Spieghiamo ai nostri lettori stranieri che non padroneggiano l'italiano gergale: l'espressione totonomi è una crasi di 'totocalcio' (un sistema di scommesse calcistiche) e, ovviamente, 'nomi', quelli di coloro che potrebbero essere chiamati a qualche incarico. Insomma: è una predizione. Che però è estremamente aleatoria per l'elezione del Papa, visto che non esistono sondaggi e le dinamiche del conclave sono imperscrutabili, quasi quanto quelle del Politburo nell'Unione Sovietica. A ciò aggiungasi che gli eligibili sono tanti quanti gli elettori (non ci sono candidati ufficiali); anzi, se è vero che da oltre sei secoli vengono scelti solo cardinali, in realtà i requisiti per diventar papa sarebbero comunissimi: essere battezzato, e maschio (ossia: habens duos et bene pendentes, come dicono i canonisti, gente maliziosa). Circa la metà dei lettori, tra cui pure il sottoscritto, è quindi astrattamente papabile. E non sarebbe ostacolo insormontabile il fatto di non avere ancora ricevuto l'ordinazione episcopale (Gregorio X era solo un diacono all'elezione), né l'avere prole: decine di papi ebbero figli, seppur di solito spacciati per nipoti; quanto al tener moglie, è vero che la mia non gradirebbe, ma c'è un illustre precedente: le Scritture menzionano che san Pietro aveva una suocera, ergo una consorte (anche se, molto probabilmente, il primo Papa era vedovo quando ricevette la chiamata).
Insomma, prevedere l'elezione papale è quasi impossibile e perciò il nostro totonomi non sarà quello solito che leggerete in questi giorni in quasi tutti i giornali del mondo, ossia una lista di papabili (per inciso: al momento per i bookmakers sono in testa Parolin e Tagle), ma ipotizzerà invece quale 'nome d'arte' il futuro eletto potrebbe scegliere per sé: quello che, tecnicamente, si definisce nome pontificale. Nomina sunt omina, i nomi sono presagi e, nel caso di un papa, che lo sceglie dopo accurata riflessione, sono anche e soprattutto un implicito programma di governo, perché ogni nome è evocativo e significativo.
E allora vediamo che cosa può esprimere la scelta di un particolare nome.
Giovanni Paolo III. E' forse la soluzione più semplice, per non dire anodina. In termini politici: centrista. Evoca immediatamente i due papi del postconcilio (e non, attenzione, del Concilio in senso stretto, Giovanni XXIII e Paolo VI), quindi allontana sospetti di una regressione preconciliare, ma senza rievocare le turbolenze ecclesiali degli anni Sessanta; al tempo stesso, se di Giovanni Paolo I poco è rimasto nella memoria collettiva (a parte il suo sorriso), di Giovanni Paolo II tutti ricordano la granitica morale, la fede indefettibile, l'ecumenismo (troppo) spinto e il sostanziale disinteresse per la liturgia. Da un papa con questo nome ci si aspetterebbe quindi una prudente riaffermazione dei valori 'non negoziabili' ma, al tempo stesso, un business as usual nel gestire il declino.
Francesco II. E' facile, nella commozione del trapasso dell'immediato predecessore e nella spinta agiografica dei servizi televisi e dell'emozione popolare nei giorni dei funerali, che un nuovo papa sia portato a prendere il nome del defunto in omaggio alla sua memoria. E' quel che successe, ad esempio, alla morte improvvisa e prematura di papa Luciani. Ma oggi la scelta di continuità è ben più difficile. Perfino in questi primi giorni dalla morte, la melassa celebrativa non nasconde la constatazione, inaspettatamente mainstream, che il pontificato di Bergoglio è stato divisivo. E non solo per i contrasti in materia dottrinale, perfino contro parte del collegio cardinalizio; ma – forse ancor più – per uno stile di governo imprevedibile, fumantino e a tratti capriccioso, al limite del nepotismo in favore dei suoi protégés. Non è un segreto ad esempio che gli episcopati di molte nazioni, in primis l'Italia e gli Stati Uniti, in larga parte hanno avuto rapporti difficili con papa Francesco.
Visto che la prima richiesta dei colleghi cardinali verso l'eligendo sarà quella di tentare di sanare divisioni e contrasti, scegliere il nome di Francesco sarebbe quanto mai un azzardo, perché capace forse di consolare i media atei e indifferenti che adoravano Bergoglio, ma di allarmare una parte dei fedeli e, soprattutto, la maggioranza del clero. E di allontanare l'obiettivo di pacificazione.
Insomma: già Bergoglio era stato rivoluzionario scegliendo quel nome: sia perché fin dal primo millennio nessuno aveva osato prendersi un nome che non fosse già stato usato da qualche predecessore, sia perché si era voluto richiamare ad un san Francesco nella sua versione hippie, pauperista ed ecologista, che parla con lupi ed uccellini (visione quanto mai deformata: leggete qui il vero pensiero del santo di Assisi sullo splendore e la ricchezza degli arredi liturgici).
Ora poi, oltre a questo bagaglio, la scelta del nome Francesco vincolerebbe pure il nuovo eletto all'ingombrante e fresco ricordo del Papa appena morto. Sarebbe quindi una scelta, come dire, programmatica, molto precisa e bellicosa.
Detto questo, se io personalmente fossi eletto (sempre moglie permettendo), sceglierei callidamente proprio questo nome, per pararmi i fianchi 'a sinistra' mentre farei tutto il contrario del pontefice eponimo...
Giovanni XXIV. Il sogno di ogni modernista è un nuovo papa Giovanni. In realtà papa Roncalli era del tutto ortodosso, tradizionale perfino. Basti pensare a chi s'era tenuto come Prefetto del Sant'Uffizio: quel mastino conservatore del card. Ottaviani. Ma gli venne la malaugurata idea di indire un concilio ecumenico, anziché procedere con accorte e graduali riforme pur necessarie; ed aprì il vaso di Pandora. Specie perché, lui morto, il suo debole successore Paolo VI non riuscì a governare il meccanismo e tutto sfuggì di mano.
Pertanto: chi scegliesse questo nome esprimerebbe l'intenzione di distruggere quel che ancora resta di morale e di dottrina, convocando sinodi, concilii, assemblee deliberative e stati generali. Le pasionarie del 'cammino sinodale' tedesco non aspettano altro.
Paolo VII. Questa sarebbe davvero una scelta coraggiosa. Brave, direbbero gli Inglesi, e per loro ciò in realtà significa: da matti. Il nominato potrà richiamarsi finché vuole all'Apostolo delle genti san Paolo, ma tutti penseranno a Paolo Sesto, anzi Paolo Mesto come fu soprannominato per la tristezza caratteriale che accompagnava il suo agire amletico e titubante, specie dopo le critiche amarissime subite per l'enciclica Humanae vitae contro la contraccezione. Enciclica che ha macchiato indelebilmente la sua reputazione agli occhi di tutti i novatori, perfino quelli più moderati; mentre noi tradizionalisti non potremo mai perdonargli lo scempio della liturgia cui si è scelleratamente prestato, manovrato come un burattino dal liturgista Bugnini. Del quale ultimo è dubbia l'effettiva affiliazione massonica, ma è assodato che di tale affiliazione si convinse lo stesso Paolo VI, che pertanto alla fine lo esiliò come pronunzio in Iran.
Insomma, un Papa che, per quanto santo, è poco gradito ai due campi contrapposti; per parafrasare Dante: all'un spiacente, e agl'inimici sui.
Solo un conciliarista di vedute un po' datate potrebbe pensare a questo nome; e infatti (NOTIZIA IN ESCLUSIVA DI MESSAINLATINO) Paolo VII è proprio il nome che il card. Zuppi ha privatamente dichiarato di voler assumere, se eletto.
Benedetto XVII. Il Card. Ratzinger scelse il nome di Benedetto con molto acume. Rompendo la litania dei Giovanni, Paolo e combinazioni varie tra loro, che avevano avuto il monopolio dal Concilio in poi, volle indicare che, vivaddio, esisteva una Chiesa, e papi da prendere a modello, anche prima di quel preteso atto fondativo della nuova chiesa che si chiama Vaticano II. Al tempo stesso, si trattava di un nome allora incontroverso: l'unico pontefice Benedetto del quale si avesse qualche memoria era il quindicesimo, di cui si ricorda solo la condanna della prima guerra mondiale come inutile strage (ottimo!) e, per gli studiosi, l'emanazione del primo codice di diritto canonico (echissenefrega!). Ma soprattutto lo stesso Ratzinger dichiarò di richiamarsi a san Benedetto, il fondatore del monachesimo occidentale e dell'ora et labora, ai cui monasteri si deve la conservazione non solo della Fede ma anche della cultura grecolatina – il valore della quale era ben presente al colto bavarese – in tempi bui come quelli che approssimano.
Ma oggi, per un nuovo papa, la scelta di questo nome evocherebbe la figura dell'immediato predecessore di Francesco e, quindi, una sconfessione implicita dell'operato di quest'ultimo.
Pio XIII. E' il primo nome che un cardinale tradizionalista prenderebbe in considerazione per evocare l'ultimo periodo felice della Chiesa. Certo, dovrebbe fare i conti con la triscaidecafobia diffusa in molti paesi (la paura superstiziosa del numero 13), ma soprattutto con l'immediata levata di scudi dei conciliaristi, che chissà perché tengono il broncio contro papa Pacelli. Anche le lobby ebraiche si scatenerebbero, con l'ingiustificata accusa di non essersi opposto a sufficienza contro Hitler, o di non aver modificato l'orazione del Venerdì Santo pro perfidis iudaeis.
Ma soprattutto, il nome evoca san Pio V, il papa di Lepanto (islamofobo!) e promulgatore del Messale tridentino (anathema sit!); e poi il beato Pio IX, quello della strenua difesa del dominio temporale, del caso Mortara, dell'infallibilità papale e del Sillabo degli errori moderni; e infine san Pio X, l'autore del Catechismo a domande e risposte, nonché dell'enciclica Pascendi contro il Modernismo. Pura kryptonite per molti.
E' significativo che, nella finzione cinematografica, sia questo il nome assunto dallo Young Pope interpretato da Jude Law, che non a caso assume un'allure principesca e tradizionale come Pio XII.
Gregorio XVII. Se Pio XIII è un nome da tradizionalista, Gregorio XVII è perfino da reazionario. Non solo perché Gregorio è, più ancora di Pio, il classico nome da papa preconciliare, ma perché l'ultimo con quel nome è ricordato nei libri di storia come un codino dispotico, che scatenò contro i patrioti italiani milizie private sanfediste (i centurioni), fu chiuso ad ogni innovazione sociale e condannò il progresso scientifico, compresa la recente invenzione della ferrovia (l'Inno a Satana di Carducci è una parodia di tale posizione antistorica: il Satana della poesia è infatti la locomotiva). Nessuno invece ricorda che quel Papa deprecò anche il commercio dell'oppio verso la Cina e lo schiavismo ancora diffuso nelle Americhe.
Il nome rievoca pure Gregorio VII, che col Dictatus Papae proclamò la superiorità del potere spirituale su quello temporale (teocrazia!) e Gregorio Magno, dal quale il canto della liturgia tradizionale prende il nome. Ce n'è da far venire un colpo apoplettico al vostro sacrestano, favorevole all'ordinazione femminile e ai preti sposati, nonché naturalmente alle schitarrate liturgiche.
Leone XIV. Questa a noi pare una scelta molto intelligente, comparabile a quella di Ratzinger nel riesumare il nome di un predecessore poco controverso. Nessuno ha ricordi significativamente negativi verso Leone XIII. Mantenne sì la condanna di Pio IX contro il nuovo stato italiano che aveva preso Roma e lottò contro la Massoneria (la sua Orazione a S. Michele Arcangelo è una preghiera antimassonica), ma queste 'colpe' sono riscattate dalla sua celebre enciclica Rerum novarum, con cui inaugurò la dottrina sociale della Chiesa, a tutela del proletariato.
E poi, il nome evoca pure Papa Leone Magno che, avendo fermato inerme l'orda di Attila, con la sola forza del coraggio e della fede, può assurgere a santino del pacifismo.
Insomma, segnatevi questo nome.
Innocenzo XIV. E' un nome che suona arcaico e per giunta non dice nulla ai più. Pochi ricordano il beato Innocenzo XI, quello della vittoriosa battaglia di Vienna contro i Turchi (quindi islamofobo pure lui, come san Pio V). Lo inseriamo nella lista perché, curiosamente, è il nome scelto dall'immaginario cardinale di Kabul che nel film Conclave – spoiler alert - viene inaspettatamente eletto (e, per inciso, il fatto che il personaggio sia nato anche con le ovaie non ci scandalizza perché l'ermafroditismo non esclude che sia comunque un maschio: vedi sopra la definizione canonica). Quindi: chissà che quel film non ispiri qualche cardinale vero.
Clemente XV. Nessun papa Clemente ha lasciato traccia nei bigini di storia, se non il XIV per aver temporaneamente soppresso l'ordine dei Gesuiti (forse ci aveva visto lungo...). Ottimo motivo per la scelta di questo nome da parte di chi volesse tenere un profilo basso. L'unica connotazione che può avere è l'essere un nome pontificale dei secoli scorsi e quindi vagamente tradizionale
Adriano VII. Ecco una opzione curiosa. L'ultimo Adriano, il VI, fu anche l'ultimo straniero prima di papa Wojtyla, nel 1522-23. In un'epoca di papi rinascimentali, magnifici e corrotti, fu un austero fiammingo insensibile all'arte che, si dice, s'alzava presto la mattina per lavorare, prima ancora di quando di solito i cardinali andavano a coricarsi dopo le loro notti di debosce. Certo con lui la riforma luterana si sarebbe evitata. Quindi, un cardinale nordico con istinti ecumenici potrebbe farci un pensierino.
Nome nuovo. Se il nuovo Papa prenderà un nome mai usato in precedenza come ha fatto Bergoglio, magari scegliendo quello di un santo cui è devoto, o perfino mantenendo il proprio nome di battesimo (cosa che non avviene dai tempi di papa Mercurio, diventato Giovanni II, nel VI secolo), da un lato vorrà impedire di essere immediatamente incasellato tra i novatori o i conservatori; al tempo stesso, però, esprimerà comunque una certa carica eversiva appunto nel sottrarsi alla consuetudine, mantenuta fino al penultimo pontificato, di attingere ai nomi dei predecessori per rispetto e continuità della carica.
Pietro II. E chiudiamo con un nome impossibile. Nessuno sano di mente oserebbe compararsi al principe degli Apostoli. Ed oltre ad essere un peccato di superbia, sarebbe anche di pessimo auspicio: l'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo, si chiamava come il fondatore dell'Urbe; così come l'ultimo imperatore d'Oriente, che cadde nella inutile difesa di Costantinopoli, fu un Costantino XI. E questo senza considerare la profezia di Malachia (in realtà, un falso cinquecentesco), secondo cui l'ultimo papa si chiamerà Pietro Romano e assisterà alla distruzione del cristianesimo (secondo la lista di Malachia, l'ultimo papa sarebbe stato quello appena deceduto; e forse, quanto alla distruzione del cristianesimo sotto tale pontificato, la profezia non è poi andata troppo fuori strada...).
Enrico
Speriamo in un Papa Leone XIV
RispondiEliminaNon scordiamoci che Clemente XIV è stato l'ultimo papa francescano. Chissà che al patriarca di Gerusalemme non piaccia questo nome.
RispondiEliminaForse, dopo un papa Francesco, ci starebbe bene un papa Domenico per bilanciare un approccio diciamo "spontaneo" con un approccio più dottrinale
RispondiEliminaPurtroppo nel Sacro Collegio i membri dell'ancora abbastanza buono ordine domenicano, sono pessimi...si salva solo Duka che però ha 82 anni.
EliminaMa secondo me, Paolo VII è possibile anche con Pizzaballa.
RispondiEliminaGregorio XVII sarebbe auspicabile come nome! Riproporre la fermezza che Gregorio VII (al secolo Ildebrando di Soana) dimostrò coi potenti di allora (l’Imoeratore Enrico IV), gioverebbe non poco all’attuale situazione politico/sociale!
RispondiEliminaIl proprio nome mantennero anche il qui citato Adriano VI, e Marcello II. Io sogno un Bonifaxio o un Innocenzo.
RispondiEliminaSì, ma non erano comunque nomi nuovi, cioè non usati prima da altri papi. Bonifacio mi sembra impegnativo, considerato dove Dante ficca Bonifacio VIII
EliminaBravo! Finalmente un bell'articolo, di piacevole lettura anche per noi "modernisti". Contenuto delle parentesi e incisi qua e lá insopportabili, ça va sans dire.
RispondiEliminaMa parentesi e incisi sono le parti più divertenti
EliminaSe fosse eletto il card Sarah credo si chiamerebbe Benedetto XVII
RispondiEliminaUn Gelasio III non sarebbe male
RispondiEliminaUn Pizzaballa potrebbe scegliere Giovanni XXIV per amor di patria bergamasca.
RispondiEliminaComplimenti, dr. Casalini, lettura molto gradevole
RispondiEliminaOttimo articolo! Ma perché nessuno ha mai scelto il nome Giuseppe? Perché sottovalutano il ruolo del padre putativo di Gesù o, al contrario, perché lo tengono in tale considerazione da non volersi paragonare a lui (come Pietro)?
RispondiEliminaArticolo estremamente interessante. Grazie
RispondiEliminaHanno dato la stura ai deliri.
RispondiEliminaMelonio I
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