Non so se si tratti di una mia esperienza isolata, o se sia capitato anche a qualche lettore, ma accade di tanto in tanto che chi mi conosce per "uno di chiesa", presumendo, dunque, che io di Chiesa ne sappia parecchio (!), mi chieda "ma che sta succedendo?" nella Chiesa stessa.
In genere, taglio corto. A domande come quella, ammesso e non concesso di avere una qualche risposta da dare, occorre replicare con prudenza, e solo se si sa bene come e qualmente l'interlocutore interpreterà quanto gli vai dicendo.
Però, a rischio di essere presuntuoso, devo ammettere che una risposta ce l'avrei.
È una risposta che parte da lontano.
Succede che nella Chiesa sia in corso un tentativo rivoluzionario, che non è una novità degli ultimi tempi (diciamo degli ultimi tre/quattro anni), ma che negli ultimi tempi viene promosso da chi occupa il vertice del potere ecclesiale: quello stesso vertice da cui, fino a ieri, si stava invece tentando di arginarlo - con poco successo, in verità.
L'operazione, da ultimo, si è articolata in vista di alcuni obiettivi.
L'obiettivo prossimo è la comunione ai divorziati risposati.
L'obiettivo remoto è la piena accettazione della dissolubilità del matrimonio.
L'obiettivo finale (il vero obiettivo) è che la Chiesa - anche la Chiesa - approvi ciò che il mondo approva, anche se fino a ieri lo condannava, come condannava il divorzio, che per il mondo, invece, è un bene, una chance concessa alla felicità delle persone. Così, si pensa, la Chiesa - messa da parte la dottrina come irrilevante gioco intellettuale - sarà accettata dalla e nella modernità, poiché ad essa si sarà sostanzialmente uniformata.
Si tratta di un obiettivo effettivamente rivoluzionario, perché ribalta completamente l'approccio della Chiesa rispetto al mondo: non più realtà da convertire, ma habitat confortevole cui adattarsi - anche, se, probabilmente, per cercare di controllarlo "dall'interno", acquisendovi potere secondo i meccanismi del potere mondano, politicamente, e, così, in virtù della condivisione fondamentale di una medesima weltanschauung. Il tutto proposto come progetto pastorale, destinato a rendere la Chiesa "comprensibile" dalla modernità, essendosi ad essa completamente omologata. Salvare il mondo secondo le regole del mondo: una specie di neopelagianesimo, stranamente praticato proprio da chi condanna il pelagianesimo classico.
Questo progetto si è deciso di realizzarlo attraverso un unico strumento: la (presunta) onnipotenza petrina. È un po' come se, per instaurare la repubblica in Francia, si fosse deciso di utilizzare il (presunto) potere assoluto del Re Sole. Il potere si è messo totalmente in gioco, e lo ha fatto con un'audacia quasi ammirevole, ancorché un po' presuntuosa, perché non ha pensato al "piano B": o la va, o la spacca.
Ebbene: le cose si sono via via rivelate diverse dai presupposti sui quali si basa questa strategia. Così, i promotori dell'operazione si sono accorti, da un lato, di aver sopravvalutato l'onnipotenza di cui credevano di disporre; dall'altro, di aver sottovalutato la capacità di reazione e di resistenza dei potenziali oppositori. Probabilmente si credeva che essi sarebbero rimasti, appunto, solo potenziali: scoprire che, invece, sono attuali ed attivi deve aver spiazzato, e non poco, i rivoluzionari e il loro precipitoso ottimismo. Inoltre, essi hanno dovuto accorgersi che la massa dei fedeli - di quelli veri, non di quelli fittizi di cui parlano i media, ormai totalmente disconnessi dalla realtà - è rimasta prevalentemente passiva, sostanzialmente indifferente. Non ha appoggiato il nuovo corso, come, invece, verosimilmente ci si aspettava. Certo, c'è chi si presenta in confessionale reclamando assoluzioni fino a ieri insperate; ma coloro che hanno deciso di fare qualcosa si sono mossi piuttosto per fermarla, la rivoluzione. E chi ha ancora un atteggiamento pensante non si è messo ad acclamare, ma è caduto nel disorientamento, nell'incertezza, nella preoccupazione o, addirittura, nello spavento.
Se questa è stata la reazione della truppa, tra gli ufficiali non è andata diversamente. Al netto di una fisiologica quota di yesmen, al di fuori dello stretto circolo dei rivoluzionari, nessuno si è mosso a sostegno dell'operazione: pare che ai piani alti se ne lamentino. È vero che il nicodemismo è la cifra prevalente fra chi non è d'accordo: ma far leva solo sulla paura non può funzionare a lungo, e chi lo fa manifesta debolezza, non forza.
Ed è a questo punto, mi pare, che siamo arrivati. La rivoluzione, partita in quarta, è come un'astronave da guerra che ha esaurito il carburante prima di arrivare alla meta, che è diventata, così, pressoché irraggiungibile. Ed è lì, nello spazio, sostanzialmente isolata. Sembra che alcuni degli ufficiali, anche di quelli che avevano scommesso sul buon esito dell'operazione, siano tentati di salire alla chetichella su qualche navetta di salvataggio, per andarsene prima che sia troppo tardi. Però le armi sono tuttora a disposizione del comandante, che potrebbe volerle comunque usare, forse credendo ancora di potercela fare. Dunque l'insuccesso della spedizione potrebbe essere traumatico e doloroso. Non è detto che l'astronave termini la sua corsa alla deriva nello spazio: potrebbe ricadere sulla terra, facendo un bel cratere. Il che preoccupa, ovviamente: per cui qualche non-rivoluzionario pensa che questa astronave bisognerebbe pur farla atterrare da qualche parte e in qualche modo; ci sarà poi tempo di smantellarla e disarmarla, magari quando il comandante sarà cambiato...
Questo, secondo me, è ciò che succede nella Chiesa. Quanto a ciò che succederà, lo scopriremo forse prima di quanto ci aspettiamo. Intanto, non smettiamo di pregare.
Enrico Roccagiachini
Fotografia della attuale situazione della Chiesa, accettata, sebbene con perplessità da troppi uomini di Chiesa, paralizzati dalla paura del peggio e dello scandalo. Ricordiamoci però che in altri tempi la salvezza della fede e della dottrina autentica ha richiesto coraggio e sacrificio da parte di chi poi ha vinto. "Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e non pace" ha detto colui che solo dobbiamo seguire.
RispondiEliminameglio i pasticcioni che i disonesti. O se preferite: meglio il nuovo autentico, benché talora fantozziano, del vetero gattopardismo cardinalizio
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