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domenica 23 ottobre 2011

Tre serate con Giovannino Guareschi e Alessandro Gnocchi

Da sinistra: Alessandro Gnocchi, Monsignor Arrigo Miglio, Dottor Andrea Peracchio



«Sono molto contento di avere qui, questa sera, Alessandro Gnocchi, per poter parlare di un grande scrittore: Giovannino Guareschi, figura da riscoprire e da amare. La letteratura guareschiana è ricca di Fede e portatrice di speranza». Così ha detto Monsignor Arrigo Miglio, Vescovo di Ivrea, nell’introdurre Alessandro Gnocchi nella prima di tre di serate interamente dedicate a Giovannino Guareschi e organizzate dal Centro Culturale «Amici del Timone» di Rivarolo Canavese.
Il 17 ottobre, nel teatro dell’Oratorio San Giuseppe (Via Armondo Arborio 6) di Ivrea, Gnocchi, presentato dal Presidente dell’Associazione «Amici del Timone» (Dottor Andrea Peracchio) quale esperto di Guareschi, nonché il primo ad essersi occupato dello scrittore dal punto di vista peculiarmente cattolico, ha parlato proprio della Fede del grande scrittore tradotto in tutto il mondo, Fede che ha il suo fondamento nel rapporto con il Crocifisso e con la Chiesa. Da dove nasce un’adesione così convinta e così ragionata? Il lager fu il momento più importante per la messa alla prova della Fede di Guareschi: questa prova segnò per sempre la sua consapevolezza di essere una creatura che deve tutto il proprio essere al Creatore. Qui sta la radice della sua narrativa che coniuga umorismo e toni drammatici.
Guareschi fu testimone in prima linea dei cambiamenti epocali della civiltà cristiana: attraverso il suo “piccolo” osservatorio della Bassa egli fotografò con una lucidità sorprendente la corruzione dell’identità cristiana e la crisi della Chiesa. Come non ricordare la così attuale e drammatica introduzione a Il compagno don Camillo (riportata nell’introduzione del libro di Gnocchi-Palmaro, Giovannino Guareschi. C’era una volta il padre di don Camillo e Peppone)?
«L’attuale generazione di italiani è quella dei diritti, degli obiettori di coscienza, degli antinazionalisti, dei negristi, ed è cresciuta alla scuola della corruzione politica, del cinema neorealista e della letteratura social-sessuale di sinistra.
Pertanto, più che una generazione, è una degenerazione.
Com’era bella l’Italia pezzente del 1945!
Ritornavamo dalla lunga fame dei lager e trovammo l’Italia ridotta a mucchi di macerie.
Ma fra i mucchi di calcinacci, sotto i quali marcivano le ossa dei nostri morti innocenti, palpitava il vento fresco e pulito della speranza.
Quale differenza fra l’Italia povera del 1945 e la povera Italia miliardaria del 1963!
Tra i calcinacci del miracolo economico, soffia un vento caldo e polveroso che sa di cadavere, di sesso e di fogna.
Nell’Italia miliardaria della dolce vita, morta è ogni speranza e in un mondo migliore. Questa è l’Italia che cerca di combinare un orrendo pastrocchio di diavolo e d’acquasanta, mentre una folta schiera di giovani preti di sinistra – che non somigliano certo a don Camillo – si preparano a benedire, nel nome di Cristo, le rosse bandiere dell’Anticristo».
Alessandro Gnocchi, nella sua lezione ha spiegato come Guareschi abbia voluto dimostrare, nella sua vastissima produzione letteraria, che la ferita, anche la più profonda, non porta mai alla disperazione se vissuta ai piedi della Croce o sulla Croce.




«Quasi tutti coloro che finiscono di vedere un film di Don Camillo oppure chiudono l’ultimo capitolo del libro», ha detto Gnocchi, «viene una sorta di nostalgia, di magone e si pensa: peccato che il mondo non sia così… Eppure Giovannino Guareschi non ci racconta un mondo dove tutto è perfetto, bello, dorato. Ci racconta il mondo delle ferite dove c’è freddo, guerra, odio, miseria, malattia, morte… Tuttavia viene da dire: peccato che il mondo non sia così… Il segreto sta nel fatto che nel mondo narrato da Guareschi l’uomo, benché colpito dal peccato originale e dai peccati in corso d’opera non si oppone alla Grazia e non opponendosi raccoglie, quotidianamente, la mano tesa del Padre Eterno».
Gnocchi ha poi consigliato, per iniziare un serio percorso culturale guareschiano, la lettura del capolavoro intitolato Diario clandestino, un libro scritto dentro il lager e dal quale emerge tutta la statura di un uomo di autentica Fede. Ecco allora quella pagina potente e magistrale che Gnocchi ha letto per intero:
«Signora Germania, tu mi hai messo tra i reticolati, e fai la guardia perché io non esca. È inutile signora Germania: io non esco, ma entra chi vuole. Entrano i miei affetti, entrano i miei ricordi. E questo è niente ancora, signora Germania: perché entra anche il buon Dio e mi insegna tutte le cose proibite dai tuoi regolamenti.
Signora Germania, tu frughi nel mio sacco e rovisti fra i trucioli del mio pagliericcio. È inutile signora Germania: tu non puoi trovare niente, e invece lì sono nascosti documenti d’importanza essenziale. La pianta della mia casa, mille immagini del mio passato, il progetto del mio avvenire. E questo è ancora niente, signora Germania. Perché c’è anche una grande carta topografica al 25.000 nella quale è segnato, con estrema precisione il punto in cui potrò ritrovare la fede nella giustizia divina.
Signora Germania, tu ti inquieti con me, ma è inutile. Perché il giorno in cui, presa dall’ira farai baccano con qualcuna delle tue mille macchine e mi distenderai sulla terra, vedrai che dal mio corpo immobile si alzerà un altro me stesso, più bello del primo. E non potrai mettergli un piastrino al collo perché volerà via, oltre il reticolato, e chi s’è visto s’è visto.
L’uomo è fatto così, signora Germania: di fuori è una faccenda molto facile da comandare, ma dentro ce n’è un altro e lo comanda soltanto il Padre Eterno. E questa è la fregatura per te signora Germania».
Era ufficiale d’artiglieria, di stanza ad Alessandria, quando, con l’armistizio dell’8 settembre 1943, si trovò di fronte al bivio: o collaborare con i tedeschi oppure entrare in un campo di concentramento. Ma lui disse, come altri 300 mila militari italiani: «Io sono un ufficiale del regio esercito ho prestato giuramento di fedeltà al Re e quindi non posso collaborare con nessun altro», allora salì sul carro bestiame che lo condusse nei campi di prigionia nazionalsocialisti di Cz?stochowa e Benjaminovo in Polonia e poi in Germania a Wietzendorf e Sandbostel, per due anni. Divenne il numero 6865. Ma quel tempo fu “provvidenziale” per la sua prodigiosa maturazione spirituale, che lo condusse alla vera libertà.
Gnocchi ha così letto quella profonda pagina dove l’autore del Diario clandestino rivela l’essenza della vita: la vera prigionia non è quella che possono creare gli uomini intorno a noi, anche con la tirannia, bensì la prigionia di se stessi che non permette all’anima di librarsi nelle realtà celesti:
«Mi volsi e vidi che ero uscito da me stesso, mi ero sfilato dal mio involucro di carne. Ero libero. Vidi l’altro me stesso allontanarsi, e con lui si allontanavano tutti i miei affetti, e di essi mi rimaneva solo l’essenza. Come se mi avessero tolto un fiore e di esso mi fosse rimasto soltanto il profumo nelle nari e il colore negli occhi.
Ritroverò l’altro me stesso? Mi aspetta forse fuori del reticolato per riprendermi ancora? Ritornerò laggiù oppresso sempre dal mio involucro di carne e di abitudini?
Buon Dio, se dev’essere così, prolunga all’infinito la mia prigionia. Non togliermi la mia libertà».
Il Cristo Crocifisso, quello che parlava con don Camillo, parlò anche a Giovannino Guareschi e Lo seppe ascoltare, comprendendo quale potenza abbia la Grazia quando scende sulla terra riarsa, bruciante di dolore. Gnocchi ha poi mostrato sullo schermo gigante, alle sue spalle, un Crocifisso che egli collega all’ispirazione guareschiana. Si tratta del Cristo di San Giovanni della Croce (1951) di Salvador Dalì, pittore dalle venature religiose notevoli, che spesso pregava prima di dipingere. Gnocchi ha invitato ad osservare il Crocifisso, facendo notare che la sua prospettiva è simile a quella del Crocifisso del Rosario fatto scendere dalle mani quando lo si recita. In seguito ha proposto di capovolgere visivamente il dipinto: «pare di stare sulla Croce e di guardare verso terra; tale prospettiva è quella attraverso la quale Guareschi scrisse molti suoi racconti».
La Fede di Giovannino Guareschi, abituato a fare, ogni sera, l’esame di coscienza, era radicata proprio nel Crocifisso e ogni realtà veniva contemplata alla luce del Regno sociale di Nostro Signore, principio al quale si è collegato l’intervento finale del Vescovo Miglio:
«Mi ha molto colpito questo aspetto a cui non avevo pensato: la sovranità di Cristo crocifisso è la chiave di lettura per comprendere l’opera di Guareschi, una sovranità che egli vedeva vera per tutti, credenti e non credenti. A questa dimensione universale pensiamo troppo poco, rischiando di identificare gli spazi di azione del Cristo Crocifisso, che osservato capovolto, invita a capovolgere il modo di ragionare. L’incontro di questa sera diventa un invito ad estendere le nostre dimensioni a quelle del Crocifisso, ad identificare il raggio di azione del Crocifisso con il piccolo nostro raggio di azione».

Cristina Siccardi


Le altre due serate (sempre alle ore 21.00 e nel teatro dell’Oratorio San Giuseppe, in via Armondo Arborio 6, di Ivrea) si svolgeranno lunedì 24 ottobre con la visione e il commento di Alessandro Gnocchi del film Don Camillo e l’onorevole Peppone, dove si analizzerà la benefica ricaduta sociale del Cattolicesimo, la quale porta al radicamento nella propria terra, antidoto a qualsiasi deriva ideologica; lunedì 31 ottobre il tema della serata, tenuta dal Dottor Gnocchi, sarà L’Ave Maria di Don Camillo e si analizzerà questa riflessione: nelle opere guareschiane ci sono dei veri e propri gioielli che fanno commuovere e fanno pensare. E tutte mostrano come gli uomini, quando si affidano a Maria, scoprono di essere più belli di quanto pensino.

19 commenti:

  1. Inserisco un OT promozionale, per chi avesse interesse ad approfondire gli sviluppi del dibattito sul Concilio V2: una monumentale intervista di Mons. Gherardini, il quale ha superato i confini nazionali ed è stato interpellato dal Prof Bernard Dumont e quindi pubblicato sulla Rivista francese di riflessione politica e religiosa Catholica
    http://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2011/10/catholica-intervista-mons-gheradini.html

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  2. voglio dire a proposito di Mons Williamson che, teologicamente, è corretto<span> </span>: la religione ebraica è stata costruita ed ora è seguita e professata proprio partendo adall'allora uccisione di nostro Signore.Nessuno vuole essere antisemita, ci mancherebbe, ma la verità è la verità.

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  3. E' vero che in Guareschi ci sono dei gioielli, ma oggi mi sembra più pressante l'attualità la quale, ricordo a Carlo Maria, ci presenta ben altro e ben oltre, sia in positivo che in negativo, che mons. Williamson.

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  4. Perdonatemi un nuovo OT.
    Avrei piacere di contattare Silente. Se mi legge e vuole, potrebbe scrivermi su neshama@tiscali.it ?

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  5. <object>
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  6. Rispetto e onore per Guareschi.

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  7. Cara mic, sempre in apnea? :)

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  8. da cattolico e da monarchico non posso che essere fan di guareschi, massima stima anche per Gnocchi, autentico intellettuale cattolico (avercene...)

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  9. Guareschi santo subito! Anzi, dottore della Chiesa

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  10. Esatto: un grande. Un Uomo ed un Artista, nel vero senso delle parole; nonché esempio di coerenza e integrità.

    Il mio preferito.

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  11. Omaggio all'ironia di Guareschi. :)

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  12. Mi piacerebbe che fossero ricordate anche le persecuzioni giudiziarie cui fu sottoposto. Nel secondo processo, quello per la presunta diffamazione di De Gasperi, per protesta contro l'ingiusta condanna, rifiutò di ricorrere in Appello così come rifiutò di presentare domanda di grazia.

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  13. Al 'Subito' siamo comunque già passati oltre; 'dottore della Chiesa'? Esagerato. Penso che cattolico-tutto-d'un-pezzo vada più che bene per il soggetto. Avercene di cattolici così a scrivere sui quotidiani o tra gli scaffali delle librerie nel reparto 'Novità'...

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  14. Dottore della Chiesa non so ma PIU' GRANDE scrittore italiano del '900 certamente.

    Non avesse avuto il neo di essere un vero Cattolico ( da non confondere da quelli che lo hanno usato per prendere il potere e lo hanno poi gettato ) avrebbe vinto il Nobel e sarebbe presente ampiamente nelle antologie scolastiche al posto di tanti mediocri.

    Se avete tempo guardatevi la sua parte del film "La rabbia" ( l'altra era di Pasolini ). 

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  15. Guareschi, grandissimo scrittore, conosciuto in tutto il mondo e snobbato dalle nostre tristi scuole, che potrebbero far leggere il Diario clandestino piuttosto che il truce e pessimista Levi, giusto per far scoprire ai ragazzi che si può rimanere uomini anche nelle condizioni più dure, se abbiamo la grazia di Dio e quel buon umore (che non è stupidità) che viene solo dal sentirsi figli di Dio. Un autore positivo da far leggere ai ragazzi, altrochè certi autori cupi e suicidi, che tolgono speranza.

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  16. Dove si può trovare la sua parte del film "La rabbia"?

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  17. Su Youtube è presente in 7 spezzoni di 5 - 8 minuti l'uno

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  18. <span>...da monarchico</span>

    Visto il nick spero non "savoiardo"... :)
    I savoiardi sono buoni solo col caffè.

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  19. a proposito di Guareschi e don Camillo, forse qualcuno potrà chiarirmi un incongruenza:  come mai nell'ultimo film don Camillo non è più monsignore? (in alcune foto sul web del film del'70 si vede il compianto Fernandel vestito con la talare coi bottoni e la fascia paonazza, quindi almeno inizialmente sembra che fosse previsto: poi cos è successo?)

    E Peppone perchè, ugualmente, non è più deputato? (o se lo è stato non ne porta alcun segno, sembra un normale signore in pensione)

    E' possibile che il film del '72 possa essere - cinematograficamente parlando - ambientato in un universo parallelo o realtà alternativa rispetto alla saga classica, che vivrebbe quindi in una sua timeline che è rimasta invariata? (un pò come, perdonatemi l'OT, l'ultimo film di Star Trek) 

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La Redazione