Caso Rupnik. Nominati i 5 giudici del processo canonico all’ex gesuita sloveno
accusato di gravissimi delitti sessuali seriali. Questo processo fu annunciato
2 anni fa da Papa Francesco.
Lunedì scorso, senza anticipazioni o indiscrezioni, il Vaticano, in concreto il Dicastero per la Dottrina della Fede, guidato dal cardinale argentino Manuel Víctor Fernández, ha pubblicato un breve comunicato per dire che il collegio canonico che deve giudicare l’ex gesuita sloveno Marko Ivan Rupnik si è formato e che quindi il processo può avere il suo inizio dopo due anni da quando venne annunciato da Papa Francesco, il 27 ottobre 2023. Il Comunicato, diffuso in tre lingue diceva:
"Nel mese di settembre la Pontificia
Commissione per la Tutela dei Minori ha segnalato al Papa gravi problemi nella
gestione del caso di P. Marko Rupnik e la mancanza di vicinanza alle vittime.
Di conseguenza il Santo Padre ha chiesto al Dicastero per la Dottrina della
Fede di esaminare il caso e ha deciso di derogare alla prescrizione per
consentire lo svolgimento di un processo. Il Papa è fermamente convinto che se
c’è una cosa che la Chiesa deve imparare dal Sinodo è ascoltare con attenzione
e compassione coloro che soffrono, soprattutto coloro che si sentono emarginati
dalla Chiesa."
Il comunicato di pochi giorni fa
sulla formazione del collegio dei giudici dice:
“In data 9 ottobre 2025 sono stati
nominati i cinque Giudici del Tribunale che affronterà il caso del Rev.do Marko
Ivan Rupnik. Il collegio giudicante è composto da donne e chierici che non
fanno parte del Dicastero per la Dottrina della Fede e non hanno alcun ufficio
presso i Dicasteri della Curia Romana. Tutto ciò al fine di meglio garantire,
come in ogni processo giudiziale, l’autonomia e l’indipendenza del suddetto
Tribunale.”
Alcune
considerazioni.
La notizia, chiara e trasparente, dopo
decenni di misteri, omissioni, menzogne e doppiezze, ci appare molto buona e ci
auspichiamo che sia un’anticipazione di un cambio di rotta radicale e
autentico. Il trattamento dato da Papa Francesco allo scandalo Rupnik è stato
insopportabile e obbrobrioso per la Chiesa e questa macchia è già purtroppo indelebile.
Ad ogni modo c'è tempo per una solida "correzione fraterna".
1. Il
comunicato rappresenta un’accelerazione della questione che ormai nelle sue
diverse fasi, segrete e pubbliche, si trascina da parecchi anni. Questa vicenda,
in questa sua parte finale andava avanti dal 27 ottobre 2023, quando Papa
Bergoglio annunciò di aver derogato alla prescrizione, di gravissimi delitti
sessuali seriali, imputati da molti anni al famoso mosaicista, padre Marko Ivan
Rupnik. Oggi p. Rupnik ''espulso'' dai gesuiti, è incardinato in una diocesi
della Slovenia, al termine delle indagini volute dai suoi superiori della
Compagnia. Nel 2020, nel contesto del primo processo canonico finito con una
scomunica ma subito derogata, fu lo stesso Francesco ad imporre la prescrizione
e perciò p. Rupnik non venne processato per violenze sessuali su oltre venti
donne, consacrate e non, commesse durante due decenni.
2. È
chiaro che Papa Leone, giustamente, non vuole avere nulla a che fare con questo
caso sporco e tortuoso dove sembra che si sia lavorato per anni per occultare
la verità, screditare le vittime e impaurire chi sapeva. Non è solo una
questione di prestigio personale, d’integrità, perché purtroppo l’affaire
lambisce pesantemente l’Ufficio di Pietro. Papa Prevost sa che questa questione
è dirimente per il suo ministero pastorale come lo è anche un’altra, differente
ma ugualmente grave: il cosiddetto “caso Becciu”.
3. Si
può dire con certezza che Leone sa benissimo di dover evitare che i tempi
tecnici, facili da manipolare, possano ombreggiare le sue intenzioni e
propositi su questo processo. Si può pensare che non è da escludere che ci
siano ancora ogni tanto dei tentativi per imbrogliare le carte e rallentare le
procedure. È chiaro che Rupnik è “un uomo condannato” storicamente, seppur
giuridicamente rimane innocente sino ad oggi. Ma questo non è il problema. La
questione vera, di fondo, è Papa Francesco e le sue condotte più che
discutibili in questa storia.
4. Ora,
ma soprattutto nella storia, la Chiesa dovrà trovare un qualcosa per separare
le responsabilità personali di Jorge Mario Bergoglio dal ministero pastorale a
lui affidato con l’Ufficio di Pietro. Si può capire, e al limite comprendere
con lacerazione, un errore così gigantesco del presbitero vescovo Jorge Mario
Bergoglio e di qualche "compagno di merenda". Ma non è ammissibile un
tale ragionamento se si parla del Vicario di Cristo, semplicemente perché il
primo ferito dall comportamento di Papa Francesco in questa specifica faccenda
è Cristo stesso.
5. Il comunicato ammette che i precedenti della
vicenda (indagini, condanne e deroghe)
non si sono svolti “a regola d’arte” per così dire. Ci sono stati
passaggi e momenti oscuri, in particolare nei tempi e nel trattamento delle
vittime (ignorate per anni, offese e umiliate). Ora, nel comunicato del 9
ottobre scorso, si legge: “Tutto ciò al
fine di meglio garantire, come in ogni processo giudiziale, l’autonomia e
l’indipendenza del suddetto Tribunale.”
“Testimoni terzi”. Cos'è?
Nicole Winfield nel suo servizio
del 13 scorso (Ap) conclude con questa chiosa molto interessante e da non
sottovalutare: "I miei cinque
clienti hanno chiesto 18 mesi fa di essere riconosciuti come parti lese nel
procedimento, quindi speriamo che la loro posizione venga stabilita il prima
possibile". Sono parole di Laura Sgrò in una nota in cui aggiunge:
"Aspettano giustizia da troppi anni,
e la giustizia sarà un bene non solo per loro, ma anche per la Chiesa stessa".
L’Agenzia
Ap precisa: “L'ordinamento giuridico interno della Chiesa cattolica non
riconosce le vittime di abusi come parti in un processo canonico, ma
semplicemente come testimoni terzi. Le vittime non hanno alcun diritto di
partecipare ad alcun procedimento né di accedere ad alcuna
documentazione."
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Rupnik:
parola alle vittime (Intervista con suor Samuelle, una delle vittime di Rupnik
- 28 ottobre 2023 – Settimana News)
