Grande battaglia sulla Messa Tradizionale.
Luigi C.
Franca Giansoldati, Il Messaggero, 16-6-25
Contro la messa in latino c'è stata una vera e propria «persecuzione» da parte di Papa Francesco e delle strutture vaticane. Il cardinale americano Leo Burke ne parla apertamente, in un video, in cui riferisce anche di un colloquio avuto di recente con Leone XIV: «Spero che lui ponga fine alla persecuzione dei fedeli nella Chiesa che desiderano adorare Dio secondo l'uso più antico del rito romano» ha detto. Come si sa, sotto il pontificato precedente è partita una fortissima campagna di intolleranza, culminata in un Motu Proprio che di fatto ha azzerato tutto il cammino di Benedetto XVI verso il mondo più tradizionale per normalizzare persino i pochi scismatici lefebrviani rimasti (quelli che addirittura non hanno mai riconosciuto il Vaticano II).
Il Motu Proprio firmato da Francesco ha causato una ondata di insofferenza evidente e, nello stesso tempo, ha irrigidito la politica vaticana tesa a mettere il bavaglio all'ala più conservatrice. Ecco perchè Burke parla di «una persecuzione». Adesso con il nuovo pontificato questo nodo potrebbe cambiare prospettiva, come sperano tanti fans della messa in latino.
Il cardinale Gerhard Mueller, teologo di fama internazionale e già prefetto della Congregazione della Fede e anticipatamente messo a riposo da Francesco per il suo rigore teologico e magisteriale, auspica che uno dei primi provvedimenti di peso di Papa Prevost riguardi proprio la messa in latino per sanare una ferita ancora aperta. Sottolineando che sarebbe un atto doveroso e simbolico al tempo stesso.
In attesa di questo atto, Leone XIV ha già iniziato a mandare segnali distensivi verso il mondo tradizionalista per iniziare a ricucire i troppi strappi e le lacerazioni che si sono prodotte in questi anni dirigendo un messaggio significativo in occasione dello storico pellegrinaggio di Chartres, in Francia, dove ogni anno arrivano decine di migliaia di persone per una grandiosa celebrazione in latino secondo il messale del 1962. Il vescovo locale, Philippe Christory, prima di iniziare l'omelia, poco tempo fa, aveva letto una missiva da parte di Papa Prevost: «Noi sappiamo che Papa Leone prega per ogni pellegrino che vive un personale incontro con Cristo». Parole importanti e simboliche da inserire nel contesto tormentato che ha emarginato le comunità tradizionaliste messe al bando sotto il pontificato precedente e sottoposte a restrizioni rigidissime a livello diocesano.
I rapporti con il mondo della messa in latino sono stati da subito turbolenti sotto Francesco. Persino nel programma dei pellegrinaggi giubilari stilato dal Vaticano dove sono contemplate tutte le categorie possibili - dai migranti, alle forze armate, dai giornalisti, agli artisti, dai giovani, ai nonni, dai volontari - non è mai stato inserito un momento particolare per i fedeli della messa in latino.
Sei mesi fa era persino circolata la voce che il Vaticano volesse eliminare il famosissimo pellegrinaggio di Chartres, in Francia, praticamente il più antico e frequentato pellegrinaggio tradizionalista al mondo, i cui giovani che vi partecipano sono in continua crescita, dai 13 mila del 2020 ai 18 mila del 2024. Un fenomeno interessantissimo in totale controtendenza rispetto all'atteggiamento piuttosto disinteressato dei giovani verso la fede.
Papa Francesco scelse di promulgare il motu proprio del 2021, Traditionis Custodes per limitare l’uso delle chiese parrocchiali alla galassia della messa in latino, cancellando di fatto il lungo cammino intrapreso da Benedetto XVI per fare rientrare gradualmente nell'alveo conciliare anche gli scismatici lefebrviani. Il provvedimento di Bergoglio fu una doccia gelata che mise in agitazione tutto il mondo tradizionalista e alimentando un clima da crociata in tantissime diocesi. Papa Bergoglio aveva motivato il pugno duro evidenziando i problemi causati dagli ultra conservatori per l'unità della Chiesa, definendoli soggetti “pericolosi”. Quasi un anno dopo il Motu Proprio Traditionis custodes, nel 2022, era arrivato un ulteriore intervento, stavolta, in campo liturgico. Si intitola Desiderio Desideravi e fu pubblicato nel giorno dei santi Pietro e Paolo. Nel testo, il pontefice si richiamava al Concilio Vaticano II per mettere in guardia dal pericolo che «la bellezza del celebrare cristiano» poteva essere «deturpata da una superficiale e riduttiva comprensione del suo valore o, ancor peggio, da una sua strumentalizzazione a servizio di una qualche visione ideologica».
A dare manforte a Papa Francesco in questa crociata (che ha solo polarizzato la Chiesa) vi sono stati tanti teologi e liturgisti (molti provenienti dall'università di Sant'Anselmo) ma pure autorevoli cardinali, come il prefetto Roche e il segretario di Stato, Parolin.

Concelebrazioni = un solo Sacrificio = meno Messe = piu' diavoli che circolano.
RispondiEliminafare pressing sul papa è un buon modo per ottenere l'effetto opposto; ma questo tra i tradì è un concetto inconprensibile
RispondiEliminaLa Messa in latino che ha santificato la vita dei Dottori della Chiesa e tanti Santi, dimostra che non sono usciti dei 'soggetti pericolosi', ma è per la Chiesa Sua 'ricchezza'. Questo è 'collaudato'!
RispondiEliminaSia soggetti e cose 'pericolose', sono quelle che possono uscire da qualche laboratorio che un 'chimico' mette del 'suo' in una prova. Diversamente è per un 'matematico' che di ciò non mette niente, ma impiega ragionevolmente 'la lógica'.
Papa Leone XIV sa bene quanto fa 2+2!