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domenica 17 agosto 2025

Che cosa significa, per noi cattolici, essere veramente amici delle persone omosessuali?

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Grazie ad Aldo Maria Valli per questa utile traduzione sull'esperienza di un ex omosessuale convertito.
Luigi C.

11-8-25, di Garrett D. Johnson

Molti anni fa, quando decisi di partecipare alla messa quotidiana nella basilica del Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, ogni mattina passavo davanti a una casa di fronte alla quale sventolava la bandiera che vuole rappresentare l’orgoglio per tutte le diverse identità sessuali che rientrano nella definizione LGBTQ.
All’epoca non ci feci molto caso, dato che queste bandiere erano sparse in tutta la città. Ma un giorno notai che il vessillo si stava logorando e, con mia sorpresa, provai un senso di soddisfazione.
Col passare del tempo, la bandiera si rovinò sempre di più, fino a diventare quasi irriconoscibile. Una mattina mi fermai e scattai una foto della bandiera a brandelli: rappresentava sia il mio percorso di uscita dalla falsa identità gay che avevo adottato nella tarda adolescenza, sia ciò che credevo facesse parte della missione della mia santa fede cattolica. All’epoca, non avevo idea che presto avrei visto quelle bandiere anche davanti e dentro le chiese cattoliche.
Qualche giorno fa, una persona non identificata ha strappato una bandiera del “Pride” che era appesa davanti a una chiesa cattolica nella diocesi di Syracuse. Sebbene non conosca quella persona né le sue motivazioni, si è trattato, a mio avviso, di un atto di coraggio.

Non sorprende che il vescovo Douglas Lucia abbia risposto dicendo: «Ho appreso dello sfortunato incidente riguardante la bandiera del Pride. Di certo non riflette l’amore e la compassione che il mese di giugno, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, desidera promuovere». Amore e compassione sono parole spesso fraintese e talvolta usate come armi nella nostra Chiesa per impedire di dire la verità. Inducono persone certamente di buon cuore, come il vescovo Lucia, a fare il contrario di ciò che pensano di fare.

Nel 2023 e nel 2024 partecipai alle messe celebrate durante il mese del “Pride” nell’arcidiocesi di Baltimora per omaggiare le persone LGBTQ e i loro alleati. Devo dire che furono per me eventi a dir poco sconvolgenti. In quelle messe le parole amore, compassione, alleato e amico furono abusate sia dai celebranti sia dai presenti. Credo, basandomi sull’affermazione del buon vescovo, che egli si consideri un amico e un alleato amorevole e compassionevole per chi prova attrazione per persone dello stesso sesso e confusione di identità sessuale. Ma gli uomini e le donne che si considerano amici dei miei fratelli e sorelle che marciano sotto la bandiera gay devono capire cos’è un vero amico e alleato.

Nella nostra cultura le due parole – alleato e amico – sono diventate indistinguibili. Tuttavia, hanno significati ben distinti. Un alleato è qualcuno che ti aiuta a raggiungere un obiettivo, fungendo da facilitatore ma non necessariamente da amico, sebbene possa esserci una sovrapposizione. Un alleato permette a un’altra persona di fare ciò che la persona desidera e, così facendo, concorda con ciò che quella persona sta facendo e afferma che è una cosa buona, con un giudizio morale implicito. Un amico, come dice Aristotele, ti aiuta a vivere una vita più virtuosa e a crescere nella bontà della tua umanità.

La Chiesa ritiene che l’amicizia sia “un riflesso dell’amore di Dio” e che “gli amici si incoraggiano a vicenda nella virtù e si aiutano a vicenda ad avvicinarsi a Dio”. La Chiesa definisce l’amore come “volere il bene dell’altro”. Ciò che è bene per l’umanità e ciò che non lo è viene determinato dalla Chiesa e approvato da noi che ci definiamo cattolici. Ma queste non sono definizioni utilizzate da coloro che si definiscono alleati e amici della comunità LGBTQ all’interno della Chiesa.

Molti di coloro che si dichiarano alleati della comunità LGBTQ intendono essere amici di quella comunità, ma non lo sono. Colui che si definisce alleato di chi si dichiara gay è solo, appunto, un alleato, ma non un amico. L’alleato crede che i sentimenti definiscano ciò che è giusto e sbagliato in senso mondano. Ritiene quindi che per queste persone sia utile agire in base ai propri sentimenti e promuovere tali azioni come buone per gli altri. Ma questo non fa di loro degli amici secondo la definizione di Aristotele e della Chiesa cattolica.

Quando ero bambino, per indicare un’amicizia si usava un’espressione: «Ti copro le spalle». Significava che avresti difeso qualcuno se fosse stato vittima di bullismo o maltrattato, ma anche che avresti mentito e negato la verità se lui fosse stato nei guai. Essere alleato è fare sempre ciò che coloro con cui siamo alleati vogliono che facciamo. Essere alleato significa sostenerli in qualsiasi cosa facciano, indipendentemente dal danno che ciò arreca all’individuo, alla comunità, alla società o alla Chiesa. Amare qualcuno è fare ciò che è bene per la persona o il gruppo.

La Cina è amica degli Stati Uniti? E ​​l’Arabia Saudita? Possono essere alleati, condividendo interessi comuni in certi ambiti, ma di certo non amano il nostro Paese, non hanno compassione per la nostra gente o il nostro stile di vita e non vogliono il meglio per noi. Vogliono il meglio per loro stessi. Se ciò ci aiuta, benissimo. Ma non si esporranno mai per difenderci. E, se ne avessero l’opportunità, si schiererebbero contro di noi. Quindi, possono dirsi alleati, ma questo non li rende amici. Lo stesso si può dire di coloro che nella Chiesa si dichiarano alleati delle persone LGBTQ.

Se vedo un amico fare qualcosa che ritengo non salutare per lui, glielo faccio sapere. Gli dico: non uscire a cena con quella persona che è una tentazione al peccato; non vestirti in un modo che ti renda occasione di peccato. Gli faccio osservare: i tuoi desideri non ti definiscono. Ciò che provi non è sempre buono e vero. Queste sono le affermazioni di un vero amico, qualcuno disposto a esporsi per sostenerti.

Nella Chiesa cattolica le persone che si dicono alleate di chi prova attrazione per lo stesso sesso e confusione sull’identità sessuale sono spesso il nemico. Rafforzano o suggeriscono false identità. Probabilmente vogliono davvero bene a quelle persone, ma il modo in cui mostrano il loro amore è distorto e incoraggia una vita moralmente disordinata. Nel loro desiderio di essere compassionevoli e misericordiosi aiutano il nemico di tutto ciò che è buono – il nemico per il quale la bandiera dell’orgoglio è un vessillo – a separare la persona amata dalla verità della sua identità, necessaria in questa vita e per l’eternità con Cristo nell’aldilà

Quindi chi ha strappato quella bandiera arcobaleno è un vero amico sia della Chiesa sia delle persone che vengono ingannate da quelli che fanno credere che le attrazioni e i sentimenti definiscano l’identità. Al contrario, i ​​vescovi e i sacerdoti che celebrano messe gay e sventolano bandiere del Pride dentro e fuori le chiese cattoliche non sono veri amici. Il loro amore e la loro compassione sono falsi. La missione di coloro tra noi che sono stati liberati da queste false identità è correggere coloro che ricoprono posizioni di potere e leadership quando diffondono falsità.

Pur non incoraggiando nessuno a strappare bandiere o a compiere altri atti che potrebbero essere interpretati come vandalismo o “crimini d’odio”, comprendo l’anonimo che lo ha fatto a Syracuse. Il mio desiderio è di vedere tutte le bandiere del Pride deteriorarsi e strapparsi, proprio come quella che vidi anni fa mentre andavo a messa. Il modo migliore per far sì che ciò accada? Preghiera, sacrificio e dire con coraggio la verità, specie a chi detiene il potere, così come ad amici e familiari, ogni volta che è possibile. È così che noi, come cattolici, viviamo da veri amici e mostriamo davvero amore e compassione ai nostri vescovi, ai nostri sacerdoti e ai nostri fratelli e sorelle della comunità LGBTQ.