Post in evidenza

Messainlatino ha vinto la causa contro Google!

Il piccolo Davide-MiL ha fiondato Googlia, si parva licet componere magnis . (Per inciso: è significativo che l'aggettivo 'filisteo...

martedì 11 novembre 2025

La Santa Messa pontificale celebrata nella Basilica di San Pietro in Vaticano segna un nuovo capitolo sotto il Pontificato di Papa Leone XIV

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1303 pubblicata da Paix Liturgique il 10 novembre, in cui si riporta l’articolo pubblicato dall’agenzia di stampa Zenit il 28 ottobre (QUI), in cui si commenta che, per la prima volta dal 2019, la cosiddetta «Messa antica» – l’usus antiquior del Rito Romano – è risuonata sotto la cupola di Michelangelo Buonarroti e circa tremila pellegrini, molti dei quali giovani famiglie con bambini e donne velate di pizzo, hanno riempito la Basilica di San Pietro in Vaticano.

Lorenzo V.


Il 25 ottobre, il card. Raymond Leo Burke, Patrono emerito del Sovrano Militare Ordine di Malta – un uomo venerato e vilipeso nella recente memoria vaticana – è tornato sull’altare della Cattedra di San Pietro per celebrare una Santa Messa pontificale. Ma non si è trattato solo di un gesto nostalgico verso il passato. È stato un momento ricco di storia, aspettative e silenzioso simbolismo nei primi mesi del Pontificato di Papa Leone XIV.

Per la prima volta dal 2019, la cosiddetta «Messa antica» – l’usus antiquior del Rito Romano – è risuonata sotto la cupola di Michelangelo Buonarroti. Circa tremila pellegrini, molti dei quali giovani famiglie con bambini e donne velate di pizzo, hanno riempito la Basilica di San Pietro in Vaticano. Altri stavano in piedi spalla a spalla lungo le navate di marmo o seduti a gambe incrociate sul pavimento. Gli anziani card. Walter Brandmüller, Presidente emerito del Pontificio Comitato di scienze storiche, ed il card. Ernest Simoni, quest’ultimo sopravvissuto alle prigioni comuniste albanesi, erano seduti nei banchi anteriori. Era, in tutti i sensi, uno spaccato della memoria cattolica: segnata, piena di speranza e profondamente umana.


Il fatto che una tale Santa Messa abbia avuto luogo nel cuore del Vaticano, e con l’esplicita autorizzazione pontificia, ha segnato una svolta in quella che è stata a lungo chiamata la «guerra liturgica». Ciò è avvenuto dopo anni di tensioni e recriminazioni seguite alla lettera apostolica in forma di motu proprio Traditionis custodes sull’uso dei libri liturgici anteriori al Concilio Vaticano II del 2021 di papa Francesco, che limitava drasticamente l’uso del Missale Romanum del 1962. Per molti che hanno a cuore la liturgia tradizionale, quel momento era sembrato una chiusura delle porte della Chiesa stessa.

Ora l’atmosfera era cambiata. Il permesso era venuto direttamente da Papa Leone XIV, il primo Papa americano della storia, noto per il suo tono conciliante e l’enfasi sulla riconciliazione piuttosto che sullo scontro. La sua decisione di consentire al card. Raymond Leo Burke di celebrare la Santa Messa pontificale – dopo un’udienza privata tra i due avvenuta in agosto – è stata interpretata da molti come un gesto di ascolto piuttosto che di giudizio.

Rubén Peretó Rivas, organizzatore argentino del pellegrinaggio, ha descritto succintamente lo stato d’animo: «C’è di nuovo speranza. I primi segnali di Papa Leone XIV sono il dialogo e il vero ascolto, la volontà di comprendere piuttosto che di condannare».


La Santa Messa pontificale, parte dell’annuale Pellegrinaggio Summorum Pontificum che riunisce i Cattolici tradizionalisti «ad Petri Sedem» («alla Sede di Pietro»), era stata negata alla Basilica di San Pietro in Vaticano nel 2023 e nel 2024. Sotto Papa Leone XIV, tuttavia, la situazione è cambiata. L’apertura del Papa, unita alla tenacia del card. Raymond Leo Burke, ha riportato l’antica liturgia nella Basilica di San Pietro in Vaticano proprio alla vigilia della festa di nostro Signore Gesù Cristo Re, un giorno che ha un profondo significato nell’antico calendario.

Durante la sua omelia, pronunciata in italiano, inglese, francese e spagnolo, il card. Raymond Leo Burke ha evitato di parlare di politica. Non ha fatto alcun riferimento a papa Francesco, né alle restrizioni e alle autorizzazioni. Ha parlato invece di continuità e grazia, della liturgia come «il grande dono [che] ci è stata trasmessa, in una linea ininterrotta, dalla Tradizione Apostolica, dagli Apostoli e dai loro successori» [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]. Il suo tono era mariano, meditativo e inequivocabilmente radicato nel linguaggio teologico di Papa Benedetto XVI, la cui lettera apostolica in forma di «motu proprio» Summorum Pontificum sull’uso straordinario della forma antica del Rito Romano del 2007 aveva normalizzato la celebrazione dell’antico rito.

«Attraverso Summorum Pontificum,» ha detto Burke, «tutta la Chiesa va maturando una comprensione e un amore sempre più profondi per il grande dono della Sacra Liturgia. […] Un simile culto non è una forma di ideologia. […] È comunione con Cristo Re».


Le parole avevano un significato particolarmente intenso. Per anni, i sostenitori della Santa Messa tradizionale erano stati descritti come reazionari o divisivi, accuse che, sebbene in parte vere, nascondevano anche una realtà più tranquilla: famiglie attratte dal silenzio, dalla bellezza e dalla trascendenza. «Non è la caricatura che la gente immagina», ha detto Eduard Karl von Habsburg-Lothringen, Ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, che ha partecipato alla Santa Messa pontificale con la sua famiglia. «Non è ribellione. È fede: famiglie, preghiera e riverenza».

L’atmosfera di quel pomeriggio di ottobre non era trionfalistica. Era devota, a tratti fragile. Quando il coro ha intonato il Sanctus, il pavimento di marmo è sembrato tremare, non per sfida, ma per sollievo. Dopo anni di sospetti, le antiche parole hanno risuonato ancora una volta nella Basilica più famosa del mondo, non come protesta, ma come preghiera.


Tuttavia, il momento aveva inequivocabili sfumature politiche. Gli osservatori del Vaticano non hanno tardato a notare la tempistica: pochi mesi dopo che alcuni documenti trapelati dal Vaticano avevano suggerito che le risposte dei Vescovi di tutto il mondo al sondaggio liturgico di papa Francesco del 2020 erano state, in realtà, in gran parte favorevoli all’antico rito [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]. I documenti contraddicevano la motivazione ufficiale delle restrizioni, rivelando che la maggior parte dei Vescovi non considerava la liturgia tradizionale come fonte di divisione e avvertiva che sopprimerla avrebbe potuto fare «più male che bene».

Questa rivelazione, unita alla reputazione di apertura di Papa Leone XIV, ha dato alla Santa Messa pontificale del card. Raymond Leo Burke l’impressione di una silenziosa ricalibrazione, non di un’inversione di tendenza, ma di un riequilibrio. In una delle sue prime interviste, Papa Leone XIV ha riconosciuto che alcuni avevano usato la liturgia «come uno strumento politico», ma ha anche riconosciuto che «le persone […] cercavano un’esperienza più profonda di preghiera, di contatto con il mistero della fede che sembravano trovare nella celebrazione della Santa Messa tradizionale» [QUI; QUI su MiL: N.d.T.].

Tale sfumatura era assente negli anni di aspra polarizzazione. Sotto papa Francesco, il dibattito si era irrigidito in campi opposti. Sotto Papa Leone XIV, potrebbe ancora evolversi in qualcosa di più umano.


Al termine della benedizione finale, la folla si è attardata: pellegrini provenienti da settanta associazioni di tutto il mondo, con striscioni e Rosari, alcuni in lacrime. All’esterno, sotto il colonnati di Gian Lorenzo Bernini, hanno cantato l’antifona Salve Regina mentre il crepuscolo calava su Roma.

Il momento era storico, sì, ma anche fragile: un inizio piuttosto che una conclusione. Non è ancora chiaro se questo segni un disgelo duraturo o solo una pausa in una lunga lotta ecclesiale.

Ciò che è chiaro è che per un pomeriggio, sotto la vasta cupola che ha assistito alle preghiere di secoli, la Chiesa ha respirato di nuovo in latino, non come lingua della nostalgia, ma come segno di unità che aspetta di essere riscoperto.