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mercoledì 13 marzo 2024

Le ambizioni del card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per Cultura e l’Educazione

Vi proponiamo – in traduzione – la lettera numero 1011 bis pubblicata su Paix Liturgique il 9 marzo 2024, in cui si riprende un articolo di don Claude Barthe, pubblicato su Res Novae il 29 febbraio 2024.
L’autore analizza con lucidità le potenziali posizioni dei Cardinali elettori in un prossimo Conclave – anche alla luce dei precedenti del 2005 e del 2013 – così come si sono posizionate in relazione alla dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni, che potrebbe rafforzare il fronte conservatore o comunque non progressista.
Alla ricerca, quindi, di figure di compromesso, si considera il card. José Tolentino de Mendonça (foto) in forte ascesa nella Curia Romana e vicino alla Comunità di Sant’Egidio.

L.V.


Papa Francesco ha portato il Concilio Vaticano II al suo apice. Per essere più precisi, ha reso l’insegnamento morale, che era rimasto relativamente saldo, cotonoso come l’insegnamento ecumenico del Concilio Vaticano II. Si è spinto troppo in là in questa impresa? In ogni caso, la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni ha aperto una vera e propria crisi di legittimità: abbiamo visto interi Episcopati (Africa, Ungheria) rifiutarsi di applicarla.

Diversi segnali mostrano come il «partito bergogliano» sia in stato di grande agitazione e che le consultazioni al suo interno si siano moltiplicate dopo la dichiarazione del 18 dicembre 2023 del Dicastero per la Dottrina della fede, che ha reso possibile la benedizione delle coppie irregolari e delle coppie dello stesso sesso, dichiarazione che gli strateghi progressisti considerano un errore tattico, quello di un uomo impulsivo, ancor più impaziente avendo ormai il tempo contato.

Al contrario, sul fronte conservatore, si ritiene che questa crisi apra nuove prospettive. Tuttavia, non è possibile sperare in qualcosa di più di un certo riposizionamento al centro, perché l’orizzonte resta quello di un conclave in cui novantacinque cardinali, cioè ben più dei due terzi degli elettori, sono stati nominati da papa Francesco. Se ci si attiene alle due categorie, formulate da Papa Benedetto XVI nel 2005, per coloro che accettano il Concilio Vaticano II, «l’ermeneutica della riforma nella continuità» e «l’ermeneutica della rottura», e se si considera che San Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI hanno rappresentato la prima e papa Francesco la seconda, un ritorno alla linea Wojtyla/Ratzinger pare inconcepibile dopo papa Francesco. Tale ritorno, inoltre, non risolverebbe più di quanto non abbia potuto risolvere ieri¹.

Il bilancio di un pontificato

Naturalmente le questioni in gioco con le elezioni nella Cappella Sistina sono sempre più complicate di una semplice scelta ideologica binaria. Ad esempio, nel 2005, il card. Joseph Aloisius Ratzinger non era stato scelto solamente come una sorta di super-wojtyliano, in grado di far risalire le cifre delle vocazioni, ma anche perché favorevole ad un risanamento morale del clero, e forse anche, paradossalmente, perché si prevedeva chegli insistesse meno del suo predecessore circa l’insegnamento della lettera enciclica Humanæ vitæ. Il 2005 è stato il momento in cui la Germania del dopoguerra, quindici anni dopo aver assorbito la Repubblica democratica tedesca, è arrivata all’apice della sua potenza.

Eppure il Pontificato di Papa Benedetto XVI è fallito. Oltre all’impossibilità di ricostruire l’unità della Chiesa attorno all’«ermeneutica della riforma nella continuità», non ha potuto imporsi nemmeno a Roma: di fronte ad un’opposizione continua e determinata, Papa Benedetto XVI, poco incline ad agire dautorità, non osando ricorrere sistematicamente all’arma totale dei Papi, quella delle nomine curiali ed episcopali, si è dimesso dopo meno di otto anni di Pontificato. Per cui nel 2013 si è cercato luomo forte. E lo si è trovato! Vescovo dal 1992, il card. Jorge Mario Bergoglio S.I. era, in realtà, un personaggio dai due volti: quello del peronista, anticomunista e dunque ostile alla forma marxista della prima teologia della liberazione; e quello tuttavia del fautore di una certa teologia della liberazione che, dopo la caduta del Muro di Berlino, ha operato verso una liberalizzazione della costituzione della Chiesa, ad un’esplosione della sua rigidità morale ed alla promozione di una teologia ecologica. Questo secondo aspetto gli permise di divenire, fin dal Conclave del 2005 in cui era arrivato secondo, il candidato sulla linea del card. Carlo Maria Martini S.I. (benché questi lo apprezzasse poco). Il card. «Janus» ha potuto contare così nel 2013 su tutti i voti progressisti e ricevere anche quelle di numerosi conservatori.

Nel 1999, mentre il Pontificato di San Giovanni Paolo II entrava nella sua ultima fase, alla Seconda Assemblea speciale per l’Europa del Sinodo dei Vescovi, il card. Carlo Maria Martini S.I., Arcivescovo metropolita di Milano, sviluppò con un discorso che non passò inosservato un vero e proprio programma di Pontificato. Non avrebbe più potuto applicarlo a se stesso, poiché il morbo di Parkinson lo stava mettendo fuori gioco. In questa sorta di professione di fede, che iniziava con queste parole «Ho fatto un sogno»², il card. Martini elencò i «nodi da risolvere»:
  • il nodo della «carenza drammatica di ministri ordinati» (in altre parole, conveniva ordinare eventualmente uomini sposati);
  • il nodo dell’insufficiente «posizione della donna nella Chiesa» (dando loro accesso a diversi «ministeri»);
  • il nodo dei problemi afferenti alla sfera della «sessualità» (tacendo della lettera enciclica Humanæ vitæ e del conseguente insegnamento morale³);
  • il nodo della «disciplina del matrimonio» (consentire ai divorziati «risposati» di accedere all’Eucaristia, richiesta ricorrente all’epoca).

Dopo la sua elezione nel 2013, il Gesuita di Buenos Aires ha applicato il programma del Gesuita di Milano, di cui lessenziale, va sottolineato, consisteva in una liberalizzazione della morale. Uno dei tre testi che hanno caratterizzato il pontificato di papa Francesco rimarrà l’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia, mentre l’altro è la lettera apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis custodes sull’uso della liturgia romana anteriore alla riforma del 1970, per bloccare la dinamica di un ritorno preconciliare aperta di fatto dalla lettera apostolica «motu proprio data» Summorum Pontificum. E poiché il mondo contemporaneo non cessa di avanzare in questo nichilismo denunciato da Papa Benedetto XVI e che il Cattolicesimo liberale conciliare non può che assecondare, la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni doveva essere il tocco finale, quello di una concessione sotto forma di «misericordia» verso l’ideologia LGBT. È possibile d’ora in avanti benedire in nome di Cristo questa negazione suicida della natura e della società⁴. In realtà, come si sa, è in occasione dei «matrimoni» omosessuali che vengono richieste le benedizioni.

Ciò ha portato nel Collegio cardinalizio ad una situazione dincertezza. Una riunione organizzata con discrezione dall’Austin Institute for the Study of Family and Culturecon sede in Texas, si è svolta dal 26 al 28 settembre 2023 a Praga, per parlare dell«ideologia di genere». Tra i partecipanti c’erano in particolare il card. Virgílio do Carmo da Silva S.D.B., Arcivescovo metropolita di Dili (Timor Est), il card. Oswald Gracias, Arcivescovo metropolita di Bombay (India), il card. Patrick D’Rozario C.S.C., Arcivescovo emerito di Dacca, il card. William Goh Seng Chye, Arcivescovo di Singapore, e il card. Angelo Bagnasco, Arcivescovo emerito di Genova, il card. Dominik Jaroslav Duka O.P., Arcivescovo emerito di Praga, il card. Willem Jacobus Eijk, Arcivescovo metropolita di Utrecht, ed anche mons. Salvatore Joseph Cordileone, Arcivescovo metropolita di San Francisco, quattro dei quali – il card. Virgílio do Carmo da Silva S.D.B., il card. Oswald Gracias, il card. William Goh Seng Chye ed il card. Willem Jacobus Eijk – sono oggi Cardinali elettori.

Possiamo quindi immaginare l’unione tra i Cardinali indignati dal documento del Dicastero per la Dottrina della fede ed i conservatori classici. È possibile dunque con loro immaginare lelezione di un Papa che difenda un solido insegnamento morale? Senza dubbio no. Tuttavia è assolutamente possibile ipotizzare che questo stesso gruppo di Cardinali possa impedire l’elezione di un Cardinale apertamente «progressista» (ad oggi ne basterebbero quarantacinque).

A ciò si aggiunge il fatto che, se l’elezione del 2013 è stata in parte una reazione alla mancanza dautorità di cui ha sofferto la Chiesa romana sotto Papa Benedetto XVI, il prossimo conclave sarà inevitabilmente teatro di un rifiuto dell’eccesso di autorità creato da un papa dallo stile caotico ed imprevedibile che nessuna regola scritta o non scritta può fermare (si veda il modo sbalorditivo in cui è stato condotto il procedimento contro il card. Giovanni Angelo Becciu, Prefetto emerito della Congregazione delle Cause dei santi, che, indipendentemente dalle colpe di quest’ultimo, si destreggiava con somme di denaro favolose in nome della Santa Sede).


Il card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per Cultura e l’Educazione, un falso centrista

La strada sembra dunque aperta agli uomini del compromesso o che si presentino come tali.

Il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, come abbiamo detto⁵, ci sta provando. Con più duttilità, il card. Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna e Presidente della Conferenza episcopale italiana, sostenuto dalle potenti reti della Comunità di Sant’Egidio. È stato delegato da papa Francesco di esplorare la possibilità di un negoziato di pace in Ucraina ed è riuscito a far sì che la Conferenza episcopale italiana non precipitasse come la Conférence des évêques de France nella trappola tesa dai virulenti delle campagne contro gli abusi sessuali. D’altra parte, non teme di prestarsi a celebrazioni in rito antico, spiegando ogni volta il motivo: «C’è posto per tutti nella Chiesa», segnali rivolti in direzione dei Cardinali conservatori.

Tuttavia egli ha approvato la dichiarazione Fiducia supplicans sul senso pastorale delle benedizioni davanti alla Conferenza episcopale italiana. Lo ha fatto allineandosi abilmente all’approvazione del card. Giuseppe Betori, Arcivescovo metropolita di Firenze, considerato un conservatore⁶. Unapprovazione, questa, che potrebbe costargli cara.

E poi avanza un altro papabile, che si vorrebbe far passare come un compromesso, di cui abbiamo già parlato riportando l’opinione del Catholic Herald, secondo cui il card. José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, colto, cortese, sarebbe «il tipo di figura recepibile da tutte le fazioni e capace di attrarre ampio sostegno tra di esse»⁷. In realtà, il card. de Mendonça, 58 anni, è un falso centrista. Portoghese di Madeira, biblista, terziario domenicano, divenuto archivista e bibliotecario della Chiesa romana nel 2018, nello stesso anno è stato invitato a predicare il ritiro quaresimale della Curia ed, ancora nello stesso anno, è stato creato Cardinale. Nominato nel settembre 2022, sull’onda della riforma della Curia, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, egli è succeduto tanto al card. Gianfranco Ravasi, che era Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, quanto al card. Giuseppe Versaldi, che era Prefetto della Congregazione per l’Educazione cattolica.

È autore di un’opera di poesia, teatro, saggi, preghiere, che gli è valsa una serie di premi letterari. Alquanto in sintonia con le élite al potere, è stato designato nel 2019 personalità portoghese dell’anno dal settimanale Expresso. Non gli verrebbe in mente, nemmeno per motivi politici, di compromettersi con i Tradizionalisti: «Oggi vediamo papa Francesco contestato dall’ala più conservatrice della Chiesa e da alcuni nomi importanti, anche di Cardinali, che, in qualche modo, sono pronti a porre il Tradizionalismo al di sopra della Tradizione»⁸.

Invece il card. José Tolentino de Mendonça è aperto ad «accogliere tutti». In un’intervista concessa a Renascença, sopra citata, egli esalta l’esortazione apostolica postsinodale Amoris laetitia sull’amore nella famiglia: «Viviamo in mezzo alla città, in questo spazio pieno di frontiere, pieno di muri invisibili e di blocchi esistenziali […]. Sia che si tratti di Cristiani risposati, feriti da esperienze coniugali naufragate o dalla realtà delle nuove famiglie, sia che si tratti di omosessuali, essi devono trovare nella Chiesa un luogo di ascolto, di accoglienza e di misericordia». Ha scritto la prefazione a La théologie féministe dans l’histoire [La teologia femminista nella storia: N.d.T.]⁹, libro della sua amica suor Teresa Forcades i Vila O.S.B., femminista e benedettina di Montserrat. Si colloca sulla stessa lunghezza d’onda di questa donna, che gira il mondo e lavora «per un’inclusione piena dell’omosessualità nella Chiesa».

Il Dicastero per la Cultura e l’Educazione viene chiaramente concepito come un trampolino. Senza parlare della capacità dinfluenza esercitata dalla Comunità di Sant’Egidio, nel caso l’ipotesi del card. Matteo Maria Zuppi non dovesse far presa. Alla Comunità di Sant’Egidio, che lo ha invitato al 35º Incontro internazionale per la Pace del 2021, il card. José Tolentino de Mendonça garantisce volentieri le proprie prediche. In effetti, il card. José Tolentino de Mendonça, come le persone che lo circondano, ad esempio l’influentissimo padre Antonio Spadaro S.I., ex direttore della rivista La Civiltà Cattolica ed ora sotto-segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, si proietta in un post-Cattolicesimo, in cui il compiersi della secolarizzazione diviene un’opportunità: la secolarizzazione di oggi, a differenza di quella originata dall’Illuminismo, ostile al Cattolicesimo, si coniuga con esso, o piuttosto l’opposto, nella misura in cui si riconfigura come apertura «spirituale» della postmodernità.

¹ Si veda il nostro articolo Tentativi di restaurazione dell’unità perduta: un doppio smacco, in Per una vera riforma della Chiesa, su Res Novae.

² Le concile dont rêve le cardinal Martini [Il Concilio che sogna il cardinal Martini: N.d.T.], su Le Monde.

³ In una raccolta di interviste, Nel cuore della Chiesa e del mondo, Marietti, Milano, 1991, aveva dichiarato di sentirsi in disaccordo col moralismo «rabbinico».

⁴ In La défaite de l’Occident [La sconfitta dell’Occidente: N.d.T.], Gallimard, 2014, Emmanuel Todd ritiene che l’adozione del matrimonio omosessuale sia un marcatore antropologico decisivo, che permette di datare «la fine assoluta del Cristianesimo come forza sociale», vale a dire in Francia il 2013.




⁸ Intervista rilasciata a Renascença, 22 dicembre 2016, Tolentino Mendonça: Com este Papa, «há mais pessoas a dar uma segunda oportunidade à Igreja», su Renascença.

La teologia feminista en la història, Fragmenta Editorial, 2007.

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