Nel blog di Matias Augé è pubblicato un post che riporta la conclusione di un più ampio articolo comparso sull'ultimo numero di Concilium, la rivista che, come ci ricorda l'abbé Barthe, esprime l'ideologia del Concilio Vaticano II come rottura e nuovo inizio della Chiesa rispetto ad un passato da rigettare. Il titolo dell'articolo in questione è programmatico ("Un bilancio del motu proprio Summorum pontificum. Quattro paradossi e una intenzione dimenticata") e ne è autore il liturgista Andrea Grillo. Famigerato perché suoi sono alcuni degli attacchi più virulenti alla liberalizzazione dell'antico rito e sempre lui, che nella diocesi di origine (Savona) esercita, benché laico, un potere considerevole, fu l'eminenza grigia (anzi, nemmeno celata, ma palese) che ispirò quel famoso provvedimento dell'allora amministratore diocesano che semplicemente vietò l'applicazione del motu proprio del Papa nella diocesi... Con quanta legittimità, lo lasciamo giudicare anche al lettore più ignaro di diritto canonico e di ecclesiologia. Per inciso, quel divieto, a quanto sembra, vige tuttora con il vescovo Lupi.
Ma torniamo all'argomento: ecco la parte dell'articolo di Grillo pubblicata da don Augé. Non si può negare che sviluppi argomenti nuovi per negare legittimità al motu proprio: a quanto pare non è ancora finita la scorta di specchi da scalare...
Lo “sviluppo organico” della tradizione liturgica comporta inevitabili “svolte”, con una continuità che ha bisogno di alcune vitali discontinuità. Come accade alle generazioni – dove il figlio è pienamente figlio solo quando il padre non gli è più vicino – un rito di Paolo VI, che avesse sempre accanto il rito di Pio V, resterebbe perennemente infantile e fragile, non crescerebbe mai fino alla maturità; mentre un rito di Pio V che non si rassegnasse a perdersi e a ritrovarsi nel figlio, cadrebbe in un paternalismo invadente e in un moralismo senza vera fiducia.
Forse ciò che oggi ci manca in misura maggiore è proprio la coscienza di una tale dimensione generazionale e pedagogica del concilio Vaticano II, che era ancora cosciente di avere bisogno di figli e di nipoti perché la tradizione antica potesse avere un seguito e che pertanto poteva considerare il proprio munus come “inizio di un inizio” e non semplicemente come “continuazione di un traditum”, senza la pretesa di “cominciare ex novo”, ovviamente, ma anche senza la presunzione di poter “continuare senza novità”.
Il conflitto di interpretazioni che oggi attraversa pericolosamente la coscienza ecclesiale in re liturgica dipende in larga parte dalla mancanza di questa autentica preoccupazione tradizionale “per i figli e per i nipoti”, che noi oggi possiamo recuperare riscoprendo accuratamente le evidenze che hanno guidato il Movimento liturgico originario e la riforma liturgica a impostare una seria risposta alla “questione liturgica”: che la liturgia cristiana possa ancora “generare fede”, possa ancora essere fons di azione ecclesiale e di spiritualità personale, questa è l’unica speranza che la riforma liturgica aveva come obiettivo e che noi non possiamo né ignorare né sottovalutare.
Tale istanza non ha cessato di interrogarci e di provocarci, purché non abbiamo deciso – ad un tempo disperatamente e presuntuosamente – di essere gli ultimi cristiani ancora fedeli ad una grande tradizione (solo) antica, ridotta alla figura di un passato prezioso da chiudere in un museo, con aria condizionata e sistemi di sicurezza, ma senza vita e senza figli.
Traduciamo il Grillo in soldoni: il rito di S. Pio V va abbandonato del tutto, perché se esso restasse accanto a quello di Paolo VI, quest'ultimo resterebbe sotto tutela ed impedito di svilupparsi e librarsi in llibertà, così frustrando la giusta e naturale inclinazione di ogni generazione ad affrancarsi dalla figura paterna e a costruire qualcosa di nuovo.
Tra le mille altre obiezioni che si potrebbero opporre a questo specioso argomento (e che lasciamo ai nostri volenterosi commentatori), vogliamo dire solo questo, restando nel discorso "generazionale" lambiccato dal Grillo: è vero che c'è uno scontro tra generazioni, ma non perché i figli si sentano zavorrati dai padri e dal loro rito obsoleto: noi infatti siamo i nipoti, figli di quei figli alla Grillo che hanno dilapidato e buttato via, per cieca presunzione, l'ingente patrimonio dei nonni. Ora noi, eredi dei debiti e delle follie della generazione precedente (di cui Grillo è loquace esponente), non facciamo altro che tentare di recuperare una piccola parte delle ricchezze di famiglia, di cui i nostri padri ci hanno ingiustamente privato.
però che fantasia questi liturgisti-sofisti......
RispondiEliminaSemplicemente "DELIRANTE".
RispondiEliminaGrillo scrive in un linguaggio che neppure la peggiore burocrazia italiana utilizza. Bisogna descrittarlo. Forse egli non si ricorda più del "sia il vostro partale si si, no no" (Mt. 5,37). Alessandro
RispondiEliminaEstratto dalla Enciclica "Pascendi Domini Gregis" di San Pio X.
RispondiElimina8 set 1907
L'officio divinamente commessoCi di pascere il gregge del Signore ha, fra i primi doveri imposti da Cristo, quello di custodire con ogni vigilanza il deposito della fede trasmessa ai santi, ripudiando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome. La quale provvidenza del Supremo Pastore non vi fu tempo che non fosse necessaria alla Chiesa cattolica: stanteché per opera del nemico dell'uman genere, mai non mancarono "uomini di perverso parlare (Act. X, 30), cianciatori di vanità e seduttori (Tit. I, 10), erranti e consiglieri agli altri di errore (II Tim. III, 13)". Pur nondimeno gli è da confessare che in questi ultimi tempi, è cresciuto oltre misura il numero dei nemici della croce di Cristo; che, con arti affatto nuove e piene di astuzia, si affaticano di render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare dai fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Gesù Cristo. Per la qual cosa non Ci è oggimai più lecito di tacere, seppur non vogliamo aver vista di mancare al dovere Nostro gravissimo, e che Ci sia apposta a trascuratezza di esso la benignità finora usata nella speranza di più sani consigli.
Ed a rompere senza più gl'indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.
PaoloD.
2- Estratto dalla Enciclica "Pascendi Domini Gregis" di San Pio X.
RispondiElimina8 set 1907
Pericolo delle dottrine moderniste
Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond'è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l'albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare. Inoltre, nell'adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito. Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonderle menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un'assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera. Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione. Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì indarno: sembrarono abbassai la fronte per un istante, mala rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che sol di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Fa dunque mestieri di uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi sieno infatti costoro che così mal si camuffano.
E poiché è artificio astutissimo dei modernisti (ché con siffatto nome son chiamati costoro a ragione comunemente) presentare le loro dottrine non già coordinate e raccolte quasi in un tutto, ma sparse invece e disgiunte l'una dall'altra, allo scopo di passare essi per dubbiosi e come incerti, mentre di fatto sono fermi e determinati; gioverà innanzi tutto raccogliere qui le dottrine stesse in un sol quadro, per passar poi a ricercar le fonti di tanto traviamento ed a prescrivere le misure per impedirne i danni.
PaoloD.
Il problema vero, drammatico, è che il nostro insegna liturgia ai preti (e ai futuri preti) al Santa Giustina di Padova e all'Anselmiano di Roma (che è "Pontificio").
RispondiEliminaNon dico altro.
Antonello
Al di fuori dell'argomento Motu Proprio, il prof. Grillo sembra quasi un tradizionalista, leggetelo bene. Forse meno polemiche inutili gioverebbero a tutti, a voi e a lui. Perciò tenete quello che è buono e perdonate il resto.
RispondiEliminaLes révélations de Messainlatino.it, hier, sur le cardinal Levada, actuel préfet de la Congrégation pour la Doctrine de la Foi, sont absolument sidérantes.
RispondiEliminaJe supplie les lecteurs de ce blog de considérer l’ÉNORMITÉ, pour ne pas dire la MONSTRUOSITÉ, que constitue le fait que pareil prélat, qui a toléré dans son diocèse américain (et encouragé par sa passivité et son indifférence baptisées «tolérance») les agissements de prêtres gay ridiculisant la vie sacerdotale et la vie consacrée (voir les photos publiées), soit aujourd’hui responsable de la plus haute instance vaticane (après le Pape) en matière de mœurs et de doctrine.
Vous avez bien lu: en matière de mœurs et de doctrine!
C’est inouï!
Les preuves de l’imposture de ce fantoche mitré sont désormais éclatantes, ineffaçables!
Et c’est ce personnage, protecteur d’authentiques voyous (voir les photos), qui vient donner des leçons de rectitude doctrinale et de moralité aux catholiques fidèles, que lui et les siens persécutent depuis quarante ans!
Qui les insulte en les traitant de schismatiques, quand lui-même se moque de la doctrine et de la moralité chrétiennes comme d’une guigne!
Qui dicte les conditions de leur «retour dans l’Église catholique», comme s’ils l’avaient jamais quittée et que lui s’y trouvait encore!
Je ne parlerai même pas de son exquise charité; ce carriériste en a-t-il jamais eu la moindre notion?
Seigneur! Mais dans quel monde vivons-nous?
Ici se pose une question gravissime : comment le Pape a-t-il pu choisir ce personnage pour lui succéder à la tête de la Congrégation?
Comment est-ce possible? Comment est-ce même imaginable?
Comment le Pape prend-t-il ses décisions?
En vertu de quels critères?
Au vu de quels dossiers?
Qui lui suggère (lui impose?) telle ou telle nomination?
Tout cela est consternant et scandaleux.
Tout cela nous porterait à désespérer de notre Sainte Mère l’Eglise, si Dieu n’était l’unique source de notre foi et de notre consolation.
Tout cela ne fait que confirmer ce que nous ne savions que trop: que l’infiltration et la gangrène ont désormais atteint les plus hautes autorités de l’Eglise, sa tête elle-même, et que Satan conduit le bal.
On a beau le savoir, cela n’en est pas moins insupportable.
Ici, je voudrais lancer un appel à mes amis de la Fraternité Sacerdotale Saint Pie X.
Chers Amis, ne vous laissez pas berner par l’ennemi!
Refusez les suggestions du démon!
Refusez toute discussion avec l’imposteur Levada et ses comparses.
Ne vous commettez pas avec ce figurant, restez propres, on ne traite pas avec ces gens-là!
À quarante-cinq ans de distance, il est de plus en plus clair — le doute n’est même plus permis — que le concile Vatican II n’a été qu’une gigantesque opération destinée à détruire l’Église catholique de l’intérieur, sous le masque trompeur de l’“aggiornamento”.
C’était l’ultime étape de la conjuration anti-chrétienne ourdie au XVIIIe siècle et destinée à effacer le christianisme de la surface de la terre.
À Vatican II, on a habilement commencé par la réforme liturgique, imposée par Paul VI et par les conférences épiscopales avec une brutalité sans nom.
Aussitôt l’hémorragie du clergé et des fidèles a commencé, et tout le reste a suivi.
Du jour au lendemain, comme par le «diktat» d’une armée d’occupation, des millions de catholiques fidèles se sont trouvés privés de leur messe millénaire, fondement de leur piété et de leur vie chrétienne depuis l’enfance.
La défendre, la réclamer, les exposait aux sarcasmes, aux punitions, aux représailles.
Il faut que les jeunes générations, qui n'ont pas connu l'avant et l'après, le sachent.
D’ailleurs, cela n’a pas cessé. N’est-ce pas, évêque d’Amiens, évêque de Bayeux et tous vos camarades!
La République espagnole, entre 1931 et 1939, n’a pas assassiné plus d’évêques, de prêtres, de religieux, de religieuses, et de simples fidèles, que n’en a tué la réforme liturgique de 1969, évêques, prêtres, religieux, religieuses, simples fidèles morts de chagrin au fond de leurs maisons de retraite.
Souvent sans sacrements.
Non, la République espagnole n’a pas fermé et détruit plus d’églises, d’écoles et de couvents, elle n’a pas saccagé et dispersé plus de bibliothèques que n’en ont fait les prétendues «réformes conciliaires».
Ainsi s’est trouvé accompli le plan de la Haute-Vente Romaine, plan qui avait bouleversé le bienheureux Pie IX quand il en prit connaissance, et qu’il demanda à l’historien Crétineau-Joly de publier:
«Vous voulez établir le règne des élus [i. e. la dictature de la maçonnerie] sur le trône de la prostituée de Babylone? Que le clergé marche sous votre étendard en croyant toujours marcher sous la bannière des Clés apostoliques. […] Nous devons arriver, par de petits moyens bien gradués, au triomphe de l’idée révolutionnaire par un Pape…»
Au Concile, Mgr Lefebvre fut le premier à lancer le cri d’alerte, à dénoncer le stratagème, à organiser la résistance et la contre-attaque.
Ah, on comprend que les révolutionnaires et les néo-modernistes le haïssent d’une haine démoniaque qui ne passera jamais!
Si, dans ce blog, on parle encore de messe en latin et de saine doctrine liturgique, c’est grâce à lui. A personne d’autre.
Chers Amis de la Fraternité, soyez dignes de votre saint fondateur.
Honneur à l’évêque héroïque qui n’a pas plié les genoux devant la Bête!
Chers Amis, souvenez-vous de l’Alcazar de Tolède!
Souvenez-vous du colonel Moscardó!
La délivrance est proche.
Jusque-là il faut tenir.
Tenir jour après jour, tenir coûte que coûte.
Vous êtes l’honneur et l’avenir de l’Église.
Vous faites l’admiration du Ciel.
Le temps n’est pas aux discussions — il n’y a d’ailleurs rien à discuter avec tous ces forbans qui occupent l’Eglise et la profanent.
Le temps est au combat.
Restez sur la brèche.
Ne cédez rien!
Hagrid ha ragione: il prof. Grillo "sembra quasi".
RispondiEliminaE noi diffidiamo totalmente di tutte le persone o cose che "sembrano" ma non "sono".
Amìn (alla greca per essere in sintonia con gli ultimi interventi poliglotti).
Antonello
Il prof può benissimo seguire la liturgia nuova che è figlia (noi diciamo degenere) della liturgia antica. Noi seguiamo la liturgia madre. Vediamo dove va a parare lui quando la liturgia di Paolo VI avrà raggiunto la "maturità". E vediamo dove andiamo a parare noi con la liturgia romana antica. Chi andrà a parare male rinucerà alla propia liturgia per seguire l'altra. Che problema c'è?
RispondiEliminaNoi non abbiam mica paura di fare questo esperimento. La paura c'è l'hanno persone come il nostro prof che non ci voglion lasciare liberi di seguire il rito madre.
Vorrà dire che noi abbiamo la vocazione ad essere custodi di un museo e non abbiamo la vocazione ad esser clown in un circo.
Antonello.
Sig. Antonello, nessuno è perfetto; ammettiamo che Grillo sia pure un "pessimo" (chi può leggere nel cuore di un altro?) ma, sempre a parte della questione dei due riti, non c'è argomento suo che i veri tradizionalisti non possano fare proprio.
RispondiEliminaSemmai c'è da fare una considerazione diversa, sui metodi; l'ho trovata per caso in un blog di architettura e la riporto parafrasandola:
"Chi sostiene una scelta tradizionale in [liturgia] non teme il giudizio popolare. Chi lo teme si rifugia sempre dietro l’idea che queste scelte spettano agli esperti perché la gente non capisce, non possiede gli strumenti per giudicare.
Tale ragionamento ha in sé questo paradosso: i sostenitori di un tipo città che loro reputano adatta ad una 'società aperta', usano esattamente gli strumenti di potere e la forma mentis propri della 'società chiusa', della società organica e platonica.
In altre parole i modernisti sono 'antichisti' oppure i [veri] progressisti sono i veri conservatori"
Il blog è
http://regola.blogspot.com/2009/04/il-paradosso-del-modernista_14.html#links
Cher Raoul de Gerrx,
RispondiEliminatout en comprenant votre amertume et vos inquiétudes, vous exagérez, et beaucoup, dans vos propos. Rappelez bien que ce Pape est le meilleur que nous puissions espérer et qu'il faut faire tout, et encore plus, pour le soutenir. Sinon, c'est le désespoir et l'abandon.
Raison de plus, donc, afin que la Fraternité aille envers le Pape et revienne à la maison. Etre figés dans une attitude de refus serait un peché irrédimible, en ce moment historique.
En ce qui concerne le cardinal Levada, il faut ajouter qu'il a parlé clair et fort, en maintes occasions, pour la famille et contre les unions homo. S'il a toléré cette parroisse bien douteuse, c'est qu'evidemment il n'avait pas de choix: considérez qu'il est arrivé à S. Francisco après l'affreux Quinn, champion du pire progressisme. Il ne pouvait pas tout changer d'emblée. Ce qu'il faut lui reprocher d'avantage c'est son refus d'appliquer l'indult, et ses mots malheureux sur le colloque avec la Frat. Mais, là encore, faisons confiance au Pape.
A me sembra che il rito di Paolo VI si sia librato nell'aria anche troppo ed abbia perso le ali come Icaro: ed è per questo piombato a terra miserevolmente in una miriade di cocci che non saranno più nemmeno utilizzabili per la riforma della riforma.
RispondiEliminaGrillo non dimostra come il rito di Paolo VI sia figlio di quello tradizionale: una dimostrazione assai impervia.
Come poi si diventi figli uccidendo il padre, ma nello stesso tempo si possa correr affannati alla ricerca di presunti antichi progenitori per abbeverarsi alla liturgia apostolica (quale?), Dio solo lo sa.
Non una parola spreca il Grillo parlante sulla fissità dei riti orientali. Forse perché preferisce la creatività ed i voli nell'aere dei culti delle sette protestanti.
Grillo insegna a Padova?
Ora capisco perché tempo fa un tal prete Pagliarin, veronese che aveva studiato liturgia a Padova, mi scrisse (e chi lo conosceva?) due o tre frasi contro "la roba vecchia, da vecchi" ecc. ecc.: il solito armamentario di preti sedicenti giovani ma vecchi bizzosi e insolenti nell'anima.
Mandai questa lettera al suo Vescovo, mons. Zenti, che naturalmente non rispose. Padri.
Le désespoir et l'abandon pour qui? Pour ceux qui se battent depuis quarante ans? Je crois qu'il n'en est pas question. Au contraire, l'adversité les stimule!
RispondiEliminaCela dit, si le cardinal Levada continue de traiter les catholiques fidèles comme il le fait — par le mépris — , s'il refuse, notamment, d'appliquer l'indult, c'est qu'il est de mêche avec l'"affreux Quinn", comme vous l'appelez.
En tout cas, il désobéit formellement au Saint-Père qui l'a nommé.
Comment un homme qui préside le plus important dicastère romain peut-il désobéir à son supérieur, qui est le Pape lui-même, et entraver ses décisions?
En langage militaire, on appelle ça un traitre.
Comment faire confiance à un traitre?
Mi meraviglia che nessuno si renda conto che in fondo la tesi principale di Grillo in questa "conclusione" è simile a quanto il Card. Ratzinger dice in quella famosa lettera a Heinz-Lothar Barth (23.06.2003)in cui afferma: "a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L'esistenza di due riti ufficiali per i vescovi e per i preti è difficile da 'gestire' in pratica".
RispondiEliminaA Messainlatino.it:
RispondiEliminaJe suis très sensible au fait que vous m'ayez répondu en français; j'ai oublié de vous le dire dans mon dernier commentaire et je vous prie de m'en excuser.
J'aimerais savoir écrire l'italien, que j'admire et que j'aime, comme vous écrivez le français. Je ne désespère pas (là non plus) d'y parvenir un jour…
Ho avuto il "piacere" di ascoltare Grillo in una conferenza nella mia città...inutile confermare che si tratta di un progressista avanguardista della prima ora. Per di più si compiace di usare quelle sue metafore tanto suggestive quanto fumose....(come quella del padre e del figlio...) con la pretesa di essere modelli di verità. E' un oratore eccezionale e devo dire, purtroppo, che SONO TOTALMENTE DACCORDO CON TUTTO QUELLO CHE HA DETTO nella suddetta conferenza. Le sue idee sono ineccepibili: la liturgia deve coinvolgere la ragione come ultima istanza, dovendo principalmente far entrare l'uomo tutto intero (corpo e sensi) in una dimensione "altra", in cui la partecipazione attiva non significhi andare a leggere le letture o cantare ma anche ascoltare, tacere, guardare....parole sue! Il punto è che non si capisce COME ciò possa attuarsi, visto che tutto ciò che riguarda l'ante-riforma è da cancellare (gregoriano, incenso, postura.....) mentre secondo lui il meglio deve ancora venire! Le sue frecciatine al rito antico (mai chiamato per nome, nessun nome!) erano anche più subdole, perchè riguardavano il modo con cui la gente era abituata a seguire la Messa, recitando rosari, litanie, ma senza capire nulla di ciò che avveniva....insomma non ha attaccato il rito in sè, ma l'educazione al rito .....insomma, non c'ho dormito per due notti pensando a questi terroristi in cattedra!
RispondiEliminaCara Hadrig, conosciamo bene le opinioni dei novatores, ed alcune non solo sono comprensibili, ma anche condivisibili; ciò non toglie che tali opinioni condivisibili siano immerse in un oceano di pinioni non condivisibili.
RispondiEliminaNon basta una rondine per far primavera, e non basta un'opinione condivisibile (ma nemmeno due, tre....)per condividere in toto le opinioni altrui. Il Prof Grillo è convintissimo della bontà della riforma liturgica, noi siamo più convinti di lui che sia pessima e anzi perniciosissima.
L'unico metro di giudizio che possiamo usare ci è stato insegnato dal Divino Maestro: l'albero si riconosce dai frutti (cfr. Lc 6, 43; Mt 7, 17-18); bene, dove sono i frutti del Novus Ordo perché anche noi possiamo apprezzarlo?
Parafrasando Virgilio io dico:
"Timeo novatores et dona ferentes".
Antonello.
Le argomentazioni del "liturgista" Grillo sono errate anche dal punto di vista psicologico. Il rito antico e la tradizione sono importanti proprio perchè ci ricordano che non siamo "orfani", ma siamo "figli", abbiamo un "padre". Quì c'è l'errore di fondo del '68 che ha appunto tentato di cancellare la figura del "padre", cercando di far nascere una società senza padri, una società che cerca di emanciparsi, di ribellarsi al padre e questo oltre ad essere un grave errore psicologico è anche un errore "satanico" infatti è satanico il volersi emancipare dal Padre, cioè da Dio... vedi il peccato originale con la prima ribellione a Dio Padre.
RispondiEliminaNoi uomini abbiamo bisogno di radici sicure, di mani paterne che ci sorreggono e ci sostengono nel cammino, una cultura senza memoria, senza tradizioni, senza storia è una cultura che non da sicurezze e getta nel vuoto e nello sconforto. Grillo infondo col suo ragionamento ci ha fatto capire la grave insufficenza psicologica e pedagogica della liturgia di Paolo VI che ancora si regge per la burocrazia e la pigrizia delle istituzioni ecclesiastiche, ma che è stata ormai inesorabilmente bocciata dalla storia, dalla vera cultura, dalla psicologia e dalla pedagogia.
Un sacerdote cattolico.
Fabrizio ha bene evidenziato la realtà: i novatores sono ottimi oratrori, usano argomenti apparentemente inconfutabili ed hanno il particolare accorgimento di non prendere di petto il "nemico" (in questo caso il rito antico); lo attaccano più subdolamente con frecciatine avvelenate che dan poco nell'occhio, ma che propio per questo son più perniciose.
RispondiEliminaMa vi spiegate perché tanti giovani entrano in seminario moolto "tradizionali" e ne escono moolto poco tradizionaali ?(ci sono, grazie a Dio, anche eccezioni).
Perché in seminario gli vien fatta una sorta di lavaggio del cervello, talmente subdolamente che non se ne accorgono nemmeno; ed ecco perché abbiamo tanti pretini giovani giovani che sembrano i cloni dei pretini sessantottini.
Un amico prete, molto giovane (segue il Novus Ordo), alla domanda " che cosa è la messa" che gli rivolse un giovane rispose di getto: "è la riunione del popolo di Dio".
Poi, tornato a casa, si mise a riflettere, riflettere, riflettere.
Quella risposta gli era venuta su spontanea perché in seminario solo quella aveva sentito ripetersi fino alla noia. Ma quella risposta così "scontata" e sempre accettata senza discuterla e ripetuta senza rifletterci sopra, dopo la scoperta del rito antico (grazie al motu propio di Benedetto XVI) era totalmente inadeguata. E iniziò una ricerca anche teologica per approfondire che cosa è la messa. E s'è reso conto pian piano della "deformazione" che ha subito in seminario inconsciamente.
Sta ricuperando il tempo perso, sta colmando le lacune correggendo le deformazioni subite e lo sta facendo celebrando sempre più spesso in quel rito antico che in seminario e all'Anselmiano gli avevano insegnato subdolamente ad aborrire.
E sta scoprendo le ricchezze di un messale che mai prima aveva aperto e che gli era stato insegnato essere poverissimo e miserabile tanto da non dover mai essere nominato direttamente.
Le malattie peggiori non son quelle che si rendono più evidenti, ma quelle che si nascondono dietro un colorito roseo.
Antonello.
Non mi sembra che Grillo e il Papa voglian perseguire lo stesso fine.
RispondiEliminaGrillo vuole l'evolversi ed il librarsi nell'aria del rito nato da quello di Paolo VI in totale libertà e senza vincoli "burocratici", cioè rubriche vincolanti e "fissità" imposte dalla S. Sede: un rito che si moltiplica in migliaia di altri riti a seconda di ciascun prete o di ciascuna comunità, a seconda del volto che queste comunità e questi preti danno a Dio.
Il Papa vuole un nuovo rito che sulla struttura dell'antico innesti qualcosa del meno peggio del nuovo. Questo si ricava dal discorso del card. Castrillon alla Latin Mass. Ma un solo rito, non migliaia ad libitum.
Ma a tutto credo fuor che Benedetto XVI arrivi a concluder qualcosa di concreto. Anche, ma non solo, per motivi anagrafici.
Un fattore che non bisogna dimenticare.
Se ci riesce, ed io ne resti felicementre scornato, mi auguro che non si crei un altro ibrido con porte e finestre aperte.
Noi tradizionali ci siam sempre augurati di cuore la totale estinzione del Novus Ordo. Ma non abbiamo nessuna mira (e potremmo forse averne visto che contiamo quanto il due di picche? -non mi intendo di carte ma penso si dica così-) se non quella di poter liberamente "prender" messa col rito antico, lasciando a chi lo desidera di prender messa col nuovo. E ci siamo sempre dati da fare e ci diamo da fare, come possiamo, per conquistare questa libertà.
RispondiEliminaMa per qual motivo i novatores si affannano a impedire il rito antico? Perchè si industriano a toglierci la libertà di frequentare riti e chiese "ammuffiti"?
Sarà solo perché ci voglion bene o sarà perché odiano il vetus ordo e sotto sotto han capito che a lungo andare creerà grossi problemi al novus (il quale ha già i suoi problemi congeniti)?
Una cosa è certa: i novatores non sono "democratici" nè "liberali", ma sono intolleranti fino al midollo.
Il Papa non credo riuscirà a riformare niente (per motivi anagrafici e per altri) ma le sue opinioni riguardo al fatto che non potrà esserci in eterno due riti o, peggio ancora, due forme del medesimo rito. O si creerà un ibrido (e sarà una versione neno cattiva del novus ordo) oppure il vetus (forte dei suoi millenni di vita) ucciderà il novus (debole per esser nato settimino e, quindi, costituzionalmente fragile).
tertium non datur.
Antonello.
Il faut tuer le père ...
RispondiEliminaMi vien da dire riflettendo così a ruota libera,
il rito di Paolo VI liberato dal padre, dalla sua presenza soffocante e ingombrante, "affranchi de la tutelle du père tout puissant", potrà così finalmente diventare forte, crescere e maturare, potrà fare le sue libere scelte, sarà un figlio libero, ma questo figlio, così va la natura, a sua volta diventerà padre, a sua volta genererà figli dai quali dovrà staccarsi e nei quali dovrà accettare di perdersi e così via.....figli che vorranno liberarsi dalla sua tutela... Suvvia!
Mi sembra un discorso psicologicamente molto interssante....che lascia intravedere delle problematiche molto personali al suo autore il quale sembra averle trasposte in una teoria, come spesso avviene!
Andrea Grillo nella vita non ha altro di cui occuparsi? ... forse è meglio
RispondiEliminaPersonalmente mi risulta che il prof. Grillo è stato ospite nella mia Diocesi, per "educarci" alla celebrazione liturgica.
RispondiEliminaHa parlato, ed ha parlato bene, ha entusiasmato ma tra le virgole ha fatto intendere "indietro non si torna" con grande plauso di quelli che riconducono la liturgia a poco più di un invasione di campo , di luoghi, di competenze.
I progressisti non sono stupidi, e capiscono bene che la situazione creatasi con il motu proprio è anomala. Due riti universali praticamente con pari diritti (in teoria) non ci sono mai stati nella Chiesa. La loro prima reazione è quella più semplice: la negazione. Negano che il rito tradizionale abbia e possa avere alcun diritto di cittadinanza. Addirittura, con un funambolismo che fa torto alla loro intelligenza, in nome della necessità di cambiare tutto, di demolire ciò che è vecchio, negano che si possa mettere in discussione la riforma liturgica, che anzianotta fra l'altro comincia pure a essere. Per quel che posso capire, per quel che si può intravedere, la risposta di questo grande papa, per ora in sordina, va in direzione di una sintesi che per tanti versi è l'uovo di Colombo. Il recupero della comunione in ginocchio e sulla lingua, che non è solo un gesto, ma esprime una concezione profonda, va di certo in questo senso. Il crocifisso sull'altare si rifà chiaramente alla rubriche del vetus ordo, che contrariamente a quanto si pensa consentono la celebrazione ad populum purché sull'altare sia posta appunto una croce ben visibile da celebrante e popolo. La valorizzazione del latino, dell'altare tradizionale, del canto gregoriano va altresì in questa direzione. Non so se questa grande sintesi si attuerà, se verrà perseguita in futuro in maniera più palese e cogente, se verrà accettata... Che ci sia da aspettarsi qualche contestatore è inevitabile, sia a "destra" sia "a sinistra", ma bisognerà vedere quanti saranno. Insomma, questa potrebbe concretamente essere una soluzione per uscire da un dualismo che è fonte potenziale di conflitto e di confusione, senza auto da fé, senza imporre abiure e retromarce totali a nessuno. Potrebbe.
RispondiEliminaavrebbe un altissimo valore pedagogico una Messa celebrata dal Papa secondo il Messale di s. PioV. Essa sarebbe di incoraggiamento e insegnamento ai tanti preti che sembrano i discendenti diretti di don Abbondio e un monito ai vescovi disobbedienti. Alessandro
RispondiEliminaChi si ricorderà un giorno del Prof. Andrea Grillo? figlio della cultura del '68 che ha prodotto parole, parole, parole ... deliranti.
RispondiEliminaI sessantottini sono spariti dalla città civile e dalle fabbriche e si sono trasferiti nella nostra Chiesa, ospitati da falsi sacerdoti ed alti prelati, mascherandosi di perbenismo con l'intenzione giorno per giorno, a cancellare la nostra santa Tradizione.
L'intenzione finale è la eliminazione del Papato, e lo sfascio della Chiesa Cattolica Romana, per arrivare ad una frammentazione della stessa sul modello decadente protestante.
Non si rendono ancora conto che sono alla frutta!
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"Risorgimento" italiano: Pio IX e il Sillabo
Nell'aspro conflitto tra gli Stati e la Chiesa, Pio IX (1846-1878) è stato maestro grande e incompreso; il suo magistero denuncia con lucida profezia gli orrori delle ideologie moderne.
Il Sillabo di PIO IX
Sillabo dei principali errori dell'età nostra, che son notati nelle allocuzioni concistoriali, nelle encicliche e in altre lettere apostoliche del SS. signor nostro papa Pio IX (1864)
I - Panteismo, naturalismo e razionalismo assoluto
I. Non esiste niun Essere divino, supremo, sapientissimo, provvidentissimo, che sia distinto da quest'universo, e Iddio non è altro che la natura delle cose, e perciò va soggetto a mutazioni, e Iddio realmente vien fatto nell'uomo e nel mondo, e tutte le cose sono Dio ed hanno la sostanza stessissima di Dio; e Dio è una sola e stessa cosa con il mondo, e quindi si identificano parimenti tra loro, spirito e materia, necessità e libertà, vero e falso, bene e male, giusto ed ingiusto.
II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.
III. La ragione umana è l'unico arbitro del vero e del falso, del bene e del male indipendentemente affatto da Dio; essa è legge a se stessa, e colle sue forze naturali basta a procurare il bene degli uomini e dei popoli.
IV. Tutte le verità religiose scaturiscono dalla forza nativa della ragione umana; laonde la ragione è la prima norma, per mezzo di cui l'uomo può e deve conseguire la cognizione di tutte quante le verità, a qualsivoglia genere esse appartengano.
V. La rivelazione divina è imperfetta, e perciò soggetta a processo continuo e indefinito, corrispondente al progresso della ragione umana.
VI. La fede di Cristo si oppone alla umana ragione; e la rivelazione divina non solo non giova a nulla, ma nuoce anzi alla perfezione dell'uomo.
VII. Le profezie e i miracoli esposti e narrati nella sacra Scrittura sono invenzioni di poeti, e i misteri della fede cristiana sono il risultato di indagini filosofiche; e i libri dell'Antico e Nuovo Testamento contengono dei miti; e Gesù stesso è un mito.
II - Razionalismo moderato
VIII. Siccome la ragione umana si equipara colla stessa religione, perciò le discipline teologiche si devono trattare al modo delle filosofiche.
IX. Tutti indistintamente i dommi della religione cristiana sono oggetto della naturale scienza ossia filosofia, e l'umana ragione, storicamente solo coltivata, può colle sue naturali forze e principi pervenire alla vera scienza di tutti i dommi, anche i più reconditi, purché questi dommi siano stati alla stessa ragione proposti.
X. Altro essendo il filosofo ed altro la filosofia, quegli ha diritto e ufficio di sottomettersi alle autorità che egli ha provato essere vere: ma la filosofia né può, né deve sottomettersi ad alcuna autorità.
XI. La Chiesa non solo non deve mai correggere la filosofia, ma anzi deve tollerarne gli errori e lasciare che essa corregga se stessa.
XII. I decreti della Sede apostolica e delle romane Congregazioni impediscono il libero progresso della scienza.
XIII. Il metodo e i principi, coi quali gli antichi Dottori scolastici coltivarono la teologia, non si confanno alle necessità dei nostri tempi e al progresso delle scienze.
XIV. La filosofia si deve trattare senza aver riguardo alcuno alla soprannaturale rivelazione.
III - Indifferentismo, latitudinarismo
XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera.
XVI. Gli uomini nell'esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l'eterna salvezza.
XVII. Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo.
XVIII. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio.
IV - Socialismo, comunismo, società segrete, società bibliche, società clerico-liberali
Tali pestilenze sono condannate più volte e con gravissime espressioni nella Lettera Enciclica Qui pluribus, 9 novembre 1846; nell'allocuzione Quibus quantisque, 20 aprile 1849; nella Lettera Enciclica Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849; nell'Allocuzione Singulari quadam, 9 dicembre 1854; nella Lettera Apostolica Quanto conficiamur, 17 agosto 1863
V - Errori sulla Chiesa e suoi diritti
XIX. La Chiesa non è una vera e perfetta società pienamente libera, né è fornita di suoi propri e costanti diritti, conferitile dal suo divino Fondatore, ma tocca alla potestà civile definire quali siano i diritti della Chiesa e i limiti entro i quali possa esercitare detti diritti.
XX. La potestà ecclesiastica non deve esercitare la sua autorità senza licenza e consenso del governo civile.
XXI. La Chiesa non ha potestà di definire dommaticamente che la religione della Chiesa cattolica sia l'unica vera religione.
XXII. L'obbligazione che vincola i maestri e gli scrittori cattolici, si riduce a quelle cose solamente, che dall'infallibile giudizio della Chiesa sono proposte a credersi da tutti come dommi di fede.
XXIII. I Romani Pontefici ed i Concilii ecumenici si scostarono dai limiti della loro potestà, usurparono i diritti dei Principi, ed anche nel definire cose di fede e di costumi errarono.
XXIV. La Chiesa non ha potestà di usare la forza, né alcuna temporale potestà diretta o indiretta.
XXV. Oltre alla potestà inerente all'episcopato, ve n'è un'altra temporale che è stata ad esso concessa o espressamente o tacitamente dal civile impero il quale per conseguenza la può revocare, quando vuole.
XXVI. La Chiesa non ha connaturale e legittimo diritto di acquistare e di possedere.
XXVII. I sacri ministri della Chiesa ed il Romano Pontefice debbono essere assolutamente esclusi da ogni cura e da ogni dominio di cose temporali.
XXVIII. Ai Vescovi, senza il permesso del Governo, non è lecito neanche promulgare le Lettere apostoliche.
XXIX. Le grazie concesse dal Romano Pontefice si debbono stimare irrite, quando non sono state implorate per mezzo del Governo.
XXX. L'immunità della Chiesa e delle persone ecclesiastiche ebbe origine dal diritto civile.
XXXI. Il foro ecclesiastico per le cause temporali dei chierici, siano esse civili o criminali, dev'essere assolutamente abolito, anche senza consultare la Sede apostolica, e nonostante che essa reclami.
XXXII. Senza violazione alcuna del naturale diritto e delle equità, si può abrogare l'immunità personale, in forza della quale i chierici sono esenti dalla leva e dall'esercizio della milizia; e tale abrogazione è voluta dal civile progresso, specialmente in quelle società le cui costituzioni sono secondo la forma del più libero governo.
XXXIII. Non appartiene unicamente alla ecclesiastica potestà di giurisdizione, qual diritto proprio e connaturale, il dirigere l'insegnamento della teologia.
XXXIV. La dottrina di coloro che paragonano il Romano Pontefice ad un Principe libero che esercita la sua azione in tutta la Chiesa, è una dottrina la quale prevalse nel medio evo.
XXXV. Niente vieta che per sentenza di qualche Concilio generale, o per opera di tutti i popoli, il sommo Pontificato si trasferisca dal Vescovo Romano e da Roma ad un altro Vescovo e ad un'altra città.
XXXVI. La definizione di un Concilio nazionale non si può sottoporre a verun esame, e la civile amministrazione può considerare tali definizioni come norma irretrattabile di operare.
XXXVII. Si possono istituire Chiese nazionali non soggette all'autorità del Romano Pontefice, e del tutto separate.
XXXVIII. Gli arbìtri eccessivi dei Romani Pontefici contribuirono alla divisione della Chiesa in quella di Oriente e in quella di Occidente.
VI - Errori che riguardano la società civile, considerata in sé come nelle sue relazioni con la Chiesa
XXXIX. Lo Stato, come quello che è origine e fonte di tutti i diritti, gode un certo suo diritto del tutto illimitato.
XL. La dottrina della Chiesa cattolica è contraria al bene ed agl'interessi della umana società.
XLI. Al potere civile, anche esercitato dal signore infedele, compete la potestà indiretta negativa sopra le cose sacre; perciò gli appartiene non solo il diritto del cosidetto exequatur, ma anche il diritto del cosiddetto appello per abuso.
XLII. Nella collisione delle leggi dell'una e dell'altra potestà, deve prevalere il diritto civile.
XLIII. Il potere laicale ha la potestà di rescindere, di dichiarare e far nulli i solenni trattati (che diconsi Concordati) pattuiti con la Sede apostolica intorno all'uso dei diritti appartenenti alla immunità ecclesiastica; e ciò senza il consenso della stessa Sede apostolica, ed anzi, malgrado i suoi reclami.
XLIV. L'autorità civile può interessarsi delle cose che riguardano la religione, i costumi ed il governo spirituale. Quindi può giudicare delle istruzioni che i pastori della Chiesa sogliono dare per dirigere, conforme al loro ufficio, le coscienze, ed anzi può fare regolamenti intorno all'amministrazione dei Sacramenti ed alle disposizioni necessarie per riceverli.
XLV. L'intero regolamento delle pubbliche scuole, nelle quali è istruita la gioventù dello Stato, eccettuati solamente sotto qualche riguardo i Seminari vescovili, può e dev'essere attribuito all'autorità civile; e talmente attribuito, che non si riconosca in nessun'altra autorità il diritto di intromettersi nella disciplina delle scuole, nella direzione degli studi, nella collazione dei gradi, nella scelta e nell'approvazione dei maestri.
XLVI. Anzi, negli stessi Seminari dei Chierici, il metodo da adoperare negli studi è soggetto alla civile autorità.
XLVII. L'ottima forma della civile società esige che le scuole popolari, quelle cioè che sono aperte a tutti i fanciulli di qualsiasi classe del popolo, e generalmente gl'istituti pubblici, che sono destinati all'insegnamento delle lettere e delle più gravi discipline, nonché alla educazione della gioventù, si esimano da ogni autorità, forza moderatrice ed ingerenza della Chiesa, e si sottomettano al pieno arbitrio dell'autorità civile e politica secondo il placito degli imperanti e la norma delle comuni opinioni del secolo.
XLVIII. Può approvarsi dai cattolici quella maniera di educare la gioventù, la quale sia disgiunta dalla fede cattolica, e dall'autorità della Chiesa e miri solamente alla scienza delle cose naturali, e soltanto o per lo meno primieramente ai fini della vita sociale.
IL. La civile autorità può impedire ai Vescovi ed ai popoli fedeli di comunicare liberamente e mutuamente col Romano Pontefice.
L. L'autorità laicale ha di per sé il diritto di presentare i Vescovi e può esigere da loro che incomincino ad amministrare le diocesi prima che essi ricevano dalla S. Sede la istituzione canonica e le Lettere apostoliche.
LI. Anzi il Governo laicale ha diritto di deporre i Vescovi dall'esercizio del ministero pastorale, né è tenuto ad obbedire al Romano Pontefice nelle cose che spettano alla istituzione dei Vescovati e dei Vescovi.
LII. Il Governo può di suo diritto mutare l'età prescritta dalla Chiesa in ordine alla professione religiosa tanto delle donne quanto degli uomini, ed ingiungere alle famiglie religiose di non ammettere alcuno ai voti solenni senza suo permesso.
LIII. Sono da abrogarsi le leggi che appartengono alla difesa dello stato delle famiglie religiose, e dei loro diritti e doveri; anzi il Governo civile può dare aiuto a tutti quelli i quali vogliono disertare la maniera di vita religiosa intrapresa, e rompere i voti solenni; e parimenti, può spegnere del tutto le stesse famiglie religiose, come anche le Chiese collegiate ed i benefici semplici ancorché di giuspatronato e sottomettere ed appropriare i loro beni e le rendite all'amministrazione ed all'arbitrio della civile potestà.
LIV. I Re e i Principi non solamente sono esenti dalla giurisdizione della Chiesa, ma anzi nello sciogliere le questioni di giurisdizione sono superiori alla Chiesa.
LV. È da separarsi la Chiesa dallo Stato, e lo Stato dalla Chiesa.
VII - Errori circa la morale naturale e cristiana
LVI. Le leggi dei costumi non abbisognano della sanzione divina, né è necessario che le leggi umane siano conformi al diritto di natura, o ricevano da Dio la forza di obbligare.
LVII. La scienza delle cose filosofiche e dei costumi, ed anche le leggi civili possono e debbono prescindere dall'autorità divina ed ecclesiastica.
LVIII. Non sono da riconoscere altre forze se non quelle che sono poste nella materia, ed ogni disciplina ed onestà di costumi si deve riporre nell'accumulare ed accrescere in qualsivoglia maniera la ricchezza e nel soddisfare le passioni.
LIX. Il diritto consiste nel fatto materiale; tutti i doveri degli uomini sono un nome vano, e tutti i fatti umani hanno forza di diritto.
LX. L'autorità non è altro che la somma del numero e delle forze materiali.
LXI. La fortunata ingiustizia del fatto non apporta alcun detrimento alla santità del diritto.
LXII. È da proclamarsi e da osservarsi il principio del cosidetto non-intervento.
LXIII. Il negare obbedienza, anzi il ribellarsi ai Principi legittimi, è cosa logica.
LXIV. La violazione di qualunque santissimo giuramento e qualsivoglia azione scellerata e malvagia ripugnante alla legge eterna, non solo non sono da riprovare, ma anzi da tenersi del tutto lecite e da lodarsi sommamente, quando si commettano per amore della patria.
VIII - Errori circa il matrimonio cristiano
LXV. Non si può in alcun modo tollerare che Cristo abbia elevato il matrimonio alla dignità di Sacramento.
LXVI. Il Sacramento del matrimonio non è che una cosa accessoria al contratto, e da questo separabile, e lo stesso Sacramento è riposto nella sola benedizione nuziale.
LXVII. Il vincolo del matrimonio non è indissolubile per diritto di natura, ed in vari casi può sancirsi per la civile autorità il divorzio propriamente detto.
LXVIII. La Chiesa non ha la potestà d'introdurre impedimenti dirimenti il matrimonio, ma tale potestà compete alla autorità civile, dalla quale debbono togliersi gl'impedimenti esistenti.
LXIX. La Chiesa incominciò ad introdurre gl'impedimenti dirimenti, nei secoli passati non per diritto proprio, ma usando di quello che ricevette dalla civile potestà.
LXX. I canoni tridentini, nei quali s'infligge scomunica a coloro che osano negare alla Chiesa la facoltà di stabilire gl'impedimenti dirimenti, o non sono dommatici, ovvero si debbono intendere dell'anzidetta potestà ricevuta.
LXXI. La forma del Concilio Tridentino non obbliga sotto pena di nullità in quei luoghi, ove la legge civile prescriva un'altra forma, e ordina che il matrimonio celebrato con questa nuova forma sia valido.
LXXII. Bonifazio VIII per primo asserì che il voto di castità emesso nella ordinazione fa nullo il matrimonio.
LXXIII. In virtù del contratto meramente civile può aver luogo tra cristiani il vero matrimonio; ed è falso che, o il contratto di matrimonio tra cristiani è sempre sacramento, ovvero che il contratto è nullo se si esclude il sacramento.
LXXIV. Le cause matrimoniali e gli sponsali di loro natura appartengono al foro civile.
IX - Errori intorno al civile principato del Romano Pontefice
LXXV. Intorno alla compatibilità del regno temporale col regno spirituale disputano tra loro i figli della Chiesa cristiana e cattolica.
LXXVI. L'abolizione del civile impero posseduto dalla Sede apostolica gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa.
IX - Errori intorno al civile principato del Romano Pontefice
LXXV. Intorno alla compatibilità del regno temporale col regno spirituale disputano tra loro i figli della Chiesa cristiana e cattolica.
LXXVI. L'abolizione del civile impero posseduto dalla Sede apostolica gioverebbe moltissimo alla libertà ed alla prosperità della Chiesa.
X - Errori che si riferiscono all'odierno liberalismo
LXXVII. In questa nostra età non conviene più che la religione cattolica si ritenga come l'unica religione dello Stato, esclusi tutti gli altri culti, quali che si vogliano.
LXXVIII. Però lodevolmente in alcuni paesi cattolici si è stabilito per legge che a coloro i quali vi si recano, sia lecito avere pubblico esercizio del culto proprio di ciascuno.
LXXIX. È assolutamente falso che la libertà civile di qualsivoglia culto, e similmente l'ampia facoltà a tutti concessa di manifestare qualunque opinione e qualsiasi pensiero palesemente ed in pubblico, conduca a corrompere più facilmente i costumi e gli animi dei popoli, e a diffondere la peste dell'indifferentismo.
LXXX. Il Romano Pontefice può e deve riconciliarsi e venire a composizione col progresso, col liberalismo e con la moderna civiltà.
PaoloD.
Che vale riesumare il Sillabo? E' stato superato dal contro-sillabo, da Gaudium et Spes e Dignitatis Humanae, soprattutto, ma non soltanto.
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