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venerdì 17 luglio 2020

Pizzi e merletti - III parte: inammissibile rifiutare il Messale 1962

Terza parte (qui la seconda e qui la prima); 


Quando la passione per la Liturgia porta

a non capire più la Sua natura 
III parte 

di Guido Ferro Canale 


Il rifiuto del Messale del 1962: sua inammissibilità giuridica e morale
Considerato che l'autore rifiuta “le riforme del XX secolo”, dovrei supporre che egli rifiuti anche quelle di S. Pio X; ma siccome Traditio Marciana ha pubblicato, a quanto pare, un Ordo per le celebrazioni secondo il Messale del 1952 (che però non ritrovo sul loro blog), suppongo che egli si sia lasciato prendere un tantino la mano dalla foga e che la sua obiezione di coscienza, se tale si può definire, non riguardi che le riforme di Pio XII e di Giovanni XXIII.
Questo, però, non rende meno grave la posizione assunta.
In primo luogo, è evidente che, o i due Personaggi citati non erano Papi, oppure godevano esattamente della stessa autorità dei loro predecessori: non ci sono vie di mezzo, perché par in parem non habet imperium. S. Pio V non avrebbe potuto, nemmeno se avesse voluto, impedire ad alcun suo successore di modificare il Messale, o una qualsiasi altra delle proprie leggi; fanno eccezione solo le definizioni dogmatiche, per il semplice motivo che esse riconoscono e dichiarano (infallibilmente) l'autorità di una Legge superiore. Del resto, lo stesso mio odierno contraddittore riconosce, implicitamente, la legittimità di tutte le modifiche anteriori al XX secolo (o al 1951: voglio augurarmi che non gli faccia problema l'istituzione della festa di Cristo Re...) e, per come sviluppa il suo ragionamento, del potere della S.R.C. di concedere
dispense dalle rubriche o tolleranza a prassi difformi. Il che, se vogliamo essere rigorosi, rende contraddittoria la sua affermazione secondo cui “Le norme liturgiche sono stabilite dalla Quo primum tempore”.
Le cose non vanno meglio se consideriamo quella che sembra la ragion d'essere della sua protesta: le riforme da lui contestate avrebbero “intaccata” la “autentica tradizione liturgica romana”.
Vorrei in primo luogo osservare che, nello specifico ambito di cui trattiamo, autentico” significa “proveniente dall'autorità. Come nel caso della collezione dei decreti della S.R.C., ad esempio. E, in effetti, nessuna tradizione ecclesiastica va mai disgiunta dall'autorità; anzi, ad essa rimane sempre soggetta.
Ma mentre la Tradizione Apostolica, che fa parte integrante della Divina Rivelazione, è immutabile e il Papa che tentasse di mutarla agirebbe in carenza di potere (a parte il rischio di cadere in eresia e fors'anche di perdere l'ufficio stesso), le tradizioni umane, appunto perché umane, sono passibili di mutamento.
L'autore non impiega la maiuscola e in più parla di “tradizione romana”, quindi solo di un rito tra i tanti che la Chiesa riconosce: si pone senz'altro, e per fortuna, sul piano della tradizione umana.
Allora, però, deve riconoscere che, in linea di principio, il Papa può abrogare qualunque legge umana. Non importa quanto sia antica o venerabile o sentita come importante: questi elementi rilevano per un giudizio di opportunità dell'esercizio del potere, non certo per l'esistenza del potere stesso. Anche solo pensare il contrario sarebbe eresia, giacché il Vaticano I ha definito che in questo mondo la potestà del Papa è suprema piena, il che evidentemente esclude che alcun'altra autorità umana possa limitarla.
In effetti, S. Pio V si è avvalso proprio di questo potere per rendere obbligatorio l'uso del Messale Romano nei termini anzidetti, nonché per consentirne l'uso anche a chi, in forza di norme locali o personali, sarebbe stato tenuto a utilizzarne un altro. Vogliamo forse dire che non poteva farlo? Non credo davvero!
Può darsi che l'autore intendesse qualcosa di meno e che, una volta di più, la foga gli abbia preso la mano, ma affermare sic et simpliciter che “Le norme liturgiche sono stabilite dalla Quo primum tempore” implica una supposta intangibilità della stessa da parte di norme posteriori, in particolare il Messale del 1962 e/o il “Summorum Pontificum”. E siccome “Non solo è scismatico chi si separa totalmente dall'autorità del R. Pontefice, ma anche chi ne nega l'autorità solo in qualche materia particolare” (M. da CasolaCompendio di Diritto Canonico, Genova 1967, pag. 1320), quest'affermazione, che ha tutta l'aria di negarla rispetto alla liturgia, sa di scisma; se poi, alla luce del commento in cui l'autore l'ha ribadita e spiegata, va intesa nel senso che una pretesa “autentica tradizione” umana limiterebbe oggettivamente la potestà pontificia, sa addirittura di eresia.
Questione diversa, invece, è il diritto di resistenza ad una legge ingiusta. Questo può esistere, a certe condizioni, e immagino che l'autore intendesse riferirsi ad esso.
Va però notato, appunto per apprezzare la differenza, che si tratta di un limite soggettivo, legato cioè a particolari circostanze in cui versano i sudditi, e perché non si riferisce alla potestà in sé, ma alla forma concreta assunta dal suo esercizio. Le conseguenze pratiche sono facilmente intuibili: se Tizio non è Papa e/o non ha il potere di emanare norme su una data materia, ma emana comunque una legge in 120 canoni, tutti quei canoni sono carta straccia; se invece ha titolo e potere, ma uno di quei canoni crea problemi, gli altri 119 entrano senz'altro in vigore e vanno osservati senza che l'unico altro possa fungere da pretesto per la disobbedienza generale.
Ciò posto, vorrei ricordare due princìpi fondamentali in subiecta materia:
1.      una legge inopportuna non è, per ciò solo, una legge ingiusta;
2.      comunque, in ragione dello scandalo obbligano anche le leggi ingiuste, a meno che non dispongano direttamente contro il diritto divino
Una diversità di opinioni sul modo migliore di perseguire il bene comune in una data situazione storica è sempre possibile, anzi, rientra nella normalità delle cose; ma il semplice fatto che esistessero alternative preferibili o anche obiettivamente migliori alla legge adottata può renderla forse inopportuna (punto su cui comunque occorre cautela, perché i singoli sudditi non sanno, in genere, quali considerazioni abbiano mosso il legislatore), però non la rende ingiusta.
Ingiusta, ci avverte l'Aquinate (I-II, qu. 96, a. 4, in c.) è la legge contraria al bene comune. Non semplicemente perfettibile – lo sono tutte, in un certo qual modo... la stessa natura umana, nello stato presente, è perfettibile! - ma dannosa.
Anche in questo caso, comunque, occorre distinguere.
Se il legislatore esorbita dal proprio potere, o se persegue disegni e ambizioni personali in luogo del bene comune, questo lede il bene umano; e leggi del genere possono comunque obbligare anche in coscienza, in ragione e proporzione dello scandalo che l'inosservanza cagionerebbe... scandalo che, in quanto peccato grave ex genere suo, lederebbe il bene divino, la salvezza delle anime.
Altrimenti, le leggi possono essere ingiuste per contrarietà al bene divino, come le leggi dei tiranni che inducono all'idolatria, o a qualunque altra azione che sia contraria alla legge divina. E tali leggi non è in alcun modo lecito osservare, giacché, com'è detto nel cap. V degli Atti degli Apostoli, 'Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini'.” (ibid.). Qui non ci può essere scandalo che tenga, perché il Quinto Comandamento non contraddice certo il Primo, che del resto è Primo per una ragione precisa.
Che poi il cambiamento delle leggi sia in sé stesso un male e richieda una causa proporzionata (I-II, qu. 97, a. 2) è verissimo, ma si riferisce alla valutazione che il legislatore deve compiere prima; una volta che egli abbia comunque deciso per la modifica, il fatto che ragioni e giustificazioni non convincano granché non basta per negare ad essa autorità o forza obbligante; occorre, come minimo, non che sia una legge poco avveduta, capricciosa o perfino arbitraria, ma che sia nociva. E dunque ingiusta, nei due sensi appena detti, con le relative conseguenze.
Tutto questo, però, vale per la legge considerata rispetto alla generalità dei casi cui si dovrebbe applicare.
Bisogna allora aggiungere che l'obbligatorietà della legge inopportuna può cessare nel caso particolare, purché sia appunto particolare e non quello chiaramente inteso e previsto dal legislatore: si presume che egli non intenda mai richiedere uno sforzo erculeo per l'osservanza dei precetti che emana e che, anzi, sarebbe pronto ad adattarli alle circostanze più diverse, sol che le conoscesse (I-II, qu. 96, a. 6 e qu. 97, a. 4). Appunto questo, nella materia in esame, era il senso dei poteri all'uopo conferiti alla S.R.C.
Tuttavia, non sembra affatto che l'autore rappresenti una specifica situazione locale o di taluni soggetti: la sua obiezione è generale e di principio, la contrarietà alla “autentica tradizione liturgica romana”.
Ma poiché si tratta – al massimo, anzi, proprio a voler tutto concedere - di una contrarietà al bene umano, le leggi contestate obbligherebbero comunque, almeno a motivo dello scandalo. Specialmente sotto questo profilo, trovarsi ad essere “tra i pochi in Italia” a tenere una simile condotta dovrebbe essere motivo di ripensamento e riflessione, non già di vanto.
Sul piano giuridico, il m.p. Rubricarum instructum di Giovanni XXIII abroga anche le consuetudini immemorabili (“Item statuta, privilegia, indulta et consuetudines cuiuscumque generis, etiam saecularia et immemorabilia, immo specialissima atque individua mentione digna, quae his rubricis obstant, revocantur”); sarebbero necessari quarant'anni di costante comportamento contrario da parte di tutta una comunità per far nascere una – nuova - consuetudine contra legem, capace di prevalere sulla legge stessa, e il caso non mi sembra nemmeno ipotizzabile. Tantomeno si può pensare di rifarsi all'indulto perpetuo di S. Pio V: come tutte le norme disciplinari, esso è perpetuo solo finché un altro Papa non disponga diversamente... e qui la clausola abrogativa include chiaramente qualunque indulto.
Sul piano morale, essendo chiaro e spero anche pacifico che non ci troviamo di fronte ad un caso in cui la resistenza è doverosa – salvo che davvero qualcuno ritenga che stoloni e pianete plicate siano di diritto divino... - mi sembra certo che non è nemmeno lecita. Sia per l'evidenza dello scandalo che genera anche tra i buoni, sia per il facile argomento che offre agli avversari del tradizionalismo, ma soprattutto per difetto di una causa sufficiente. Si può senz'altro discutere anche sulle riforme degli anni Cinquanta e le critiche argomentate, p.es. a quella della Settimana Santa, non mancano davvero; ma siamo nel campo della legge inopportuna, non della legge ingiusta. La miglior prova mi sembra che stia nell'assenza di scandalo al tempo della loro introduzione: mentre la Messa anni '60, direi già quella del 1965 e a maggior ragione il Novus Ordo, è apparsa da subito - a tutti, inclusi coloro che si sono adeguati alla novità – come un'altra cosa rispetto a quella di prima, altrettanto non è successo per le riforme anteriori. E potrei aggiungere che mi sembra pienamente condivisibile, se vera in punto di fatto, la ragione pastorale fondamentale addotta per detta riforma: ai maxima Redemptionis Nostrae Mysteria non assisteva quasi nessuno, perché si celebravano in momenti ormai divenuti lavorativi da tempo, tanto che il Triduo Sacro non è più di precetto dai tempi di Urbano VIII. Chiaro che il cambiamento di orario imponeva, soprattutto per la Veglia Pasquale, tagli drastici; come poi sia stata attuata la riforma è ben altra faccenda, che si presta a critiche di ordine pratico ancor più che simbolico, ma qui mi preme la questione di principio: il legislatore non ha forse il potere di mutare la legge in vista del bene comune? Non è forse questa la definizione stessa della potestà legislativa?
In definitiva, insomma, torniamo al discorso di prima: codesto appello ad una pretesa “autentica tradizione liturgica romana” non basta neanche lontanamente per giustificare il rifiuto pubblico dell'osservanza di una legge.
Del resto, già si è detto che la celebrazione contra legem è antiliturgica per definizione. Il discorso si potrebbe dunque chiudere qui.
Tuttavia, vale la pena di affrontare comunque nel merito la questione da cui siamo partiti, il famoso o famigerato problema dei pizzi. Perché, se il ragionamento svolto dall'autore deve, come vorrebbe la logica, esser considerato un esempio del suo modo di ricostruire e dimostrare cosa preveda la suddetta “autentica tradizione liturgica romana”, è giocoforza concludere che essa:
1.      non ha base storica, tantomeno è una tradizione;
2.      non è liturgica e nemmeno romana, per esser del tutto estranea al diritto liturgico del rito romano;
3.      non è “autentica” in nessun significato dell'aggettivo, tranne forse quello heideggeriano di rispondenza alle più sincere convinzioni del soggetto.  
Conclusioni pesanti, me ne rendo conto. E dunque vado a dimostrarle.






28 commenti:

  1. Grazie Avv.Guido Ferro Canale per quanto ha voluto donare per la riflessione e per l'approfondimento di tutti noi che ci abbeveriamo alle fresche sorgenti della Liturgia antica.
    Abbiamo bisogno di approfondire questi argomenti per rinnovellare il comune "sentire cum Ecclesia" per sentirci più comodamente operanti dentro le nostre diocesi e dentro le nostre parrocchie: all'interno di casa nostra.
    "...ai maxima Redemptionis Nostrae Mysteria non assisteva quasi nessuno...Chiaro che il cambiamento di orario imponeva, soprattutto per la Veglia Pasquale, tagli drastici...il legislatore non ha forse il potere di mutare la legge in vista del bene comune? Non è forse questa la definizione stessa della potestà legislativa?"
    Il nostro comune "sentire cum Ecclesia" rinvigorisce anche la preziosa vocazione missionaria dei nostri gruppi liturgici: la Liturgia antica è un bene prezioso per tutta la Chiesa soprattutto nel terribile momento che stiamo vivendo! Grazie alla Redazione di MiL per questo dono estivo.

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  2. Dopo avere letto attentamente le argomentazioni sciorinate in questo articolo, incomincio a domandarmi chi me lo fa fare ad impazzirmi per trovare un posto dove andare a Messa, quando essa si dice tutti i giorni nella mia parrocchia , dove si usa il Messale promulgato con tutti i crismi della legalità dai Pontefici succeduti al “papa buono” ? Vuoi vedere che il mio modo di vivere la Fede “induce almeno un sospetto di eresia “ ?

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    1. Infatti il sospetto c'è. Se uno pensa che i Papi dopo Pio XII non siano veri Papi o siano in qualche misura eretici (e con loro tutti i vescovi del mondo tranne i lefebvriani), i casi sono due: o sono eretici i Papi, o è eretico chi pensa che lo siano.

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    2. Il sr. Anonimo delle 14:28 del 17 luglio e, con lui, la nutrita compagnia dei distributori dell'attestato di "eretico" non hanno letto (o hanno dimenticato) ciò che dice il n. 363 del Catechismo Maggiore di San Pio X. Domanda : Che cosa è l'eresia ? Risposta : L'eresia è un errore colpevole dell'intelletto, per cui si nega con pertinacia qualche verità della Fede.

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    3. Angelo Busico18 luglio 2020 13:46

      Si legga la "Pastor Aeternus" di Pio IX, Concilio Vaticano I, dogma di infallibilità una legge della Chiesa. Si chiami scismatico ma non certo nell'ovile di Pietro non accettando i Papi preconciliari!

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    4. Anche la successione apostolica è una verità di Fede, così come la consegna delle chiavi a Pietro e la promessa dell'assistenza dello Spirito Santo. Se si dice che un Concilio di 4000 vescovi col Papa era farlocco dunque non assistito dallo Spirito, se si dice che sei Papi in 60 anni non sono Papi o lo sono in modo tarocco e dunque Cristo ha lasciato la Chiesa in mano ad impostori illuminando solo 4 vescovi lefebvriani sui 5000 del mondo e lasciando 1 miliardo di fedeli cattolici in balìa di una gerarchia farlocca alla quale si può bellamente disubbidire perché si è deciso che l'assistenza dello Spirito Santo è finita nel 1958 (e secondo alcuni era un Papa mezzo farlocco perfino Pio XII perché aveva Bugnini tra i collaboratori) beh,se non è eresia ahahah

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  3. Spiace che su temi, problemi e questioni di stretta natura liturgica debbano prendere la parola dei giurisperiti, i quali, purtroppo, affrontano i suddetti temi, e non mi riferisco ai pizzi, colla "forma mentis" tipica di un giurista che, anche nel caso del sig. avvocato Ferro Canale, un giovane avvocato formatosi all'Università di Genova (mi correggano se sbaglio), mi sembra, nonostante la sua conoscenza dell'Aquinate, quanto profonda o superficiale non saprei, semper salva bona fide, attraversata e caratterizzata dall'onnipresente possanza e quasi sacralità della LEGGE in quanto tale, anche quella umana. Penso che sia una inevitabile deformazione professionale di ogni avvocato. Inoltre, soprattutto in questi tristissimi tempi, anche i migliori giuristi, come il sig. avvocato Ferro Canale, cioè quelli che ancora riconoscono l'esistenza di una legge morale naturale e di un diritto naturale al quale le leggi umane devono conformarsi, conservano sempre una certa, mi si passi il termine, latria della legge. Questo, a mio parere, non è il punto di vista migliore per trattare di liturgia che è il culto pubblico della religione della chiesa Cattolica, l'unica vera. Anche la Liturgia è una legge, che però fonda ampiamente le sue radici e le sue motivazioni anche nella più, apparentemente, insignificanti rubriche, nella Rivelazione e nella Tradizione. Non si confonda la legge umana con la legge del culto pubblico al vero ed unico Dio.
    Johannes Capreolus

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  4. E ciò è tanto più grave, in particolare, quando si introduce la divisione, proprio là dove congvegavit nos in unum Christi amor, nella Liturgia e nel Sacrificio Eucaristico, rifiutando l’ossequio alle norme definite in campo liturgico. È nel nome della Tradizione che noi domandiamo a tutti i nostri figli, a tutte le comunità cattoliche, di celebrare, in dignità e fervore la Liturgia rinnovata. L’adozione del nuovo «Ordo Missae» non è lasciata certo all’arbitrio dei sacerdoti o dei fedeli: e l’Istruzione del 14 giugno 1971 ha previsto la celebrazione della Messa nell’antica forma, con l’autorizzazione dell’ordinario, solo per sacerdoti anziani o infermi, che offrono il Divin Sacrificio sine populo. Il nuovo Ordo è stato promulgato perché si sostituisse all’antico, dopo matura deliberazione, in seguito alle istanze del Concilio Vaticano II. Non diversamente il nostro santo Predecessore Pio V aveva reso obbligatorio il Messale riformato sotto la sua autorità, in seguito al Concilio Tridentino.

    La stessa disponibilità noi esigiamo, con la stessa autorità suprema che ci viene da Cristo Gesù, a tutte le altre riforme liturgiche, disciplinari, pastorali, maturate in questi anni in applicazione ai decreti conciliari. Ogni iniziativa che miri a ostacolarli non può arrogarsi la prerogativa di rendere un servizio alla Chiesa: in effetti reca ad essa grave danno.

    http://w2.vatican.va/content/paul-vi/it/speeches/1976/documents/hf_p-vi_spe_19760524_concistoro.html

    questo diceva Paolo VI ai fedeli che volevano mantenere il Messale preconciliare, ed è chiaro che secondo la sua mens il Messale preconciliare, in tutte le sue forme (salvo pochi indulti legati a quello del 1965) doveva sparire. puff!

    gli argomenti adotti allora dall'Augusto Pontefice (eccetto per l'interpretazione di Quo Primum) sono gli stessi dell'avvocato Canale

    per fortuna che allora qualcuno si impuntò e disobbedì alle legge

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  5. Grazie infinite per questo prezioso studio in tre parti. Mi ha chiarito molte particolarità.
    Spero che il giovane veneziano, che conosco essere bravo e appassionato al Vetus Ordo, faccia tesoro di questi insegnamenti e ritorni a organizzare Messe secondo l'unico Messale tradizionale valido, quello del 1962. Non riesco a capire come i sacerdoti della Fraternità di San Pietro che celebrano a San Simon Piccolo si siano adeguati alle sue personali interpretazioni.

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    1. perchè esiste un permesso della defunta Ecclesia Dei per celebrare la Settimana Santa con il Messale pre-Pio XII per le comunità della FSSP che lo richiedano
      e dire che il Messale del '62 è l'unico valido è discutibile, mi pare ci siano in giro indulti che permettono in alcuni posti l'uso del Messale del 1965. e non parliamo poi dei 'riti tradizionali' non romani ancora in vita come il lionese, l'ambrosiano e il braghense

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    2. Per lei un decreto papale è discutibile? Se si crede all'autorità della Chiesa, un decreto liturgico non può essere discutibile ed esso sostituisce tutti gli indulti precedenti. Voi siete solo degli speculatori perditempo che vi attaccate a queste futili discussioni per dire se una Messa è valida o no. Siete ridicoli. Invece di perdere tempo su queste banalità andate a servire Messa, vista la carenza di chierichetti e mettete in pratica il Vangelo di Gesù Cristo e seguite l'esempio del Salvatore che mai nominate nelle vostre aride e prolisse dissertazioni. Gli avvocati, come i liturgisti sono da sempre quelli che Gesù chiamava zizzania o mercanti del Tempio. Che tristezza banalizzare il sacrificio di Cristo con tutti questi abusi aggiunti nei secoli.

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    3. il Summorum non abroga gli indulti precedentemente concessi, come non abroga i riti occidentali non romani

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  6. Di questo fantomatico permesso della Commissione Ecclesia Dei tutti parlano, anche in modo diverso: c'è chi dice che sia sperimentale ad triennium (periodo peraltro ormai trascorso), c'è chi dice che sia senza condizioni. Però qualcuno ha visto questo benedetto pezzo di carta? Sul sito del Vaticano non si trova, in quello della Commissione neppure, men che mai in quello della Congregazione per il Culto divino, e neppure in quello della Fraternità San Pietro. Ma esisterà davvero? Oppure anche i tradizionalisti "libito fan licito in lor legge"?

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  7. Mancavano gli avvocati! Ma qualche masturbazione mentale in meno e qualche corona di Rosario in più è proprio così disdicevole?
    Posso ricordare, dalla bassezza della mia ignoranza, senza avere lauree o pratica forense che le questioni liturgiche sono di competenza INNANZITUTTO dei sacerdoti? Vedere laici con evidente sovrabbondanza di tempo libero che si accapigliano su questioni di pizzi e messali mi fa piegare in due dalle risate quando non mi fa alzare gli occhi al Cielo dal compatimento. Sembrate le bambine che giocano al tè con le bambole. Cavilli, postille, avvocati, e quello che segue gli usi del 1600, e quello che vuole i paramenti del 1200, e quel messale sì, e quel messale no. Siete così tranquilli nella vostra vita spirituale, nella lotta alle tentazioni e ai vizi e nell'accrescimento delle virtù da perder tempo con 'ste robe? Poi vi offendete se qualcuno pensa che la tradizione si tutta pizzi, merletti e incenso.

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    1. E' la primavera conciliare: i Laici che sostituiscono i sacerdoti!

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    2. liturgia significa 'opera pubblica' e l'atto liturgico non è compito dei soli sacerdoti, ministri di Cristo, ma anche dei laici che vi partecipano sotto nei loro ruoli
      e come tale i fedeli devono studiare la liturgia, il suo significato e la sua storia al fine di parteciparvi più fruttuosamente
      l'ignoranza liturgica del popolo era ed è una piaga della Chiesa e ha contribuito di molto al disastro attuale

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    3. Perché, pestarsi per la forma di una pianeta o questionare di quanti gradi ti devi inchinare è cultura liturgica? A me sembra voglia di costruirsi una pratica da bricolage fai da te, che spesso sconfina nel ridicolo o nella superbia di voler aggiustare il tiro rispetto a quanto la Chiesa richiede, facendo prevalere il mio gusto personale o una pretesa "purezza" di un gesto piuttosto che di un altro o di un uso rispetto ad un altro.
      Ma te lo vedi S. Domenico Savio fare capannello coi compagni per deprecare la forma del manipolo di don Bosco o disquisire su che tono ha usato per cantare il Vangelo a Pasqua? Dai, siamo seri...un conto è approfondire e conoscere ogni aspetto della religione, compresa la liturgia, altro è inorgoglirsi e sbattere i piedi perché si usa il messale del '62 o perché una nonna della parrocchia ha fatto un tramezzo all'uncinetto per il camice e a me pare che sia di cinque centimetri più alto del dovuto.
      E poi l'ignoranza liturgica chi la dovrebbe curare? Non dovrebbe essere appunto il sacerdote a spiegare il significato della liturgia attraverso prediche, catechesi e conferenze?

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    4. concordo che dovrebbe essere il sacerdote a curare la formazione liturgica del suo gregge, ma purtroppo molti di loro sono anch'essi ignoranti, sennò gli abusi liturgici non prolifererebbero come li vediamo
      visto che la catechesi è carente sta al fedele formarsi rettamente

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    5. I laici "partecipano" poco alla liturgia persino nel NO, figurarsi nel vetus: lì contano meno di zero, sono considerati degli analfabeti che non possono fare altro che dire amen e cum spiritu tuo. Manco il Pater Noster sono ritenuti degni di recitare ahah. Dei laici la messa tridentina fa volentieri a meno, tanto che se ci sono più sacerdoti ognuno dice la sua messa al suo altarino e i laici dicono il rosario per conto loro.

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    6. A una messa cantata o solenne i laici a mio avviso partecipano più che a una qualsiasi messa domenicale in parrocchia
      La partecipazione non è solo nelle risposte

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    7. 8:24, va' a ciapà i ratt! Te, invece, che rispondi tutto, chissà cosa capisci delle vostre baracconate! Niente, immagino, viste le stupidate che vomiti. Modernisti...ma quand'è che vi estinguerete?

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    8. Beh, ne capisco abbastanza, ho un po' di esperienza. Ho anche avuto l'onore in una Messa di stare al fianco di un cardinale, e dall'altra parte c'era il secondo cerimoniere di Wojtyla e Ratzinger.

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    9. Quindi "stare al fianco di un cardinale" dovrebbe essere una garanzia? Cos'è, si assorbe qualcosa per via osmotica?
      Comunque qui si parla di Messa cattolica e, da come ne blateri, non pare proprio che sia il tuo campo visto che secondo te la Chiesa, per millenni, ha considerato i Fedeli (compresi i santi?) degli "analfabeti che non possono fare altro che dire amen". Forse l'esperienza che hai te non è che sia tutta sta meraviglia, nonostante i cardinali e i cerimonieri.

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    10. Infatti tu mi hai chiesto cosa capisco delle "baracconate" moderniste, e io ti ho risposto che quelle le conosco bene: cioè conosco bene la Messa cattolica secondo il rito di Paolo VI. Per le baracconate tradizionaliste ammetto di non avere esperienza perché ho assistito solo a due o tre Messe dal vivo e qualcuna sul web e non mi sono piaciute, ma rispetto molto chi ama quel rito venerabile e non insulto esso e chi vi partecipa, come accade invece all'inverso.

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    11. Ah ok...basta capirsi. Ma ti invito a non chiamare "Messa cattolica" il rito di Paolo VI. La sua genesi ed i suoi fini sono proprio stati quelli di sradicare il cattolicesimo dalla liturgia. Quella roba è tutto tranne che cattolica. La volete fare, bene (figuriamoci...c'è gente che adora gli alieni!), ma non arrogatevi titoli che non vi competono. Lì non c'è cattolicesimo, ben rappresentato invece da quelle che tu chiami "baracconate tradizionaliste" (già che "non ti piacciano", come se la liturgia fosse un paio di pantaloni, la dice lunga), cioè i riti che celebrarono sacerdoti del calibro di S. GIovanni Maria Vianney, S. Tommaso d'Aquino, S. Pio V, S. Pio X, S. Francesco di Sales, S. Carlo Borromeo, don Bosco, Padre Pio...non so se capisci la questione, visto che secondo te questi santi ammaestravano "analfabeti che sapevano solo rispondere amen"...certo, non c'erano le cubiste e non si saltava e si ballava in chiesa, ma si sono create generazioni di anime che si sono santificate ed hanno costruito una società cristiana. Società che i "padri fondatori" dello status quo han pensato bene di distruggere con veri e propri colpi di mano e pizzini anonimi: Roncalli, Bugnini, Montini, Rahner, Theillard, fino ad arrivare all'apoteosi bergogliana che abbiamo sotto gli occhi oggi.
      La Fede è una ed è espressa in un unico modo. Assurdo parlare di "due forme" (casomai le diverse forme sono il rito romano, il rito ambrosiano, il rito lionese, il rito braghense, il rito mozarabico, il rito di S. Giovanni Crisostomo...che, pur nelle diversità apparenti esprimono gli stessi concetti e la stessa Fede) quando si è di fronte ad una rivoluzione che ha creato differenze così stridenti. E il modo di celebrare è la cartina di tornasole per la Fede. Non a caso, la maggioranza dei preti cattolici ormai non crede più nella Presenza Reale ed insegnano che la messa "è una festa"...chi sarebbero gli analfabeti poi?
      Quale accordo tra Dio e belial?

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    12. Queste cose qua si potrebbero definire baracconate? Perfino il valletto in costume del Settecento...

      https://www.google.it/search?q=istituto+cristo+re+cappa+magna&tbm=isch&tbs=rimg:CaKieinDshYwIkBzEecLFHpJufi6k9OpkN98dipB1GTR3C622D-VakwZgN0p-r9OlP4haDUUt-6aOSlQMpAn5Yrf0nPNEOtrKbDuKhIJcxHnCxR6SbkRRmJrl2ONcMgqEgn4upPTqZDffBHNFoeFPsyRFSoSCXYqQdRk0dwuEc0Wh4U-zJEVKhIJttg_1lWpMGYAR-GRxnWYsuBcqEgndKfq_1TpT-IRGj8ShJgC9cQioSCWg1FLfumjkpEYIkQsWeVJtPKhIJUDKQJ-WK39IRIkrnBv083cMqEglzzRDraymw7hFjxo5778ItDmHNFoeFPsyRFQ&tbo=u&sa=X&ved=0ahUKEwir-qezzefqAhWFMewKHagTB4cQuIIBCCU&biw=360&bih=559#imgrc=oqJ6KcOyFjAMCM

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    13. Non cambiare maldestramente argomento: qui si sta parlando di rito, parole, TESTO, e sua genesi, non di foto o attuazioni pratiche.
      Personalmente non sono fedele dell'ICRSS e nutro per loro ben poca simpatia, ma ti chiedo, mettendola sul piano delle immagini, se è peggio il rito cattolico celebrato con una anacronistica "pompa magna" o un rito paraprotestante "celebrato" da sedicenti preti vestiti da clown (veri clown intendo eh..con parrucca e naso finto), magari senza paramenti o in scarpe da tennis, con "calice" di plastica e su un tavolo preso dalla cucina (tutte cose viste coi miei occhi eh...non sto inventando niente).
      Ti chiedo, sempre per parlare di attuazioni pratiche, se è più tragicomico il valletto in costume del settecento o un "don" Gallo che, sciarpa rossa al collo, cantava bella ciao alla fine della "messa".
      È più ridicolo vedere dei fedeli comunicarsi in ginocchio tra paramenti luccicanti o vedere un cardinale, capo della Conferenza Episcopale Italiana, dare la "comunione" a favore di telecamera ad un noto transessuale esponente politico di un partito di matrice comunista?

      Sinceramente non riesco a trovare nessun campo in cui il rito uscito dalla mente di Bugnini sia vincente rispetto al rito bimillenario tramandato dagli apostoli...piuttosto trovo incomprensibile che qualcuno lo difenda ancora, visto i disastri che ha prodotto.

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  8. I apologise for writing in English. When the News Mass was introduced in England there were a number of priests and faithful laity who resisted and refused to use it - not many but some.There was a conference of these priests - I cannot remember the date -of these who formed the core of the latin Mass traditional movement.They were all agreed to go back to the pre-Pius Xii/John XXIII reforms and use the really "old" Missal without any recent reforms.It was agreed; they believed that they had lost the Old roman rite and they would go back.This was the practice in England for many years.I think it was the Lefebvre introduction of the 1962 form - personally insisted on by Abp Lefebvre and going against the decision of the Council of the SSPX. which made more people adopt in a LEGALISTIC way the new reforms.Legalism is a dead hand and better to go back to the Old Old Rite which harmonises with so many other books - for example Dom Gueranger and Bl. Cardinal Schuster. At least let's have some pre-Reformation variety and freedom for the different Uses and Rites.

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La Redazione