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sabato 10 gennaio 2009

I Vescovi e l'obbedienza al papa

Ma per quale ragione i Vescovi, nella loro maggioranza, non hanno timore di disattendere ai desideri che il Papa ha voluto esprimere nel Motu Proprio (Summorum Pontìfìcum, del 7.7.2007), che doveva liberalizzare la celebrazione della S. Messa di rito antico (secondo il Messale pubblicato nel 1962 da Giovanni XXXIII).
Il problema dell’obbedienza sorge in quanto oggigiorno risulta offuscato il significato tradizionale della collegialità, rendendo ambiguo il rap­porto istituzionale tra i vescovi e il Papa. Una volta, giammai i vescovi contrari alle di­rettive papali avrebbero osato sfida­re apertamente l'autorità del Ponte­fice. E se qualcuno lo faceva si trovava, di fatto, emarginato tra i suoi confratelli. Invece oggi, piaccia o meno, vescovi, intesi come coetus riunito in collegio con il Papa, possono considerarsi alla pari del Papa, quanto alla titolarità della summa potestas sulla Chiesa (Dichiarazioni recenti di vescovi francesi, ma non solo, lo confermano).
Sog­getto della suprema potestà nella Chiesa è solo il Papa che la condivi­de, quando voglia, con l'universalità dei vescovi da lui chiamati a Conci­lio. La potestà somma è collegiale solo per comunicazione ad nutum del Papa (non lo è di per sé, ma solo in seguito ad un comando del Papa, con il quale egli convochi i vescovi in un Concilio ecumenico, per eser­citarla assieme a lui e sotto di lui).
La Lumen Gentium sembrerebbe ribadire il concetto tradizionale del Primato : "Infatti il romano Pontefi­ce, in forza del suo ufficio, cioè di Vicario di Cristo e pastore di tutta la Chiesa, ha su questa una potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente".
E’ successo invece che una certa estensione al Collegio dei ve­scovi (con il suo Capo ovviamente ma qui ce ne andiamo in discussioni infinite sull’interpretazione nonostante i praevia) della titolari­tà della summa potestas ha com­portato la diminuzione della superio­rità del Papa nei confronti dei Ve­scovi, introducendo come una fes­sura nel Primato. E ben più di una fessura, ci sembra. Essa parrebbe addirittura attribuire la summa potestas a due soggetti distinti, in quanto organi della costituzione della Chiesa : al Papa un singulus e al Collegio dei vescovi con il Papa, in quanto coetus, con il Pontefice come suo capo. Ma una summa po­testas, che di per sé è addirittura di origine divina, può esser attribuita a due soggetti, costituzionalmente distinti ed inoltre gerarchicamente subordina­ti dato che è il Papa a nominare e disciplinare i vescovi, non questi ul­timi il Papa? No, evidentemente. Ciò darebbe origine ad una inaccettabi­le diarchia, fonte di ogni possibile confusione, concettuale e pratica, nella Chiesa.
Questi ambigui e nello stesso tempo essenziali aspetti delle "ri­forme" do­vrebbero esser chiariti una volta per tutte, per il bene delle anime. Non ci sembra saggio continuare ad impe­dirlo trincerandosi dietro la convin­zione che tutto è a posto, dal mo­mento che il Papa non è stato su­bordinato al Collegio episcopale, come volevano i rivoluzionari, i nouveux théologiens, e ha conservato il Primato, potendo egli esercitare da solo la summa potestas, al contrario del Collegio episcopale, in realtà, la superiorità del Papa non è più come nel passato, ed anzi è diventata meno chiara nel suo fondamento, se la titolarità della stessa è ora attribuita anche al Collegio con il Papa.
In conseguenza della nuova po­sizione costituzionale che sembra garantita al coetus vescovile, si è sbiadita nella mentalità generale l'immagine del Sommo Pontefice quale Vicario di Cristo che esercita unilateralmente il primato, senza dover chiedere ne rendere conto a nessuno, come è, di fatto, nelle sue prerogative sovrane.
Ragion per cui, un Motu Proprio come il Summorum Pontifìcum, con il qua­le il Pontefice ha esercitato il prima­to ordinando, in sostanza, ai vescovi di non frapporre ostacoli a coloro che avrebbero richiesto la celebra­zione della S. Messa di rito romano antico, è stato accolto dai vescovi stessi con la freddezza e l'atteggia­mento di resistenza passiva che so­no sotto gli occhi di tutti, dando an­zi vita, presso i più audaci, ad una vera e propria ribellione.

6 commenti:

  1. Se la Chiesa non fosse il corpo mistico di Cristo ma semplicemente un'organizzazione umana con regole di spartizione del potere, si potrebbe pensare che ci sia questa contraddizione nella Lumen Gentium (che ricordo è una Costituzione Dogmatica di un Concilio Ecumeninico) la quale stabilisce che la suprema potesta è del Papa e del Collegio dei vescovi sempre con il Papa. Se il corpo è unito nella fede e nella carità, non si dà conflitto: ricordiamo che il Papa è tale in quanto il vescovo di Roma è capo del Collegio dei vescovi, quindi non può esserci papa senza collegio episcopale. Non facciamo solo questioni di "potere" e di "diritto canonico", per carità! Ricordiamo la tradizione della Chiesa difesa da San Cipriano, e che trova proprio nei grandi concili ecumenici i suoi punti di snodo. Chi può aver paura addirittura dei vescovi, che per divina istituzione sono nelle loro chiese particolari "vicari e delegati di Cristo". Attenzione: non credo si faccia un favore al Papa cercando di sminuire l'autorità dei vescovi (e non in quanto singoli, ma in quanto collegio). Se i singoli possono deragliare (e spesso ragliare) il collegio presieduto dal Papa non può, è un dato di fede. Meditiamo LG 22, ma anche Pastor Aeternus del Vaticano I: Questo potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il quale i Vescovi, insediati dallo Spirito Santo al posto degli Apostoli, come loro successori, guidano e reggono, da veri pastori, il gregge assegnato a ciascuno di loro, anzi viene confermato, rafforzato e difeso dal Pastore supremo ed universale, come afferma solennemente San Gregorio Magno: "Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore" [Ep. ad Eulog. Alexandrin., I, VIII, ep. XXX]

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  2. Giuste e ben meditata parole, fr. A.R.! In realtà la dottrina millenaria sulla potestà del Papa e del Collegio dei Vescovi è sempre la stessa e sempre dovrà esserlo. Guai a sminuire l'autorità dei vescovi come collegio, siamo perfettamente d'accordo.
    Ma il post fa espresso riferimento ad una mera 'mentalità' che si è insinuata, in cui si è affievolito quel necessario 'idem sentire' tra molti vescovi e quello di Roma; ciò si è verificato, temo, anche per via della costituzione delle conferenze episcopali che a volte, sottolineo a volte, si sono frapposte come autorità intermedia, e centro di resistenza, tra i due poli (il Papa e il singolo vescovo). Due esempi tra tutti? La conf. episcopale olandese che rifiuta le correzioni richieste da Paolo VI al famigerato catechismo olandese e, ai nostri tempi, i regolamenti restrittivi contro il motu proprio emanati dalle conferenze tedesca e polacca.
    Ed è assolutamente vero che nel concetto di comunione si risolve quell'apparente diarchia tra il Papa ed il Concilio che, se ben ricordo, fu risolta nel senso ribadito dal Vaticano II già ai tempi del Concilio di Firenze, nel XV secolo.

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  3. Tutti i grandi scismi si sono giocati attorno alla figura ed al ruolo del Sommo Pontefice. Mi permetto di riaffermare con estrema forza il necessario ruolo del Papa che non tanto come Vescovo di Roma, ma soprattutto come Successore di Pietro, di Colui cioè che ha ricevuto direttamente da Nostro Signore Gesù Cristo tale suprema investitura. Quindi, secondo il mio modestissimo parere, i Vescovi che pubblicamente e platealmente e reiteratamente discutono l'Autorità papale si pongono automaticamente in una condizione di prescisma. Aggiungo che le nostre Diocesi non sono chiese autocefale come, ad esempio nella Chiesa Ortodossa, ma sono sottoposte al primato del Successore di Pietro, primo Papa per diretta investitura divina.

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  4. Tutti i grandi scismi si sono giocati attorno alla figura ed al ruolo del Sommo Pontefice. Mi permetto di riaffermare con estrema forza il necessario ruolo del Papa che non tanto come Vescovo di Roma, ma soprattutto come Successore di Pietro, di Colui cioè che ha ricevuto direttamente da Nostro Signore Gesù Cristo tale suprema investitura. Quindi, secondo il mio modestissimo parere, i Vescovi che pubblicamente e platealmente e reiteratamente discutono l'Autorità papale si pongono automaticamente in una condizione di prescisma. Aggiungo che le nostre Diocesi non sono chiese autocefale come, ad esempio nella Chiesa Ortodossa, ma sono sottoposte al primato del Successore di Pietro, primo Papa per diretta investitura divina.

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    1. tuttavia....
      accade che in molte diocesi, in occasione di richieste della Messa antica, molti si sentano rispondere bruscamente, per motivare il rifiuto: "IL Papa sta a Roma, qui comando io!"

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