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giovedì 6 marzo 2025

Scritti di dottrina sociale: Cantoni e quell'equilibrio smarrito nel pontificato attuale #300denari

A settembre 2024 è stato pubblicata da Cristianità “
Scritti di dottrina sociale. 1961-2005”, una raccolta di scritti e discorsi di Giovanni Cantoni (Piacenza, 1938 – 2020), curata da Oscar Sanguinetti. Cantoni è stato senza dubbio uno dei pensatori e apologeti cattolici più influenti nel dopoguerra italiano. Il suo grande merito fu quello di raccogliere in maniera organica il pensiero degli autori della tradizione, primo fra tutti Plinio Corrêa de Oliveira, per poi divulgarlo e diffonderlo al pubblico italiano.
Tanto deve a lui, esplicitamente o meno, il mondo della tradizione italiano, compreso chi scrive. Proprio in virtù di questo debito di riconoscenza e con l’entusiasmo di rileggere le sue parole, desidero condividere alcuni stralci (pp. 40-43) di questa pubblicazione. L'economia non era la sua disciplina di elezione, ma le sue solide basi filosofiche gli permisero di intervenire in modo sorprendentemente puntuale, preciso e brillante su questa materia, storicamente poco esplorata nel nostro ambiente. Certo che lassù ne abbia piacere, lo ringrazio poiché a lui devo anche i miei primi avvicinamenti alla scuola austriaca di economia.
Due punti in particolare mi hanno colpito dalla lettura che vi ripropongo. Pur essendo il pensiero di Cantoni forte e radicale, i concetti che seguono si distinguono per un equilibrio che non può lasciare indifferenti. Il primo riguarda la vocazione della dottrina sociale della Chiesa, che non va intesa come un semplice elenco di indicazioni e adempimenti, bensì come una “costellazione di valori di orientamento”. Il secondo riguarda l’equilibrio della dottrina sociale tra sussidiarietà e solidarietà.
Il richiamo a questi principi della dottrina colpisce in quanto sistematicamente disattesi dall’attuale pontificato, il quale si è spesso rivelato eccessivamente dettagliato nelle sue indicazioni (talvolta grossolane) di politica economica, oltre che sbilanciato sul fronte della “solidarietà”, trascurando quasi sistematicamente il versante della “sussidiarietà”. Questa osservazione non vuole essere un attacco a un pontificato che potrebbe essere prossimo alla sua conclusione, quanto piuttosto l’auspicio affinché gli stessi errori non si ripetano.


Gabriele
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La formazione della coscienza sociale
La natura di morale sociale della dottrina sociale della Chiesa ne fa alimento indispensabile per la formazione della coscienza sociale, in quanto tale dottrina contiene i principi di riflessione, i criteri di giudizio e le direttive di azione per la coscienza del singolo fedele. Poiché la creazione, la conservazione e la rettificazione della società deformata passano attraverso l'intervento dell'uomo come essere vivente sociale, la morale sociale non è programma né legge positiva, ma costellazione di valori d'orientamento per ogni operare sociale storicamente determinato.
L'esplicitazione della dottrina sociale della Chiesa, derivata dalle necessità storiche evidenziate, il suo passaggio da messaggio implicito a messaggio esplicito, hanno talora prodotto un certo temporaneo disorientamento, una ricezione impropria di essa. Tale ricezione impropria si potrebbe indicare come una "ricezione ideologica", analoga a quella che trasforma l'orientamento proprio di una direzione spirituale in una legge positiva, facendo sì che il direttore surroghi il diretto subentrando in qualche modo nella di lui responsabilità.
Tale ricezione ideologica ha fatto sì che nella dottrina sociale si cercassero - talora, nella coscienza soggettiva degli stessi uomini di Chiesa, si proponessero — programmi politico-sociali anziché indicazioni di massima, anche se aggiornate alle problematiche proposte sia dal positivo sia dal negativo che si presentano con caratteri di novità, di res novae, nel corso della storia. [...]



Principi di riflessione
I principi di riflessione della dottrina sociale naturale e cristiana sono costituiti dal primato della persona umana, dal principio di sussidiarietà e da quello di solidarietà.
Quanto all'uomo, se ne afferma la naturale socialità e si indica il fondamento della sua grandezza nell’essere stato creato a immagine e somiglianza di Dio, sì che la dimensione stessa di tale grandezza è la gloria di Dio. Scrive sant’Ireneo di Lione (130.202), un Padre della Chiesa, di lingua greca, del secolo II: «La gloria di Dio è l'uomo vivente, ma la vita dell'uomo è la contemplazione di Dio»; l'uomo è posto al centro del mondo delle creature visibili e invisibili, tutte ricolme della gloria del Creatore e che ne proclamano la gloria, sì che, attraverso la storia del cosmo visibile e invisibile, s'innalza, come un Tempio immenso, un abbozzo del Regno eterno di Dio.
Nell'esecuzione di quest'opera, in base al principio di sussidiarietà, l'uomo deve esser messo in condizioni di realizzare e all'uomo si deve domandare che realizzi tutte le proprie potenzialità prima di auspicare e di richiedere l'intervento di altri uomini a soddisfare le sue esigenze naturali — cioè derivanti dalla sua natura sociale, che lo rende strutturalmente bisognoso dell'aiuto di altri —, sia a integrare le deficienze dovute alle conseguenze del peccato originale. Questo rapporto fra il singolo e la società come insieme di altri uomini è modello anche per le relazioni fra i diversi corpi sociali intermedi, a partire dalla società matrimoniale, da quella familiare e oltre, fino alla comunità delle nazioni.
Ancora: nell'esecuzione di questa opera il vantaggio spirituale e materiale del singolo uomo dev'essere perseguito in armonia con il vantaggio dell'umanità come insieme di tutti gli uomini - è il principio di solidarietà —, cioè nella prospettiva del bene comune di ogni società e della società universale inteso come insieme delle condizioni che, ai diversi livelli e nelle diverse situazioni, garantiscono e favoriscono le migliori situazioni di vita di Ogni singolo, quindi la realizzazione sociale della gloria di Dio.
I principi evocati trovano la loro codificazione nella regolamentazione dei rapporti con Dio dell'uomo e della società che forma e di cui vive, implicito commento alla prima tavola del decalogo che appunto li prevede nei primi tre comandamenti; quindi nell'implicito commento alla seconda tavola della stessa legge, che riguarda le relazioni fra gli uomini e degli uomini con i beni.

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