Grazie a Federica Tourn per questo nuove notizie sull'ex gesuita Marko Rupnik.
Forse, finalmente, si farà il processo al pupillo di Papa Francesco.
Vedremo i risultati e vi terremo aggiornati sul profilo sui curricula dei cinque giudici nominati, ad oggi sconosciuti.
QUI Nicole Winfield su Associated Press: "Il Vaticano nomina i giudici per il processo all'ex artista gesuita Rupnik accusato di abusi da parte di oltre 20 donne".
QUI Open: "Caso Rupnik, scelti i giudici del processo sulle molestie dell’ex gesuita. L’avvocata delle vittime: «Aspettano da anni: è ora di cominciare»".
QUI EWTN.
QUI Vatican News.
QUI e sotto l'annuncio della Sala Stampa Vaticana.
Luigi C.
Comunicato Stampa del Dicastero per la Dottrina della Fede, 13.10.2025
In data 9 ottobre 2025 sono stati nominati i cinque Giudici del Tribunale che affronterà il caso del Rev.do Marko Ivan Rupnik.
Il collegio giudicante è composto da donne e chierici che non fanno parte del Dicastero per la Dottrina della Fede e non hanno alcun ufficio presso i Dicasteri della Curia Romana.
Tutto ciò al fine di meglio garantire, come in ogni processo giudiziale, l’autonomia e l’indipendenza del suddetto Tribunale.
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Federica Tourn, ott 14, 2025
Luis Badilla, giornalista cileno considerato uno dei più autorevoli tra i vaticanisti e che già avevamo intervistato per il podcast La Scomunica, commenta la nomina dei giudici per il processo a Marko Rupnik, accusato di abusi sessuali su diverse donne, laiche e consacrate.
Con un curioso tempismo, infatti, è arrivata proprio il 13 ottobre intorno all’ora di pranzo la notizia che i giudici per l’evanescente processo a don Marko Rupnik sono stati nominati. Sono cinque e fra loro, si legge nel comunicato, ci sono «donne e chierici che non fanno parte del Dicastero per la Dottrina della Fede e non hanno alcun ufficio presso i Dicasteri della Curia Romana». Una decisione presa «al fine di meglio garantire, come in ogni processo giudiziale, l’autonomia e l’indipendenza del suddetto Tribunale».
L’intuizione di includere delle donne nel collegio giudicante è interessante. Suggerisce l’idea che la voce delle vittime sarà ascoltata con maggiore empatia e l’imputato giudicato con ogni severità, come suppone Badilla, anche se non basta la presenza di giudici donne a garantire che Rupnik non venga guardato con un occhio di favore: per capirlo basta pensare alle laiche consacrate che compongono l’équipe del Centro Aletti e che hanno sempre difeso l’innocenza del fondatore, a partire dall’attuale direttrice Maria Campatelli.
I giudici sono stati formalmente nominati il 9 ottobre, tre mesi dopo che il prefetto del Dicastero per la dottrina della fede Tucho Fernandez, a margine di una conferenza stampa in Vaticano, aveva annunciato di averli finalmente individuati. Tre mesi di “tempi tecnici”, come li ha definiti lo stesso Fernandez, che immaginiamo conditi di furiosi scambi di lettere con gli avvocati di Rupnik, intenzionati a dilazionare il più possibile l’inizio del procedimento. Il processo, a questo punto, dovrà però per forza mettere in moto la macchina e arrivare a una sentenza che dia una risposta innanzitutto alla richiesta di giustizia delle vittime, e poi anche alla Chiesa.
Badilla si mostra ottimista e valuta positivamente la nomina dei giudici: secondo lui, papa Leone vuole un processo rapido che separi l’operato omertoso di Bergoglio dal nuovo corso che il suo pontificato vuole dare alla Chiesa. «Il comunicato garantisce - afferma il vaticanista - che si farà un processo indipendente, vero e libero» e che verrà chiusa l’epoca in cui queste faccende si risolvevano fra «compagni di merende». Ascoltatelo.
(mosaico di Marko Rupnik e dell’atelier del Centro Aletti, chiesa della Santa Vergine a Lubiana, particolare)
Papa Leone, ci dica: per caso il processo a Rupnik non s'ha da fare?
Federica Tourn, ott 13, 2025
Il processo ecclesiastico a Marko Rupnik può attendere. Le indiscrezioni che davano per oggi, 13 ottobre, la sua apertura al Dicastero per la dottrina della fede, non hanno trovato conferma e il sacerdote sloveno, accusato di abusi sessuali e spirituali nei confronti di almeno trenta suore – il dato lo ha fornito il generale dei gesuiti, Arturo Sosa Abascàl – per ora può continuare a vivere relativamente tranquillo nel convento di Montefiolo, un tempo casa delle suore benedettine di Priscilla e oggi quartier generale di Rupnik e dei suoi fedelissimi, o nella Casa Maria Consolatrice a Santa Severa, dove il Centro Aletti tiene regolarmente gli esercizi spirituali.
Dopo lunga e laboriosa ricerca, i giudici sono stati trovati – lo ha detto il prefetto del Dicastero per la dottrina della fede Victor “Tucho” Fernandez già qualche mese fa – l’inchiesta è già stata fatta nel 2021, le vittime hanno testimoniato: praticamente le carte sono tutte sul tavolo eppure, ancora una volta, non succede niente.
Non è la prima volta, infatti, che si indaga sugli abusi dell’ex gesuita nella Comunità Loyola: il Dicastero ci aveva già provato, quando era prefetto il cardinale Luis Ladaria Ferrer, ma nell’ottobre 2022 il procedimento si era fermato per la volontà di papa Francesco di non processare Rupnik e sulla denuncia delle suore era calata la mannaia della prescrizione. Nell’ottobre del 2023 Bergoglio è stato poi obbligato dalla pressione delle vittime e dei media – e dalla rissa dietro le quinte del Sinodo sulla sinodalità con Sean O’Malley, fino al luglio 2025 presidente della Pontificia commissione per la tutela dei minori – a togliere la prescrizione. È da allora, esattamente da due anni, che si attende che questo processo venga celebrato.
Francesco non ha mai avuto la volontà di processare Rupnik. Lo ha sempre protetto – in modo anche smaccato, come quando nel 2020 gli ha fatto togliere la scomunica che il prefetto Ladaria Ferrer gli aveva appena impartito – e fino all’ultimo ha tenuto nella sua stanza a Santa Marta la riproduzione di un’opera dell’ex gesuita, proprio mentre nella chiesa infuriava la discussione se i mosaici dell’abusatore andassero distinti dal suo autore o distrutti perché offensivi.
Francesco proteggeva gli amici, è cosa nota, ma Leone? Per quanto se ne sa, Prevost non ha mai nemmeno incontrato Rupnik ma con il pontificato ha ereditato anche questo processo e si trova alle prese con una gigantesca patata bollente. Da un lato le vittime non hanno intenzione di accettare l’oblio su quanto hanno subito e chiedono giustizia e risarcimenti; dall’altro Rupnik, che negli ambienti della giustizia vaticana gode della reputazione di uomo vendicativo e tutt’altro che collaborativo, ha intessuto negli anni reti di complicità, presumibilmente corroborate dalla grande quantità di denaro accumulata vendendo mosaici alle chiese di tutto il mondo, e questo contribuisce a rendere difficile per il Vaticano un soluzione limpida a questa oscura vicenda.
Sono passati oltre cinque mesi dall’elezione di Leone XIV e ancora nulla si muove per un processo che praticamente è fatto, basterebbe fissare una data. Chi vive dentro la curia ha capito che il papa non se ne vuole occupare direttamente e lascia al prefetto Fernandez (l’uomo che negli ultimi anni ha protetto Rupnik per ordine di Francesco) il compito di sbrogliare l’intricata matassa. Qualcuno parla di tempi tecnici, qualcun altro pensa che semplicemente questo processo non s’ha da fare, almeno fino a quando il papa non avrà deciso se per la sua parossistica prudenza sia più pericoloso per la Chiesa l’insabbiamento perpetuo o un verdetto di colpevolezza per decine di abusi sessuali per l’ex gesuita Marko Rupnik, il protetto di Bergoglio.
(particolare di un mosaico di Marko Rupnik e dell’atelier del Centro Aletti, chiesa della Santa Vergine a Lubiana, 2017)



