In una straordinaria intervista rilasciata al quotidiano Il Foglio il Cardinale Carlo Caffarra spiega perché sono stati presentati i dubia al Papa. Riportiamo qui il testo completo dell'intervista. I sottotitoli in grassetto sono di MiL.
"Solo un cieco può negare che nella Chiesa ci sia una grande confusione"
Intervista esclusiva al cardinale Carlo Caffarra.
"La divisione tra pastori è la causa della lettera che abbiamo spedito a Francesco. Non il suo effetto. Insulti e minacce di sanzioni canoniche sono cose indegne."
Il
cardinale Carlo Caffarra premette questo, prima di iniziare la lunga
conversazione con il Foglio sull'ormai celebre lettera "dei quattro
cardinali" inviata al Papa per chiedergli chiarimenti in relazione ad
Amoris laetitia, l'esortazione che ha tirato le somme del doppio Sinodo
sulla famiglia
DI MATTEO MATZUZZI
Bologna. "Credo che vadano chiarite diverse cose. La lettera - e i dubia allegati - è stata lungamente riflettuta, per mesi, e lungamente discussa tra di noi. Per quanto mi riguarda, è stata anche lungamente pregata davanti al Santissimo Sacramento".
"Eravamo consapevoli che il gesto che stavamo compiendo era molto serio".
e che tanto dibattito - non sempre con garbo ed eleganza - ha scatenato dentro e fuori le mura vaticane. "Eravamo consapevoli che il gesto che stavamo compiendo era molto serio. Le nostre preoccupazioni erano due. La prima era di non scandalizzare i piccoli nella fede.
La seconda preoccupazione era che nessuna persona, credente o non credente, potesse trovare nella lettera espressioni che anche lontanamente suonassero come una benché minima mancanza di rispetto verso il Papa. Il testo finale quindi è il frutto di parecchie revisioni: testi rivisti, rigettati, corretti".
"Che cosa ci ha spinto a questo gesto?"
Fatte queste premesse, Caffarra entra in materia. "Che cosa ci ha spinto a questo gesto? Una considerazione di carattere generale-strutturale e una di carattere contingente-congiunturale. Iniziamo dalla prima. Esiste per noi cardinali il dovere grave di consigliare il Papa nel governo della Chiesa. E' un dovere, e i doveri obbligano. Di carattere più contingente, invece, vi è il fatto - che solo un cieco può negare - che nella Chiesa esiste una grande confusione, incertezza, insicurezza causate
da alcuni paragrafi di Amoris laetitia.
In questi mesi sta accadendo che sulle stesse questioni fondamentali riguardanti l'economia sacramentale (matrimonio, confessione ed eucaristia) e la vita cristiana, alcuni vescovi hanno detto A, altri hanno detto il contrario di A. Con l'intenzione di interpretare bene gli stessi testi".
"E questo è un fatto, innegabile, perché i fatti sono testardi, come diceva David Hume. La via di uscita da questo 'conflitto di interpretazioni' era il ricorso ai criteri interpretativi teologici fondamentali, usando i quali penso che si possa ragionevolmente mostrare che Amoris laetitia non contraddice Familiaris consortio. Personalmente, in incontri pubblici con laici e sacerdoti ho sempre seguito questa via".
"…chiedere all'autore del testo interpretato in due maniere contraddittorie qual è l'interpretazione giusta".
Non è bastato, osserva l'arcivescovo emerito di Bologna. "Ci siamo resi conto che questo modello epistemologico non era sufficiente. Il contrasto tra queste due interpretazioni continuava. C'era un solo modo per venirne a capò: chiedere all'autore del testo interpretato in due maniere contraddittorie qual è l'interpretazione giusta. Non c'è altra via. Si poneva, di seguito, il problema del modo con cui rivolgersi al Pontefice. Abbiamo scelto una via molto tradizionale nella Chiesa, i cosiddetti dubia".
Perché? "Perche si trattava di uno strumento che, nel caso in cui secondo il suo sovrano giudizio il Santo Padre avesse voluto rispondere, non lo impegnava in risposte elaborate e lunghe. Doveva solo rispondere Sì o No. E rimandare, come spesso i Papi hanno fatto, ai provati autori (in gergo: probati auctores) o chiedere alla Dottrina della fede di emanare una dichiarazione congiunta con cui spiegare il Sì o il No. Ci sembrava la via più semplice.
In privato o in publico?
L'altra questione che si poneva era se farlo in privato o in pubblico. Abbiamo ragionato e convenuto che sarebbe stata una mancanza di rispetto rendere tutto pubblico fin da subito. Così si è fatto in modo privato, e solo quando abbiamo avuto la certezza che il Santo Padre non avrebbe risposto, abbiamo deciso di pubblicare".
E' questo uno dei punti su cui maggiormente s'è discusso, con relative polemiche assortite. Da ultimo, è stato il cardinale Gerhard Ludwig Mailer, prefetto dell'ex Sant'Uffizio, a giudicare sbagliata la pubblicazione della lettera.
Caffarra spiega: "Abbiamo interpretato il silenzio come autorizzazione a proseguire il confronto teologico. E, inoltre, il problema coinvolge cosi profondamente sia il magistero dei vescovi (che, non dimentichiamolo, lo esercitano non per delega del Papa ma in forza del sacramento che hanno ricevuto) sia la vita dei fedeli. Gli uni e gli altri hanno diritto di sapere. Molti fedeli e sacerdoti dicevano 'ma voi cardinali in una situazione come questa avete l'obbligo di intervenire presso il Santo Padre. Altrimenti per che cosa esistete se non aiutate il Papa in questioni cosi gravi?'. Cominciava a farsi strada lo scandalo di molti fedeli, quasi che noi ci comportassimo come i cani che non abbaiano di cui parla il Profeta [Is 56,10 " I guardiani d'Israele son tutti ciechi, senza intelligenza; son tutti de' cani muti, incapaci d'abbaiare; sognano, stanno sdraiati, amano sonnecchiare". N.d.R]. Questo è quanto sta dietro a quelle due pagine".
"…su dei punti fondamentali non si capisce bene che cosa il Papa insegna"
Eppure le critiche sono piovute, anche da confratelli vescovi o monsignori di curia: "Alcune persane continuano a dire che noi non siamo docili al magistero del Papa. E' falso e calunnioso. Proprio perché non vogliamo essere indocili abbiamo scritto al Papa. Io posso essere docile al magistero del Papa se so cosa il Papa insegna in materia di fede e di vita cristiana. Ma il problema è esattamente questo: che su dei punti fondamentali non si capisce bene che cosa il Papa insegna, come dimostra il conflitto di interpretazioni fra vescovi. Noi vogliamo essere docili al magistero del Papa, però il magistero del Papa deve essere chiaro. Nessuno di noi - dice l'arcivescovo emerito di Bologna - ha voluto 'obbligare' il Santo Padre a rispondere: nella lettera abbiamo parlato di sovrano giudizio. Semplicemente e rispettosamente abbiamo fatto domande. Non meritano infine attenzione le accuse di voler dividere la Chiesa. La divisione, già esistente nella Chiesa, è la causa della lettera, non il suo effetto. Cose invece indegne dentro la Chiesa sono, in un contesto come questo soprattutto, gli insulti e le minacce di sanzioni canoniche".
Un grave smarrimento di molti fedeli e una grande confusione…
Nella premessa alla lettera si constata "un grave smarrimento di molti fedeli e una grande confusione in merito a questioni assai importanti per la vita della Chiesa". In che cosa consistono, nello specifico, la confusione e lo smarrimento? Risponde Caffarra: "Ho ricevuto la lettera di un parroco che è una fotografia perfetta di ciò che sta accadendo. Mi scriveva: 'Nella direzione spirituale e nella confessione non so più che cosa dire. Al penitente che mi dice: «Vivo a tutti gli effetti come marito con una donna che è divorziata e ora mi accosto all'eucarestia», propongo un percorso, in ordine a correggere questa situazione. Ma il penitente mi ferma e risponde subito: «Guardi, padre, il Papa ha detto che posso ricevere l'Eucaristia, senza il proposito di vivere in continenza». Io non ne posso più di questa situazione. La Chiesa mi può chiedere tutto, ma non di tradire la mia coscienza. E la mia coscienza fa obiezione a un supposto insegnamento pontificio di ammettere all'Eucaristia, date certe circostanze, chi vive more uxorio senza essere sposato'. Cosi scriveva il parroco. La situazione di molti pastori d'anime, intendo soprattutto i parroci - osserva il cardinale - è questa: si ritrovano sulle spalle un peso che non sono in grado di portare. È a questo che penso quando parlo di grande smarrimento. E parlo dei parroci, ma molti fedeli restano ancor più smarriti. Stiamo parlando di questioni che non sono secondarie. Non si sta discutendo se il pesce rompe o non rompe l'astinenza. Si tratta di questioni gravissime per la vita della Chiesa e per la salvezza eterna dei fedeli. Non dimentichiamolo mai: questa è la legge suprema nella Chiesa, la salvezza eterna dei fedeli. Non altre preoccupazioni. Gesù ha fondato la sua Chiesa perché i fedeli abbiano la vita eterna, e l'abbiano in abbondanza".
"Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è una Chiesa più pastorale, ma è una Chiesa più ignorante".
La divisione cui si riferisce il cardinale Carlo Caffarra è originata innanzitutto dall'interpretazione dei paragrafi di Amoris laetitia che vanno dal numero 300 al 305. Per molti, compresi diversi vescovi, qui si trova la conferma di una svolta non solo pastorale bensì anche dottrinale. Altri, invece, che il tutto sia perfettamente inserito e in continuità con il magistero precedente. Come si esce da tale equivoco? "Farei due premesse molto importanti. Pensare una prassi pastorale non fondata e radicata nella dottrina significa fondare e radicare la prassi pastorale sull'arbitrio. "Esiste per noi cardinali il dovere grave di consigliare il Papa nel governo della Chiesa. E' un dovere, e i doveri obbligano. Una Chiesa con poca attenzione alla dottrina non è una Chiesa più pastorale, ma è una Chiesa più ignorante. La Verità di cui noi parliamo non è una verità formale, ma una Verità che dona salvezza eterna: Veritas salutaris, in termini teologici. Mi spiego. Esiste una verità formale. Per esempio, voglio sapere se il fiume più lungo del mondo è il Rio delle Amazzoni o il Nilo. Risulta che è il Rio delle Amazzoni. Questa è una verità formale. Formale significa che questa conoscenza non ha nessuna relazione con il mio modo di essere libero. Anche se la risposta fosse stata il contrario, non sarebbe cambiato nulla sul mio modo di essere libero. Ma ci sono verità che io chiamo esistenziali. Se è vero - come Socrate aveva già insegnato - che è meglio subire un'ingiustizia piuttosto che compierla, enuncio una verità che provoca la mia libertà ad agire in modo molto diverso che se fosse vero il contrario. Quando la Chiesa parla di verità - aggiunge Caffarra - parla di verità del secondo tipo, la quale, se obbedita dalla libertà, genera la vera vita. Quando sento dire che è solo un cambiamento pastorale e non dottrinale, o si pensa che il comandamento che proibisce l'adulterio sia una legge puramente positiva che può essere cambiata (e penso che nessuna persona retta possa ritenere questo), oppure significa ammettere sì che il triangolo ha generalmente tre lati, ma che c'è la possibilità di costruirne uno con quattro lati. Cioè, dico una cosa assurda. Già i medievali, dopotutto, dicevano: theoria sine praxis, currus sine axi; praxis sine theoria, caecus in via.
Non c'è evoluzione della dottrina laddove c'è contraddizione.
La seconda premessa che l'arcivescovo di Bologna fa riguarda "il grande tema dell'evoluzione della dottrina, che ha sempre accompagnato il pensiero cristiano. E che sappiamo è stato ripreso in maniera splendida dal beato John Henry Newman. Se c'è un punto chiaro, è che non c'è evoluzione laddove c'è contraddizione. Se io dico che s è p e poi dico che s non è p, la seconda proposizione non sviluppa la prima ma la contraddice. Già Aristotele aveva giustamente insegnato che enunciare una proposizione universale affermativa (e. g. ogni adulterio è ingiusto) e allo stesso tempo una proposizione particolare negativa avente lo stesso soggetto e predicato (e. g. qualche adulterio non è ingiusto), non si fa un'eccezione alla prima. La si contraddice. Alla fine, se volessi definire la logica della vita cristiana, userei l'espressione di Kierkegaard: 'Muoversi sempre, rimanendo sempre fermi nello stesso punto'". Il problema, aggiunge il porporato, "è di vedere se i famosi paragrafi nn. 300-305 di Amoris laetitia e la famosa nota n. 351 sono o non sono in contraddizione con il magistero precedente dei Pontefici che hanno affrontato la stessa questione. Secondo molti vescovi, è in contraddizione. Secondo molti altri vescovi, non si tratta di contraddizione ma di uno sviluppo. Ed è per questo che abbiamo chiesto una risposta al Papa".
La Comunione ai divorziati civilmente risposati: si o no?
Si arriva così al punto più conteso e che tanto ha animato le discussioni sinodali: la possibilità di concedere ai divorziati e risposati civilmente il riaccostamento all'eucaristia. Cosa che non trova esplicitamente spazio in Amoris laetitia, ma che a giudizio di molti è un fatto implicito che rappresenta nulla di più se non un'evoluzione rispetto al n. 84 dell'esortazione Familiaris consortio di Giovanni Paolo II. "Il problema nel suo nodo è il seguente", argomenta Caffarra: "II ministro dell'Eucaristia (di solito il sacerdote) può dare l'Eucaristia a una persona che vive more uxorio con una donna o con uomo che non è sua moglie o suo marito, e non intende vivere nella continenza? Le risposte sono solo due: Si oppure No. Nessuno per altro mette in questione che Familiaris consortio, Sacramentum unitatis, il Codice di diritto canonico e il Catechismo della Chiesa cattolica alla domanda suddetta rispondano No. Un No valido finché il fedele non propone di abbandonare lo stato di convivenza more uxorio. Amoris laetitia ha insegnato che, date certe circostanze precise e fatto un certo percorso, il fedele potrebbe accostarsi all'eucaristia senza impegnarsi alla continenza? Ci sono vescovi che hanno insegnato che si può. Per una semplice questione di logica, si deve allora anche insegnare che l'adulterio non è in sé e per sé male. Non è pertinente appellarsi all'ignoranza o all'errore a riguardo dell'indissolubilità del matrimonio: un fatto purtroppo molto diffuso.
Questo appello ha un valore interpretativo, non orientativo. Deve essere usato come metodo per discernere l'imputabilità delle azioni già compiute, ma non può essere principio per le azioni da compiere. Il sacerdote - dice il cardinale - ha il dovere di illuminare l'ignorante e correggere l'errante".Non accontentarsi di rispondere No non significa rispondere Sì.
"Ciò che invece Amoris laetitia ha portato di nuovo su tale questione, è il richiamo ai pastori d'anime di non accontentarsi di rispondere No (non accontentarsi però non significa rispondere Sì), ma di prendere per mano la persona e aiutarla a crescere fino al punto che essa capisca che si trova in una condizione tale da non poter ricevere l'eucaristia, se non cessa dalle intimità proprie degli sposi. Ma non è che il sacerdote possa dare 'aiuto il suo cammino dandogli anche i sacramenti'. Ed è su questo che nella nota n. 351 il testo è ambiguo. Se io dico alla persona che non può avere rapporti sessuali con colui che non è suo marito o sua moglie, però per intanto, visto che fa tanto fatica, può averne... solo uno anziché tre alla settimana, non ha senso; e non uso misericordia verso questa persona. Perché per porre fine a un comportamento abituale - un habitus, direbbero i teologi - occorre che ci sia il deciso proposito di non compiere più nessun atto proprio di quel comportamento. Nel bene c'è un progresso, ma fra il lasciare il male e iniziare a compiere il bene, c'è una scelta istantanea, anche se lungamente preparata. Per un certo periodo Agostino pregava: 'Signore, dammi la castità, ma non subito'".
È in questione Veritatis splendor
A scorrere i dubia, pare di comprendere che in gioco, forse più di Familiaris consortio, ci sia Veritatis splendor. E' così? "Sì", risponde Carlo Caffarra. "Qui è in questione ciò che insegna Veritatis splendor. Questa enciclica (6 agosto 1993) è un documento altamente dottrinale, nelle intenzioni del Papa san Giovanni Paolo II, al punto che - cosa eccezionale ormai nelle encicliche - è indirizzata solo ai vescovi in quanto responsabili della fede che si deve credere e vivere (cfr. n° 5). A essi, alla fine, il Papa raccomanda di essere vigilanti circa le dottrine condannate o insegnate dall'enciclica stessa.
A scorrere i dubia, pare di comprendere che in gioco, forse più di Familiaris consortio, ci sia Veritatis splendor. E' così? "Sì", risponde Carlo Caffarra. "Qui è in questione ciò che insegna Veritatis splendor. Questa enciclica (6 agosto 1993) è un documento altamente dottrinale, nelle intenzioni del Papa san Giovanni Paolo II, al punto che - cosa eccezionale ormai nelle encicliche - è indirizzata solo ai vescovi in quanto responsabili della fede che si deve credere e vivere (cfr. n° 5). A essi, alla fine, il Papa raccomanda di essere vigilanti circa le dottrine condannate o insegnate dall'enciclica stessa.
Le une perché non si diffondano nelle comunità cristiane, le altre perché siano insegnate (cfr. n° 116). Uno degli insegnamenti fondamentali del documento è che esistono atti i quali possono per se stessi ed in se stessi, a prescindere dalle circostanze in cui sono compiuti e dallo scopo che l'agente si propone, essere qualificati disonesti. E aggiunge che negare questo fatto può comportare di negare senso al martirio (cfr. nn. 90-94). Ogni martire infatti - sottolinea l'arcivescovo emerito di Bologna - avrebbe potuto dire: 'Ma io mi trovo in una circostanza... in tali situazioni per cui il dovere grave di professare la mia fede, o di affermare l'intangibilità di un bene morale, non mi obbliga più'. Si pensi alle difficoltà che la moglie di Tommaso Moro faceva a suo marito già condannato in prigione: 'Hai doveri verso la famiglia, verso i figli'. Non è, quindi, solo un discorso di fede. Anche se uso la sola retta ragione, vedo che negando resistenza di atti intrinsecamente disonesti, nego che esista un confine oltre il quale i potenti di questo mondo non possono e non devono andare. Socrate è stato il primo in occidente a comprendere questo.
La questione dunque è grave, e su questo non si possono lasciare incertezze. Per questo ci siamo permessi di chiedere al Papa di fare chiarezza, poiché ci sono vescovi che sembrano negare tale fatto, richiamandosi ad Amoris laetitia. L'adulterio infatti è sempre rientrato negli atti intrinsecamente cattivi. Basta leggere quanto dice Gesù al riguardo, san Paolo e i comandamenti dati a Mosè dal Signore".
C'è ancora spazio, oggi, per gli atti cosiddetti "intrinsecamente cattivi"?
Ma c'è ancora spazio, oggi, per gli atti cosiddetti "intrinsecamente cattivi". O, forse, è tempo di guardare più all'altro lato della bilancia, al fatto che tutto, dinanzi a Dio, può essere perdonato?
Attenzione, dice Caffarra: "Qui si fa una grande confusione. Tutti i peccati e le scelte intrinsecamente disoneste possono essere perdonate. Dunque 'intrinsecamente disonesti' non significa 'imperdonabili'. Gesù tuttavia non si accontenta di dire all'adultera: 'Neanch'io ti condanno'. Le dice anche: 'Va' e d'ora in poi non peccare più'. (Gv. 8,10). San Tommaso, ispirandosi a sant'Agostino, fa un commento bellissimo, quando scrive che 'Avrebbe potuto dire: va' e vivi come vuoi e sii certa del mio perdono. Nonostante tutti i tuoi peccati, io ti libererò dai tormenti dell'inferno. Ma il Signore che non ama la colpa e non favorisce il peccato, condanna la colpa.… dicendo: e d'ora in poi non peccare più. Appare cosi quanto sia tenero il Signore nella sua misericordia e giusto nella sua Verità' (cfr. Comm. a Gv. 1139). Noi siamo veramente, non per modo di dire, liberi davanti al Signore. E quindi il Signore non ci butta dietro il suo perdono. Ci deve essere un mirabile e misterioso matrimonio tra l'infinita misericordia di Dio e la libertà dell'uomo, il quale deve convertirsi se vuole essere perdonato".
Lo "scontro decisivo" tra due concezioni.
Chiediamo al cardinale Caffarra se una certa confusione non derivi anche dalla convinzione, radicata pure tra tanti pastori, che la coscienza sia una facoltà per decidere autonomamente riguardo ciò che è
bene e ciò che è male, e che in ultima istanza la parola decisiva spetti alla coscienza del singolo. "Ritengo che questo sia il punto più importante di tutti", risponde. "È il luogo dove ci incontriamo e scontriamo con la colonna portante della modernità. Cominciamo col chiarire il linguaggio. La coscienza non decide, perché essa è un atto della ragione; la decisione è un atto della libertà, della volontà. La coscienza è un giudizio in cui il soggetto della proposizione che lo esprime è la scelta che sto per compiere o che ho già compiuto, e il predicato è la qualificazione morale della scelta. E' dunque un giudizio, non una decisione. Naturalmente, ogni giudizio ragionevole si esercita alla luce di criteri, altrimenti non è un giudizio, ma qualcosa d'altro. Criterio è ciò in base a cui io affermo ciò che affermo e nego ciò che nego. A questo punto risulta particolarmente illuminante un passaggio del Trattato sulla coscienza morale del beato Rosmini: 'C'è una luce che è nell'uomo e c'è una luce che è l'uomo. La luce che è nell'uomo è la legge di Verità e la grazia. La luce che è l'uomo è la retta coscienza, poiché l'uomo diventa luce quando partecipa alla luce della legge di Verità mediante la coscienza a quella luce confermata'.
Ora, di fronte a questa concezione della coscienza morale si oppone la concezione che erige come tribunale inappellabile della bontà o malizia delle proprie scelte la propria soggettività. Qui, per me - dice il porporato c'è lo scontro decisivo tra la visione della vita che è propria della Chiesa (perché è propria della Rivelazione divina) e la concezione della coscienza propria della modernità". "Chi ha visto questo in maniera lucidissima - aggiunge - è stato il beato Newman.
Nella famosa Lettera al duca di Norfolk, dice: 'La coscienza è un vicario aborigeno del Cristo. Un profeta nelle sue informazioni, un monarca nei suoi ordini, un sacerdote nelle sue benedizioni e nei suoi anatemi. Per il gran mondo della filosofia di oggi, queste parole non sono che verbosità vane e sterili, prive di un significato concreto. Al tempo nostro ferve una guerra accanita, direi quasi una specie di cospirazione contro i diritti della coscienza'. Più avanti aggiunge che 'nel nome della coscienza si distrugge la vera coscienza'. Ecco perché fra i cinque dubia il dubbio numero cinque è il più importante. C'è un passaggio di Amoris laetitia, al n° 303, che non è chiaro; sembra - ripeto: sembra - ammettere la possibilità che ci sia un giudizio vero della coscienza (non invincibilmente erroneo; questo è sempre stato ammesso dalla Chiesa) in contraddizione con ciò che la Chiesa insegna come attunente al deposito della divina Rivelazione. Sembra. E perciò abbiamo posto il dubbio al Papa".
"Newman - ricorda Caffarra - dice che se il Papa parlasse contro la coscienza presa nel vero significato della parola, commetterebbe un vero suicidio, si scaverebbe la fossa sotto i piedi'. Sono cose di una gravita sconvolgente. Si eleverebbe il giudizio privato a criterio ultimo della verità morale.
Non dire mai a una persona: 'Segui sempre la tua coscienza', senza aggiungere sempre e subito: 'Ama e cerca la verità circa il bene'. Gli metteresti nelle mani l'arma più distruttiva della sua umanità".
Grazie tante per questa in verità straordinaria intervista. La situazione è gravissima come ha sottolineato il Porporato riguardando ai Parroci nel Sacramento della Penitenza. Una situazione dolorosa anche per il penitente. Solo la Verità -Veritatis Splendor- può ricondurre questa tristissima situazione. Si è perso troppo tempo. Molti mali già hanno stato fatti. Non cometta il Papa un suicidio, non si scavi la fossa sotto i piedi. E perche questo non succeda preghiamo per Sua Santità.
RispondiEliminaGrande, grande, grade sua emineza... Una parola chiara e de forza in questi momenti di oscurità e confusione nella Chiesa di Dio... Preghiamo per lui e per Sua Santità.
RispondiEliminaFranco.
Verrà commissariato......
RispondiEliminaVieni Santo Spirito,
RispondiEliminaManda a noi dal Cielo un raggio della tua luce...
....
Preghiera e S.S.Eucarestia odierna affinchè lo Spirito Santo illumini il Papa e la Santa Chiesa di Cristo.
Tanto per fare un esempio Papa Giovanni Paolo II incontrò Pinochet in Cile e si affacciò insieme a lui sul balcone. Questa è la veritatis splendor...
RispondiEliminaIl cardinale, evocando Aristotile e Tommaso, che hanno codificato l'unica corretta metodologia della ricerca in ogni campo del sapere, compreso quello teologico, ha messo in luce tutte la contraddizioni della 'pastorale' anti dottrina di Bergoglio che deve aver 'studiato' come tanti altri, in uno dei tanti seminari del post CVII dove, senza controllo logico ed etico, si esternano i pensieri dettati dalle correnti ideologie sociologiche e rivoluzionarie.
RispondiEliminaGPII incontrando Phinochet, che aveva usato metodi, in astratto, non orretti ma imposti dalle circostanze per evitare che il suo paese deventasse una nazione d'oltre cortina, si sarà ricordato dei crimini commessi dai comunisti anche nel suo paese, mentre Bergoglio se ne stava tranquillo nel paese del tango.
RispondiEliminaSi Pinochet Santo subito...Ma per favore Pinochet è un delinquente come Stalin Hitler Franco e compagnia....! Se per questo GPII ha incontrato anche Castro. Mai il suo intento era annunciare Cristo a tutti. Le tue parole meritebberro una denuncia i morti sono morti e buttare un uomo creatura di Dio da un aereo xche comunista è un peccato orrendo e poi sto animale andava a fare la comunione con il beneplacito della Chiesa...E adesso vi scandalizzate per due adulteri che chiedono comprensione. Davide 83
RispondiEliminaDavide ha ragione da vendere !!!
EliminaIn saldo, sottocosto, quale fondo di magazzino.
EliminaHai dimenticato Benito Mussolini. Francisco Franco ha salvato la Spagna dai comunisti assasini di vescovi, frati, monache, sacerdoti, laici cattolici, distruttori di Chiese, Biblioteche ecclesiastiche come quella della Casa Profesa dei gesuiti a Madrid (più di 100.000 volumi) ecc.ecc fino a fare che Pio XI abbia fatto pubblica la sua Lettera Dilectissima Nobis.
EliminaFranco ha salvato la Spagna! Certo se fosse per davide83 staremmo tutti in panciolle a vedere profanati cimiteri per fare tiro a segno con i cadaveri putrefatti delle suore, vedo davide? stai comodo, manca poco
Eliminagrande Davide!!!
EliminaSolo un pazzo e/o ignorante, come Bergoglio, può ignorare che il comunismo, intrinsecamente ateo, ha commesso per tutto il 900 e fino a oggi, crimini di fronte ai quali sono "robetta" gli operati di Pinochet, Franco e persino di Hitler, che fu al potere solo per 12 anni. Eppure c'è ancora chi difende il comunismo, e sul trono di Pietro siede un uomo che intende con tutta evidenza sostituire la dottrina della Chiesa con quell'ideologia perversa e disumana ed esercita la più feroce oppressione degli oppositori
EliminaIl cardinale, con rigore logico, evocando Aristotele e Tommaco, a messo a nudo tutte le contraddizioni della ' pastorale' anti cattolica di Bergoglio, frutto solo delle ideologie sociologiche e rivoluzionarie massonico-marksiste apprese nel suo paese e spacciate, subdolamente,per Vangelo.
RispondiEliminaIl Papa, che è anche capo di stato, non può non incontrare il capo di uno stato in cui si trova. Questo non significa apprezzare o meno quello che quel capo di stato fa. Se fosse riuscito ad andare anche nell'Unione Sovietica, o in Cina, come era suo desiderio, avrebbe certamente incontrato anche i capi di quelle nazioni, certamente non rispettose dei diritti umani. Ben diverso è quello che ha fatto Francesco con Fidel Castro, il quale non era capo di stato quando lo ha incontrato, e quindi la visita ha il senso di un segno di stima fatto alla persona, non alla carica istituzionale. Il fatto che fosse anziano e malato non può far dimenticare il fatto che egli ha perseguitato, costretto all'esilio, torturato e ucciso un gran numero di Cristiani.
RispondiEliminaDa quando in qua la visita di un cristiano ad un fratello deve avvenire solo se c'è della stima nell'operato di quest'ultimo? San Paolo, che era persecutore dei cristiani, non è forse stato visitato sulla via di Damasco?
RispondiEliminaOk. Prendo atto che Fidel Castro è un fratello e Pinochet no.
RispondiEliminaI due o tre adulteri che cercano comprensione, devono obbedire alle parole di Gesù 'Andate e non peccate più'.....più chiaro di così non si può essere o stai ai dettami del Vangelo, che nessun Papa ha scritto, o te ne vai, fine del discorso, non si può applicare il maanchismo anche qui, altrimenti si dica chiaro e tondo che per 2000 anni si è proibito e condannato per mancanza di 'misericordia'scontata per fine saldi.C'è altro da aggiungere o con o contro, Gesù non ha detto molte parole, ma sono esiziali.
RispondiEliminaCAFFARRA CARDINALE MONUMENTALE!
RispondiEliminaPAPA SUBITO!
QUESTA SÌ CHE È MISERICORDIA VERITIERA, COME HA DETTO LA MADONNA A MEDJUGORIE IL 25 DICEMBRE 2016 A JACOV, MISERICORDIA CHE GIUSTIFICA IL PECCATORE, NON IL PECCATO.
Mi pare ovvio cheuna cosa sono eventuali scelte errate del Sommo Pontefice nell'esercizio del suo ruolo di capo di Stato o, in campo ecclesiastico, nell'accordare fiducia a questa o quella persona. Tali scelti poco felici o anche francamente errate non sono mai mancate e non ne sono andati del tutto esenti anche i papi più grandi. Altra cosa - e molto peggiore - è l'errore (di omissione, di imprecisione, di indeterminatezza) che il papa commette difettando nel suo ruolo di pastore e maestro. In questo caso, senza giungere all'ipotesi impossibile del papa eretico, le conseguenze sono molto più ampie perché si estendono alla Chiesa. Andrea
RispondiEliminaVedere Francisco che teneva la mano di Fidel era uno spettacolo.Non tragico e neanche esilarante ,ma le due cose contemporaneamente. Potevano fare un film ed intitolarlo :Come eravamo.Oppure :Ne valeva la pena?
RispondiEliminaLeggete,studiate e cercate di imparare qualcosa peronisti dei miei calzini.
RispondiEliminaFinalmente un faro di Fede in questa mediocre melassa....Grazie Monsignor Caffarra!!! Sono con Lei!
RispondiEliminaQualcuno chiede ogni tanto se Veritatis Splendor e'ancora valida .
RispondiEliminaMi chiedo se il Vangelo sia valido.
Tutto il capitolo 16 di S.Luca parla dell'attaccamento alle ricchezze , Dio è Mammona, poi della fedeltà'nel poco ( =nelle cose terrene che Dio ci da), banco di prova per la fedeltà'nel molto (=la felicità eterna, il Paradiso cioe' il rapporto eterno con Cristo).
A metà capitolo all'improvviso , e sembra non c'entrare niente col discorso sulla ricchezza , Gesu'parla del ripudio e dell'adulterio.
Poi procede con la parabola del ricco epulone.
E'chiaro che "il poco" e ' il coniuge che Dio ti dà sull'attore come banco di prova di amore per l'Amore definitivo del Paradiso dove non ci sara' ne'marito ne'moglie .
I divorziati risposati devono spendere un sacco di soldi per avvocati, nuova unione ,pranzi ecc..e devono mantenere 2 famiglie.
E'chiaro il contesto : Gesù li mette nel discorso sulla ricchezza.
Un povero operaio con lo stipendio che ha deve tenersi a moglie e la sua povertà materiale e'la sua salvezza.
Si parla tanto di poveri,S.Francesco...che aveva timore anche solo a guardare in volto umano a donna ....e del Vangelo diceva che andava applicato "ad litteram,ad litteram et sine glossa".
Oggi invece tanti anche tra coloro che dicono di ispirarsi a S.Francesco, si chiedono se il Vangelo sia proprio cosi' immodificabile...per adeguarsi ai tempi...mi sembra che siamo fuori da Vangelo, S.Francesco e non solo da Veritatis Splendor.