La morte a 94 anni, il 3 aprile scorso, di
Theodore Edgar McCarrick, presbitero, vescovo e cardinale, accusato di abusi
sessuali su minori e adulti, dimesso dallo stato clericale nel 2019 da Papa
Francesco, chiude la vicenda umana di uno degli uomini di Chiesa più potente
nell'ultimo mezzo secolo. Naturalmente la notizia è stata diffusa da alcune
agenzie e poi confermata - con molto disagio e imbarazzo - da fonti autorevoli.
Le acque vorticose del caso si erano calmate poco tempo fa quando un giudice decretò
che McCarrick non era processabile per i reati che gli erano stati imputati nel
2017 e successivamente.
All'inizio di aprile, la notizia del decesso è stata data da pochi
media, con l'eccezione della stampa statunitense, e in poche righe. La fretta
di chiudere per sempre lo scandalo era percepibile, soprattutto nella Chiesa.
Ovviamente, da quando cominciarono le rivelazioni sulle malefatte del
cardinale, rapidamente e con il massimo cinismo possibile, tutti i suoi amici,
ammiratori e sostenitori scomparvero, dal Papa all'ultimo dei suoi amici
vicini, tra i quali altri cardinali oggi al vertice della gerarchia vaticana.
Quando invece per decenni erano gli altri ad avvicinarlo e a chiedere il suo
aiuto, di ogni tipo, quasi tutti facevano finta di non sapere nulla sul come si
svolgeva la vera vita del presbitero e vescovo statunitense nato il 7 luglio
1930 a New York.
Decine di
casi di uomini potenti della Chiesa con una doppia vita
Risposte insufficienti sino ad oggi: poca trasparenza
In
questa vicenda, i passaggi oscuri che si scoprono studiando la modalità con la
quale il Vaticano trattò la questione McCarrick sono numerosi e inquietanti. A
volte appare nitida una sorta di metodo: se l'uomo di Chiesa accusato o
sospettato è potente, prestigioso e utile, non si tocca e si tace. Se per caso
la vicenda salta subito fuori, il trattamento è diverso ed è la gerarchia
stessa a prendere iniziative.
Nella
Chiesa, dal Concilio Ecumenico Vaticano II in poi, gradualmente sono scoppiate
decine di casi di uomini potenti dalla doppia vita e che comunque, pur essendo
situazioni conosciute, hanno potuto fare il buon e cattivo tempo all'interno
delle chiese particolari e anche nella Santa Sede. Basta evocare il "filo
delle verità tardive" che unisce tantissimi scandali molto simili,
cominciando per quello traumatizzante di Marcial Maciel, fondatore dei
Legionari di Cristo, fino a quello orrendo - ancora in corso - di Marko Ivan
Rupnik, anche lui abusatore seriale scomunicato in segreto e poi reintegrato
(sempre in segreto).
L'ex
potentissimo arcivescovo di Washington dal 2000 al 2007 e influente cardinale,
famoso, consigliere di alcuni Papi, amministratore di enormi quantità di
denaro, pilastro dei rapporti tra la chiesa Usa e il potere politico
congressuale e presidenziale, sembrerebbe - anche se deceduto - incutere timore
e prudenza. La fortuna, per molti, sta nel fatto che lo scandalo McCarrick
scoppiò quando il porporato era molto anziano, 86 anni, e ormai seppure una
figurata venerata e rispettata era fuori dai giochi del poetere politico ed
ecclesiastico.
Nella biografia ufficiale di McCarrick, a
tutt'oggi visibile sul sito della Santa Sede si legge: "Nel gennaio 1998 è
stato fra i tre ecclesiastici americani invitati a visitare la Cina e a
discutere della libertà religiosa nel Paese. Nel gennaio 2000 il Presidente del
Libano lo ha nominato Ufficiale dell'Ordine dei Cedri del Libano. Nel dicembre
2000 il Presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, lo ha insignito del Premio
Eleanor Roosevelt per i diritti dell'uomo." (Fonte)
Di altri due porporati puniti da Papa
Francesco, accusati e processati per delitti sessuali su minori e adulti, abusi
e aggressioni, (Henryk Gulbinowicz, Polonia, deceduto il 16 novembre 2020 e
Keith Michael Patrick, Scozia, deceduto il 19 marzo 2018), si trovano le loro
rispettive biografie sul sito del Vaticano, ma ambedue sono morti con il
titolo cardinalizio. McCarrick no.
McCarrick, Viganò dopo il controverso viaggio in Cile
In occasione della vicenda di McCarrick,
dopo il 2017 e per lungo tempo, ci furono numerosi tentativi da più parti, fortemente
contrapposte, di impostare la questione usando la griglia
bergogliani-antibergogliani. Si diceva che si voleva usare lo scandalo, da
parte di certa destra cattolica statunitense, contro il Papa Francesco che non
poteva ignorare la doppia vita di McCarrick. Altri contrattaccavano sostenendo
che ambienti curiali stavano provando a scaricare la questione McCarrick sui
vescovi USA per nascondere le gravi responsabilità della Santa Sede.
In sostanza il problema era lineare: chi,
come perché aveva coperto e protetto il potente cardinale? Nelle diverse
risposte a queste domande si sono inseriti vecchi, antagonismi, controversie
fra cordate ecclesiastiche, antipatie personali e. in particolare, le accuse
dell’ex Nunzio negli USA nel 2016, scomunicato nel 2024 perché scismatico,
Carlo Mara Viganò. (Fonte)
Dopo il controverso viaggio in Cile
all’inizio dell’ano 2018 e poi finito il viaggio in Irlanda, comincia per Papa
Francesco un lento e progressivo periodo che mette fine per così dire ai primi
cinque anni del pontificato in cui sostanzialmente attorno al suo “modo di far
il Papa” c’era una sorta di unanimità intoccabile.
Paolo Rodari, allora vaticanista de La
Repubblica scrive il 28 settembre 2018: "Papa Francesco, perché non
rispondi? Chi tace acconsente”. A un mese dalla pubblicazione del suo
memoriale, monsignor Carlo Maria Viganò torna a parlare. Lo fa attraverso un
testo pubblicato ancora una volta dal sito conservatore statunitense
lifesitenews.com e, in Italia, dal sito web del vaticanista della Rai Aldo
Maria Valli. Nel nuovo documento fatto pervenire “dalla località segreta nella
quale vive”, l’ex nunzio negli Stati Uniti che ha accusato Francesco e i
vertici della curia romana di non essere intervenuti sulla doppia vita del
cardinale Theodore McCarrick, va giù duro ancora contro il Papa. Dice: “Né il
papa, né alcuno dei cardinali a Roma hanno negato i fatti che io ho affermato
nella mia testimonianza. Il detto ‘Qui
tacet consentit’ si applica sicuramente in questo caso, perché se volessero
negare la mia testimonianza, non hanno che farlo, e fornire i documenti in
supporto della loro negazione. Come è possibile non concludere che la ragione
per cui non forniscono i documenti è perché essi sanno che i documenti
confermerebbero la mia testimonianza?”. (Fonte)
Papa: Le
vittime della pedofilia devono presentate prove
Perché la trasferta di Papa Francesco in
Cile segna l'inizio di una tappa del suo pontificato? Perché il Cile (e la
Chiesa) che la gerarchia cilena aveva raccontato a Francesco era un qualcosa di
inesistente. Il Pontefice però, seppure avvertito, aveva scelto di credere ai
vescovi negandosi la possibilità di accettare, almeno come ipotesi, che il
Paese sudamericano e la Chiesa locale fossero in realtà un'altra cosa. La sua
consapevolezza sulla gravità immane degli scandali di pedofilia era troppo
bassa e altezzosa, al punto di chiedere pubblicamente alle più note vittime del
famigerato prete pedofilo seriale Fernando Karadima di "presentare le
prove".
Queste parole del Papa in Cile, nella
città di Iquique, ultima tappa della visita prima di andare in Perú,
provocarono uno scandalo internazionale severo. Poi, nella conferenza stampa
rientrando in Italia, il Papa spiegò così l'incidente che si era sommato al
disincanto dei cattolici e dell'opinione pubblica che risensavano la presenza
di Francesco irrilevante e frustrante: "Stavo entrando e una giornalista
di Iquique mi chiede: «Noi in Cile abbiamo il grande problema del vescovo
Barros, cosa ne pensa?». Penso che le parole che ho detto fossero queste, ma
prima ho pensato: rispondo o non rispondo? Mi sono detto di sì. Per quale
ragione? Perché Barros era stato vescovo di Iquique e una sua fedele me lo
chiedeva. Ha diritto a una risposta. E ho detto: «Il giorno in cui avrò una
prova parlerò». Credo di aver detto «non ho prove»; credo, ma non ricordo. Ma è
registrato, puoi trovarlo. Io parlerei di evidenze e, naturalmente, so che c’è
molta gente abusata che non può portare una prova, non ce l’ha. E che non può averla.
O a volte ce l’ha, ma ha la vergogna che lo blocca e soffre in silenzio. Il
dramma degli abusati è tremendo, è tremendo. Ho dovuto occuparmi due mesi fa di
una donna abusata quarant’anni fa, quaranta! Sposata, con tre figli. Quella
donna non riceveva la comunione da quell’epoca, perché nella mano del sacerdote
vedeva la mano dell’abusatore. Non poteva avvicinarsi. Ed era credente, era
cattolica. Non poteva." (Conferenza stampa sull'aereo. 21 gennaio 2018)
La risposta
delle vittime al Papa
La reazione di una delle principali
vittime di Karadima, oggi membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei
Minori, Juan Carlos Cruz allora rispose al Santo Padre con questo tweet:
"E' come se io avesse potuto scattarmi un selfie o una fotografia nel
momento in cui ero abusato da Karadima, così come altri, mentre in piedi
accanto a noi c'era [il vescovo monsignore] Juan Barros che vedeva tutto.
Queste persone altolocate sono folle. [L'account] @Pontifex_es parla di
riparazione per vittime. Per non cambia niente e il loro perdono è sempre
vuoto". (Tweet in spagnolo: "Como si
uno hubiese podido sacarse una selfie o foto mientras Karadima me abusaba a mi
u otros con Juan Barros parado al lado viéndolo todo. Estas personas desde
arriba están locos y @Pontifex_es habla de reparación a las víctimas. Seguimos
igual y su perdón sigue siendo vacío".)