Don Piras e don Mellone, le due facce della Chiesa
Mentre il sacerdote di S. Elia rispolversa il rito sfarzoso di Pio V
di Paolo Matta da Unione Sarda, del 23.04.2015
Un articolo critico sulla celebrazione in rito antico della prima messa di don Piras a Cagliari.
...la solita solfa: un articolo traboccante di pregiudizi, critiche infondate, commenti faziosi e informazioni superficiali (e pure teologicamente imprecise, come quella sul sacerdozio "comune"...).
Ormai siamo abituati a questi banali parallelismi: sacerdote che celebra in rito antico = sacerdote pavone, snob, insensibile, solo "pizzi e merletti".
Siamo consapevoli dei "peccati" di buona parte del clero c.d. tradizionalista. Il vezzo per i particolari estetici e l'attenzione eccessiva (sarebbe ipocrisia negarla) per i pizzi è la accusa più diffusa che viene rivolta ai "tradizionalisti", spesso per pregiudizio ma a volte a ragione. Se l'amore per il bello "da riservate a Dio" e il saggio recupero di paramenti antichi (che, si sa, erano confezionate con elementi preziosi e con pizzi, e se molti musei diocesani li espongono con orgoglio è perchè sono vere e proprie opere d'arte sacra) si ferma all'aspetto esteriore e non si concretizza in un comprovato amore fervente per Dio e per il prossimo, allora non riusciremo mai a scrollarci di dosso lo slogan che perseguita i tradizionalisti "solo pizzi e merletti".
Ma saremmo disposti a ignorare e a passare oltre, ma in questo articolo uscito su Unione Sarda però vi è di più e si va oltre alla banale accusa di "smania sartoriale".
Si è fatto intendere, neanche troppo velatamente, che la
ieraticità del rito antico della Chiesa sia l'antitesi più becero della
carità.
Allora teniamo a precisare alcune cose a quei signori.
Il culto ad Deum (sia N.O. sia secondo la liturgia tradizionale) è cosa altra dalla missio ad gentes.
Non è quindi intellettualmente onesto contrapporre la liturgia alla carità. Tanto meno chiedersi se la Chiesa del Buon Pastore è quella che si "piega sulle piaghe dell'umanità" o quella "sfarzosa" (?) del rito antico: entrambi sono elementi fondanti la Chiesa stessa. Si può seguire il rito antico o quello moderno per rendere culto a Dio, e compiere le opere di misericordia corporale, secondo cui saremo giudicati in novissimo die. Quindi non è fattibile il confronto, dai toni dispregiativi, tra chi celebra in rito antico e chi si prodiga nella carità (e, implicitamente, segue il rito N.O). Anche i primi aiutano il prossimo e il peccatore (si veda, ad esempio, l'Istituto Cristo Re e la Fraternità San Pio X che hanno missioni in Africa).
Per fare comprendere meglio questa perfetta ed ontologica sintonia tra rito (antico) e carità, facciamo un piccolo ragionamento, un po' complicato, lo ammettiamo, ma speriamo che quegli egregi signori riescano a seguirci.
Dunque: nessuno
oserebbe negare la indubbia e lodevole azione di carità e misericordia
"preconciliare" di migliaia di missionari impegnati per
secoli nel "Sud del Mondo" nelle "periferie esistenziali" e coordinati dalla Congregazione creata per le missioni ("Propaganda Fide", 1622). Nessuno oserebbe negare i meriti dei missionari che curavano i lebbrosi e gli appestati nel 1600. Nessuno oserebbe negare l'esistenza di orfanotrofi e nosocomi curati da suore, da confraternite o da "misericordie".
Questo è un punto fermo. Facciamo alcuni nomi tra i molti, per agevolare: padre Ricci e San Francesco Saverio (gesuiti e missionari in Estremo Oriente); San Giovanni Lantrua (francescano missionario in Cina e martire); San Massimiliano Maria Kolbe (francescano prigioniero nei campi di concentramento che diede la propria vita per salvare un padre di famiglia); Santa Teresina di Lisieux (pur malata di tisi volle morire in convento di clausura e patrona delle missioni); San Giovanni Bosco e Santa Giuseppa Rossello (che tra gli orfani tratti dalle "periferie dell'esistenza" e i carcerati ebbero a piegarsi molto - e a proprie spese - sulle "piaghe dell'umanità" ed ad accogliere i peccatori); il beato Charles de Foucauld (fondatore di una associazione per i laici evangelizzatori). Se ne potrebbero citare altri centinaia, di missionari, solo tra quelli canonizzati.
Premesso questo, su cui ovviamente nulla quaestio, facciamo il passo ulteriore: i sopracitati missionari, religiosi (santi o non santi) e laici (membri di confraternite e misericordie) celebravano (o assistevano alle messe celebrate) con il messale di San Pio V. (San Giovanni Bosco, ad esempio, celebrò la sua prima messa esattamente come ha celebrato don Piras. Pari pari. Ma nessuno lo criticò di fastosità o di agire contro il Vangelo). Eppure si adoperavano nella carità e nell'assistenza ai malati e ai poveri.
Che sorpresa eh! Essi si sono messi il "grembiule", hanno aiutato, sfamato, salvato, curato, assistito e convertito migliaia e migliaia di fratelli poveri e bisognosi in ogni parte del mondo. Hanno puzzato di pecora. Cose da non credere eh?
Può allora reggere l'articolo di Matta il quale ha esordito e concluso il suo pezzo con un'ingiusta e immeritata contrapposizione tra due "chiese": quella dei poveri e quella del rito antico?
Non si deve, e non si può (in punto di logica), contrapporre due aspetti eterogenei (ma non opposti), come la liturgia e la pastorale missionaria della Chiesa. Uno (il rito, antico o moderno che sia) non esclude affatto l'altro. Anzi, la Storia dimostra che convivono da secoli in perfetta sintonia e sono parti fondamentali e costituenti la Chiesa stessa: il culto orante a Dio e la carità al prossimo. San Giovanni Bosco celebrava in rito antico, i laici delle confraternite la domenica si ritrovavano nel proprio oratorio e recitavano il vespro antico, San Lantrua e San Kolbe assistevano a messe (che ora chiameremmo) antiche; e le stesse si celebravano nelle missioni nel centro di foreste amazzoniche o in villaggi ai bordi della savana.
Per ciò solo si potrebbe forse dire di loro che erano "impettiti e alteri" (cit.) e non "accoglievano l peccatore" (cit.)? Assolutamente no. Si potrebbe dire che prima della riforma liturgica la Chiesa non era missionaria o caritatevole?
Quell'atto di alzare la testa coram Deo (atteggiamento orante che viene confuso per alterigia) non impedisce al sacerdote di piegare la schiena per aiutare il povero bisognoso. E 2015 anni di canonizzazioni e di missione ce lo hanno dimostrato.
Quindi potrebbe essere un buon consiglio al giornalista Paolo
Matta (autore di questo articolo a nostro avviso inopportuno, sfacciatamente fazioso e fuori luogo) di ripassare la Storia della Chiesa, e prendere in considerazione la millenaria coesistenza tra la liturgia (antica) che lui definisce con malizia "fastosa e variopinta" e l'opera missionaria e pastorale (in missioni e in orfanotrofi): vedrà che la prima non preclude né
impedisce l'altra, oggi come allora. Se proprio si vuole criticare la Messa antica si devono trovare, se ce ne sono, argomenti più seri e inoppugnabili.
Ma non è tutto.
Nell'articolo, ancor più inopportuno, ingiusto e dannoso alla Chiesa, è stato presentare (come fa, più o meno indirettamente, Matta, all'incipit e in coda al suo surrettizio articolo) chi segue la liturgia antica come antagonista di Papa Francesco. Non esiste una Chiesa del "grambiule" e una dei paramenti "sfarzosi". La Chiesa è una. Al suo interno ci sono più sensibilità liturgiche, e, lo ripetiamo, non ce n'è una che segua la carità più dell'altra.
I fedeli e i sacerdoti che riconoscono nel rito antico una maggiore forza evangelica e maggiore rispetto cultuale a Dio non sono cattolici di serie B né tanto meno opposti a Papa Francesco né eretici da sconfiggere.
Essi fruiscono dei diritti e delle facoltà garantite da una legge universale della Chiesa (Motu Proprio Summorum Pontificum, 07.07.2007) che vale erga omnes. Essi non sono dei rivoltosi che disobbediscono a Papa Francesco (nella cui basilica, lo ricordiamo, si celebra quotidianamente in rito antico, e almeno una volta l'anno si celebra un pontificale all'altare della cattedra, proprio secondo quello stesso rito tanto denigrato da Matta).
Al contrario i vescovi che si dichiarano "contrari" al messale di San Pio V (o meglio di S. Giovanni XXIII) non sono da considerarsi - per ció solo - "in piena sintonia con Papa Francesco" ma caso mai sono da indicare come contravventori di una legge della Chiesa.
Si ripete ancora: i cattolici che prediligono il rito antico non sono da tacciare di disobbedienza a Papa Francesco. Cosa si dovrebbe dire allora degli ambrosiani o dei cattolici di rito mozarabico, che seguono una liturgia diversa da quella romana? Nulla: sono tutti cattolici di rito latino, a maggior ragione lo sono anche coloro che seguono la liturgia che fu "ordinaria" per 500 anni fino al 1969.
E i cattolici di rito ortodosso, sono forse meno cattolici dei sardi? no Fanno tutti parte della Chiesa Cattolica Apostolica e riconoscono Papa Francesco come Vicario di Cristo e Sommo Ponteficie.
Stop.
Un'ultima replica.
E' stato poco elegante, inoltre, contrapporre don Mellone (il giovane sacerdote malato di Barletta, la cui ordinazione è stata anticipata con deroga personale di Papa Francesco) a don Piras. Quello di don Mellone è senz'altro un fulgido esempio di fede straordinaria, e di vocazione davvero fervente! Coinvolgente, commovente, da ammirare, da rispettare e da indicare quale esempio per molti sacerdoti tiepidi e insipidi. Ma la sua fede è pari a quella di don Piras: entrambi hanno deciso di consacrarsi a Dio, in eguale misura e con la stessa dedizione.
La sofferta prima messa di don Mellone, è giusto dirlo, ha lo stesso "valore" di quella di don Piras. E don Mellone, che siamo certi non avrà gradito essere stato coinvolto nell'infelice paragone fatto da Matta, lo sa e non si offende se diciamo che ogni celebrazione del Sacrificio Eucaristico ha il medesimo identico significato agli occhi di Dio, che sia celebrata in rito antico in una chiesa addobbata a festa, o che sia celebrata in rito "moderno" in una dignitosa stanza di casa da un sacerdote provato nel fisico da una brutta malattia ma non nella fede.
Questo confronto è stato fatto, si capisce, solo ad uso dei detrattori della Messa antica. E ce ne scusiamo con don Piras, che ringraziamo per la sua scelta, e con don Mellone, a cui va tutta la nostra gratitudine per la sua testimonianza di fede nella prova, e i nostri più sinceri auguri.
Roberto
ps: Il giornalista, parlando con ironico dileggio, di paramenti tolti da naftalina ed "abiti regali" dice don Piras ha riportato le lancette indietro di un secolo... ma se non mi sbaglio 2015 meno 1969 fa 46... tanti sono passati dalla riforma liturgica... Sì, qui urge un ripasso.