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sabato 11 ottobre 2025

I Vescovi francesi sono pronti alla pace, al vero dialogo e alla carità?

Vi proponiamo – in nostra traduzione – la lettera 1285 pubblicata da Paix Liturgique il 10 ottobre, in cui si riflette sul necessario dialogo tra i fedeli tradizionali ed i Vescovi francesi.
Se «la maggior parte dei fedeli tradizionali aspira solo ad amare il Vescovo […] perché rispettano, dietro la mitra, il successore degli apostoli», non si può negare che «per creare le garanzie di un dialogo sereno e costruttivo e offrire così le condizioni per una maggiore chiarezza, spetta ai Vescovi uscire da una notevole ambiguità» e «questa notevole ambiguità ha un nome: si chiama “malafede”».

L.V.


Dall’avvento di Papa Leone XIV, la cosa si ripete in modo evidente ovunque: il clima sta cambiando. Papa Leone XIV sarebbe un uomo di dialogo, un artigiano di pace. Basta con le frasi inutilmente offensive di papa Francesco, ora spazio a una comunicazione pontificia che mette in primo piano la dolcezza, la rotondità e la benevolenza. Tuttavia, nessuno è davvero in grado di dire, per il momento, se questa nuova atmosfera in Vaticano si tradurrà in azioni concrete. In altre parole, e con un’analogia tutta nazionale: Sébastien Lecornu, il nuovo Primo Ministro della Repubblica Francese a cui si attribuisce un certo senso di apertura e la capacità di rifiutare i paraocchi, non potrà fermarsi qui. Per costruire un bilancio non bastano solo elementi di linguaggio e una reputazione di urbanità: occorre anche dialogare in profondità e trovare concretamente un terreno d’intesa.

Papa Leone XIV sembra lasciar intravedere il desiderio di un allentamento delle tensioni con l’universo tradizionale, come analizzato nella nostra Lettre 1277 [QUI; QUI su MiL: N.d.T.]. Di fronte a questo cambiamento di paradigma, i Vescovi francesi non sanno più bene come comportarsi. L’attesa è d’obbligo. Nella lunga intervista che il card. Jean-Marc Aveline, Arcivescovo metropolita di Marsiglia e Presidente della Conférence des évêques de France, ha concesso al quotidiano La Croix mercoledì 17 settembre scorso, gli osservatori attenti avranno notato la sua risposta sfumata alla domanda che gli è stata posta sulla Santa Messa tradizionale [QUI: N:d.T.]. «Cosa risponde ai fedeli affezionati alla Santa Messa secondo il rito antico?», gli era stato chiesto. In modo significativo, il card. Aveline ha cercato di placare gli animi. «Per quanto riguarda la questione tradizionalista, in ogni ricerca spirituale – del sacro, del silenzio, della bellezza – c’è qualcosa di buono che merita di essere onorato» e di notare a proposito della lettera apostolica in forma di motu proprio Traditionis custodes sull’uso dei libri liturgici anteriori al Concilio Vaticano II, senza che ciò gli possa costare nulla dato che papa Francesco ha reso l’anima a Dio: «La sequenza non è stata molto chiara, ne convengo».

Fin dall’inizio della crisi liturgica e quindi dottrinale, i Vescovi hanno la loro responsabilità. Già nel 1968, Jean Madiran notava nella sua importante opera Lhérésie du XXᵉ siècle [L’eresia del XX secolo, QUI: N.d.T.] che i primi responsabili della disgregazione catechetica erano innanzitutto i Vescovi. Che dire dei loro lontani successori? Se la coercizione liturgica di papa Francesco non è stata chiara, se non nelle lacerazioni che ha provocato tra i fedeli e i pastori, i Vescovi francesi sono pronti a offrire chiarezza e a uscire, come desidera Papa Leone XIV, dalla trappola della «polarizzazione all’interno della Chiesa»? La Conférence des évêques de France è pronta a sperimentare il dialogo nello spirito, accogliendo in uno scambio benevolo il «gruppo di persone che difendono il rito tradizionale», come Papa Leone XIV ha pubblicamente dichiarato di voler fare?

Va detto: la maggior parte dei fedeli tradizionali aspira solo ad amare il Vescovo della Diocesi in cui la provvidenza li ha collocati. Spontaneamente e senza ipocrisia, questi fedeli si inginocchiano per baciare l’anello episcopale e ricevere la benedizione del loro Vescovo. Non perché si sentano migliori o più osservanti, ma semplicemente perché rispettano, dietro la mitra, il successore degli apostoli. Resta il fatto che, per creare le garanzie di un dialogo sereno e costruttivo e offrire così le condizioni per una maggiore chiarezza, spetta ai Vescovi uscire da una notevole ambiguità. Osiamo dirlo, senza odio né violenza, questa notevole ambiguità ha un nome: si chiama «malafede».

Infatti, i fedeli affezionati alla messa tridentina non hanno dimenticato lo zelo variabile dell’Episcopato francese nell’applicazione della lettera apostolica in forma di «motu proprio» Summorum Pontificum sull’uso straordinario della forma antica del Rito Romano del 2007 e di quello della lettera apostolica in forma di motu proprio Traditionis custodes del 2021. A causa del loro tranquillo ma risoluto attaccamento ai riti tradizionali, i fedeli non hanno dimenticato i Battesimi che sono stati negati ai loro neonati, le chiese le cui porte non sono state aperte per il matrimonio dei loro figli, senza contare – scandalo ancora più grande! – i funerali proibiti per i loro defunti (e talvolta anche per i funerali di bambini morti tragicamente, ci sono esempi!). Per una maggiore pace, i fedeli tradizionali sono pronti a perdonare, a voltare pagina, a rimettere i conti a zero, a ripartire da zero. Sono pronti, perché la misericordia è senza dubbio la più bella testimonianza del loro attaccamento a Gesù Cristo.

Tuttavia – perché c’è un «ma» – per uscire dall’ambiguità di una malafede che uccide sul nascere un possibile dialogo, è importante che i Vescovi francesi siano disposti ad ascoltare i fedeli, senza clericalismo, ma con l’unico obiettivo di far crescere la carità nel popolo dei battezzati che è loro affidato. È possibile? I recenti attacchi, ancora una volta inutilmente offensivi e teologicamente traballanti, contro l’associazione Notre-Dame de Chrétienté e la sua difesa di Cristo Re da parte di mons. Éric Marie de Moulins d’Amieu de Beaufort alla fine del suo mandato alla guida della Conférence des évêques de France testimoniano purtroppo la crudele mancanza di dialogo dei Vescovi con le parti interessate.

In verità, dall’inizio dello sviluppo degli ecosistemi tradizionali assistiamo a una diffusa sfiducia nei confronti delle autorità ecclesiastiche. I fedeli legati alla forma antica sono così sottoposti a un gioco pernicioso: se esce testa, vincono i Vescovi, se esce croce, perdono gli amanti della Santa Messa tradizionale. La malafede ha sempre la meglio.

Spieghiamoci meglio. Il rapporto di forza tra la Chiesa diocesana e gli ecosistemi tradizionali tende a ribaltarsi: sul piano vocazionale, della gioventù delle comunità parrocchiali, dell’impegno dei fedeli e del loro coinvolgimento sia missionario che finanziario. Questo preoccupa la maggior parte dei Vescovi francesi, che dimenticano però che si tratta delle loro pecorelle, che sono pur sempre cattoliche! È allora che si instaura una dialettica episcopale degna dei migliori farisei e dei più abili dottori della legge. I Vescovi francesi muovono infatti due accuse principali ai fedeli e al clero tradizionali. Due rimproveri che costituiscono le due facce della stessa medaglia, quella della malafede.

O i fedeli e il clero tradizionali, desiderosi di una pacificazione attiva, partecipano alla vita delle Diocesi, si uniscono ai vari raduni proposti e si fondono nella massa pur conservando la loro identità tridentina.

Oppure i fedeli e il clero tradizionali, desiderosi di una pacificazione passiva, chiedono solo di vivere secondo gli antichi sacramenti e di fare del bene là dove la provvidenza li ha condotti. Fondano le loro scuole, creano i loro gruppi scout e vivono senza polemiche la fede dei loro padri.

I primi sono accusati di fare entrismo, i secondi di chiudersi in se stessi. I primi sono sospettati di voler radicalizzare il panorama ecclesiale locale, i secondi di costituire una chiesa parallela.

I primi sono i sacerdoti diocesani che hanno scoperto con meraviglia la coerenza, l’esigenza e la trascendenza del mondo tradizionale e desiderano diffonderne i benefici intorno a loro. È ancora l’impegno di una società di sacerdoti come quella della Société des Missionnaires de la Miséricorde Divine a Tolone, senza dubbio la comunità tradizionale più inserita nella rete di una Diocesi eppure, ironia della sorte, quella che attualmente deve subire i maggiori ostacoli per vivere il proprio carisma. Ricordiamo che sei diaconi sono in attesa della loro ordinazione sacerdotale secondo il rito tradizionale, in conformità con le loro costituzioni.

I secondi sono i fedeli che, per caso, hanno conosciuto solo la Tradizione. Il concetto di Chiesa parallela è loro del tutto estraneo, non l’hanno mai concettualizzato. A loro sembra piuttosto che una Chiesa non parallela, ma divergente, si dispieghi sotto i loro occhi durante cerimonie indegne o insegnamenti catechistici affliggenti (bisogna chiamare le cose con il loro nome). Di questa realtà, è chiaro come il sole che i Vescovi non ne fanno mai menzione, che raramente le autorità ecclesiastiche vi si oppongono. A volte sembra loro addirittura che alcuni vi aderiscano…

Uscire da questa situazione grazie a un dialogo sinodale tra Vescovi e fedeli richiede quindi, come primo passo, liberarsi da questa malafede che è durata fin troppo a lungo. Siamo pronti a cambiare il nostro modo di vedere le cose? Comprendiamo che non è possibile capirci e dialogare senza un confronto aperto, fiducioso e sereno, delle umiliazioni e delle ferite subite? Fin dalle sue origini, l’universo tradizionale non chiede altro che migliorare, ma per farlo richiede ai Vescovi un po’ di paternità. L’inizio di un inizio di considerazione. Essere rispettati come degni di esistere.

Sì, parliamo e incontriamoci, nella carità e nella verità. Facciamo opera di parresia e diciamoci la portata delle nostre speranze. Da parte tradizionale, siamo pieni di speranza fino all’orlo e di parresia ne abbiamo da vendere. Mettiamo a nudo le nostre aspettative sotto lo sguardo dello Spirito Santo. Gli attuali Vescovi non sono certamente responsabili degli errori dei loro predecessori, ma sbagliano a imitare la malafede che questi ultimi hanno potuto dimostrare. Se non si costruisce alcun ponte con l’universo tradizionale, c’è da temere che il divario continui ad aumentare. È questo che desidera Papa Leone XIV?

3 commenti:

  1. E, ovviamente, tutto secondo le loro condizioni.
    Il “vero dialogo” vuol dire accettare le mie richieste.
    La “pace” vuol dire farmi fare tutto quello che mi pare.

    Ma veramente non si rendono conto di quanto sono ridicoli?

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  2. Il divario non può aumentare di sicuro,al massimo le posizioni possono cristallizzarsi.Ma gli uni sono in fase ascendente ,e parlo dei tradizionalisti,mentre gli altri sono in fase calante.Prima o poi un accordo ci sarà per il bene della Chiesa francese.

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