Vi proponiamo – in nostra traduzione – l’articolo di don Christophe Vigneaux, pubblicato il 28 gennaio sul sito Res Novae, in cui si presenta un approfondito ritratto di padre Réginald Garrigou-Lagrange O.P., uno dei più grandi teologi neotomisti del XX secolo, il cui monumentale pensiero ha profondamente caratterizzato il pensiero cattolico preconciliare.
L.V.
Si sa troppo poco che il famoso filosofo e teologo domenicano, padre Réginald Garrigou-Lagrange O.P. (1877-1964), era di origine guascone, anche se nessuna strada di Auch, la sua città natale, porta il suo nome. Qui forniamo le linee generali di questa vita dedicata allo studio, che iniziò sulle rive del fiume Gers e si svolse in gran parte su quelle del Tevere, a Roma, dove si concluse. Non abbiamo osato intitolarlo: «Il Gers sfocia nel Tevere».
Un Guascone
Marie-Aubin-Gontran Garrigou-Lagrange nacque quindi ad Auch il 21 febbraio 1877. Il registro dello stato civile indica che i suoi genitori vivevano allora in rue de l’Oratoire (l’attuale rue Victor-Hugo)¹. Suo padre, François-Léonard-Junien Garrigou-Lagrange, era allora controllore delle imposte dirette. Era nato nel 1844 a Marval, nel Limosino. Suo zio paterno, il venerabile Abate Maurice Garrigou (1766-1852), era stato canonico a Tolosa. Durante la Rivoluzione francese, si era distinto per il suo coraggio durante le persecuzioni a cui sfuggì per un pelo. In seguito fondò la Congrégation des religieuses de Notre-Dame de la Compassion e morì in odore di santità. Il suo processo di beatificazione è aperto a Roma e papa Francesco lo ha proclamato Venerabile nel 2013².
La madre del nostro teologo, Jeanne-Marie-Clémence Lasserre, era di vera e propria stirpe auscitaine. Nacque ad Auch l’8 settembre 1854 da Thomas-Auguste Lasserre, anch’egli controllore delle imposte dirette, e da Thérèse Fauqué. Il suo matrimonio con François Garrigou, di dieci anni più grande, era avvenuto ad Auch nel 1874³. Secondo alcune fonti⁴, era imparentata (ma fino a che punto?) con Henri Lasserre (1828-1900), letterato e virulento polemista cattolico della seconda metà del XIX secolo, famoso per essere stato il primo storico delle apparizioni di Lourdes⁵. Il 27 febbraio il piccolo Gontran ricevette il battesimo nella Cathédrale Sainte-Marie di Auch dalle mani del Vicario, padre Saint-André⁶.
La famiglia rimase ad Auch per alcuni anni. Nel 1878 la coppia ebbe un altro figlio, una femmina questa volta, che fu chiamata Alice (morì all’età di cinquant’anni dopo che suo fratello le aveva somministrato gli ultimi sacramenti)⁷. François Garrigou-Lagrange fu presto trasferito a La Roche-sur-Yon, poi a Nantes e infine a Tarbes. Fu lì che Gontran studiò al liceo e conseguì la maturità. Era già uno studente piuttosto brillante, ma anche piuttosto arrogante. Un aneddoto raccontato da diverse testimonianze rivela che non superò l’esame orale di francese per un’insolenza che non piacque all’esaminatore: «Quest’ultimo gli chiese l’analisi di Cinna. Il giovane rispose: “Non ho riletto Cinna dalla prima media, ma se mi chiedete considerazioni generali su Pierre Corneille, potrò rispondervi”. Aneddoto-simbolo: padre Garrigou-Lagrange preferirà sempre le grandi sintesi ai dettagli eruditi»⁸.
Conversione ed entrata tra i Domenicani
Una volta conseguito il diploma di maturità, Gontran Garrigou-Lagrange si trasferì a Bordeaux per iniziare gli studi di medicina. A quel tempo era tutt’al più indifferente alla religione in cui era stato educato. Una lettura, fatta nel 1897, lo sconvolse profondamente. Si tratta dell’opera di Ernest Hello (1828-1885) intitolata L’Homme [L’Uomo: N.d.T.]. Questa raccolta di saggi contrappone la concezione cristiana dell’uomo sicuro delle proprie convinzioni a quella dell’uomo moderno che dubita di tutto. Ha avuto un effetto spettacolare sul giovane che, da agnostico o scettico qual era, è diventato un fervente cattolico: «In un istante, ha confessato in seguito, ho intravisto che la dottrina della Chiesa cattolica era la Verità assoluta su Dio, sulla sua vita intima, sull’uomo, sulla sua origine e sulla sua destinazione soprannaturale. Ho capito all’istante che non si trattava di una verità relativa allo stato attuale delle nostre conoscenze, ma di una verità assoluta che non passerà, ma apparirà sempre più nella sua radiosità fino a quando non vedremo Dio faccia a faccia»⁹.
Questa conversione improvvisa può essere paragonata ad altre esperienze dello stesso tipo vissute da diversi intellettuali o scrittori a cavallo tra il XIX e il XX secolo: Paul Claudel, Charles Péguy, Jacques Maritain e molti altri¹⁰.
Il nostro studente di medicina decise allora di lasciare tutto per farsi religioso. Dopo aver esitato un po’ tra i Trappisti e i Certosini, alla fine optò per i Domenicani. Questo venerabile ordine, restaurato in Francia da padre Henri-Dominique Lacordaire O.P. nel 1838, stava allora vivendo un nuovo periodo di crescita. Il contesto dell’epoca era infatti favorevole: Papa Leone XIII aveva appena pubblicato, nel 1879, la lettera enciclica Aeterni Patris, che rivalutava gli studi filosofici e raccomandava in particolare un serio e approfondito ritorno alle opere di San Tommaso d’Aquino.
Nel 1898 si presentò alla porta del noviziato di Amiens. Lì indossò l’abito bianco e il mantello nero dell’ordine e ricevette il nome di Reginald in omaggio al beato Réginald d’Orléans, uno dei primi Domenicani francesi, compagno di San Domenico di Guzmán. Partì quindi per il piccolo villaggio della Borgogna di Flavigny-sur-Ozerain, dove i Domenicani avevano il loro Studium. Le leggi contro le congregazioni lo fecero sloggiare nel 1902. Dovette andare in Belgio, dove completò i suoi studi e fu ordinato sacerdote.
Per completare la sua formazione, i suoi superiori lo mandarono a Parigi per ottenere una laurea in filosofia e letteratura alla Sorbonne Université. Diverse lettere che scrisse durante questo periodo al suo maestro, padre Ambroise Gardeil O.P., sono state conservate e persino pubblicate¹¹. Si vede che il giovane prete segue i corsi dei più grandi intellettuali della Belle Époque, in particolare Henri Bergson¹², ma si percepisce in lui una certa stanchezza: «Da due giorni non sono esattamente molto allegro. Sono i corsi di spiegazione di autori latini e greci e soprattutto il tema latino che hanno l’effetto di rattristarmi per tutto il giorno. Mi sembra di essere tornato a scuola di retorica. Studi senza interesse per gli aneddoti dell’ultimo fastidioso, e questo profuma di riscaldamento per un esame. A ventisette anni ricominciare questo lavoro è terribilmente austero»¹³.
Poco dopo, poco meno di trentenne, fu nominato professore di filosofia per i suoi confratelli domenicani. Insegnò prima in Belgio, dove la sua comunità era ancora in esilio, poi in Svizzera e infine a Roma.
Professore a Roma
Nel momento in cui padre Garrigou-Lagrange inizia la sua carriera di professore, il mondo cattolico attraversa gravi turbolenze note come «crisi modernista». Questi eventi hanno avuto un’influenza decisiva su tutta la sua vita e il suo pensiero, al punto che si è potuto scrivere che «la sua intera opera non è altro che la loro spiegazione [degli insegnamenti pontifici] e la loro difesa contro la teologia modernista»¹⁴.
San Pio X contava sui Domenicani per confutare quella che chiamava «la sintesi di tutte le eresie». Per questo motivo, nel 1909, il maestro generale dell’ordine, padre Hyacinthe-Marie Cormier O.P., fondò un’università a Roma. Questa università, comunemente chiamata Angelicum, fu posta sotto il patrocinio di San Tommaso d’Aquino. Inizialmente situata in via San Vitale, nel 1932 si trasferì sulle pendici del Quirinale, sopra il Foro di Traiano, dove si trova ancora oggi. Padre Garrigou-Lagrange vi insegnò per più di cinquant’anni: prima teologia, a partire dall’apologetica fino al 1918, poi, dal 1918 al 1959, tutti gli altri trattati della monumentale Summa Theologiae¹⁵. Nel 1915 gli fu inoltre affidata una cattedra di filosofia dove poté commentare la Metafisica di Aristotele. Nel 1917 ottenne una terza cattedra appena fondata: quella di teologia spirituale.
I due conflitti mondiali segnarono piccole interruzioni nel suo percorso di studi. Durante la prima guerra mondiale, si recò a Nizza per unirsi all’esercito francese, ma il consiglio di revisione lo giudicò inabile al servizio e lo rimandò ai suoi cari libri¹⁶. Durante la seconda guerra mondiale, poco prima che Benito Mussolini entrasse in guerra contro la Francia dalla parte della Germania, dovette lasciare l’Italia e si stabilì a Coublevie, vicino a Grenoble, dove si trovava uno Studium del suo ordine. Poté rientrare a Roma solo nell’ottobre 1941¹⁷.
Durante tutti questi anni nella Città Eterna, fu un eccellente professore. I suoi corsi erano molto apprezzati non solo dai suoi confratelli domenicani, ma anche da numerosi sacerdoti, prelati, superiori di ordini religiosi (soprattutto il suo corso di teologia spirituale il sabato)¹⁸. Egli brillava sia per la sua eccezionale scienza che per le sue ammirevoli qualità pedagogiche. «I suoi corsi, si diceva, non sono monologhi parlati, sono drammi recitati»¹⁹. Aveva anche il senso dell’umorismo, il che è apprezzabile quando si professa su argomenti così seri: «Non vorrei mancare di rispetto alla sua memoria, testimonia uno dei suoi ex studenti, ma aveva il senso del comico. Era raro che in un’ora di lezione non ci fossero momenti di ilarità. Era aiutato da alcune particolarità del suo viso: occhi piccoli pieni di malizia, ridenti, estremamente mobili, la testa quasi completamente calva, un viso in grado di mimare orrore, rabbia, ironia, indignazione, meraviglia. Il corso era intervallato da sentenze ripetute invariabilmente, attese con impazienza. Ho visto Abati ridere fino alle lacrime e divertirsi cordialmente. Poi, di nuovo, c’era calma o ardore contenuto»²⁰.
Insegnava in latino, come era consuetudine nelle università romane. Ma il suo latino era «calcato sul francese»²¹ e vi mescolava volentieri parole della sua lingua madre o dell’italiano, «senza che ciò modificasse mai l’accento della sua natia Guascogna»²².
Quando non insegnava, durante le vacanze, attraversava l’Italia e la Francia, a volte anche altri paesi europei o americani, per predicare ritiri nei conventi e nei monasteri. Alla fine di agosto era spesso a Meudon, a casa dei Maritain, per tenere conferenze spirituali a tutta l’élite intellettuale della capitale. Tra gli altri, vi si incontravano i coniugi Maritain, Henri Ghéon, Charles du Bos, il principe Vladimir Ghika, Jean Daujat e molti altri, compresi protestanti e non credenti²³.
Un’opera immensa e impegnata
Oltre alle sue attività di insegnante, padre Garrigou-Lagrange scrisse numerosi libri sia in latino che in francese. In totale, si contano una trentina di titoli pubblicati tra il 1909 e il 1951. Alcuni titoli sono stati ristampati più volte e tradotti in inglese, tedesco, italiano, spagnolo, portoghese, olandese e persino polacco. Ha inoltre pubblicato numerosi articoli su riviste, in particolare La Revue thomiste e La Vie spirituelle della provincia di Tolosa, e su dizionari, in particolare il Dictionnaire de théologie catholique²⁴.
La grande polemica in cui si è distinto è stata quella della «Nouvelle Théologie» [Nuova Teologia: N.d.T.]. Già tra le due guerre, diversi pensatori cattolici, in primo luogo i Gesuiti, avevano cercato di liberarsi dalla Scolastica medievale per riformulare la dottrina della Chiesa secondo un linguaggio più vicino ai concetti moderni e ispirato agli autori dei primi secoli della Chiesa che sembravano loro più interessanti di San Tommaso d’Aquino. Questa corrente ebbe una grande influenza nel clero dopo la seconda guerra mondiale perché i suoi principali sostenitori, ad esempio Henri de Lubac e Gaston Fessard, avevano acquisito molto prestigio impegnandosi nella Resistenza. Padre Garrigou-Lagrange reagì vivacemente a queste teorie in un articolo intitolato «La nouvelle théologie, où va-t-elle?» [La nuova teologia, dove sta andando?: N.d.T.], pubblicato nella rivista della sua università²⁵. Per lui, questo non era altro che la distruzione della fede cattolica. Queste persone stavano rovinando l’autorità dei Concili e dei Papi e stavano facendo risorgere il temibile modernismo. In particolare, rimproverava loro di non utilizzare i concetti di Aristotele in teologia. Era anche fermamente convinto di una visione tradizionale del peccato originale, commesso da Adamo ed Eva nel Giardino dell’Eden, contro ogni tentativo di reinterpretare il dogma alla luce dell’evoluzionismo darwiniano.
La sua presa di posizione contro queste innovazioni gli valse di essere considerato nel dopoguerra un teologo conservatore e severo, l’incarnazione di una teologia rigida e incline alla censura. Ancora oggi soffre di questa reputazione. Il suo biografo, l’americano Richard Peddicord, ha persino scritto che il suo nome è ormai associato alla «rigidità teologica e alla repressione ecclesiastica²⁶».
Fu quindi considerato uno degli ispiratori della lettera enciclica Humani generis che condannò la nuova teologia nel 1950. Fu poi nominato consultore del Sant’Uffizio nel 1955 e, in tale veste, dava il suo parere sui libri da autorizzare o vietare. Tuttavia, la sua intransigenza dottrinale non gli impediva di preoccuparsi di essere compreso dal maggior numero di persone possibile. In alcune delle sue opere si ritrova il senso pedagogico che i suoi studenti apprezzavano così tanto in lui. Oltre a opere difficili, compose libri accessibili, che padre Jacques Loew O.P., prete operaio a Marsiglia, confessò di aver usato con le persone più modeste: «Quando, senza preconcetti, semplicemente per far scoprire alle mie piccole vicine o a un collega di lavoro il mistero di Dio e quello della loro stessa vita, tornavo alla fonte della teologia, vedevo delinearsi i problemi più sostanziali e quelli più immediati. Così, a rischio di far sorridere alcuni, la teologia che si rivelava la più adatta e la più nuova era quella di San Tommaso d’Aquino e delle sue discipline fino ai nostri giorni, un padre Garrigou-Lagrange, un mons. [poi card.: N.d.T.] Charles Journet, un Étienne Gilson o Jacques Maritain»²⁷.
Questo non deve sorprenderci perché padre Garrigou-Lagrange era un uomo profondamente buono verso i poveri: «Egli provava profonda compassione per la miseria dei bisognosi. Lo si vedeva sconvolto dalle sofferenze di cui veniva a conoscenza nel parlatorio. Non temeva di essere sfruttato (e spesso lo fu), ma temeva fortemente di deludere i veri poveri. E questi sono numerosi a Roma»²⁸.
Va detto che lui stesso viveva nella più edificante povertà, occupando una cella molto semplice senza mobili superflui né acqua corrente. Era anche molto umile, qualità che purtroppo non è molto comune tra i grandi intellettuali, anche cattolici, e si sottometteva in tutto alla regola del suo ordine: «Religioso esemplare», scrive uno dei suoi compagni di studi, «ha edificato per tutta la vita i suoi superiori e i suoi fratelli con il suo semplice obbedienza, come quella di un bambino, la sua regolarità, la sua assiduità al coro, all’orazione, a tutte le pratiche comuni»²⁹. Richard Peddicord ha scritto che era «la sintesi della fedeltà all’ideale domenicano»³⁰.
Gli ultimi anni
Padre Garrigou-Lagrange festeggiò il suo ottantesimo compleanno nel 1957. Era circondato da tutta la sua comunità e lo stesso Venerabile Papa Pio XII gli scrisse una lettera in latino per congratularsi con lui. Gli augurava nuove forze per «compiere nuove opere straordinarie»³¹. Tuttavia, gli ultimi anni del teologo furono un lungo calvario, un terribile e inesorabile declino fisico e mentale.
Fu gradualmente sollevato dai suoi corsi nel 1959 e nel 1960 per godersi finalmente un po’ di riposo. Ma fu presto colpito da quella che oggi chiamiamo malattia di Alzheimer, una malattia tanto più terribile quando colpisce un’intelligenza come la sua. Nel luglio del 1960 lasciò il convento per la clinica. Passò in diverse case di cura e finì nel Convento di Santa Sabina, un convento di suore specializzato nell’accoglienza di sacerdoti in fin di vita: la Congregazione della Fraternità Sacerdotale, in via della Camilluccia, alle porte di Roma. È lì che si spense il 15 febbraio 1964.
Alla sua morte, San Paolo VI gli rese omaggio scrivendo un breve che fu pubblicato sul quotidiano L’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano³².
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Su questo monumento della teologia anteconciliare che è il pensiero di padre Garrigou-Lagrange O.P., le Éditions du Cerf annunciano la prossima pubblicazione di Dieu dans l’âme. Présence et transcendance de Dieu dans la théologie de Réginald Garrigou-Lagrange [Dio nell’anima. Presenza e trascendenza di Dio nella teologia di Réginald Garrigou-Lagrange: N.d.T.], di don Arnaud Renard FSSP.
Note:
¹ Archivi dipartimentali di Gers (A. D. 32), 5 E 17842, nascite, 9º foglio r, № 39.
² Su colui che viene chiamato il san Vincenzo de’ Paoli di Tolosa, si può leggere Jean-Claude Meyer, La Vie de Maurice Garrigou, Baziège, Pélé-Jeunes, 2002.
³ A. D. 32, 5 E 17839, matrimoni, 23º foglio v., № 43.
⁴ Cfr. Marie-Rosaire Gagnebet O.P., «L’œuvre du P. Garrigou-Lagrange: itinéraire intellectuel et spirituel vers Dieu» (Conferenza pronunciata a Roma il 27 maggio 1964), articolo apparso su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 8.
⁵ Sulla vita di questo personaggio stupefacente cfr. Albert Garreau, Henri Lasserre, l’historien de Lourdes, Parigi, Lethielleux, 1948.
⁶ L’atto di battesimo si trova negli archivi diocesani (Atti di cattolicità, anno 1877, № 41).
⁷ Marie-Benoît Lavaud, «Le Père Garrigou-Lagrange. In Memoriam», articolo apparso su La Revue thomiste, № 64/2, Tolosa, 1964, pag. 195, n. 1.
⁸ Aneddoto riportato da Marie-Benoît Lavaud, ibid., pag. 182-183.
⁹ Discorso riportato da Marie-Benoît Lavaud, op. cit., pag. 9-10.
¹⁰ Cfr. Frédéric Gugelot, La Conversion des intellectuels au catholicisme (1885-1935), Parigi, Edizioni del CNRS, 2010.
¹¹ «Lettres de jeunesse au P. Ambroise Gardeil (1903-1909)», pubblicate dall’Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 137-194.
¹² Con cui rimase per molto tempo in contatto. Gli inviò i suoi libri, in particolare La Providence et la confiance en Dieu (1932) e Le Sauveur et son amour pour Dieu (1934), che giocarono un grande ruolo nella conversione finale di Bergson al Cattolicesimo.
¹³ Lettera del 28 novembre 1903, ibid., pagg. 142-143.
¹⁴ Marie-Rosaire Gagnebet O.P., op. cit., pag. 17.
¹⁵ Yves Congar, Journal d’un théologien, 1946-1956, Parigi, Le Cerf, 2000, pagg. 35-36: «Era ritenuto essere, solo tra i domenicani francesi, totalmente, virginalmente fedele a san Tommaso, come se avesse una grazia tomista integrale».
¹⁶ Marie-Benoît Lavaud, op. cit., pag. 186.
¹⁷ Ibid.
¹⁸ Ibid., pag. 185.
¹⁹ Marie-Rosaire Gagnebet O.P., op. cit., pag. 13.
²⁰ Pierre-Marie Emonet O.P., «Un Maître prestigieux», testimonianza pubblicata su Angelicum, vol. 42, Roma, 1965, pag. 197. Padre Garrigou aveva all’epoca circa sessant’anni.
²¹ Marie-Benoît Lavaud, op. cit., pag. 187.
²² Marie-Rosaire Gagnebet O.P., op. cit., pag. 14.
²³ Raïssa Maritain ha scritto il racconto di questi ritiri nel suo Journal, publié par Jacques Maritain, Parigi, 1964.
²⁴ Per una bibliografia completa, cfr. Benedetto Zorcolo O.P.: «Bibliografia del P. Garrigou-Lagrange» in Angelicum, vol. 42 (1965), pag. 200-272 (in ordine cronologico e tematico). Per una bibliografia più breve, con un riassunto di ciascun libro, cfr. Jean Madiran e Eugène Louis in Itinéraires, № 86, Parigi, settembre-ottobre 1964, pagg. 88-94.
²⁵ Réginald Garrigou-Lagrange O.P., «La nouvelle théologie, où va-t-elle?» in Angelicum, vol. 23, Roma, 1946, pagg. 126-145. Ripreso in appendice in La Synthèse thomiste, Parigi, Desclée de Brouwer, 1947, pagg. 699-725.
²⁶ Richard Peddicord, The sacred Monster of Thomism, an introduction of the life and legacy of Reginald Garrigou-Lagrange, South Bend, Saint Augustine’s Press, 2005, pag. 2: «Per molti, Garrigou-Lagrange simboleggia un’etica teologica, che è stata completamente screditata dal Concilio Vaticano II. (…) Garrigou-Lagrange è stato efficacemente identificato con la rigidità teologica e la repressione ecclesiastica».
²⁷ Jacques Loew, Journal d’une mission ouvrière, Parigi, Le Cerf, 1959. Pag. 370.
²⁸ Marie-Benoît Lavaud, op. cit., pag. 196.
²⁹ Ibid., pag. 195.
³⁰ Richard Peddicord, op. cit., pag. XII: «Garrigou fu l’incarnazione della fedeltà all’ideale Domenicano».
³¹ Questa lettera è stata tradotta in francese e pubblicata in Itinéraires, № 86, op. cit., pag. 1-2.
³² Osservatore romano, 17-18 febbraio 1964, citato in Itinéraires, № 82, aprile 1964, pag. 127.
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