L’improvvisa scomparsa del Papa, per la cui salvezza eterna siamo tutti in preghiera, ha riattizzato di colpo le braci del falò conclavario, che nelle ultime settimane sembravano essersi un po’ estinte, anche se – immaginiamo – hanno costantemente continuato a bruciare.
Tra le fiammelle che avevano preso a guizzare, aveva suscitato qualche curiosità quella accesa dal veronese Card. Claudio Gugerotti: MiL se ne è occupata, ancorché en passant, lo scorso 3 marzo, quando Luigi C. scriveva: «a Roma girano voci, paiono fondate, della scesa in campo, tra i futuri candidati al Conclave, del Card. Claudio Gugerotti, veronese, Prefetto del Dicastero Chiese Orientali. Sembra porsi a destra di Zuppi e Parolin e può proporsi come candidato di compromesso (disposto anche a togliere Traditionis Custodes e liberalizzare di nuovo la Messa Tradizionale). Egli potrebbe avere un certo aplomb nei confronti dei votanti conservatori e tradì, stufi - tra l'altro - di questa persecuzione nei confronti di liturgia e ordini a sensibilità tradizionale. Vedremo». La curiosità sollevata da questa indiscrezione era dovuta al fatto che il Card. Gugerotti era ed è ignoto ai più, trattandosi di un prelato che ha percorso tutta la sua carriera nel servizio diplomatico della Santa Sede e presso la Curia romana, senza incarichi pastorali di rilievo mediatico, e comparendo raramente alla ribalta ecclesiale.
Ci potremmo chiedere, innanzi tutto, se la candidatura del Card. Gugerotti sia stata avanzata per fare concorrenza al Card. Parolin all’interno della sua stessa area (magari nella speranza di pescare voti anche oltre), o per tirargli in qualche modo la volata; a noi, però, non interessano tanto gli equilibri politici o le strategie elettorali, quanto il senso e il peso della riferita apertura del porporato nei confronti della liturgia tradizionale, che, stando ai si dice di cui sopra, egli – una volta Papa – sarebbe disposto addirittura a liberalizzare nuovamente. La cosa ci interessa non solo in vista dell’ortodossia liturgica della Chiesa, ma anche della pressante esigenza di pacificazione, dopo le devastanti fratture che, negli ultimi anni, hanno segnata sempre più in profondità la Cattolicità.
Che può significare, dunque, la disponibilità a liberalizzare la Messa antica attribuita al Card. Gugerotti? Quanto possiamo ritenerla credibile? Ovviamente, nel cercare di rispondere a questi interrogativi, non possiamo e non vogliamo farci interpreti – men che meno giudici – delle intenzioni e delle coscienze; possiamo solo limitarci a considerare la posizione (che sarebbe stata) espressa dal Cardinale come emblematica dell’attuale approccio alla questione della liturgia tradizionale da parte di un certo milieu ecclesiale, di per sé finora apparentemente disinteressato al tema (ma, in realtà, ben consapevole della sua importanza, come vedremo a breve); milieu che, possiamo supporre, in queste ultime settimane – e massimamente ora – è stato ed è molto attivo. Non si tratta, sia chiaro, di fare il tifo pro o contro questo o quel papabile, ma di individuare il profilo adatto a guidare la Chiesa nelle condizioni in cui essa si trova dopo il pontificato di Papa Francesco, avvalendosi delle indicazioni che possono trarsi in merito dai segnali elettorali variamente lanciati dai membri del Collegio Cardinalizio.
Una prima considerazione, estremamente significativa, riguarda la centralità dei problemi legati al tradizionalismo liturgico. Dichiararsi disposti alla liberalizzazione della Messa antica significa sapere che, in conclave, una quota non irrilevante di votanti assumerà il tema come discriminante. Come ha giustamente notato Luigi C., citato sopra, l’assurdità della guerra liturgica scatenata negli ultimi anni del pontificato di Papa Francesco – non sappiamo quanto ascrivibile a lui stesso o ai suoi mentori ideologico-teologici – ha suscitato un malcontento molto più diffuso di quanto non si pensi, anche presso coloro che non sono interessati alla conservazione o allo sviluppo del Messale cosiddetto tridentino, ed è assai probabile che la volontà di archiviare questa infelice esperienza sia condivisa da un certo numero di elettori.
Tuttavia, questa volontà di pacificazione richiede, per risultare efficace, di essere sincera, stabile, attendibile. Conseguentemente, l’atteggiamento positivo nei confronti della Messa antica, e dei fedeli che le sono legati, deve essere anch’esso genuino e credibile. Ecco perché non si può trascurare la storia personale di chi esprima questo atteggiamento, specie se si tratta di figure fortemente rappresentative dell’ambiente ecclesiale di appartenenza. La pax liturgica, infatti, non può essere abbracciata per opportunismo, ma per la convinzione che essa è indispensabile per il bene della Chiesa.
Questa convinzione può credibilmente essere imputata alla “corrente” ecclesiale cui appartiene il Card. Gugerotti? Da questo punto di vista, questa “corrente” può differenziarsi da quella di cui fa parte il Card. Parolin, e ritenersene addirittura alternativa?
La parabola del Card. Gugerotti si è interamente sviluppata all’ombra del defunto Card. Silvestrini, con il quale egli collaborò alla Fondazione Sacra Famiglia di Nazareth e poi alla Congregazione per le Chiese Orientali. Alla corrente del Card. Silvestrini è ascrivibile anche il Card. Parolin, ed anche per quest’ultimo Silvestrini fu un importante punto di riferimento, cui l’attuale Segretario di Stato ha ripetutamente dedicato convinte lodi. Il milieu ecclesiale di entrambi (Gugerotti e Parolin), dunque, è quello della “Mafia di San Gallo”, di cui Silvestrini fu esponente di spicco, come si sa (MiL se ne è occupata più volte: per i necessari approfondimenti, vi invitiamo a leggere qui, qui, qui e qui). Si tratta di un ambiente sicuramente ostile alla liturgia tradizionale: sicché non stupisce che qualche mese fa, quando si fecero ricorrenti le voci circa un nuovo provvedimento ulteriormente restrittivo della Messa antica, predisposto da mons. Vittorio Francesco Viola, Segretario del Dicastero per il Culto Divino, si disse (ved. qui) che «nella stesura del documento, mons. Vittorio Francesco Viola O.F.M. avrebbe avuto anche il sostegno e l’approvazione di tre figure chiave della Chiesa: il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede ed architetto dell’accordo segreto Vaticano-Cina; il card. Claudio Gugerotti, Prefetto del Dicastero per le Chiese orientali; e mons. Celestino Migliore, Nunzio apostolico in Francia». L’indiscrezione fece alquanto scalpore, specie oltre oceano, tanto da meritare un’esplicita smentita sia da parte del Card. Gugerotti, sia da parte del Card. Parolin: a conferma, ad ogni buon conto, del fatto che il tema è decisamente sensibile, e che essere conosciuti come nemici della Messa antica non appare conveniente (possiamo soggiungere: soprattutto oggi, in vista dell’imminente conclave).
Ebbene: al netto della – reale o presunta – competizione elettorale tra i Cardinali Gugerotti e Parolin, risulta poco credibile che il comune milieu di riferimento abbia maturato una sincera e affidabile attitudine positiva verso la liturgia tradizionale, che possa riconoscersi nella teologia liturgica di Bendetto XVI e del suo Summorum Pontificum (per la quale la liturgia tradizionale non venne mai abrogata e, ci sentiamo di aggiungere, non lo potrà mai essere), che possa condividere un sincero desiderio di pacificazione liturgica, e che escluda la soppressione finale della liturgia tradizionale e l’omologazione forzata dei fedeli che l’hanno costantemente praticata nonostante le drammatiche ed ingiuste difficoltà incontrate, e restando sinceramente ed indefettibilmente nella piena comunione della Chiesa.
Insomma, in questi giorni di pre-conclave (quando dichiararsi pro messa antica non costa niente, e può fruttare molto) ci pare lecito chiedersi se le dichiarazioni di disponibilità per la liturgia tradizionale e la sua piena libertà, quando provengano da ambienti inequivocabilmente sangallesi, possano ritenersi sincera espressione di una vera conversione liturgica, o di una convinta volontà di compromesso e di pacificazione, e non pure, semplici e volatili promesse elettorali.
Enrico Roccagiachini