Riceviamo e pubblichiamo come contributo di analisi per il, possibile, prossimo Conclave.
QUI il Video di Gaetano Masciullo.
Crisis Magazine – Christopher Raymond: La cattiva teologia sta al cuore dei numeri in calo: “Una cattiva teologia porta al declino della chiesa. I credenti ortodossi rimangono, mentre quelli con opinioni non ortodosse se ne vanno. I dati generazionali lo confermano: la fede vacilla quando le fondamenta sono deboli".
Luigi C.
Gaetano Masciullo, 3-4-25
Questo articolo-dossier è stato pubblicato in lingua inglese in due parti (QUI e QUI) su The Remnant Newspaper, rispettivamente il 13 e il 24 marzo 2025.
Prima di addentrarci nella lettura di questo dossier sul cardinale Matteo Maria Zuppi, attuale presidente della Conferenza episcopale italiana, è necessario fare due premesse. La prima. Molti mi hanno attaccato per questa serie di articoli che sto dedicando all’analisi dei profili dei papabili, iniziata con la panoramica generale pubblicata su The Remnant lo scorso 17 febbraio. L’analisi, si dice, sarebbe sciacallaggio, perché il papa è ancora vivo. “Gli stai già facendo il funerale”, mi ha scritto più di qualche lettore, riportando in realtà slogan superficiali che ogni volta vengono riproposti in situazioni analoghe.
Premettendo che ovviamente non auguro la morte e il dolore a nessuno, né tantomeno prego per queste (commetterei peccato), l’analisi delle prospettive future di governo all’interno della Chiesa come della società civile è parte della professione di un commentatore. L’unica differenza tra i due ambiti – quello civile e quello ecclesiastico – è che, nella Chiesa, la durata del supremo governo dura fino alla morte (salvo rinuncia). Ma questo dato è meramente accidentale all’analisi: come sarà lecito fare analisi di prospettiva politica per ciò che seguirà la Presidenza Trump, quando arriverà un domani agli sgoccioli, così è lecito fare analisi di prospettiva per ciò che seguirà il Papato di Francesco. Detto questo, mi accodo all’appello di Michael J. Matt: non ha senso pregare perché Francesco riprenda le forze per continuare a governare la Chiesa come ha fatto sinora, se crediamo che finora la Chiesa non è stata governata, ma maltrattata da Bergoglio. Si tratta di coerenza. Preghiamo, piuttosto, affinché Francesco anzitutto si converta, si penta del male fatto, a Dio piacendo si riprenda per governare bene la Chiesa o comunque in modo tale che i suoi atti disastrosi vengano ridotti al minimo possibile, e ottenga – quando Dio vorrà, domani come tra dieci anni – la grazia di una Buona Morte. La stessa grazia di cui ho bisogno anch’io. Di cui abbiamo bisogno tutti noi. Ricordiamo, inoltre, che la preghiera non è un atto magico e Dio non esaudisce a prescindere le nostre preghiere.
La seconda premessa. Un prelato molto influente ha dichiarato recentemente che non ha senso parlare di progressisti e conservatori all’interno del Collegio cardinalizio, perché sarebbe “una contro-testimonianza della nostra fede”. Francamente mi sembra un’assurdità. Da quando esiste il Collegio cardinalizio, non c’è mai stata unità al suo interno. Perché negarlo o nasconderlo? Dio agisce nella storia, certamente, ma non vedo perché riconoscere l’esistenza di diverse sensibilità e diversi modi di concepire la dottrina all’interno del gruppo di cardinali sia una “controtestimonianza della fede” cattolica. Piuttosto, mi sembra che sia dovere di chi lavora come commentatore ricercare la verità e gridarla dai tetti, se necessario, certo con prudenza. In maniera tale cioé da non contaminare la buona causa. Si tratta anche di un dovere verso il popolo di Dio, che non può ignorare il passato o il pensiero di taluni che siedono (o potranno sedersi) sugli scranni più alti del governo del Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo. Veniamo dunque al soggetto di questa analisi, il cardinale Zuppi.
I cardinali modernisti, una galassia variopinta
Al momento, come già detto, sembrano essere dodici i cardinali più in vista come possibili successori di Francesco al prossimo conclave, ma ce ne sono altri che gradualmente stanno emergendo e che possono sorprendere (anche negativamente). Nei prossimi mesi, dunque, il numero e forse anche i componenti potrebbero modificarsi anche significativamente. Per esempio, senza volerli giudicare uno per uno in questa sede, iniziano a emergere anche i nomi di Jean-Claude Hollerich SJ, Mario Grech, Juan José Omella, Blase Joseph Cupich.
Certo è che il “Partito di Francesco”, il vero erede del Gruppo di San Gallo, sta già lavorando da mesi, se non anni (come sospetto), al prossimo papa, nonostante le recenti parole di confutazione da parte dei cardinali Parolin e Fernandez. Dal momento però che, nel corso degli ultimi decenni, la sezione neo-modernista del Collegio è andata, purtroppo, ingrossandosi, dobbiamo riconoscere che all’interno di quest’area del Collegio si sono delineati più gruppi di pressione. Possiamo trovare così i “bergogliani radicali” o “rivoluzionari di accelerazione”, come i cardinali Marx, Hollerich, Grech, Tagle. Abbiamo poi quelli che potremmo definire i “bergogliani pragmatici” o “rivoluzionari di decelerazione”, come i cardinali Parolin, Becciu, Roche e Ouellet (che da ex conservatore sembra essersi schierato negli ultimi anni sempre più a sinistra). Abbiamo poi i “bergogliani liberali”, quelli cioé che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) essere accoglienti verso tutte le sensibilità all’interno della Chiesa, dai tradizionalisti vetus ordo ai più attivi lobbisti omosessuali. Tra essi, troviamo i cardinali Zuppi e Aveline.
Possiamo però suddividere l’area anche in altro modo, cioé non in base alle sensibilità e ai metodi di governo, bensì in base alle comunità di provenienza o di “pressione”. Per esempio, la Compagnia di Gesù sembra spingere per l’elezione di Hollerich o Grech, come appare anche dalla pubblicazione di un post sul social X, lo scorso 22 febbraio, da parte di uno dei gesuiti con maggiore visibilità a livello internazionale (fuori e dentro la Chiesa), cioé padre James Martin, noto per essere assolutamente pro-LGBT. All’interno di questo post, in cui si chiedono preghiere per Francesco, compare una foto in cui il papa non è solo, ma si trova, guarda caso, al fianco del cardinale Grech, all’interno di un contesto che sembra essere quello di una delle riunioni del Sinodo sulla sinodalità. Che curiosa scelta, questa di padre Martin…
Un bergogliano deluso?
C’è poi da considerare l’influente Comunità di Sant’Egidio, la quale spingerebbe, invece, per l’elezione di Matteo Zuppi, appunto, oppure, come sospetto sempre più negli ultimi giorni, per l’influentissimo cardinale portoghese Tolentino de Mendonça. In quest’ultimo caso, Zuppi risulterebbe come un “nome civetta”, un improponibile candidato noto per le sue simpatie ultra-progressiste e il suo governo liberale a favore di una Chiesa in cui ci sia spazio per “tutti, tutti, tutti”, inclusi i tradizionalisti, e questo a molti cardinali elettori non sarebbe affatto gradito. I tradizionalisti vanno messi alla porta, vanno estinti. Questa è l’agenda di San Gallo. Verso la fine di questo dossier faremo alcune analisi sulla possibile identità di Zuppi come candidato civetta dei progressisti.
A prescindere da ciò, come detto in altre occasioni, lo stesso Partito di Francesco appare profondamente deluso dal pontificato di Bergoglio. Anche Zuppi sembra essere tra questi “grandi delusi”, come mostra, per esempio, la sua partecipazione (insieme a Rino Fisichella, Piero Marini e altri ecclesiastici) alla presentazione in Italia, presso l’Università LUMSA di Roma, del libro di Francesco Antonio Grana, vaticanista de Il Fatto quotidiano (quotidiano certamente di sinistra), dal titolo evocativo: “Cosa resta del Papato. Il futuro della Chiesa dopo Bergoglio”. All’interno del libro, Grana sostiene abbastanza chiaramente che stiamo vivendo un periodo di pre-conclave (si consideri che fu pubblicato nel 2021!) e che “i cattolici sono rapidamente passati dall’entusiasmo per Bergoglio alla delusione” (così a pag. 231). I cattolici cui si fa riferimento non sono certo gli amanti della Liturgia Tradizionale, ma tutti coloro che inizialmente avevano accolto Bergoglio come lo spirito del Vaticano II, l’incarnazione stessa della rivoluzione conciliare.
Grana legge, per esempio, le dimissioni da arcivescovo di Monaco e Frisinga del cardinale Reinhard Marx (incaricato da Bergoglio insieme a Parolin ed altri di riformare la Curia, a inizio pontificato) come un sintomo di questo malcontento diffuso. Il cardinale Marx motivò ufficialmente le dimissioni come un gesto di solidarietà verso le vittime di abusi sessuali da parte del clero e un riconoscimento del fallimento “sistemico” dell’istituzione ecclesiastica. “La Chiesa ha bisogno della voce del Vangelo e di una Chiesa che si rinnovi”, disse in quell’occasione. Presentate il 21 maggio 2021, Francesco rifiutò le dimissioni. “La Chiesa cattolica ha raggiunto un punto morto”, si legge nel comunicato tedesco sul sito dell’arcidiocesi. “Vorrei che fosse chiaro: sono pronto ad assumermi la responsabilità personale, non solo per i miei errori, ma per l’istituzione della Chiesa, che ho contribuito a plasmare e plasmare per decenni”. Episodio significativo, in effetti, considerando come Parolin avesse precedentemente frenato le due proposte di riforma curiale provenienti da sinistra (Marx) e da destra (Pell). La partecipazione del cardinale Zuppi al fianco del vaticanista Grana è forse una tacita approvazione e condivisione delle delusioni del cardinale Marx?
Una Chiesa per “tutti, tutti, tutti”
Il nome di Matteo Maria Zuppi, classe 1955 (69 anni), romano di origine, figlio di un dipendente vaticano e parente alla lontana del cardinale roncalliano Carlo Confalonieri (1893-1986), non può essere svincolato da quello della Comunità di Sant’Egidio, con la quale iniziò a collaborare ancor prima di divenire sacerdote. Nel 1973, infatti, conobbe il fondatore Andrea Riccardi e iniziò a lavorare con anziani soli, immigrati e studenti di bassa estrazione sociale. Ordinato nel 1981, mostrò ben presto di essere un uomo di grande senso diplomatico. La sua mediazione fu fondamentale per giungere agli accordi di Roma del 1992, i quali sancirono la fine della guerra civile in Mozambico. Da allora, Zuppi continuò a lavorare nella cosiddetta “diplomazia parallela” di Sant’Egidio, cioé tutte quelle attività di mediazione e pacificazione svolte dalla Comunità a livello internazionale, molto spesso in modo indipendente (almeno così si vuole ufficialmente) dai canali diplomatici ufficiali.
Nel 2000, Zuppi succedette a Vincenzo Paglia in qualità di assistente ecclesiastico della Comunità di Sant’Egidio. Il nome di Paglia è un altro assai controverso nel mondo cattolico italiano, recentemente salito alla ribalta mediatica per le sue posizioni difficilmente compatibili con l’ortodossia cattolica. Tanto per dirne qualcuna: nel 2017, mons. Paglia, posto a capo della Pontificia Accademia della Vita, fece nominare il professor Nigel Biggar, un teologo anglicano che ha espresso opinioni a favore dell’aborto, come membro della Pontificia Accademia per la Vita (sebbene lo statuto richiede espressamente ai membri di essere pro-life); ha espresso opinioni favorevoli al riconoscimento di diritti alle coppie non sposate, comprese quelle omosessuali, e ha aperto molto delicatamente il discorso di normalizzazione del suicidio assistito; ha definito la cosiddetta legge 194, cioé la legge italiana sull’aborto (che permette l’omicidio del bambino fino al terzo mese di gravidanza), come “un pilastro della società”, aggiungendo che non “è assolutamente in discussione”.
Il 31 gennaio 2012, avveniva un grande salto per la carriera di Matteo Zuppi. Papa Benedetto XVI lo nominò, infatti, vescovo ausiliare di Roma. Non era ancora ufficialmente noto quanto Zuppi fosse affine alle istanze più neo-moderniste e progressiste della teologia. Strano a dirsi, ma vero, Matteo Zuppi è stato uno dei pochi vescovi italiani che ha celebrato la Messa nella forma straordinaria del rito romano dopo la pubblicazione del motu proprio Summorum Pontificum (2007), ma, soprattutto, uno dei pochissimi che ha continuato a celebrare in quella forma anche dopo la pubblicazione di Traditionis Custodes (2021).
Il 27 ottobre 2015, Papa Francesco lo nominava arcivescovo di Bologna, una diocesi italiana difficilissima in un contesto politico storicamente dominato dal marxismo (quello di Karl Marx, stavolta, e non del cardinale Reinhard!). Sostituiva un arcivescovo molto noto a livello internazionale per la sua linea tradizionale, Carlo Caffarra (1938-2017).
Il 22 maggio 2018, la casa editrice italiana Marcianum Press pubblicò l’edizione italiana del libro di padre James Martin SJ, America, Un ponte da costruire. Una relazione nuova tra Chiesa e persone LGBT (titolo originale: “Building a Bridge: How the Catholic Church and the LGBT Community Can Enter into a Relationship of Respect, Compassion, and Sensitivity”). La prefazione era proprio a firma dell’arcivescovo di Bologna. All’interno di essa, l’alto prelato invocava “una sapiente pedagogia della gradualità” alla luce di quanto insegnato da Amoris Laetitia. Si tratta della tipica espressione, usata anche da altri neo-modernisti d’assalto, per alludere alla finestra di Overton, cioé alla tecnica per normalizzare passo dopo passo una dottrina o un comportamento ritenuto fino a quel momento inappropriato o inaccettabile. E ancora si legge che il libro è “utile per favorire il dialogo, oltre che la conoscenza e la comprensione reciproca, in vista di un nuovo atteggiamento pastorale che dobbiamo cercare insieme ai nostri fratelli e sorelle LGBT”. Dopo la pubblicazione in Italia di questo libro controverso, e soprattutto dopo la sua creazione cardinalizia, Zuppi perse il favore di tanti conservatori che avrebbero potuto riconoscere in lui un potenziale candidato bergogliano di compromesso.
Il 5 ottobre 2019, appunto, Matteo Maria Zuppi veniva creato cardinale da Francesco. Da notare che, per l’occasione, il papa creò addirittura un nuovo titolo cardinalizio, molto significativo, cioé Cardinale presbitero di Sant’Egidio in Trastevere. La chiesa romana su cui tale titolo insiste è proprio la base della Comunità di Sant’Egidio.
Quasi un anno dopo, il 7 maggio 2020, una casa editrice cattolica italiana molto importante, San Paolo Edizioni, pubblicava un altro libro pro-LGBT, Chiesa e omosessualità. Un’inchiesta alla luce del magistero di papa Francesco, a firma di Luciano Moia, giornalista di Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani. Anche quest’opera presenta la prefazione del cardinale Zuppi: “L’orientamento sessuale, che nessuno sceglie, non è separabile dall’identità della persona; nell’accogliere la persona non possiamo prescindere dal suo orientamento”.
Cosa però ancora più interessante, qualche mese dopo, nell’ottobre 2020, su Andkronos, venne rilasciata un’intervista a Gioele Magaldi, romano di origine e autorità massonica di spicco, dal 2010 Gran Maestro del Grande Oriente Democratico d’Italia, un’obbedienza da lui fondata di orientamento spiccatamente progressista. All’interno di questa intervista, Magaldi asseriva: “Conosco bene il mondo del Vaticano e tra i cardinali quello che stimo di più è Matteo Zuppi, che tra l’altro mi ha sposato”. E poi aggiunge una profezia inquietante: “Sarebbe un ottimo Papa”.
Un “magistero” all’insegna dell’errore
Sono numerosissimi i pronunciamenti nel corso degli ultimi mesi circa temi importantissimi della dottrina cattolica (come omosessualità, immigrazione, suicidio assistito, libertà religiosa) da parte del cardinale Zuppi che vanno in direzione contraria a quello che è stato per duemila anni il Magistero della Chiesa cattolica. Qui ne ricordiamo i più importanti.
Il 24 maggio 2022, Zuppi diveniva Presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Anticipando la rivoluzionaria dichiarazione Fiducia supplicans sul significato delle benedizioni (in particolare quelle delle coppie omosessuali), l’11 giugno 2022, un sacerdote benedisse una coppia gay in una parrocchia di Bologna. “Ho informato io stesso l’arcivescovo dell’evento”, riferì il prete ai giornalisti, il quale evidentemente non ebbe nulla da obiettare, anche se all’epoca simili benedizioni non erano consentite, perché andavano esplicitamente contro il responsum della Congregazione per la dottrina della fede (15 marzo 2021) in cui si dichiarava “illecita ogni forma di benedizione che tenda a riconoscere le loro unioni” per tre motivi spiegati al suo interno. Si noti bene che tale responsum fu reso pubblico regnante Francesco, poi totalmente stravolto e contraddetto da Fiducia supplicans, pubblicata poco più di due anni dopo tale responsum con il patrocinio del cardinale pro-LGBT Fernàndez.
All’inizio di giugno 2022, Francesco aveva creato cardinali altri due vescovi statunitensi pro-LGBT: Robert McElroy e John P. Dolan. Creatosi inevitabilmente scandalo per quanto accaduto a Bologna, l’Arcidiocesi minimizzò la portata dell’evento, negando che si fosse trattata di benedizione, ma di semplice Messa “di ringraziamento” (la versione del parroco fu ben diversa: tutta la celebrazione era stata allestita come se fosse un matrimonio vero e proprio). Sarebbe interessante capire se e quanta pressione ci sia stata da parte della Comunità di Sant’Egidio e del suo più eminente rappresentante per la stesura e la pubblicazione del succitato documento del cardinal Fernàndez.
Il 4 agosto 2022, il cardinale rilasciò un’intervista a un magazine popolare italiano, Vanity Fair, all’interno della quale asserisce che non avrebbe problemi a celebrare i funerali di una persona che ha richiesto il suicidio assistito, dal momento che, anche se “la Chiesa non ammette l’eutanasia, ma chiede l’applicazione delle cure palliative”: non è necessario, insomma, credere in quanto la Chiesa insegna per partecipare delle sue funzioni. Curiosamente, tale intervista vi fu mentre l’attivista Marco Cappato si autodenunciava per aver reso possibile il suicidio assistito di una donna 69enne, in un clima di accesissimo dibattito pubblico in Italia sul tema.
La posizione del cardinale Zuppi sul suicidio assistito, presumibilmente favorevole ma nascosta sotto un linguaggio “ecclesialmente corretto” (analogamente ad altri temi), spiega forse la grande discrezione e timidezza con cui i vescovi toscani – cardinale Lojudice in testa – hanno reagito al dibattito e all’introduzione della regolamentazione sul suicidio assistito in Toscana, nel febbraio 2025: non volevano forse infastidire troppo il presidente della conferenza episcopale italiana.
In un’altra significativa intervista rilasciata a L’Osservatore Romano, il 3 settembre 2022, Zuppi pronunciava un’affermazione scioccante: “C’è dentro di noi uno zelo che ci porta a difendere la trincea della verità. Pensiamo che questo sia il nostro essenziale compito e che questo significhi seguire il Vangelo. Ma non è così. Perché certo il Vangelo è la verità, ma è ben diverso dall’atteggiamento farisaico, il quale annuncia la Legge, mentre a noi il Vangelo chiede di comunicare l’Amore”. Da questa frase chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il catechismo e la Scrittura può capire quanto siano confuse le categorie teologiche nella testa di questo porporato, addirittura papabile. Verità e Legge, infatti, non possono e non devono essere equiparate, come spiegò in seguito abilmente Stefano Fontana, il grande esperto italiano di dottrina sociale. E ancora, dinanzi all’erronea osservazione dell’intervistatore, secondo il quale “l’uomo e la donna di oggi sono molto diversi da quelli su cui abbiamo costruito buona parte del pensiero teologico”, tanto da essere divenuti addirittura “ontologicamente diversi”, l’arcivescovo di Bologna acconsente: “Dobbiamo con coraggio comprendere l’antropologia, i cambiamenti già avvenuti e quelli che con rapidità vanno prospettandosi”.
Il 2 aprile 2023, Zuppi partecipa al festival del quotidiano progressista italiano Domani e, a proposito della Legge italiana n. 194 (che permette l’aborto fino al terzo mese di gravidanza), afferma: “Nessuno pensa di metterla in discussione”. Secondo il cardinale, si tratterebbe di una “traduzione laica importante”. Ovviamente, non esistono concetti come legge naturale e diritto alla vita nel vocabolario del porporato. Una posizione non nuova da parte di alti esponenti della Sant’Egidio, come abbiamo già ricordato parlando a proposito di mons. Paglia. Si sa che uno degli obiettivi più urgenti che i neo-modernisti vogliono raggiungere – i “quattro nodi della Chiesa”, come li chiamava l’antepapa Carlo Maria Martini in un suo celebre discorso del 1999 – è il sovvertimento dell’odiatissima Humanae Vitae di Paolo VI (1968). Zuppi e Paglia sono oggi tra i principali avversari di quel pronunciamento magisteriale tanto importante per la morale cattolica. Durante il Convegno sulla Humanae Vitae, tenuto in Italia nel maggio 2023, vi fu un intervento di Zuppi, il quale asserì che ci sono ormai teologi che “si confrontano sulle diverse possibilità che si possono individuare e che potrebbero indicare un rinnovamento delle prospettive. Del resto papa Francesco ha ribadito che la tradizione non è indietrismo e ha spronato i teologi ad andare oltre, con fedeltà creativa”.
Nel luglio 2024, Zuppi prese parte al Giffoni Film Festival, dedicato a bambini e ragazzi. Intervistato, il cardinale scivola in uno degli slogan più penosi da bar di periferia, che pronunciato dalle labbra del presidente della Conferenza Episcopale Italiana (una delle più importanti al mondo) risulta tremendamente imbarazzante: “Bisogna capire cosa significa queer a mio parere. A me lo spiegò una persona il cui nome era Michela Murgia [attivista LGBT, sedicente cattolica, molto nota in Italia]. Credo che questo dovremmo impararlo tutti, che può esistere un legame senza che necessariamente ci sia un risvolto giuridico. Il punto è volersi bene”.
Ancora una volta assistiamo alla confusione – voluta o meno, impossibile dirlo: possiamo giudicare le parole e gli atti, non le intenzioni – tra legge e verità, tra diritto e legislazione. Il problema è che il modello di “famiglia queer” difeso da Murgia è di fatto una “comune” degna delle peggiori distopie comuniste, dove le relazioni tra moglie e marito, padre e figlio, madre e figlia, sono liquefatti. “Dentro la mia famiglia tutto è cambiato, i ruoli ruotano. Nella famiglia tradizionale questo non avviene, perché è il sangue che li determina. Un padre è un padre sempre. E a volte questa cosa è un ergastolo. Sia per il padre che per i figli”, affermava Murgia in un’intervista di qualche anno fa. Divorziata quattro anni dopo il matrimonio perché “non ho mai creduto nella coppia, l’ho sempre considerata una relazione insufficiente” (vedi qui), ebbe “quattro figli dell’anima”, come li definiva, la cui origine è ignota (si sa solo che non sono figli suoi). Il primogenito, se così possiamo chiamarlo, è un “figlio condiviso” con la vera madre, con la quale Murgia rivendicò di avere una relazione omosessuale. Ora chiediamo: questo modello di famiglia è quello che la Chiesa da sempre insegna? Il modello che Dio propone? Che la natura umana esige? Una domanda da rivolgere a Sua Eminenza Matteo Maria Zuppi, evidentemente, possibilmente prima di entrare nel prossimo conclave.
Diplomatico (non ufficiale) della Santa Sede
A fine aprile 2022, papa Francesco aveva già rivelato l’esistenza di colloqui di pace organizzati dal Vaticano tra Ucraina e Russia: “C’è una missione in corso ora, ma non è ancora pubblica. Quando sarà pubblico ne parlerò”. Stranamente, i funzionari russi e ucraini respinsero subito le parole di Francesco come false. Entrambe le parti negarono l’esistenza e persino la conoscenza di tali colloqui. Perché Francesco fece quelle dichiarazioni? Qualcuno gli aveva riferito cose inesatte? Oppure faceva riferimento a trattative che non coinvolgevano direttamente le parti interessate?
Il 20 maggio 2022, Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana (anch’egli membro della Comunità di Sant’Egidio da tantissimo tempo), comunicava che Papa Francesco aveva affidato al Cardinale Matteo Zuppi il compito di guidare una missione, in accordo con la Segreteria di Stato, per aiutare ad allentare le tensioni nel conflitto in Ucraina. I dettagli rimasero segreti. La decisione del papa lasciò perplessi molti commentatori e osservatori di affari vaticani di tutto il mondo, dal momento che la diplomazia – specialmente quella più delicata – è da sempre affare della Segreteria di Stato. Fu inevitabile per tanti leggere quanto accaduto come il segnale di una “caduta in disgrazia” di Parolin come favorito del Papa, particolarmente in seguito ai vari scandali finanziari, in atto sin dal 2020, che coinvolgevano la Segreteria di Stato e in particolare la persona del cardinale Angelo Becciu (accusato di truffa, peculato, abuso d’ufficio, appropriazione indebita, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione, estorsione, pubblicazione di documenti coperti dal segreto, falso materiale di atto pubblico, falso in scrittura privata, associazione a delinquere, e tanti altri capi di accusa).
Come commentò in seguito Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, “il risultato più importante della missione del cardinale Matteo Zuppi a Mosca, svoltasi il 28 e 29 giugno [2023], è probabilmente il fatto di aver avuto luogo”. Tuttavia, dopo quattro tappe a Kiev, Mosca, Washington DC e Pechino, la missione di Zuppi non portò a casa nessun significativo risultato, nonostante le grandi aspettative di coloro che già prospettavano un “successo diplomatico” di Francesco analogo a quello di Giovanni XXIII per la Crisi dei missili di Cuba o di Giovanni Paolo II per il collasso dell’Unione Sovietica. Un risultato molto magro, certo, ma in fin dei conti comprensibile, vista l’estrema delicatezza e instabilità geopolitica. Forse, questo avrebbe dovuto spingere Bergoglio e i suoi sodali a riflettere sulla grave perdita di autorevolezza che la Santa Sede e, in particolare, la figura del Papa hanno subito sullo scenario internazionale negli ultimi settant’anni e, in maniera molto accelerata, negli ultimi dodici anni.
Lo scandalo Luca Casarini
Luca Casarini è un noto leader del movimento no-global italiano e attuale capo missione di Mediterranea “Saving Humans”, un’organizzazione non governativa impegnata a salvare i migranti che naufragano ogni giorno nel Mar Mediterraneo durante le traversate dall’Africa per raggiungere il Vecchio Continente (vecchio in tutti i sensi ormai).
Nell’aprile 2020, Francesco gli aveva inviato una lettera molto affettuosa: “Luca, caro fratello, grazie per la pietà umana che hai davanti a tanti dolori. Grazie per la tua testimonianza, che a me fa tanto bene”. C’era poi un’importante sottolineatura: “sono a disposizione per dare una mano sempre” e, rivolto a tutti i volontari della ong, aggiungeva: “contate pure su di me”. Come vedremo, l’appoggio di Francesco era effettivamente ben più che un semplice supporto morale. Nel 2023, Casarini è stato dunque invitato in qualità di invitato speciale (non votante) al Sinodo sulla sinodalità, non essendo egli vescovo o consacrato, e in rappresentanza di un’organizzazione umanitaria. Il Sinodo sulla sinodalità fu voluto e organizzato da Bergoglio per ripensare il modo di “essere e fare Chiesa”, come si suol dire. Quali competenze di teologia ed ecclesiologia Casarini possa avere sì da poter intervenire al pari di vescovi, teologi e cardinali in un progetto che pretende riformare (leggi: rivoluzionare) la struttura, la natura e la missione della Chiesa, non è dato saperlo.
Nel dicembre 2023, tuttavia, due importantissimi media italiani (Panorama e La Verità) hanno accusato il cardinale Zuppi, in un lungo reportage, di aver finanziato con due milioni di euro, attraverso la Conferenza episcopale italiana, una organizzazione non governativa dedita all’immigrazione clandestina. Curiosamente, si trattava proprio dell’organizzazione presieduta da Luca Casarini. L’accusa mediatica investì non solo il cardinale Zuppi, ma lo stesso Sedente, dal momento che il porporato non avrebbe mai favorito un finanziamento simile senza il consenso esplicito di Francesco. Da quel momento, la stella di Zuppi sembra essersi gradualmente affievolita.
La Comunità di Sant’Egidio e lo scandalo USAID
La Comunità di Sant’Egidio è stata spesso definita la lobby cattolica più influente a livello internazionale. Figurarsi dentro la stessa Chiesa. Basti solo pensare al fatto che, dal 2011 al 2013, il fondatore Andrea Riccardi è stato Ministro italiano per la cooperazione internazionale e l’integrazione durante il governo tecnico di Mario Monti, governo imposto dall’Unione Europea e non eletto democraticamente, affinché si adottassero “misure di austerità e riforme strutturali per evitare il tracollo economico”. Dopo l’elezione di Francesco, la Comunità ha assunto sempre più potere all’interno delle Stanze Vaticane. Oltre a Zuppi e Riccardi, un’altra personalità di rilievo è quella del già citato giornalista anglo-italiano Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa Vaticana dal 2019.
Il 15 luglio 2019, durante la prima Presidenza Trump, Sant’Egidio e USAid (nota agenzia governativa americana che si occupa ufficialmente di fornire assistenza economica, sviluppo internazionale e aiuti umanitari in tutto il mondo) firmarono un protocollo di intesa (Memorandum of Understanding). Si intendeva così porre le premesse per coordinare diverse attività in Medio Oriente e nell’Africa sub-sahariana. La Comunità di Sant’Egidio è stata comunque finanziata da USAid in maniera ricorrente e per diversi obiettivi, più o meno noti, sia prima, sia durante, sia dopo la pandemia covid-19.
Nel settembre 2023, si venne a sapere che la Germania finanziò una serie di organizzazioni cosiddette non governative impegnate a completare il viaggio di migliaia di immigrati clandestini dall’Africa verso l’Europa. Uno di tali finanziamenti coinvolgeva un progetto della Sant’Egidio. Il presidente Marco Impagliazzo dichiarò che tutti gli immigrati coinvolti (migliaia) erano “regolari richiedenti asilo”, ma molti commentatori fecero notare incongruenze tra quanto dichiarato e quanto avvenuto.
Nei primissimi mesi del secondo mandato presidenziale di Donald Trump, è emerso che i sostegni finanziari di Usaid non erano “ideologicamente neutrali”, ma orientati a promuovere determinate agende politiche. Tale orientamento si sarebbe infittito dopo il 3 maggio 2021, quando la Presidenza Biden-Harris mise a capo di USAid Samantha Power, giornalista statunitense molto nota, docente ad Harvard, già membro dell’amministrazione Obama. La sua nomina fu applaudita dalle più imponenti industrie abortiste del mondo. Non a caso, da allora USAid collaborò ancora più attivamente con la Open Society Foundations di George Soros, da sempre attiva per promuovere l’ideologia LGBT e abortista.
Nelle Linee guida per la strategia provvisoria di sicurezza nazionale pubblicate in marzo 2021 dal presidente Biden (oggi rimosse dal sito della Casa Bianca, ma erano consultabili a questo link), così si leggeva: “Promuoveremo l’eguaglianza di genere, i diritti LGBTQ+ e l’avanzamento della condizione sociale della donna come parte del nostro più ampio impegno per uno sviluppo economico inclusivo e per la coesione sociale. Lo sviluppo globale è uno dei nostri migliori strumenti per formulare ed incarnare i nostri valori e, al tempo stesso, perseguire i nostri interessi di sicurezza nazionale. In sintesi, la nostra assistenza allo sviluppo all’estero e le nostre partnership sono la cosa sia più giusta sia più intelligente da fare”.
Si scoprì così che l’USAid non finanziava le ong per mere ragioni filantropiche. Le organizzazioni finanziate rispondevano tutte a un preciso scopo ideologico. Come ha scritto più di un commentatore, si trattava di una vera e propria “guerra ideologica” (ideological warfare). Anche in Europa, USAid ha finanziato sotto la presidenza democratica Biden-Harris centinaia, se non migliaia, di ong e testate giornalistiche “allineate” con il fine di portare avanti campagne politiche massicce di orientamento woke, socialista, globalista e progressista. Come se non bastasse, l’agenzia statunitense è stata anche criticata per aver finanziato operazioni volte a destabilizzare governi stranieri, spesso in coordinamento con altre agenzie statunitensi come la CIA e la NED (National Endowment for Democracy). L’agenzia ha inoltre finanziato progetti legati a EcoHealth Alliance, coinvolta nella ricerca presso il laboratorio di Wuhan, e ha fornito cibo a combattenti affiliati ad al-Qaeda in Siria.
Fino a che punto è corretto definire “non governativa” un’organizzazione come la Comunità di Sant’Egidio che ha ricevuto periodicamente ma costantemente finanziamenti da un’agenzia governativa che ha finalità politiche e ideologiche travestite da motivazioni filantropiche? Ma soprattutto, quanto resterebbe indipendente la Chiesa cattolica se uno dei più importanti esponenti di tale Comunità – guardacaso molto attivo per importare nel cattolicesimo quelle stesse dottrine esportate da Usaid in tutto il mondo – dovesse divenire papa? E ancora, quanto è oggi indipendente la Conferenza Episcopale Italiana, se a capo di essa vi è già il suddetto personaggio? Tutte domande che, per noi cattolici, sono più che lecite e meritano una risposta.
Il Giubileo 2025 e il “Pellegrinaggio” LGBT: un grande caos
Sempre per restare in tema delle dottrine woke esportate dall’anima più rivoluzionaria degli Stati Uniti d’America, in occasione del Giubileo 2025, papa Francesco approvò un pellegrinaggio specifico per la comunità LGBT, previsto per settembre 2025. Così scriveva Franca Giansoldati, vaticanista del noto quotidiano italiano Il Messaggero: “Francesco e il cardinale Zuppi vincono le resistenze dei cattolici tradizionalisti”; e ancora: “Un momento speciale di spiritualità è stato incluso nel calendario ufficiale dell’Anno Santo il 6 settembre, e la storica chiesa barocca del Gesù è diventata promotrice dell’accoglienza dei pellegrini LGBT+, dei loro genitori, lavoratori e di tutti coloro che gravitano attorno a queste associazioni arcobaleno”.
Colpisce che la chiesa romana scelta per tale evento sia proprio la Chiesa del Gesù, cioé la chiesa madre dei gesuiti. Come ha spiegato Michael Haynes su LifeSiteNews: “Il suo utilizzo da parte del pellegrinaggio LGBT è dovuto al fatto che l’evento stesso è nato da un’idea di un sacerdote gesuita di Bologna, padre Pino Piva, che ha portato l’idea al Papa”. Proprio da Bologna, infatti, è giunto il patrocinio e sostegno più importante per l’evento, cioé da parte dell’arcivescovo nonché cardinale e presidente CEI Matteo Maria Zuppi, oltre che da padre Arturo Sosa SJ, generale dei gesuiti.
L’evento fu poi annullato dal calendario ufficiale del Giubileo in seguito ad aspre polemiche, senza però notificare nulla al riguardo. Qui si può trovare la versione archiviata della pagina, ora rimossa dal sito ufficiale del Giubileo. Verso la fine di dicembre 2024, l’evento fu poi inserito nuovamente all’interno del calendario, ancora una volta senza notificare nulla, evidentemente nella speranza di non sollevare ulteriori polveroni mediatici. Il 12 dicembre, infatti, un funzionario vaticano aveva tranquillamente dichiarato che il pellegrinaggio era stato rimosso dal calendario a causa di “dettagli insufficienti”, ma che sarebbe stato reinserito a breve.
La Comunità di Sant’Egidio spinge verso un altro nome?
Da questo report appare in maniera abbastanza evidente come il nome di Matteo Maria Zuppi, mediaticamente esposto come “papabile” e potenziale successore di Francesco, possa essere in realtà soltanto un nome civetta, un candidato improponibile, terribilmente invischiato con lobby poco trasparenti e politicizzate, un ecclesiastico dalla dottrina liquida e camaleontica. Sarà quasi impossibile per Zuppi, in sede di conclave, riuscire a raggiungere il quorum dei voti necessari per ottenere il Trono di San Pietro. Persino i cardinali più bergogliani vedranno in lui uno scomodo rivoluzionario. Dopo dodici anni di Francesco, la Rivoluzione nella Chiesa dovrà fare – nelle intenzioni dei neomodernisti – un passo indietro, dovrà porre il piede sul freno e attuare nuove fasi del processo overtoniano di “insensibilità” al male e sua normalizzazione.
Ricapitolando, abbiamo assistito negli ultimi tempi al cambiamento continuo di grandi protetti di Bergoglio:La stella di Pietro Parolin, favorito sin dall’inizio, cominciava a offuscarsi già a partire da maggio 2022, a seguito dello scandalo George Pell e di altri investimenti poco chiari che videro al centro delle polemiche la Segreteria di Stato.
La stella di Luis Tagle, invece, perdeva il proprio fulgore a partire dal novembre 2022, a seguito dello scandalo di Caritas Internationalis.
Matteo Zuppi sembrava, dunque, emergere come il nuovo favorito, ma perdeva favore nel dicembre 2023, a causa dello scandalo del finanziamento di Mediterranea “Saving Humans”.
Pietro Parolin, quindi, riemergeva nuovamente e, stavolta, con una strategia più conciliante con il campo avversario degli anti-bergogliani: da un lato, infatti, criticò duramente il cammino sinodale tedesco; dall’altro lato, si recò a Dubai al posto del papa per la Cop29: una vera e propria vetrina internazionale.
Chi si nasconde dietro il nome civetta di Zuppi? La potentissima Comunità di Sant’Egidio ha nel proprio cilindro un nome pronto da estrarre in sede di Conclave, quando la “civetta” verrà meno? La risposta potrebbe avere a che fare con il più discreto cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça.
Tolentino, attuale Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, è noto per la sua “profonda spiritualità” e il suo impegno nel dialogo interreligioso. La sua figura, sebbene meno conosciuta rispetto a quella di altri cardinali, rappresenta un’opzione di grande valore per la Comunità di Sant’Egidio, che da sempre promuove una pace e una solidarietà tra i popoli tutta mondana, immanente, orizzontale e politicizzata. La scelta di Tolentino potrebbe essere vista come una mossa strategica per rafforzare l’influenza della Comunità di Sant’Egidio all’interno della Chiesa cattolica. La sua discrezione e il suo profilo internazionale lo rendono un candidato ideale per portare avanti i valori e le missioni della Comunità (e di coloro che la finanziano, come abbiamo visto) in maniera più incisiva all’interno del governo stesso della Chiesa. Inoltre, la sua esperienza accademica e la sua immagine pubblica di “intellettuale cattolico” lo posizionano come una figura di grande autorevolezza e rispetto.
Come ho scritto in un altro articolo di The Remnant, “i cardinali elettori che desiderano un papato molto lungo e continuo, certamente eterodosso e modernista, con un impulso rivoluzionario ancora maggiore di Francesco, potrebbero trovare in Tolentino de Mendonça il candidato ideale. In conclave, è probabile che raccoglierà voti tra i suoi confratelli portoghesi e brasiliani, tra i quali si dice abbia grande influenza. Ci sarebbe molto da pregare in caso della sua elezione”.
Gaetano Masciullo
Non ci sarà un altro Francesco,e non c'è più il Francesco di prima della malattia.Per il futuro si possono fare tante supposizioni ma non ci sono certezze.
RispondiEliminaGuardate l'abbigliamento dei tre prelati nella foto: parla da solo! Anche l'abito è stile protestante!!!
RispondiEliminaUn abito in piena linea con le direttive correnti.
EliminaSemmai c’è da inorridire di fronte a chi si inventa talari improbabili con colori casuali e medaglie.
Che ne dice di una riunione di preghiera allo Spirito Santo in piazza S. Pietro nei giorni del Conclave, che abbia una 'discreta ' connotazione di sorveglianza da parte dei fedeli?
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