E' quanto riferisce il blog francese Le salon beige, riportando il contenuto apparso su un articolo della rivista Monde et vie.
Se la voce che riportiamo fosse confermata, si tratterebbe di uno sviluppo di estremo interesse. Attualmente la Commissione Ecclesia Dei funziona un po' come una piccola Congregazione per il Culto dedicata esclusivamente al rito antico; mentre la Congregazione propriamente detta ha competenza solo sulla forma ordinaria. E' evidente che un'integrazione istituzionale dei due enti rappresenterebbe la fine di un'anomalia e, insieme, il riconoscimento della piena "normalità", e non eccezionalità, del rito antico, che entrerebbe ancor più stabilmente nella vita ordinaria della Chiesa.Il Papa - si legge - approfitterebbe dell'arrivo alla Commissione per il Culto divino di un Prefetto di sua piena fiducia, come il card. Canizares, per riorganizzare completamente la Commissione Ecclesia Dei (di cui tra l'altro il card. Canizares è già membro). Al momento del pensionamento del card. Castrillòn Hoyos, che ha quasi 80 anni, la Pontificia Commissione diverrebbe un dicastero della Congregazione per il Culto divino, con a capo l'attuale vicepresidente mons. Perl, che per l'occasione sarebbe consacrato Vescovo. Mons. Perl (a fianco), nota l'articolista, è l'uomo che a Roma conosce meglio il mondo tradizionalista in tutti i suoi aspetti; ha l'orecchio del Papa e, in più di una occasione, la sua diplomazia ha fatto meraviglie.
D'altro lato, occorre ricordare che la Pont. Commissione Ecclesia Dei non ha un ruolo limitato a disciplinare questioni di rito e di calendario. Ne ha, o dovrebbe averne, uno ancor più essenziale, in questi tempi di persistenti persecuzioni antitradizionali: fungere da organo supremo di ricorso quando l'opposizione di un vescovo non consenta di trovare spazio ad un gruppo stabile che reclama la celebrazione della Messa in forma straordinaria. Lo prevedono espressamente gli artt. 8 e 12 del motu proprio (vedili qui). Orbene: finora l'Ecclesia Dei ha svolto quest'ultimo compito, che pur al momento sarebbe, ripetiamo, il più importante, in modo percepito come timido ed esitante. Forse perché siamo pur sempre in attesa di quelle istruzioni applicative del motu proprio che giacciono, da mesi, sulla scrivania del papa, e che dovrebbero fornire alla Commissione poteri davvero cogenti (uno su tutti: poter imporre ad una diocesi recalcitrante l'installazione di sacerdoti di qualche fraternità tradizionale, che abbondano di preti ma trovano difficoltà a farsi accogliere dai vescovi).
Nulla esclude che tali futuri, auspicabili nuovi poteri possano essere esercitati, anziché restando in "splendido isolamento", nell'ambito più ampio della Congregazione per il Culto divino: l'attuale Prefetto Canizares (per non parlare del Segretario Ranjit) dà sufficienti garanzie di energia e determinazione. Quel che serve senz'altro è un aumento sensibile degli effettivi della Commissione e, forse, la fusione con la Congregazione potrebbe liberare energie e creare sinergie per affrontare la mole di lavoro, sempre crescente grazie all'espansione della liturgia antica. Ma è anche vero per contro che, annegata in una struttura più ampia, l'Ecclesia Dei potrebbe perdere autonomia; ipotesi preoccupante nel caso che, in un deprecabile futuro, la Congregazione tornasse in mano a seguaci di Mons. Bugnini. Un'eventualità da incubo; ma, incubo per incubo, nulla escluderebbe allora l'infilitrazione di modernisti anche all'interno dell'Ecclesia Dei, pur se questa rimanesse una Commissione a sé stante.
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