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venerdì 21 marzo 2025

Magister. "Sorpresa. Il “papabile” della Comunità di Sant’Egidio non è Zuppi ma Tolentino"

Grazie a Sandro Magister per l'analisi su un altro possibile papabile, card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la cultura e l'educazione (QUI e QUI MiL sulle pessime posizioni del Nostro) . QUI  Cardinaliun Collegi.
"Ma questa sua fluidità di posizione potrebbe anche produrre l’effetto opposto. Pochi cardinali, infatti, punterebbero su un candidato così sfuggente a decisioni nette e dalla dubbia capacità di guida – mai sperimentata da Tolentino alla testa di una diocesi –, oltre tutto di soli 59 anni, dopo un pontificato come quello di Francesco che consegna al suo successore una Chiesa in piena confusione dottrinale e pastorale, tale da lasciare drammaticamente inquieti per varie ragioni un po’ tutti, a destra come a sinistra e al centro. Insomma, è difficile prevedere che Tolentino possa apparire ai cardinali elettori come l’uomo giusto per restituire un minimo di ordine al governo della Chiesa, con prudenza e sapienza, tanto più con un’agenda piena di incognite come quella che Francesco ha già comandato di attuare da qui alla fine del 2028, sfociante in una “Assemblea ecclesiale” che non ha precedenti nella storia e con una dettagliatissima fase preparatoria da lui messa in moto l’11 marzo dal suo letto d’ospedale nel Policlinico Gemelli, comunicata per lettera ai vescovi di tutto il mondo".
Luigi C.

20-3-25

La potente Comunità di Sant’Egidio non è nuova a mobilitarsi in vista di un conclave. Ci provò già nel lontano 1978 puntando sull’allora cardinale arcivescovo di Napoli Corrado Ursi, salvo subito dopo attivarsi in ostentato supporto dell’eletto Karol Wojtyla.
Ma ancor più si starebbe mobilitando oggi con uno dei suoi stessi affiliati, il cardinale Matteo Zuppi, indicato concordemente dai media mondiali – e inizialmente anche da Settimo Cielo – come il candidato a papa allevato e promosso dalla Comunità.
E invece non è così. Perché il candidato che davvero Sant’Egidio coltiva non è Zuppi, ma il cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça (nella foto di Franco Origlia / Getty Images).

La ragione principale di questa scelta è che l’appartenenza di Zuppi alla Comunità non gioca a suo favore ma contro. Perché un numero sempre maggiore di cardinali elettori diffida di un pontificato che rischi seriamente d’essere comandato da una oligarchia esterna, anzi, da una monocrazia.

Diceva il cardinale George Pell, con la sua riconosciuta competenza in materia: “Attenti, perché se Zuppi sarà eletto in conclave, il vero papa sarà Andrea Riccardi”.

Riccardi, 75 anni, è l’onnipotente fondatore e capo della Comunità. Rinomato studioso di storia della Chiesa, già ministro per la cooperazione internazionale, nel 2009 insignito del premio Carlo Magno e nel 2022 persino in corsa per la presidenza della repubblica italiana, egli è da sempre l’unico col reale e incontrastato potere di comando su quella formidabile macchina che è Sant’Egidio, e sugli uomini che la compongono.

Il cardinale Tolentino, al contrario, non solo non appartiene alla Comunità, ma nemmeno figura in pubblico come ad essa particolarmente legato. Né gli uomini di Sant’Egidio, nel caldeggiare all’uno o all’altro cardinale la sua candidatura, si dichiarano suoi sodali. Ne tessono le lodi, sì, ma come osservatori imparziali che valutano col doveroso distacco.

Ma quali sono gli elementi del profilo di Tolentino che gli uomini di Sant’Egidio valorizzano, per promuovere la sua candidatura a papa?

Anzitutto l’ampiezza dei suoi orizzonti geografici, tra vecchio e nuovo mondo. Tolentino è nato nel 1965 nell’isola di Madeira, nell’Oceano Atlantico, e ha vissuto la sua infanzia in Angola, che all’epoca era colonia portoghese ma già lottava per l’indipendenza. Dell’Africa ricorderà sempre con ammirazione “l’incanto premoderno”. Tornato a Madeira entrò giovanissimo in seminario e terminati gli studi, anche con un dottorato in Sacra Scrittura al Pontificio Istituto Biblico di Roma, si stabilì definitivamente a Lisbona, come docente e poi preside della facoltà di teologia dell’Università Cattolica Portoghese, ma con incarichi accademici anche oltre Oceano, negli Stati Uniti alla New York University e in Brasile a Pernambuco, Rio de Janeiro e Belo Horizonte.

Figlio d’Europa ma anche dell’Africa e delle “periferie” del mondo, letterato e poeta ma anche attento ai processi di liberazione, Tolentino è stato a lungo cappellano a Lisbona della Capela do Rato, epicentro delle veglie di opposizione che ispirarono nel 1974 la “rivoluzione dei garofani” e in seguito diventata luogo di dialogo culturale, politico e religioso, col contributo anche di António Guterres, l’attuale segretario generale delle Nazioni Unite.

Da un po’ di anni, nella Capela do Rato, la filiale portoghese della Comunità di Sant’Egidio allestisce nel giorno di Natale un pranzo per i poveri di Lisbona. Ma le affinità non si fermano qui. Di Zuppi si ricorda il ruolo pacificatore negli accordi del 1992 in Mozambico, altra ex colonia portoghese dell’Africa. E soprattutto c’è sia in Tolentino che nei leader della Comunità la preminenza data alla cultura, per lui soprattutto alla Bibbia, alla teologia e alla letteratura contemporanea, per gli altri alla diplomazia e alla storia, specie alla storia della Chiesa, di cui sono quasi tutti docenti universitari, a cominciare da Riccardi.

E poi c’è l’affinità in materia di dialogo, che per Sant’Egidio è soprattutto tra le religioni, con gli annuali grandi convegni internazionali celebrati “nello spirito di Assisi”, con la sfilata di leader cristiani, ebrei, musulmani, induisti, buddisti, scintoisti, eccetera, mentre per Tolentino è soprattutto tra le culture, con libri, con dotte conferenze o con incontri a due tra lui e un intellettuale di spicco, meglio se lontano dalla fede, nella scia della “Cattedra dei non credenti” inventata dal cardinale Carlo Maria Martini e del “Cortile dei gentili” ideato da Benedetto XVI e affidato al cardinale Gianfranco Ravasi.

Di Ravasi, nella curia vaticana, Tolentino è oggi il successore, come prefetto del dicastero per la cultura e l’educazione. Sì, perché da quando nel 2018 papa Francesco lo chiamò in Vaticano, semplice sacerdote, a predicare gli esercizi spirituali d’inizio Quaresima, la sua carriera è stata fulminante. Quattro mesi dopo Francesco lo nominò archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, nel 2019 lo fece cardinale e nel 2022 numero uno alla cultura.

E come prefetto di questo dicastero Tolentino ha finora dato la più originale prova di sé chiamando a un incontro col papa, la mattina dello scorso 14 giugno, un centinaio di attori comici da tutti il mondo, alcuni di grande notorietà, con Whoopi Goldberg in prima fila, accorsi in massa anche se fieri anticlericali senza che nemmeno fosse stato spiegato loro il perché dell’invito. Tra essi c’era il portoghese Ricardo Araújo Pereira, ateo, già protagonista a Lisbona di confronti col futuro cardinale su “Dio: una domanda per credenti e non credenti”.

Tolentino brilla anche, però, per la sua attitudine a intervenire con competenza e raffinatezza in luoghi non abituali per un ecclesiastico. Ad esempio alla Biennale di Venezia, dove ha recentemente introdotto uno scelto uditorio alla rilettura integrale, in più serate, di un capolavoro della mistica medievale come il “Commento al Vangelo di Giovanni” di Meister Eckart.

I dialoghi in cui eccellono sia Tolentino che Zuppi hanno il vantaggio di non dividere la Chiesa, anzi, di confortarla. Anche quando si avventurano su terreni minati, come le guerre in corso nel mondo, gli appelli alla pace che da loro si elevano sono talmente vaghi da poter essere sottoscritti da tutti. Oppure si muovono – come nel caso di Zuppi dopo le sue fallite missioni a Kyiv, a Mosca e a Pechino – sul solo terreno umanitario dello scambio dei prigionieri e del rimpatrio dei bambini, anche qui con scarsissimi risultati.

Mentre per quanto riguarda le guerre dottrinali dentro la Chiesa, quelle di cui è epicentro il sinodo di Germania e che spaziano dalla nuova morale sessuale alla sacra ordinazione delle donne, la linea di condotta praticata da sempre dalla Comunità di Sant’Egidio è quella di non prendere una posizione netta né da una parte né dall’altra.

Di questa linea di condotta Zuppi è esecutore perfetto, grazie all’astuzia con cui dice e non dice, apre senza mai spalancare, sempre sfuggente sulle questioni più divisive. Ne è un esempio la sibillina prefazione da lui scritta all’edizione italiana del libro “Building a bridge” del gesuita e amico del papa James Martin, attivissimo sostenitore di una nuova pastorale e di una nuova dottrina morale sull’omosessualità. La tesi del libro è chiara, ma la prefazione, da sola, proprio no.

E Tolentino? Anche lui adotta in pieno questa linea di condotta. Predica e pratica con generosità l’accoglienza degli omosessuali nella Chiesa, ma senza mai invocare un mutamento nella dottrina. Ammette la comunione ai divorziati risposati, ma solo dopo che papa Francesco l’ha consentita con l’esortazione “Amoris laetitia”. Non si è espresso pro o contro la dichiarazione “Fiducia supplicans” che consente la benedizione delle coppie dello stesso sesso, criticatissima da quasi tutta la Chiesa d’Africa.

Anche sulla sacra ordinazione delle donne Tolentino non ha mai detto che cosa pensa. Ha scritto però la prefazione a un libro del 2022 dal titolo “Women Religious, Women Deacons”, della teologa statunitense Phyllis Zagano, che sostiene con forza l’ordinazione femminile e fa parte della commissione di studio nominata da papa Francesco sul diaconato delle donne.

Tolentino ha anche scritto la prefazione a un libro della suora benedettina e teologa femminista spagnola Maria Teresa Forcades I Vila, da lui più volte elogiata senza però mai sposarne esplicitamente le tesi radicali in materia di aborto, di ordinazione delle donne, di omosessualità, di “rivoluzione queer” nella Chiesa.

Questo spirito aperto ma non rigidamente schierato agevolerebbe in un conclave, nei piani della Comunità di Sant’Egidio, la convergenza su Tolentino di un numero piuttosto esteso di cardinali, di vario orientamento.

Ma questa sua fluidità di posizione potrebbe anche produrre l’effetto opposto. Pochi cardinali, infatti, punterebbero su un candidato così sfuggente a decisioni nette e dalla dubbia capacità di guida – mai sperimentata da Tolentino alla testa di una diocesi –, oltre tutto di soli 59 anni, dopo un pontificato come quello di Francesco che consegna al suo successore una Chiesa in piena confusione dottrinale e pastorale, tale da lasciare drammaticamente inquieti per varie ragioni un po’ tutti, a destra come a sinistra e al centro.

Insomma, è difficile prevedere che Tolentino possa apparire ai cardinali elettori come l’uomo giusto per restituire un minimo di ordine al governo della Chiesa, con prudenza e sapienza, tanto più con un’agenda piena di incognite come quella che Francesco ha già comandato di attuare da qui alla fine del 2028, sfociante in una “Assemblea ecclesiale” che non ha precedenti nella storia e con una dettagliatissima fase preparatoria da lui messa in moto l’11 marzo dal suo letto d’ospedale nel Policlinico Gemelli, comunicata per lettera ai vescovi di tutto il mondo.

Indifferente, Francesco, a che sia lui o il suo successore a dover eseguire questo suo programma.

1 commento:

  1. C'è bisogno di un papa chiaro, che dica sì sì, no no, come ci insegnò Gesù. La Chiesa e anche il mondo hanno bisogno della luce del Vangelo, soprattutto in questa fase storica dove le nazioni sono sballottate a destra e manca da politici e personaggi che non hanno nel cuore Cristo.

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