Bologna, 16 gennaio 2012
"Gentile Signor Brambilla,
vorrei fare alcune osservazioni al suo articolo su Repubblica sul programmato spettacolo di Castellucci a Milano. Propongo questa mia missiva anche come lettera aperta al Sito “Riscossa Cristiana”.
La violenza non è mai una cosa giusta; tuttavia Lei, che denuncia gesti di violenza nei confronti degli organizzatori dello spettacolo, e fa bene, avrebbe dovuto però anche chiedersi da che cosa è stata occasionata questa violenza e chi in realtà ha subito violenza per primo. Esiste un proverbio molto vero, che abbiamo imparato sin da bambini: “chi la fa, l’aspetti”, per non scomodare le famose parole di Gesù Cristo nei confronti di Pietro che, in reazione alla violenza subìta da Cristo, estrae la spada per difenderlo: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”.
Perché Lei non si domanda se i primi a fare violenza nei confronti non dico solo dei cattolici, ma dei cittadini di uno Stato democratico, sono stati proprio Castellucci insieme con i suoi collaboratori? Certo davanti alla violenza non si deve rispondere con la violenza, ma col rigore della legge. E Castellucci, come sta venendo alla luce per esempio grazie all’intervento dell’Avvocato Pietro Guerini, ha violato il Codice italiano che proibisce il vilipendio alla religione.
Il fatto che Castellucci sia già noto e apprezzato in Europa non significa nulla, se non che altri Paesi sono arretrati rispetto all’Italia per quanto riguarda il rispetto della religione oppure che finora Castellucci è riuscito a farla franca. Sappiamo bene per altri numerosi casi come il mancato intervento della giustizia non toglie l’esistenza e la punibilità di certi reati, che appunto restano impuniti, ma non mancano di restare reati.
Comunque non vorrei metterla su questo piano. Io spero che Castellucci, non tanto perché pressato dalle reazioni, ma per un serio ripensamento da uomo di cultura e da artista quale egli è, esamini liberamente e convintamente la possibilità di ritirare lo spettacolo e di utilizzare la sua arte per opere che siano veramente costruttrici di civiltà e non rigurgiti di barbarie.
Quanto poi alle qualifiche di “oltranzisti”, “lefevriani”, “estremisti” e “integralisti” date da Lei ai Cattolici che in vario modo hanno reagito o protestato nei confronti del programmato spettacolo, mi pare un discorso troppo sommario e quindi ingiusto. Ella dovrebbe distinguere tra cattolici normali e cattolici intemperanti, se veramente ci sono. Oppure chi ci impedisce di sospettare che si tratti di facinorosi appositamente infiltratisi per attizzare il fuoco? Solo a questi ultimi si possono assegnare i suddetti appellativi. Il cattolico normale, e questo dovrebbe essere evidente, non può che protestare, nei limiti dell’urbanità, davanti ad uno spettacolo evidentemente offensivo della libertà religiosa senza che ci sia il diritto da parte di nessuno di accusarlo di faziosità.
Il fatto che si siano tolte le scene più provocatorie non è sufficiente a liberare lo spettacolo dal suo senso complessivo sostanzialmente blasfemo, in quanto è evidente l’intento di fare l’apologia di una vera e propria ribellione a Dio (Cristo è apertamente riconosciuto Figlio di Dio). Come dunque stupirsi della protesta dei cattolici? Non si tratta dunque di “oltranzisti” o “lefevriani”, ma dei cattolici in quanto tali, anzi, vorrei dire, delle persone civili, anche se non cattoliche.
Comprendo il proposito della Curia di “non lasciarsi coinvolgere in polemiche”; tuttavia Castellucci solleva una questione molto grave per non dire angosciosa, oggi assai dibattuta, e cioè l’impressione che molti hanno di un Dio che nella sua invadente maestà (vedi l’enorme grandezza dell’immagine) guardi indifferente senza intervenire il succedersi esasperante delle frustrazioni e delle sofferenze umane.
Dovrebbe essere evidente la sfida che il Castellucci rivolge al Cristianesimo. Sarebbe bene dunque, e mi rivolgo a teologi e pastori, che si raccogliesse questa sfida e si desse ad essa una risposta cristiana convincente, che sia l’alternativa efficace alla bestemmia di Castellucci.
Quanto allora al solito argomento sfornato per simili circostanze: “non parliamone per non fare della pubblicità all’autore”, esso non vale nulla e finisce per favorire veramente Castellucci. Sarebbe infatti come se, davanti ad un malvivente minaccioso io potessi far finta di nulla ed evitassi di chiamare la polizia per il timore che questo malvivente si faccia della pubblicità. C’è inoltre da considerare, e la storia insegna, vedi per esempio le vicende del nazismo, che a mostrarsi deboli nei confronti dell’avversario, facilmente questi ne approfitta e diventa più arrogante.
Davanti all’episodio Castellucci si ha veramente l’impressione di un’escalation di quella persecuzione contro il Cristianesimo che attualmente si sta diffondendo nel mondo. Ma, in una situazione del genere, c’è da temere anche per le sorti della civiltà, poiché è un dato storicamente incontrovertibile che il Cristianesimo è stato ed è il più grande promotore di civiltà nella storia dell’uomo.
Distinti saluti."
P.Giovanni Cavalcoli, OP
Docente emerito di Cristologia nella facoltà Teologica di Bologna
"Gentile Signor Brambilla,
vorrei fare alcune osservazioni al suo articolo su Repubblica sul programmato spettacolo di Castellucci a Milano. Propongo questa mia missiva anche come lettera aperta al Sito “Riscossa Cristiana”.
La violenza non è mai una cosa giusta; tuttavia Lei, che denuncia gesti di violenza nei confronti degli organizzatori dello spettacolo, e fa bene, avrebbe dovuto però anche chiedersi da che cosa è stata occasionata questa violenza e chi in realtà ha subito violenza per primo. Esiste un proverbio molto vero, che abbiamo imparato sin da bambini: “chi la fa, l’aspetti”, per non scomodare le famose parole di Gesù Cristo nei confronti di Pietro che, in reazione alla violenza subìta da Cristo, estrae la spada per difenderlo: “Chi di spada ferisce, di spada perisce”.
Perché Lei non si domanda se i primi a fare violenza nei confronti non dico solo dei cattolici, ma dei cittadini di uno Stato democratico, sono stati proprio Castellucci insieme con i suoi collaboratori? Certo davanti alla violenza non si deve rispondere con la violenza, ma col rigore della legge. E Castellucci, come sta venendo alla luce per esempio grazie all’intervento dell’Avvocato Pietro Guerini, ha violato il Codice italiano che proibisce il vilipendio alla religione.
Il fatto che Castellucci sia già noto e apprezzato in Europa non significa nulla, se non che altri Paesi sono arretrati rispetto all’Italia per quanto riguarda il rispetto della religione oppure che finora Castellucci è riuscito a farla franca. Sappiamo bene per altri numerosi casi come il mancato intervento della giustizia non toglie l’esistenza e la punibilità di certi reati, che appunto restano impuniti, ma non mancano di restare reati.
Comunque non vorrei metterla su questo piano. Io spero che Castellucci, non tanto perché pressato dalle reazioni, ma per un serio ripensamento da uomo di cultura e da artista quale egli è, esamini liberamente e convintamente la possibilità di ritirare lo spettacolo e di utilizzare la sua arte per opere che siano veramente costruttrici di civiltà e non rigurgiti di barbarie.
Quanto poi alle qualifiche di “oltranzisti”, “lefevriani”, “estremisti” e “integralisti” date da Lei ai Cattolici che in vario modo hanno reagito o protestato nei confronti del programmato spettacolo, mi pare un discorso troppo sommario e quindi ingiusto. Ella dovrebbe distinguere tra cattolici normali e cattolici intemperanti, se veramente ci sono. Oppure chi ci impedisce di sospettare che si tratti di facinorosi appositamente infiltratisi per attizzare il fuoco? Solo a questi ultimi si possono assegnare i suddetti appellativi. Il cattolico normale, e questo dovrebbe essere evidente, non può che protestare, nei limiti dell’urbanità, davanti ad uno spettacolo evidentemente offensivo della libertà religiosa senza che ci sia il diritto da parte di nessuno di accusarlo di faziosità.
Il fatto che si siano tolte le scene più provocatorie non è sufficiente a liberare lo spettacolo dal suo senso complessivo sostanzialmente blasfemo, in quanto è evidente l’intento di fare l’apologia di una vera e propria ribellione a Dio (Cristo è apertamente riconosciuto Figlio di Dio). Come dunque stupirsi della protesta dei cattolici? Non si tratta dunque di “oltranzisti” o “lefevriani”, ma dei cattolici in quanto tali, anzi, vorrei dire, delle persone civili, anche se non cattoliche.
Comprendo il proposito della Curia di “non lasciarsi coinvolgere in polemiche”; tuttavia Castellucci solleva una questione molto grave per non dire angosciosa, oggi assai dibattuta, e cioè l’impressione che molti hanno di un Dio che nella sua invadente maestà (vedi l’enorme grandezza dell’immagine) guardi indifferente senza intervenire il succedersi esasperante delle frustrazioni e delle sofferenze umane.
Dovrebbe essere evidente la sfida che il Castellucci rivolge al Cristianesimo. Sarebbe bene dunque, e mi rivolgo a teologi e pastori, che si raccogliesse questa sfida e si desse ad essa una risposta cristiana convincente, che sia l’alternativa efficace alla bestemmia di Castellucci.
Quanto allora al solito argomento sfornato per simili circostanze: “non parliamone per non fare della pubblicità all’autore”, esso non vale nulla e finisce per favorire veramente Castellucci. Sarebbe infatti come se, davanti ad un malvivente minaccioso io potessi far finta di nulla ed evitassi di chiamare la polizia per il timore che questo malvivente si faccia della pubblicità. C’è inoltre da considerare, e la storia insegna, vedi per esempio le vicende del nazismo, che a mostrarsi deboli nei confronti dell’avversario, facilmente questi ne approfitta e diventa più arrogante.
Davanti all’episodio Castellucci si ha veramente l’impressione di un’escalation di quella persecuzione contro il Cristianesimo che attualmente si sta diffondendo nel mondo. Ma, in una situazione del genere, c’è da temere anche per le sorti della civiltà, poiché è un dato storicamente incontrovertibile che il Cristianesimo è stato ed è il più grande promotore di civiltà nella storia dell’uomo.
Distinti saluti."
P.Giovanni Cavalcoli, OP
Docente emerito di Cristologia nella facoltà Teologica di Bologna
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