbe ripartire dai "fondamentali", onde i musicisti – quando abbiano le professionalità adatte – recuperino il "sensus ecclesiæ" come finanche il "sensus fidei".
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E a proposito dell'incontro tra il papa e gli artisti...
L'annunciato incontro tra Benedetto XVI e gli artisti avverrà la mattina di sabato 21 novembre 2009, nella Cappella Sistina.
Il programma dell'incontro sarà il seguente. Dopo un preludio musicale, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del pontificio consiglio della cultura, rivolgerà un saluto al papa a nome dei presenti. Quindi saranno letti alcuni brani della "Lettera agli artisti" di Giovanni Paolo II, del 4 aprile 1999. E infine papa Joseph Ratzinger terrà il suo discorso. Un secondo momento musicale chiuderà l'incontro.
La Cappella Sistina ha una dimensione limitata e quindi gli artisti presenti saranno al massimo cinquecento, da tutto il mondo e di tutte le discipline: pittori e scultori, architetti, scrittori e poeti, musicisti e cantanti, uomini di cinema, di teatro, di danza, di fotografia. Agli inviti ha provveduto il pontificio consiglio della cultura.
Oltre alla lettera di Giovanni Paolo II del 1999, un altro precedente importante è di quarantacinque anni fa. È l'incontro tra Paolo VI e gli artisti del 7 maggio 1964, anche quello avvenuto nella Cappella Sistina.
La ragione che ha motivato il nuovo incontro è che "l'alleanza tra fede cristiana e arte si è infranta". Così si è espresso monsignor Ravasi annunciando l'evento, lo scorso 10 settembre.
L'alleanza tra fede e arte fa tutt'uno con l'identità della Chiesa. L'ebraismo proibiva le immagini sacre. Ma la fede nel Dio incarnato ha indotto presto la Chiesa ad assumere come proprio linguaggio figurato l'arte greca e romana.
Questo geniale sposalizio della Chiesa con l'arte è andato incontro periodicamente a contestazioni iconoclaste. Nel primo millennio in Oriente e nel secondo millennio in Occidente, prima col protestantesimo e oggi con la generale tendenza antifigurativa non solo dell'arte ma anche della commìttenza ecclesiastica.
Incontrando gli artisti in quel luogo sommo dell'arte cristiana che è la Cappella Sistina, Benedetto XVI si propone precisamente di arrestare questo decadimento e riannodare un dialogo, nella speranza che risorga un'alleanza feconda tra l'arte e la Chiesa.
In un tempo "in cui in vaste zone della terra la fede è nel pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più nutrimento", a papa Ratzinger viene forse in mente quello che disse san Giovanni Damasceno nel pieno della tempesta iconoclasta:
"Se un pagano viene e ti dice: Mostrami la tua fede! tu portalo in chiesa e mostra a lui la decorazione di cui è ornata e spiegagli la serie dei quadri sacri".
Molti i punti non sottoscrivibili.
RispondiEliminaUno fra tanti: "Non possiamo oggi certamente stabilire degli stili o forme musicali pre-concette".
Oh, sì che possiamo! Non solo, non siamo noi a volerlo fare, ma è la Tradizione che lo impone. Il canto liturgico cattolico E' il gregoriano e non può essere altro che IL GREGORIANO. Attenti bene, perché lo smarrimento del depositum passa di qui assai più di quanto non si creda (più, per esempio, che dalla perdita della Scolastica).